Papa Bonifacio VIII

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Bonifacio VIII
Papa
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al secolo Benedetto Caetani
battezzato
ERRORE in "fase canonizz"
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Bonifatius VIII Grabstatue.JPG

Arnolfo di Cambio, Busto di papa Bonifacio VIII (1296 - 1299 ca.), marmo; Città del Vaticano, Palazzi Vaticani
Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte circa 73 anni
Nascita Anagni
1230 ca.
Morte Roma
11 ottobre 1303
Sepoltura Città del Vaticano, Sacre Grotte Vaticane
Conversione
Appartenenza
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Cardinale
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Dimissioni dal cardinalato [[{{{aPdim}}}]]
Cardinale per 22 anni, 5 mesi e 29 giorni
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Cardinale elettore
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Riammesso da
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Incarichi ricoperti
prima dell'elezione
Emblem of the Papacy SE.svg Informazioni sul papato
193° vescovo di Roma
Elezione
al pontificato
24 dicembre 1294
Conclave del 1294
Consacrazione 23 gennaio 1295
Fine del
pontificato
11 ottobre 1303
(per decesso)
Durata del
pontificato
8 anni, 9 mesi e 18 giorni
Segretario
Predecessore papa Celestino V
Successore papa Benedetto XI
Extra Papa Bonifacio VIII
Anni di pontificato


Cardinali 15 creazioni in 5 concistori
Proclamazioni Santi
Antipapi
Eventi Giubileo del 1300
Venerato da {{{venerato da}}}
Venerabile il [[{{{aV}}}]]
Beatificazione [[{{{aB}}}]]
Canonizzazione [[{{{aS}}}]]
Ricorrenza [[{{{ricorrenza}}}]]
Altre ricorrenze
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Attributi {{{attributi}}}
Devozioni particolari {{{devozioni}}}
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Incoronazione
Investitura
Predecessore
Erede
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Onorificenze
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Nomi postumi
Altri titoli
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Papa Bonifacio VIII, al secolo Benedetto Caetani (Anagni, 1230 ca.; † Roma, 11 ottobre 1303) è stato il 193º vescovo di Roma e Papa italiano a partire dal 1294 fino alla morte. Fu discendente di un ramo della famiglia longobarda pisana Gaetani (o Caetani), la quale poté acquisire enormi ricchezze e grandi latifondi sfruttando proprio la sua carica.


Nascita e studi

Per lungo tempo si è ritenuto che l'anno di nascita fosse il 1235. Recentemente, però, è stato rinvenuto un documento datato al 1250 nel quale si fa riferimento a un canonico di Anagni di nome Benedetto. Poiché non si conosce alcun altro omonimo che sia stato canonico ad Anagni nel decennio 1250-1260[1], il riferimento al futuro papa appare inequivocabile. Non appare credibile, però, che il Caetani fosse canonico già all'età di quindici anni. Ciò ha indotto a retrodatare la nascita di alcuni anni. La conferma di ciò la si ritrova in una lettera a firma di papa Niccolò IV datata 1291, nella quale il pontefice, riferendosi al cardinal Benedetto Caetani, usa il termine ad senium che, a quei tempi, stava a indicare i sessantenni. La combinazione dei due documenti porta a concludere, quindi, che Benedetto Caetani sia nato verso il 1230.

Studiò a Todi e a Bologna, specializzandosi in diritto canonico. La sua carriera ecclesiastica fu rapida e prestigiosa, svolse missioni di grande fiducia presso le corti di Francia e Inghilterra. Fu eletto cardinale diacono di San Nicola in Carcere il 22 aprile 1281 da papa Martino IV. Il 22 settembre 1291 fu nominato da papa Niccolò IV, cardinale presbitero titolare di Santi Silvestro e Martino ai Monti. Entrò a far parte del Sacro Collegio nel 1293[2]

Elezione al soglio pontificio

Il Cardinale Benedetto Caetani fu fra le figure che indussero maggiormente papa Celestino V a rinunciare alla propria posizione. Una volta nominato pontefice, infatti, pare che Celestino V udisse nel silenzio della propria stanza la voce di un angelo che, per ordine divino, lo invitava a rigettare la propria nomina pontificia;[3] in realtà, la voce non era di un angelo, bensì del Caetani stesso che successivamente, essendo un profondo conoscitore del Diritto Canonico, offrì la propria assistenza a Celestino V per trovare le necessarie ragioni legali per abbandonare il soglio pontificio.[4]
Appena dieci giorni dopo l'abdicazione di papa Celestino V, i componenti del Sacro Collegio si riunirono in conclave in Castel Nuovo, nella città di Napoli, il 23 dicembre 1294 per dare alla Chiesa il nuovo Pastore. Già il giorno successivo, vigilia di Natale, fu eletto papa il Cardinal Benedetto Caetani,[5] nativo di Anagni e titolare della Chiesa dei SS. Silvestro e Martino. Fu incoronato nella Basilica di San Pietro il 23 gennaio 1295 e assunse il nome di Bonifacio VIII. Aveva 64 anni circa.

Regole per l'elezione

Contrariamente al passato, il conclave fu radunato nella città di Napoli, nei dieci giorni dall'apertura della Sede vacante ed ebbe una durata molto breve. Tutto ciò fu dovuto alle disposizioni contenute nella costituzione Ubi periculum sull'elezione pontificia, fortemente voluta da papa Gregorio X (al secolo Tebaldo Visconti), nel corso del XIV Concilio Ecumenico tenutosi nella città di Lione (concilio ecumenico Lionese II) dal 7 maggio al 17 luglio 1274.

La costituzione Ubi periculum conteneva disposizioni molto precise, rigide e vincolanti per l'elezione papale, al fine di sottrarla a ogni ingerenza che non fosse strettamente ecclesiastica. Conteneva, infatti, l'obbligo del conclave per il Sacro Collegio dei cardinali; il conclave stesso avrebbe dovuto riunirsi, obbligatoriamente, entro dieci giorni dall'apertura della Sede vacante e nella stessa città ove era scomparso il papa precedente.

Passati i dieci giorni, il Sacro collegio doveva essere segregato in conclave sotto la sorveglianza del Podestà. Inoltre, se entro tre giorni dall'apertura del conclave il papa non fosse stato ancora eletto, si doveva cominciare ad applicare norme restrittive sui pasti e sul reddito dei porporati, fino a ridurli a pane e acqua. Tutte queste disposizioni erano finalizzate non solo a evitare che l'elezione del papa finisse nelle mani del popolo o dei nobili, ma anche a evitare che l'elezione stessa si trasformasse in una lunga ed estenuante trattativa basata su operazioni di mercimonio, come frequentemente avveniva in quei tempi.

Composizione del conclave

Manno di Bandino, Statua di papa Bonifacio VIII (1301), rame, bronzo e legno; Bologna, Museo Civico Medievale

Al momento del conclave il Sacro Collegio era composto da 23 cardinali, di cui solo uno fu assente. Di essi, 13 erano stati nominati da papa Celestino V, nel corso dell'unico Concistoro da lui presieduto il 18 settembre 1294; uno da papa Urbano IV, due da papa Niccolò III, uno da papa Martino IV, uno da papa Onorio IV, quattro da papa Niccolò IV. Essi erano:

  1. Hughes Seguin de Billon (o Aycelin), O.P., vescovo di Ostia e Velletri, Decano del Sacro Collegio.
  2. Matteo d'Acquasparta, O.Min., vescovo di Porto e Santa Rufina, Subdecano del Sacro Collegio.
  3. Gerardo Bianchi, vescovo di Sabina.
  4. Giovanni Boccamazza (o Boccamiti), vescovo di Frascati.
  5. Simon de Beaulieu, vescovo di Palestrina.
  6. Bérard de Got, vescovo di Albano.
  7. Benedetto Caetani, titolare di SS. Silvestro e Martino.
  8. Pietro Peregrossi (detto Milanese), titolare di S. Marco.
  9. Tommaso d'Ocre, O.Cel., titolare di S. Cecilia.
  10. Jean Le Moine, titolare di SS. Marcellino e Pietro.
  11. Pietro d'Aquila, O.S.B., titolare di S. Croce in Gerusalemme.
  12. Guillaume Ferrier (o de Ferrires), titolare S. Clemente.
  13. Nicolas l'Aide de Nonancourt, titolare di S. Lorenzo in Damaso.
  14. Robert de Pontigny, O.Cist., titolare di S. Pudenziana.
  15. Simon de La Charité, O.S.B.Clun., titolare di S. Balbina.
  16. Giovanni di Castrocoeli, O.S.B.Cas., titolare di S. Vitale.
  17. Matteo Orsini Rosso, diacono di S. Maria in Portico.
  18. Giacomo Colonna, diacono di S. Maria in via Lata.
  19. Napoleone Orsini Frangipani, diacono di S. Adriano.
  20. Pietro Colonna, diacono di S. Eustachio.
  21. Landolfo Brancaccio, diacono di S. Angelo in Pescheria.
  22. Guglielmo de Longhi, diacono di S. Nicola in Carcere Tulliano.
  23. Francesco Ronci, O.Coel., titolare di S. Lorenzo in Damaso, non partecipò al conclave.

Pontificato

Detenzione e morte di Celestino V

Come primo atto del suo pontificato, dopo aver riportato la sede papale da Napoli a Roma per sottrarre l'istituzione all'influenza di re Carlo II d'Angiò, dichiarò nulle tutte le decisioni assunte dal suo predecessore Celestino V.

Immediatamente dopo, a causa dell'ostilità dei cardinali francesi, ebbe timore che il suo predecessore, Pietro del Morrone, ritornato semplice monaco, potesse essere cooptato dai porporati transalpini come antipapa. Per cui si rendeva necessario che la sua persona rientrasse sotto il controllo del Pontefice. Bonifacio VIII fece pertanto arrestare Celestino V da Carlo II d'Angiò, lo stesso monarca che pochi mesi prima ne aveva sostenuto l'elezione pontificia e lo rinchiuse nella rocca di Fumone, di proprietà della famiglia Caetani, dove rimase fino alla morte.[5] Nonostante ci siano varie ipotesi (suffragate anche dalla presenza di un foro nel suo cranio, di epoca posteriore) non è assolutamente certo che la morte di Celestino V sia avvenuta per mano di Bonifacio VIII. Lo stato di detenzione però fu voluto dal Caetani, per motivi prudenziali.

Assegnazione della Sicilia

Eliminato un potenziale antipapa come avrebbe potuto essere l'ex Pontefice, il primo atto politico cui egli dovette adempiere fu la risoluzione della controversia in corso tra gli angioini e gli aragonesi per il possesso della Sicilia; controversia che si protraeva dall'epoca dei "vespri siciliani"; cioè dal 1282.

A Napoli governava Carlo II d'Angiò e in Sicilia Federico III di Aragona, fratello di re Giacomo II di Aragona che, a sua volta, era passato nel 1291 al trono d'Aragona. Il 20 giugno 1295, spinto dal Papa, che parteggiava per l'angioino avendolo questi aiutato nella cattura del Morrone, Giacomo II sottoscrisse la Pace di Anagni con la quale rinunciava a ogni diritto sulla Sicilia a favore del Papa. Mentre questi, a sua volta, li trasferiva a Carlo d'Angiò.

Ma la Sicilia si ribellò, preferendo come re il suo governatore Federico d'Aragona e non l'angioino. Il Papa, seppur malvolentieri, dovette acconsentire e incoronò Federico nella cattedrale di Palermo il 25 marzo 1296. Questa incoronazione fu la prima amara sconfitta per papa Bonifacio. Questa sconfitta sarà sanzionata successivamente e definitivamente mediante la Pace di Caltabellotta, stipulata nel 1303 tra Roberto d'Angiò, figlio di Carlo II e Federico, il quale riceveva il titolo di re di Trinacria e, come feudo, la Sicilia. La Pace di Caltabellotta segnò l'affermazione definitiva degli Aragonesi per l'inizio della loro espansione nel Mediterraneo.

Tassazione degli ecclesiastici

A questa sconfitta politica, altre ne seguirono, decretando il sostanziale fallimento della politica di Bonifacio VIII. Questo fallimento fu causato dalla concezione che il Caetani possedeva circa il ruolo del papa nel contesto degli Stati d'Europa che, sul finire del Medioevo, si stavano avviando a trasformarsi in Nazioni. Bonifacio VIII, più dei suoi predecessori, riteneva che l'autorità del papa fosse al di sopra del potere dei regnanti (teocrazia). Con questa concezione dell'autorità papale, tutti i sovrani dovevano sottostare non solo al potere spirituale del Pontefice, ma anche a quello temporale.

La qual cosa non avvenne mai, aprendo la strada alla lotta per il potere, pressoché ininterrotta, che nei secoli successivi vedrà impegnati Pontefici e sovrani, mediante l'ingerenza di quelli negli affari di stato di questi e di questi negli affari ecclesiastici di quelli.

Papa Bonifacio diede avvio alla sua politica di predominio mediante l'emanazione della bolla Clericis laicos, il 25 febbraio 1296, mediante la quale proibiva ai laici di tassare gli ecclesiastici e a questi di versare i relativi contributi, pena la scomunica. Era questa una chiara ingerenza negli affari di stato di paesi sovrani.

Il re di Germania, Adolfo I del Sacro Romano Impero, candidato alla nomina imperiale, non si oppose per motivi di opportunità. Egli, infatti, mirava alla corona imperiale, per cui aveva bisogno dell'approvazione papale. In Inghilterra re Edoardo I d'Inghilterra, benché contrario, dovette accettare il rifiuto dei vescovi al pagamento delle imposte.

La Francia assunse, invece, una posizione molto diversa. Il re Filippo IV Capeto, detto "il bello", nel respingere decisamente la bolla papale, emise una serie di Editti, nei quali vietava a chiunque, laici ed ecclesiastici, l'esportazione di danaro e preziosi; contemporaneamente vietava la residenza sul suolo francese agli stranieri, impedendo, di fatto, che eventuali legati pontifici potessero recarsi in Francia per la riscossione delle cosiddette "decime", cioè le tasse per la Chiesa di Roma.

La posizione di re Filippo fu talmente risoluta che il Papa fu costretto a addivenire a un accordo, autorizzando il re francese a riscuotere le imposte dal clero, in caso di estrema necessità, senza la preventiva autorizzazione pontificia. Filippo IV, preso atto del nuovo atteggiamento papale, revocò i propri editti e sottoscrisse la pace con la Santa Sede.

Contrasti con la curia

Anche questa fu una pesante sconfitta per papa Bonifacio. Il suo cedimento di fronte alla ferma opposizione del re di Francia nasceva, però, da una perdita di autorità all'interno della Santa Sede. Infatti, a causa del suo atteggiamento eccessivamente dispotico, aveva provocato l'insorgere di uno schieramento a lui ostile, sia all'interno della Curia sia dell'aristocrazia romana. Questo schieramento era capeggiato dai cardinali Giacomo Colonna e Pietro Colonna (appartenenti alla famiglia romana dei Colonna acerrima nemica della famiglia dei Caetani alla quale apparteneva Bonifacio VIII), i quali dichiararono che la sua elezione era illegittima in quanto non valida l'abdicazione di Celestino V. Questa posizione che preludeva a un possibile scisma, era sostenuta anche da tutto il movimento degli Spirituali Francescani i quali avevano la loro voce più alta nelle somme laudi di Jacopone da Todi che definì il Pontefice "novello anticristo". La perdita di potere interno aveva, quindi, indotto il Pontefice a essere più tollerante verso le resistenze del re francese.

La lotta all'interno delle istituzioni ecclesiastiche toccò il suo culmine il 10 maggio 1297 allorquando i Colonna e gli Spirituali Francescani sottoscrissero un memoriale, il "manifesto di Lunghezza", mediante il quale il Papa veniva dichiarato decaduto, sempre a causa della sua illegittima elezione, con espresso invito ai fedeli a non portare più obbedienza al Caetani.

La reazione del Pontefice non si fece attendere: con violenza i due cardinali furono destituiti con una apposita bolla la quale poneva in risalto come la famiglia Colonna fosse da sempre portatrice di disprezzo verso le cose altrui, nonché piena di superbia e oltraggiosa e che, per queste colpe, suscitava soltanto desiderio di annientamento. Si aprì, quindi, un'ulteriore lotta tra il Papa e i Colonna, nella quale questi ultimi speravano in un intervento a loro favore del re di Francia. La qual cosa non avvenne in quanto il monarca francese stava trattando proprio in quel momento gli accordi con il Papa per la risoluzione del problema dei tributi agli ecclesiastici in Francia, per cui non aveva alcun interesse a inimicarsi il Pontefice.

La lotta tra il Papa e i Colonna si concluse con la sconfitta di questi ultimi. Jacopone da Todi fu rinchiuso prigioniero in un convento e scomunicato. I Cardinali Colonna furono scomunicati e dovettero riparare in Francia sotto la protezione di Filippo il bello e i loro beni furono confiscati e divisi tra la famiglia del Papa e la famiglia degli Orsini, anch'essi acerrimi nemici dei Colonna.

Distruzione di Palestrina

Arnolfo di Cambio, Statua di papa Bonifacio VIII (1300 ca.), marmo; Firenze, Museo dell'Opera del Duomo

Le cronache dell'epoca riferirono che, dopo lunghe trattative, condotte soprattutto attraverso la mediazione del Cardinal Boccamazza, molto vicino ai Colonna, questi, alla fine dell'estate del 1298, si recarono al cospetto del papa, nella città di Rieti, nelle vesti di umili penitenti.

Chiedendo perdono e sottomettendosi all'autorità pontificia, riconobbero la piena legittimità di Bonifacio quale unico vero pontefice della Chiesa cattolica. Il papa accolse con benevolenza le dichiarazioni di contrizione dei Colonna e accordò loro il suo perdono, non senza aver prima preteso che i cardinali Colonna restituissero i loro sigilli che furono debitamente distrutti. Inoltre tutta la famiglia fu inviata al soggiorno obbligato nella città di Tivoli nell'attesa delle decisioni definitive del pontefice.

La tregua tra il Caetani e i Colonna fu tutt'altro che tale; tant'è che l'Inquisizione della città di Bologna, a seguito di una decisione di papa Bonifacio datata 12 aprile 1299, ebbe a confiscare il palazzo del cardinal Giacomo Colonna. Di fatto, la conflittualità tra il papa e la famiglia Colonna non fu affatto rimossa e questi ultimi dovettero riparare in Francia.

I negoziati che avevano preceduto l'atto di sottomissione dei Colonna al papa nella città di Rieti, era stato preceduto da una serie di negoziati nel corso dei quali fu stabilito, tra l'altro, che la città di Palestrina, fulcro e roccaforte dei possedimenti dei Colonna, entrasse nel pieno possesso di papa Bonifacio. Non appena, però, il papa entrò nel possesso materiale della città, diede ordine di distruggerla e la fece radere al suolo completamente nella primavera del 1299; fece passare l'aratro su tutto il territorio della città e ne fece cospargere il suolo di sale. La motivazione del suo gesto è contenuta in una lettera datata 13 giugno 1299, nella quale papa Bonifacio così si espresse: «perché non vi resti nulla, nemmeno la qualifica o il nome di città». La distruzione della città ebbe come conseguenza anche la perdita del privilegio di essere una delle sette diocesi suburbicarie di Roma.

Gli storici hanno sempre cercato di trovare la vera motivazione che indusse il Caetani a distruggere una intera città, nonostante ne fosse venuto in possesso pacificamente e a seguito di negoziati. Oggi sono tutti concordi nel ritenere che papa Bonifacio sia stato spinto a un gesto così efferato solo a causa dell'odio che egli nutriva verso i suoi avversari Colonna dei quali intendeva cancellare completamente anche la memoria.

Il 3 ottobre 1299 Papa Bonifacio accettò dal libero comune di Velletri l'elezione a podestà per una legislatura (6 mesi), questo perché il comune di Velletri, da sempre fedele ai Papi, aveva un rapporto di amicizia con Bonifacio che da giovane aveva studiato per un periodo in questa città, ma anche perché la stessa Velletri doveva difendersi dai nobili (soprattutto dai Colonna) che la volevano sottomettere e avere Bonifacio come podestà, oltre a essere un fatto d'orgoglio, era anche un'ottima alleanza; lo stesso valeva per Bonifacio, che poteva così contare sull'alleanza di un agguerrito comune come quello di Velletri.

L'istituzione del Giubileo

Ispirandosi alla Perdonanza istituita dal suo predecessore Celestino V, Bonifacio istituì l'Anno Santo, nel quale assicurava indulgenza plenaria per tutti quelli che avessero fatto visita alle Basiliche di San Pietro e San Paolo fuori le mura. L'Anno Santo fu indetto il 22 febbraio 1300, con la bolla Antiquorum habet, nella quale era anche stabilito che l'Anno Santo si sarebbe ripetuto, in futuro, ogni cento anni.

A parte la diffusa e sentita necessità di indulgenza di quel periodo (esempio le stesse crociate offrivano questo beneficio), l'afflusso dei pellegrini a Roma, da tutto il mondo, significava un notevole apporto di denaro, esaltava la magnificenza di Roma e consolidava il primato e il prestigio del Pontefice.

Alcuni commentatori ritengono che, terminato il conflitto con i Colonna e non avendo ancora concluso la pace con Filippo IV, il Papa temeva il blocco delle "decime", e istituì il Giubileo proprio per motivi finanziari. Senz'altro notevole fu l'afflusso di danaro, ma il Papa non ricevette l'omaggio dei Sovrani d'Europa (fu per lui una grossa delusione). Queste assenze stavano a significare che la sua aspirazione di riunire nelle sue mani sia il potere spirituale che quello temporale era soltanto una illusione.

I nuovi contrasti con Filippo IV di Francia

Miniatura con Arresto di papa Bonifacio VIII, tratta dalla Nova Cronica (1348) di Giovanni Villani

Questa stessa aspirazione animava, però, anche il Sovrano francese il quale, a tal proposito, aveva stretto alleanza nel 1299 con il nuovo re di Germania Alberto I d'Asburgo, accusato dal Papa di aver fatto assassinare il suo predecessore Adolfo di Nassau. Questa alleanza contrastava con l'aspirazione del Papa che intendeva sottrarre la Chiesa francese dal controllo del Re. Bonifacio VIII invitò allora il nuovo Re di Germania a comparire alla sua presenza in Roma per discolparsi dall'accusa di assassinio. Questa comparizione non avvenne mai. Anzi il Re di Francia, interpretando l'ingiunzione del Papa verso Alberto d'Asburgo come un affronto verso la sua persona, accentuò ancor più la sua posizione anticlericale mediante la confisca di tutti i beni della Chiesa, provocando un nuovo conflitto con il Papa.

Questo nuovo conflitto si aprì ufficialmente il 4 dicembre 1301 allorquando Bonifacio VIII emanò la bolla Salvator Mundi, mediante la quale abolì tutti i privilegi che Egli aveva concesso a re Filippo allorquando lo aveva autorizzato a riscuotere le imposte agli ecclesiastici anche senza il consenso papale.

Il giorno successivo, attraverso la bolla Ausculta fili, convocò l'episcopato francese e lo stesso Re a un Concilio, da tenersi a Roma l'anno seguente, al fine di definire una volta e per sempre i rapporti tra lo Stato e la Chiesa, facendo intendere, a chiare lettere, che il papa era l'autorità suprema, cui dovevano sottomettersi anche i Sovrani, senza eccezione alcuna; e che solo al papa tutti dovevano rendere conto dei propri atti, Sovrani compresi.

Questo atteggiamento eccessivamente autoritario e dispotico del Pontefice, manifestato nelle due bolle del 4 e 5 dicembre 1301, provocò la immediata reazione di Filippo IV, il quale fece divulgare in Francia una sintesi delle due bolle, alquanto manipolata e non perfettamente conforme alla linea espressa dal pontefice, nel senso che ne peggiorava il contenuto. Ciò per raccogliere maggiori consensi a suo favore e aumentare l'ostilità verso il Papa.

Lo scopo che si era prefisso il Re fu raggiunto quando, nel corso degli Stati Generali, riuniti a Parigi da Filippo nell'aprile 1302, egli ottenne l'approvazione dell'Assemblea la quale si concretizzò con la stesura di una lettera indirizzata al Papa, approvata all'unanimità, nella quale veniva stigmatizzata e respinta la posizione altamente ingiuriosa del Pontefice verso il Re. Contemporaneamente vi fu la proibizione da parte del Re ai vescovi francesi di recarsi a Roma per il concilio.

Nel corso del Concilio, il 18 novembre 1302, Bonifacio VIII emanò la ben nota bolla Unam Sanctam, nella quale veniva ribadito dogmaticamente il seguente concetto: «(..) nella potestà della Chiesa sono distinte due spade, quella spirituale e quella temporale; la prima viene condotta dalla Chiesa, la seconda per la Chiesa, quella per mano del sacerdote, questa per mano del re ma dietro indicazione del sacerdote». Ciò stava a significare la supremazia del potere spirituale su quello temporale (pena la scomunica in caso di ribellione).

La reazione di Filippo IV fu estremamente determinata e decisa anche questa volta. Il suo obiettivo, stavolta, era quello di mettere sotto processo il Papa, invalidarne l'elezione, accusarlo di eresia e simonia e procedere alla sua deposizione. In ciò gli furono molto utili le testimonianze dei Colonna che erano stati scomunicati da papa Bonifacio e si trovavano ancora sotto la sua protezione. La decisione di processare il Papa fu adottata da Filippo nel corso di una riunione del Consiglio di Stato da lui convocata al Louvre il 12 marzo 1303. Occorreva però la presenza del Pontefice al processo. A tal fine Egli incaricò il Consigliere di Stato Guglielmo di Nogaret di catturare il Papa e condurlo a Parigi.

Il Pontefice, venuto a conoscenza delle manovre del Re, tentò di correre ai ripari. Prima inviando una lettera di scomunica al sovrano, la qual cosa non sortì effetto alcuno. Poi cercando di guadagnare l'amicizia del re di Germania, Alberto I d'Asburgo, sottraendolo all'alleanza con il re di Francia. Convocò a tal fine un Concistoro per il 30 aprile 1303 nel quale lo riconobbe ufficialmente re di Germania, nonché Sovrano di tutti i Sovrani, con la promessa della incoronazione imperiale in un futuro alquanto prossimo. Tutto ciò in cambio della difesa della persona del Papa contro tutti i suoi avversari. Promessa che non sarebbe mai stata mantenuta.

Venuto a conoscenza che Alberto d'Asburgo era stato riconosciuto dal Papa re di Germania e temendo di averne perso l'alleanza, re Filippo cercò di accelerare i tempi per la messa in stato di accusa del Papa, convocando una nuova Assemblea degli Stati Generali, al Louvre, nel mese digiugno, con lo scopo di avviare una istruttoria che preparasse il processo al Pontefice.

Poiché il Consigliere di Stato Guglielmo di Nogaret era assente, in quanto si trovava in missione verso Roma, la pubblica accusa fu affidata a un altro Consigliere di Stato, Guglielmo di Plasian.

Le accuse e le congiure

Numerose furono le accuse formulate verso il Caetani. Innanzi tutto quella di aver fatto assassinare il suo predecessore Pietro da Morrone, già papa Celestino V. Fu accusato poi di negare l'immortalità dell'anima e di aver autorizzato alcuni sacerdoti alla violazione del segreto confessionale. Fu accusato, infine, di simonia e sodomia. Sulla base di queste infamanti accuse, il Re propose di convocare un Concilio per la destituzione del Pontefice e la sua proposta fu approvata dalla quasi totalità del clero francese.

Papa Bonifacio, messo al corrente di questi ultimi avvenimenti, preparò una nuova bolla di scomunica contro il Re di Francia, la Super Petri solio, che non fece in tempo a promulgare in quanto il Nogaret, insieme a tutta la famiglia Colonna, capeggiata da Sciarra Colonna, organizzò una congiura contro il Papa cui aderirono una gran parte della borghesia di Anagni e una gran parte del Sacro Collegio dei Cardinali.

All'inizio disettembre 1303 il Nogaret e Sciarra Colonna riuscirono a catturare il Papa dopo un assalto al palazzo pontificio di Anagni e per tre giorni il Papa restò nelle mani dei due congiurati che non risparmiarono ingiurie alla persona del Pontefice. Le numerose ingiurie inferte al Papa, unitamente al contrasto tra il Nogaret e il Colonna sul destino del Caetani (il primo lo voleva infatti prigioniero a Parigi, il secondo lo voleva morto), indussero la città di Anagni a rivoltarsi contro i congiurati e a prendere le difese del loro Papa. Vi fu pertanto un capovolgimento di fronte della borghesia di Anagni che mise in fuga i congiurati e liberò il Papa, guadagnandosi la sua benedizione e il suo perdono.

La morte

Rientrò a Roma il 25 settembre sotto la protezione degli Orsini. Aveva, però, perduto l'immagine del grande e potente Pontefice che si era illuso di essere ed era fiaccato anche nel fisico per le molte sofferenze dovute alla calcolosi renale che lo affliggeva da anni. Morì l'11 ottobre 1303 in Vaticano e fu sepolto nella Basilica di San Pietro, nella cappella costruita apposta per lui da Arnolfo di Cambio. Attualmente non vi è traccia alcuna di tale struttura in quanto distrutta in occasione della edificazione della nuova chiesa per opera del Bramante prima e di Michelangelo Buonarroti poi. Il monumento funebre, che custodite le sue spoglie, fu collocato nelle Sacre Grotte Vaticane, dove si trova tuttora.

Il processo di Filippo IV di Francia contro Bonifacio VIII dopo la sua morte (1303-1313)

Filippo il Bello intentò un processo contro Bonifacio VIII otto mesi prima della morte del pontefice; fra le molte accuse, evidenti furono le pratiche magiche cui Benedetto Caetani sarebbe ricorso prima e durante il suo pontificato. Un testimone, della famiglia del pontefice, dichiarò che il giorno in cui fu eletto Celestino V, sentì il cardinale urlare dalla sua stanza: "Perché mi inganni, perché mi inganni? Io mi do totalmente a voi e voi mi avete promesso di eleggermi papa, ma ora ne è stato fatto un altro". Il testimone sentì la risposta da una voce di fanciullo: "Perché ti turbi? Stando le cose così come sono, non potrai essere papa. Occorre infatti che il tuo papato si realizzi grazie a noi, in modo che tu non sia un vero papa legittimo. Questo lo potremo fare tra breve: abbi fiducia".

I testimoni al processo narrano anche che Bonifacio VIII possedeva un anello potente appartenuto a Manfredi, figlio dell'imperatore Federico II, il quale aveva un'ombra «talvolta luccicante, talvolta no» inoltre assumeva sempre nuove forme umane e animalesche. Questo anello aveva una natura tanto curiosa che Carlo II D'Angiò, re di Sicilia, durante un'udienza col papa lo osservò con tale insistenza da provocare la reazione del pontefice che gli avrebbe chiesto: «Perché guardi il mio anello così intensamente? Vuoi averlo?» Il re avrebbe risposto in francese: «No, non lo voglio, tenetevelo per voi il vostro diavolo». Molti testimoni infatti durante il processo, assicurarono che gli alloggi papali erano frequentati assiduamente da negromanti e alchimisti. Queste testimonianze vengono inoltre confermate dal grande poeta francescano del XIII secolo, Jacopone da Todi che apostrofava così l'odiato pontefice:

« Pensavi per augurio
la vita perlongare
anno, dì ne ora
omo non po' sperare
Vedem per lo peccato
la vita stermanare,
la morte appropinquare
quann'om pensa gaudere »

La frase «Pensavi per augurio / la vita perlongare» merita di essere presa alla lettera: la parola "augurio" indica le pratiche magiche alle quali Bonifacio VIII si sottoponeva per salvarsi dalla morte corporale.

Concistori per la creazione di nuovi cardinali

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Concistori di papa Bonifacio VIII

Papa Bonifacio VIII durante il suo pontificato creò 15 cardinali in 5 concistori[6]


Considerazioni sulla sua condotta

Fu l'ultimo papa a concepire la Chiesa come una istituzione al di sopra delle genti e degli Stati, tutti a essa sottomessi. A lui si deve la fondazione dell'Università "La Sapienza" di Roma e la costruzione del Duomo di Orvieto e di Perugia.

Bonifacio VIII fu un papa dedito al culto della sua immagine. Si fece ritrarre, ancora in vita, in tantissime immagini; cosa che nessun Pontefice prima di lui aveva mai fatto. Statue in marmo e bronzo raffiguranti la sua persona si trovano a Firenze, Orvieto, Bologna, nel Laterano e ad Anagni. Persino Giotto lo immortalò in un celebre affresco nell'atto di leggere, dalla loggia di San Giovanni in Laterano, la bolla con la quale proclamava il Giubileo dell'anno 1300.

Benedetto Caetani fu un personaggio estremamente controverso che visse in un periodo di transizione. Diversi sono gli storici che lo giudicano un personaggio cinico e dispotico, gran peccatore, avido di ricchezze e di potere. Diversi segni fanno supporre che fosse superstizioso tant'è che usava, ad esempio, coltelli aventi per manico corna di serpente e portava al dito un anello appartenuto a re Manfredi di Svevia. La leggenda popolare sosteneva addirittura che avesse strappato personalmente tale anello dal cadavere del Re.[senza fonte]

Successione degli incarichi

Predecessore: Papa della Chiesa cattolica Successore: Emblem of the Papacy SE.svg
Papa Celestino V 24 dicembre 1294-11 ottobre 1303 Papa Benedetto XI I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
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Papa Celestino V {{{data}}} Papa Benedetto XI
Predecessore: Cardinale diacono di San Nicola in Carcere Successore: CardinalCoA PioM.svg
Giovanni Gaetano Orsini 12 aprile 1281-24 dicembre 1294
Diaconia in commendam dal 22 settembre 1291
Guglielmo Longhi I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
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Giovanni Gaetano Orsini {{{data}}} Guglielmo Longhi
Predecessore: Cardinale presbitero dei Santi Silvestro e Martino ai Monti Successore: CardinalCoA PioM.svg
Gervais Jeancolet de Clinchamp 22 settembre 1291-24 dicembre 1294 Gentile Portino da Montefiore, O.F.M. I
II
III
IV
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VI
VII
VIII
IX
X
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Gervais Jeancolet de Clinchamp {{{data}}} Gentile Portino da Montefiore, O.F.M.
Predecessore: Cardinale protopresbitero Successore: CardinalCoA PioM.svg
Jean Cholet 2 agosto 1293-24 dicembre 1294 Pietro Peregrossi I
II
III
IV
V
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Jean Cholet {{{data}}} Pietro Peregrossi
Predecessore: Papa Successore: Emblem of the Papacy SE.svg
Papa Celestino V 24 dicembre 1294 - 11 ottobre 1303 Papa Benedetto XI I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
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Papa Celestino V {{{data}}} Papa Benedetto XI
Note
  1. Montaubin, Entre gloire curiale, p.346
  2. [1] sito GCatholic
  3. Indro Montanelli Roberto Gervaso, L'Italia dei secoli d'oro - Il Medio Evo dal 1250 al 1492, in Storia d'Italia, Milano, 1967, Rizzoli Editore - p. 60
    Stando a quanto viene riferito, la "voce" udita da Papa Celestino V affermava: "Io sono l'angelo che ti sono mandato a parlare e comàndoti dalla parte di Dio grazioso che tu immantanente debbi rinunziare al Papato e tornà a essere romito".
  4. Indro Montanelli Roberto Gervaso, L'Italia dei secoli d'oro - Il Medio Evo dal 1250 al 1492, in Storia d'Italia, Milano, 1967, Rizzoli Editore - pp. 60-61
  5. 5,0 5,1 Indro Montanelli Roberto Gervaso, L'Italia dei secoli d'oro - Il Medio Evo dal 1250 al 1492, in Storia d'Italia, Milano, 1967, Rizzoli Editore - p. 61
  6. (EN) Boniface VIII (1294-1303) su cardinals.fiu.edu
Bibliografia
  • E. Dupré Theseider, Enciclopedia dei Papi, II, Roma, 2000, pp.472-493.
  • A. Paravicini Bagliani. Bonifacio VIII. Torino, Einaudi, 2003 (ISBN 88-06-16005-2), RCS, Milano, 2006 (ISSN: 1129-08500)
  • E. Duffy. La grande storia dei Papi. Milano, Mondadori, 2003, ISBN 88-04-49052-7
  • G. Filoramo, D. Menozzi. Storia del cristianesimo - Il medioevo. Roma-Bari, Laterza, 2001, ISBN 88-420-6559-5
  • C. Rendina. I papi. Roma, Newton & Compton, 2004, ISBN 88-8289-070-8
  • J.N.D. Kelly. Dizionario illustrato dei Papi. Oxford-New York, PIEMME, 2003
  • G. Piccinni. I mille anni del medioevo. Milano, B. Mondadori, 2000, ISBN 88-424-9355-4
  • P. Partner. Duemila anni di cristianesimo. Torino, Einaudi, 2003, ISBN 88-06-16647-6
  • A. Vauchez. Roma medievale. Roma-Bari, Laterza, 2006, ISBN 88-420-8024-1
  • H. Fuhrmann. Guida al medioevo. Roma-Bari, Laterza, 2004, ISBN 88-420-7428-4
  • M. Montanari. Storia Medievale. Roma-Bari, Laterza, 2005, ISBN 88-420-6540-4
  • S. Claramunt, E. Portela, M. Gonzales, E. Mitre. Storia del medioevo. Milano, B. Mondadori, 1997, ISBN 88-424-9333-3
  • P. Montaubin. Entre gloire curiale et vie commune: le chapitre cathédral d'Anagni au XIII siecle in Mélanges de l'École Française de Rome, Moyen Âge, CIX (1997), pp.303-442
  • Les registres de Boniface VIII (1294-1303). Parigi, ed. A. Thomas, M. Faucon, G. Digard e R. Fawtier, 1884-1939
Voci correlate
Collegamenti esterni