Papa Bonifacio VIII indice il Giubileo del 1300 (Giotto)
Giotto di Bondone, Papa Bonifacio VIII indice il Giubileo del 1300 (1297 – 1299), affresco staccato | |
Opera d'arte | |
Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Regione ecclesiastica | Lazio |
Comune | Roma |
Diocesi |
Roma Vicariatus Urbis |
Ubicazione specifica | Basilica di San Giovanni in Laterano, navata destra, primo pilastro |
Uso liturgico | quotidiano |
Comune di provenienza | Roma |
Luogo di provenienza | Basilica di San Giovanni in Laterano, loggia delle benedizioni |
Oggetto | dipinto murale |
Soggetto | Papa Bonifacio VIII indice il Giubileo del 1300 |
Datazione | 1297 - 1299 |
Ambito culturale | |
Autore | Giotto di Bondone |
Materia e tecnica | affresco staccato |
Misure | h. 110 cm; l. 110 cm |
Iscrizioni | BONIFA/CIUS EP(ISCOPUS) SER/VUS SERVORUM DEI / AD PERPE/TUAM REI / MEMORIAM. |
Stemmi, Punzoni, Marchi | Stemma della famiglia Caetani |
Papa Bonifacio VIII indice il Giubileo del 1300 è un frammento staccato di dipinto murale, eseguito tra il 1297 ed il 1299, ad affresco, attribuito a Giotto di Bondone (1267 ca. - 1337), collocato sul primo pilastro della navata destra nella Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma, proveniente dalla loggia delle benedizioni della medesima chiesa.
Descrizione
Ambientazione
La scena è ambientata nella loggia delle benedizioni della Basilica di San Giovanni in Laterano resa come un baldacchino aggettante sorretto da colonne di porfido (due in primo piano) connotato sul fronte da uno stemma. Dinanzi alla figura del pontefice si svolge una preziosa banda coprileggio.
Soggetto
Figurazione
Nella scena del dipinto compaiono:
- al centro: Papa Bonifacio VIII, con indosso la mozzetta rossa e sul capo la tiara, si affaccia alla loggia alzando la mano destra nell'atto di benedire la folla.
- a sinistra: Cardinale, vestito di bianco, è stato identificato con Matteo Rosso Orsini (1230 ca. – 1305), il protodiacono che in virtù del ruolo ricoperto aveva avuto l'onore di rivestire il pontefice nella Basilica di San Pietro con il pallio. A sostegno di tale riconoscimento vi è la coincidenza di questa immagine con quella dell'alto prelato raffigurato nell'atto di incornare Bonifacio VIII (f. 7v del Vat. lat. 4933) riportata nel De coronatione di Jacopo Stefaneschi.
- a destra: Giovane chierico, vestito di bianco, tiene in mano un lungo cartiglio.
Il dipinto originariamente era molto più grande e può essere ricostruito da un disegno contenuto in un esemplare degli Instrumenta translationis[1] (1622) di Giacomo Grimaldi (1568 - 1623), conservato presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano, che presenta:
- nel registro superiore, il pontefice circondato da numerosi curiali, prelati e canonici, tra i quali si scorgono anche figure di laici;
- nel registro inferiore, la folla accorsa e stante rivolta all'intera corte papale.
Ipotesi di identificazione
A quale episodio del pontificato di Bonifacio VIII si riferisca il dipinto frammentario ed il disegno è stato oggetto di grandi discussioni fra gli storici dell'arte, che hanno sostanzialmente prodotto le seguenti tre ipotesi:
- L'opera è ritenuta, tradizionalmente, la descrizione per immagini del rito con la quale il papa Bonifacio VIII aprì il primo Giubileo, ipotesi rafforzata recentemente dalla Frugoni[2] sulla base dell'iscrizione contenuta nel cartiglio, e in particolare per le parole Ad perpetuam rei memoriam, che farebbe riferimento alla seconda bolla giubilare del pontefice, la Nuper per alias (22 febbraio 1300), quella che rimarcava l'esclusione dall'indulgenza dei nemici della Chiesa: i Colonna, Federico III d'Aragona (1273 ca. – 1337) e i Siciliani.
- La seconda, più articolata ipotesi, che all'iscrizione ugualmente si lega,[3] ritiene che la scena richiamerebbe la cerimonia inaugurale dei processi ecclesiastici, così come è narrata nei cerimoniali pontifici del tardo Duecento. Per lo storico Agostino Paravicini Bagliani, inoltre, proprio quelle parole costituirebbero un elemento di novità introdotto da papa Bonifacio VIII rispetto ai precedenti testi dei riti processuali.[4] Questi, nei suoi due analitici interventi sull'immagine del dipinto (ricordati in nota), elenca i punti di contatto ravvisabili tra testi dei cerimoniali e la traduzione per immagini fatta nell'opera e nel disegno del Grimaldi. Grazie all'esame delle fonti lo storico dimostra come le parole Ad perpetuam rei memoriam siano da considerarsi quelle contenute nei riti dei processi piuttosto che tratte dal testo d'indizione del Giubileo. Le incongruenze esistenti tra alcuni dettagli iconografici, sia del dipinto che del disegno, e i riti cerimoniali, quali il triregno, le alabarde, il padiglione basilicale, vengono spiegate dallo studioso mediante l'incrocio con altre fonti, alcune più tarde, che contribuirebbero a chiarirne la presenza.[5]
- Una terza lettura, avanzata dalla storica dell'arte Silvia Maddalo,[6] reputa che la scena raffiguri papa Bonifacio VIII che si mostra alla folla al termine della cerimonia della presa di possesso del Patriarchium, seguita alla cavalcata che da San Pietro lo ha condotto al Laterano. Il legame tra la scena del disegno ambrosiano e la cerimonia della presa di possesso del pontefice sarebbe ulteriormente avvalorata poi da riflessioni basate, anche su, evidenze documentarie già discusse in passato, a supporto di ipotesi e letture incrociate tra le fonti e il dipinto[7] che indicano un arretramento cronologico dell'opera e del ciclo di riferimento ai primi anni del pontificato di Bonifacio VIII.
Iscrizione
Nel dipinto si trova un'iscrizione, a lettere capitali, posta sul cartiglio in mano al chierico, dove si legge:
« | BONIFA/CIUS EP(ISCOPUS) SER/VUS SERVORUM DEI / AD PERPE/TUAM REI / MEMORIAM. » |
Stemmi
Nell'opera è presente, sul fronte della loggia, ove si trovano le tre figure rappresentate, un blasone identificabile come:
- Stemma della famiglia Caetani con due bande ondulate azzurre su campo dorato.
Notizie storico-critiche
Il dipinto era originariamente ubicato nella loggia delle benedizioni della Basilica di San Giovanni in Laterano, fatta erigere da papa Bonifacio VIII nel 1297 e che nel 1586 venne abbattuta per volontà di Sisto V per realizzare:
« | A San Giovanni in Laterano logge nuove per dar la beneditione; perché in detto luogo non era commodità di darle, se non sopra certa loggetta antica, e parte rovinosa per la vecchiezza. » |
Quando la loggia venne demolita la parte centrale del dipinto fu staccata, trasportata nel chiostro e solo nel 1786 trasferito all'interno della basilica dove, per conto della famiglia Caetani, venne sistemato in un'edicola addossata al primo pilastro della navata destra.
L'opera era in origine coerentemente inserita in un ciclo di dipinti murali - della cui esistenza ci informa tra gli altri Onofrio Panvinio[8] (1529 - 1568) - comprendente altre due scene raffiguranti:
- Battesimo di Costantino;
- Fondazione della basilica lateranense.
Il dipinto costituisce attualmente l'unica fonte, se si esclude il disegno ambrosiano, che consenta di comprendere il programma iconografico, ma sopratutto politico, di papa Bonifacio VIII.
Il ciclo, considerato per lungo tempo la prima opera di Giotto a Roma, attualmente sembra prevalere, fra gli storici dell'arte, la sua attribuzione alla mano di un anonimo pittore di ambito romano, molto vicino ai modi di Pietro Cavallini.
Note | |
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Bibliografia | |
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