Lettore

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Il Lettore è nella Chiesa Cattolica colui che riceve l'incarico di proclamare le letture della Sacra Scrittura, eccetto il Vangelo, durante la Liturgia della Parola. È un compito da espletare non come un diritto, ma come un onore al servizio dell'Assemblea liturgica.

Storia del ministero

Un tempo il lettore apparteneva agli ordini sacri minori. Aveva l'incarico di leggere le letture bibliche durante la messa e la divina ufficiatura; nel medioevo spesso il lettore era anche cantore. In seguito divenne un ufficio laico conferito ai seminaristi in preparazione al loro ministero. Oggi il lettore può essere anche un laico o una laica. Durante la Messa è possibile infatti, per dei laici, svolgere l'ufficio di lettore, ma solo per la Prima lettura, il Salmo o per l'epistola.

Attualmente la Chiesa prevede il ministero del Lettorato per coloro che proclamano le letture all'assemblea liturgica. A costoro viene affidata anche la preparazione dei fedeli alla comprensione della Parola di Dio.

Compiti del lettore

Si tratta di un ministero con compiti di catechista, di educazione alla vita sacramentale e di evangelizzazione. Requisito fondamentale per diventare lettore è la conoscenza, la meditazione e la testimonianza della Parola di Dio

La formazione biblico-liturgica

Il lettore deve avere una minima conoscenza della Sacra Scrittura: come sono strutturate, come sono composte, quale numerazione e quale nome hanno i libri dell'Antico e del Nuovo Testamento, i generi letterari principali (storico, poetico, profetico, sapienziale, ecc.). Chi sale all'ambone deve saper che cosa sta per fare e che tipo di testi sta per proclamare. Inoltre deve avere una sufficiente preparazione liturgica, distinguendo i riti e le loro parti e sapendo il significato del proprio ruolo ministeriale nel contesto della Liturgia della parola. Al lettore spetta non solo la proclamazione della letture bibliche, ma anche quella delle intenzioni della Preghiera universale e altre parti assegnategli dai vari riti liturgici.

La preparazione tecnica

Il lettore deve sapere come accedere e stare all'ambone, come usare il microfono, come gestire il Lezionario, come pronunciare i diversi nomi e termini biblici, in quale modo proclamare i testi, evitando una lettura spenta o troppo enfatica. Egli deve aver chiara coscienza che esercita un ministero pubblico davanti all'Assemblea liturgica: la sua proclamazione quindi deve essere udita chiaramente da tutti. Il Verbum Domini (Parola di Dio) col quale termina ogni lettura, non è una constatazione (Questa è la Parola di Dio), ma un'acclamazione colma di stupore, che deve suscitare la corale e grata risposta di tutti Deo gratias (Rendiamo grazie a Dio).

La formazione spirituale

L'incarico per annunciare la Parola di Dio è affidata ai fedeli e mai a delle persone estranee o esterne alla Chiesa, in quanto ogni ministero della Celebrazione eucaristica deve procedere dalla fede e alimentarla. Il lettore, quindi, deve curare la vita interiore ed esteriore e predisporsi con spirito di orazione e sguardo di fede. Il popolo riunito vede nel Lettore un testimone della Parola proclamata che, pur essendo di per se stessa efficace, trasmette maggior significato e attrattiva nel modo corretto in cui è annunciata. Dalla cura della vita interiore del Lettore dipendono anche la proprietà dei suoi gesti, del suo sguardo, dell'abito e dell'acconciatura. È evidente che il ministero del lettore implica una vita pubblica conforme ai Comandamenti di Dio e alle Leggi della Chiesa.

Nel Rito romano

I compiti del lettore sono definiti nei "Principi e norme per l'uso del messale romano". Essi sono definiti:

  • nei Riti iniziali. Nel rito d'ingresso, il lettore può, in assenza del diacono, portare l'Evangelario: in tal caso, procede davanti al sacerdote, altrimenti, sfila con gli altri ministri (N. 148). Giunto all'altare e fatta con il sacerdote la debita riverenza, sale all'altare, depone su di esso l'Evangelario e va a occupare il suo posto in presbiterio con gli altri ministri (N. 149);
  • Nella Liturgia della Parola proclama all'ambone le letture che precedono il Vangelo, in mancanza del salmista, può anche proclamare il salmo responsoriale dopo la prima lettura (N. 150);
  • in generale in assenza del diacono, dopo l'introduzione del sacerdote, il lettore può suggerire le intenzioni della preghiera universale (N. 151). Se all'ingresso o alla Comunione eucaristica non si fa un canto e se le antifone indicate sul messale non vengono recitate dai fedeli, le dice il lettore al tempo dovuto (N. 152).

Nel Rito ambrosiano

Ferme restando le regole del Rito romano, secondo la tradizione liturgica ambrosiana attestataci già da Sant'Ambrogio, il lettore, prima di leggere la Lettura e l'Epistola, ma non il salmo, si rivolge al sacerdote invocando la benedizione a chiara voce con la formula « Benedicimi padre». Ciò vuol significare che il presidente dell'assemblea è il custode autorevole della Parola proclamata.

Il sacerdote benedice con una delle formule seguenti:

  • se la lettura è tratta dall'Antico Testamento: « La lettura profetica ci illumini e ci giovi a salvezza»;
  • se la lettura e tratta dal Nuovo Testamento: « La lettura apostolica ci illumini e ci giovi a salvezza»;
  • se la lettura e tratta dalla passione o dalla biografia del santo patrono o del titolare della chiesa: « La parola della Chiesa ci illumini e ci giovi a salvezza»;
  • se il medesimo lettore proclama le due letture che precedono la proclamazione del Vangelo: « La parola di Dio ci illumini e ci giovi a salvezza»;
  • invece di queste formule si può sempre usare quella breve: « Leggi nel nome del Signore».

Il lettore riceve la benedizione facendo il Segno della croce.

Se il Vangelo è proclamato dal diacono, egli rivolto verso il sacerdote chiede la benedizione dicendo a chiara voce: « Benedicimi, o padre.»

Il sacerdote, a chiara voce, risponde: « Il Signore sia nel tuo cuore e sulle tue labbra perché tu possa annunziare degnamente il suo vangelo. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo.»

Il diacono, risponde: « Amen.»

Il Lezionario Ambrosiano riformato a norma dei decreti del Concilio Vaticano II, prevede una particolare formula introduttiva della lettura del Vangelo con l'espressione "In quel tempo." o in alcune altre Letture "In quei giorni." (notare il punto), che designa lo specifico momento della storia in cui, per l'intervento divino, l'economia salvifica è venuta manifestandosi, un momento preciso, collocato entro concrete coordinate spazio-temporali. Non vuole essere un complemento di tempo chiuso in sé stesso, costruito assolutamente, senza alcun legame con il resto del periodo, bensì una solenne proclamazione della Parola di Dio. Il lettore deve quindi tenere in considerazione che l'espressione con il punto presuppone una pausa contemplativa.

Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni