Beato Nicolò Rusca

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Beato Nicolò Rusca
Presbitero
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Beato
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Nicolò Rusca in un dipinto del 1852 ad opera di Antonio Caimi.
Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 55 anni
Nascita Bedano
20 aprile 1563
Morte Thusis
4 settembre 1618
Sepoltura
Conversione
Appartenenza Diocesi di Como
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Ordinato diacono
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Ordinazione presbiterale Como, 23 maggio 1587 da Mons. Gianantonio Volpi
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Successore {{{successore}}}
Extra Anni di pontificato


Cardinali creazioni
Proclamazioni
Antipapi {{{antipapi}}}
Eventi

Iter verso la canonizzazione

Venerato da Chiesa cattolica
Venerabile il 19 dicembre 2011, da Benedetto XVI
Beatificazione 21 aprile 2013, da Benedetto XVI
Canonizzazione [[]]
Ricorrenza 4 settembre
Altre ricorrenze
Santuario principale
Attributi
Devozioni particolari {{{devozioni}}}
Patrono di
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Incoronazione
Investitura
Predecessore
Erede
Successore
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Onorificenze
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Nomi postumi
Altri titoli
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Padre {{{padre}}}
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Coniuge

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Consorte

Consorte di

Figli
Religione {{{religione}}}
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Collegamenti esterni
Invito all'ascolto
Firma autografa
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Beato Nicolò Rusca (Bedano, 20 aprile 1563; † Thusis, 4 settembre 1618) è stato un presbitero svizzero. Arciprete di Sondrio, fu protagonista delle tormentate vicende religiose nella Valtellina del 1600 che si conclusero con il "Sacro Macello".

La vita

Nasce nel villaggio ticinese di Bedano, all'epoca sotto il dominio dei Cantoni Confederati svizzeri, da Giovanni Antonio Rusca e di Daria Quadrio, entrambi appartenenti a nobili famiglie dell'area lariana e ticinese. Inizia gli studi dapprima con Domenico Tarilli, curato del vicino paese di Cureglia, poi a Pavia. Studia presso il Collegio dei gesuiti di Roma per poi trasferirsi al Collegio Elvetico di Milano, mentre era arcivescovo della città San Carlo Borromeo. Si racconta che il Borromeo, positivamente colpito dal giovane seminarista, gli abbia detto: «Figliuol mio, combatti buona guerra, compi tua carriera. Per te è riposta una corona di giustizia, che ti renderà in quel giorno il giudice giusto». Ordinato sacerdote il 23 maggio 1587, il vescovo di Como Gianantonio Volpi lo colloca dapprima nel borgo di Sessa per poi eleggerlo arciprete a Sondrio.

« Sessa era un campo troppo ristretto per l'ardente zelo del Rusca, onde Iddio lo destinò ad una vigna più vasta, ma più difficile a coltivarsi e bisognosa all'estremo della sua mano. »
(Reto Cenomano, 1909)

Arciprete a Sondrio

A Sondrio, Nicolò Rusca succede a Bartolomeo Salice, personaggio interessato più a promuovere la propria carriera che la fede cattolica. Nel capoluogo valtellinese il nuovo arciprete si trova ad occupare una posizione importante e difficile in una zona strategica al confine tra Riforma e Controriforma. La Valtellina, annessa alla Repubblica delle Tre Leghe nel 1512, è una terra di tradizione cattolica che vede in quegli anni una graduale diffusione delle riforme zwingliane e calviniste provenienti dai vicini Grigioni. I protestanti godono dell'appoggio politico dei governanti che ritengono strategico contrapporre una barriera religiosa alla dilagante presenza degli spagnoli che, nelle vesti di paladini del cattolicesimo, hanno occupato il Ducato di Milano attestandosi a Colico, alle porte della valle. Questo conduce inevitabilmente i cattolici ad associare i protestanti con i dominatori, alimentando ulteriormente i contrasti tra le due comunità religiose. Le occasioni di confronto nascono soprattutto nell'uso promiscuo delle chiese e nel mantenimento dei pastori a spese delle comunità.

Nicolò Rusca si oppone con grande vigore e forti parole al dilagare della fede protestante nelle terre valtellinesi. A detta dei riformati si avvicina al fanatismo e ebbe contatti con alcuni esuli riformati italiani che, grazie alla libertà di culto promossa dalle leggi grigionesi, divengono attivi localmente come pastori. Tra questi il lucchese Scipione Calandrini (1540-1607) che succede nel 1570 a Ulisse Martinengo (circa 1545-1570) divenendo dapprima pastore protestante a Morbegno e successivamente a Sondrio.

All'avanzare della Controriforma, in un contesto di astio più politico e ideologico, che propriamente religioso, la diffidenza dei cattolici verso la minoranza protestante raggiunge livelli di forte tensione. Nonostante i richiami ad una pacifica convivenza da parte dei pastori protestanti, tra cui Scipione Calandrini e il suo predecessore Ulisse Martinengo, la convivenza delle due fedi religiose si fa più difficile ogni giorno. Le reticenze dei cattolici vengono intensificate dai predicatori francescani e domenicani inviati in Valtellina da Borromeo. In questo clima si collocano gli appassionati richiami alla fede cattolica, secondo le stesse prima citate fonti, al limite dell'intolleranza, lanciati dal pulpito di Sondrio dallo stesso Nicolò Rusca.

L'arciprete di Sondrio si adopera in ogni modo per impedire il radicamento della riforma in Valtellina, agendo spesso radicalmente e al limite delle fragili e spesso non efficaci leggi che cercavano di mantenere un equilibrio tra le due comunità religiose. Tra le iniziative in questa direzione, l'ostruzionismo verso l'istituzione di una scuola umanistica multireligiosa a Sondrio, irrealizzabile per le diversità nelle concezioni ideologiche, ma ugualmente desiderata dai riformati. Le sue opere sono alle volte tanto notevoli da meritargli il soprannome di «martello degli eretici» da parte delle fonti protestanti, e di «pastore buono» da parte cattolica.

L'arresto e il processo

Un conflitto così acceso non poteva rimanere a lungo relegato alle semplici parole: pare infatti che su istigazione dell'arciprete di Sondrio, per ben due volte i cattolici provino senza successo a liberarsi dello scomodo Scipione Calandrini, tentando dapprima di ucciderlo e quindi di rapirlo con l'intento di consegnarlo all'Inquisizione.

Le autorità grigionesi, ritenendo Nicolò Rusca responsabile del tentato omicidio, decidono di farlo arrestare perché venga condotto a Thusis per essere giudicato. La notte del 24 luglio 1618, secondo il Cantù il 22 giugno, una schiera di quaranta armati, scesi in Valmalenco attraverso il passo del Muretto e comandati dal predicatore Marco Antonio Alba giungono a Sondrio e lo sorprendono nella sua camera da letto. Nicolò ha appena il tempo di indossare l'abito talare. Le guardie lo legano a testa in giù sotto il ventre di un cavallo e con l'illustre prigioniero rientrano nei Grigioni. Secondo la tradizione, sulla via del ritorno sostano a Chiareggio, nel comune di Chiesa in Valmalenco, presso la piccola Osteria del Bosco, oggi Bar ai Portoni, per un breve ristoro prima di avviarsi lungo il sentiero che si inerpica verso il passo del Muretto e l'Engadina. Una lapide ricorda ancora oggi quel lontano evento.

« Secondo una gentile tradizione un fico fiorì improvvisamente a Ponchiera al passaggio di don Nicolò Rusca. »
(Abramo Levi, 1993)

Viene tenuto prigioniero per circa un mese a Coira, sede prescelta del tribunale. Poiché la città rifiuta di ospitare il processo entro le proprie mura, Thusis viene infine designata come nuova sede dello Strafgericht, il temutissimo tribunale speciale. Il Rusca viene quindi trasportato nella cittadina svizzera per essere giudicato. Il tribunale, presieduto da Jakob Joder von Casutt, raggruppa ben 66 giurati, provenienti da tutta la svizzera. Alcuni di questi, una minoranza, sono cattolici. Sono presenti, tra i tanti, Stephan Gabriel, pastore a Ilanz, Jakob Anton Vulpius, pastore a Ftan, Caspar Alexius, rettore a Sondrio, Blasius Alexander, pastore a Traona, Georg o Jürg Jenatsch[1], pastore a Berbenno di Valtellina, Bonaventura Toutsch, pastore a Morbegno, Conrad Buol, pastore a Davos, Johann Porta, pastore a Zizers, Johann Janett, pastore a Scharans.

Il processo ha inizio a Thusis il 1º settembre 1618. Rusca è accusato, con Gian Paolo Quadrio e Vincenzo Gatti, di aver ordito un piano per eliminare Scipione Calandrini. Secondo l'accusa, il piano avrebbe avuto previsto l'assassinio del pastore morbegnese o, in alternativa, il sequestro e la successiva consegna al di fuori dei confini elvetici alla Sacra Inquisizione per la prevedibile condanna al rogo, come già era accaduto a numerosi altri pastori protestanti. L’accusa si basa principalmente sulla deposizione di un certo Michele Chiappini di Ponte in Valtellina, resa nel 1612.

Il Rusca si difende dichiarando di avere intrattenuto sinceri rapporti di amicizia con il Calandrini, scambiando con il pastore protestante anche alcuni libri. Inoltre, l'arciprete di Sondrio viene accusato di aver fomentato l'odio tra le due comunità religiose valtellinesi in palese violazione delle leggi elvetiche che invitavano ad una pacifica convivenza basata sul reciproco rispetto. Infine, viene accusato di aver indirettamente intrattenuto rapporti con gli spagnoli che dal Forte di Fuentes nei pressi di Colico presidiavano lo sbocco della valle verso il Lago di Como e il Ducato di Milano. Dopo essersi dichiarato innocente, l'arciprete supplica che gli venga risparmiata la tortura, pratica comune nei tribunali dell'epoca. Le sue preghiere non vengono ascoltate, viene pertanto affidato alle mani dei torturatori perché gli estorcano una confessione.

La tortura e la morte

Dopo due giorni di torture, Nicolò Rusca muore senza confessare nulla. È il 4 settembre 1618. Il corpo viene sepolto sotto il patibolo e il tribunale dichiara il sequestro di tutti i beni del defunto. Lo stesso giorno il florido borgo di Piuro, posto allo sbocco della Val Bregaglia, viene travolto e distrutto da una vasta frana staccatasi dal monte Conto. L'esatta concomitanza con la morte del Rusca verrà interpretata dalla fede popolare come un segno divino volto a rimarcare il carattere martirico da attribuirsi alla morte del prelato sondriese.

Nel medesimo processo vengono condannati i fratelli Rudolf Planta e Pompeo di Zernez, e Gian Giacomo Robustelli, sopravvissuti alle torture. Nei mesi seguenti il tribunale di Thusis emette ben 150 sentenze, ma una sola tra le sentenze di morte viene eseguita, quella del valtellinese Biagio Piatti, riconosciuto colpevole di omicidio e di un piano per assassinare i protestanti di Boalzo, nel comune di Teglio. Tra i condannati anche un certo Nicolò Merulo colpevole di aver suonato le campane per segnalare l'arrestato dell’arciprete Rusca alla popolazione di Sondrio.

« Il ben vissuto vecchio, benché fosse disfatto di forze e di carne e patisse d'un ernia e di due fonticoli, fu messo alla tortura due volte, e con tanta atrocità che nel calarlo fu trovato morto. I furibondi, tra i dileggi plebei, fecero trascinare a coda di cavallo l'onorato cadavere, e seppellirlo sotto le forche »
(Cesare Cantù, 1832)

Nell’estate del 1619, nel corso di una notte le ossa del parroco sondriese vengono dissotterrate e segretamente trasportate all’abbazia di Pfäfers, a nord di Coira, dove giacciono fino al 1838 quando l'abbazia viene soppressa. I resti del Rusca finiscono quindi nella biblioteca cittadina dove rimangono fino al 1845, quando il vescovo di Como Carlo Romanò ottiene l'autorizzazione a trasferirli in Valtellina, presso il Santuario della Sassella, alle porte di Sondrio. Grazie al nihil obstat nel frattempo giunto dalla Santa Sede, nel 1852 le reliquie vengono infine trasportate da Antonio Maffei, arciprete di Sondrio, presso la Collegiata dei Santi Gervasio e Protasio in Sondrio, dove ancora oggi sono oggetto del culto popolare.

Beatificazione

La prima richiesta di beatificazione risale al 18 novembre 1927 e venne rivolta a papa Pio XI, su iniziativa dell'allora vescovo di Como Adolfo Pagani e dell'arciprete di Sondrio Pietro Maiolani. Tale processo inevitabilmente riporta in primo piano la due possibili e opposte interpretazioni della vita di questo personaggio storico: santo martire difensore della fede cattolica o fanatico fomentatore di conflitti religiosi?

Il 19 dicembre 2011, il Santo Padre Benedetto XVI ha autorizzato la congregazione per le Cause dei Santi a promulgare il decreto riguardante il martirio del Servo di Dio Nicola Rusca, sacerdote diocesano. La celebrazione per la beatificazione, in concomitanza con il 450° anniversario della nascita, si è svolta a Sondrio, il 21 aprile 2013[2].

Associazioni

A Nicolò Rusca sono dedicate diverse associazioni in territorio valtellinese tra cui:

  • Gruppo ministranti della collegiata di Sondrio P.C.N.R.(Piccolo clero Nicolò Rusca)
  • Gruppo corale della collegiata di Sondrio (Corale Nicolò Rusca)
Note
  1. Jürg Jenatsch è il protagonista del romanzo omonimo del 1876 opera dello scrittore svizzero Conrad Ferdinand Meyer (1825-1898). La traduzione italiana a cura di Giuseppe Zoppi è stata pubblicata da Rizzoli nel 1949 e ripubblicata nel 1993 da Edizioni Casagrande S.A. Bellinzona, ISBN 8877131993.
  2. Diocesi di Como Beatificazione di Nicolò Rusca
Voci correlate
Bibliografia
  • Nicolò Rusca sul Dizionario storico della Svizzera
  • Giovanni Battista Bajacca, Nicolai Ruscae S.T.D. Sundrii in Valle Tellina Archipresbyteri anno MDCXVIII Tuscianae in Rhetia ab Hereticis necati Vita & Mors, 1621
  • Antonio Maffei, Elogio di Nicolò Rusca, 1852 - discorso pronunciato l'8 agosto 1852 durante la cerimonia per la traslazione della salma di Nicolò Rusca dal Santuario della Sassella alla chiesa Collegiata di Sondrio.
  • Cesare Cantù, Il Sacro Macello di Valtellina. Le guerre religiose del 1620 tra cattolici e protestanti tra Lombardia e Grigioni, Milano 1832
  • I conflitti confessionali all'epoca di Nicolò Rusca, Bollettino della Società Storica Valtellinese, 55 2002
  • Giovanni Da Prada, L’arciprete Nicolò Rusca e i Cattolici del suo tempo, 1994
  • Abramo Levi, L'arciprete di Sondrio Nicolò Rusca, Credito valtellinese, Sondrio 1993
  • Santo Monti (a cura di), Atti della visita pastorale diocesana di F. Feliciano Niguarda vescovo di Como (1589-1593), Società Storica Comense, 1892-1898
  • Philip Schaff, The History Of The Reformation: History Of The Christian Church, Volume VIII, Kessinger Publishing, 2004, ISBN 1419124129
Collegamenti esterni