Raniero Capocci
Raniero Capocci, O.Cist. Cardinale | |
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Età alla morte | circa 65 anni |
Nascita | Viterbo 1185 ca. |
Morte | Lione 27 maggio 1250 |
Consacrazione vescovile | 1242 |
Creato Cardinale |
1216 da Innocenzo III (vedi) |
Cardinale per | 34 anni, 5 mesi e 27 giorni ca. |
Incarichi ricoperti | |
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Raniero Capocci[1], o Ranieri di Viterbo (Viterbo, 1185 ca.; † Lione, 27 maggio 1250), è stato un cardinale, abate e vescovo italiano.
Cenni biografici
Nacque verosimilmente nel penultimo decennio del XII secolo, da una famiglia dotata di estesi possedimenti a Viterbo e nel suo contado.
Fu monaco cistercense. Non è certo se, come tramandano alcune fonti, egli fosse stato abate delle Tre Fontane. Studiò ars dictandi, divenendo abile scrittore e maestro; entrò nella cancelleria pontificia come notaio e fu creato cardinale diacono di santa Maria in Cosmedin da papa Innocenzo III negli ultimi mesi di pontificato nel 1216. Come cardinale sottoscrive le bolle pontificie dal 13 aprile 1216 al 26 aprile 1244.
Appena promosso al cardinalato, Raniero fu legato pontificio in Lombardia per mediare alla pace tra le città di Milano e Piacenza, ancora schierate con Ottone IV. Tuttavia la sua azione politica ebbe come oggetto prevalente il territorio del Patrimonio di San Pietro, da poco ritornato dotto controllo della Santa Sede, ma di fatto conteso tra il papa, l'imperatore, il comune di Roma e il comune di Viterbo.
Nel 1220 Onorio III gli assegnò il titolo appena creato di rettore del ducato di Spoleto, estendendo l'autorità della Chiesa su tutta l'Umbria. Pur non avendo autorità sul Patrimonio di san Pietro in Tuscia, il Raniero intervenne nel 1222 presso il pontefice quando, per l'intervento di truppe imperiali comandate imperiale Gunzelin di Wolfenbüttel nel conflitto armato tra Romani e Viterbesi per il possesso di Centocelle, minacciò di danneggiare i diritti pontifici.
Dal 1226 al 1233 fu amministratore apostolico della diocesi di Viterbo e tornò ad esercitare tale carica nel 1243. Grande fu il suo interessamento per gli ordini religiosi, in particolare quello dei Domenicani: Raniero fu amico del fondatore san Domenico di Guzman e dei Cistercensi.
Raniero fu sostenuto sempre più decisamente papa Gregorio IX nel suo atteggiamento intransigente nei confronti dell'imperatore, Federico II di Svevia, che culminò nella scomunica comminatagli nel 1239, e fu scrittore prolifico nel difendere questa decisione davanti all'opinione pubblica europea. Fornì l'abbozzo del famoso manifesto contro l'imperatore che inizia con le parole Ascendit de mare.
Nel 1241, dopo la morte di Gregorio IX, Raniero sopportò il duro conclave imposto ai cardinali dal senatore Matteo Rosso Orsini[2], fino al 25 ottobre quanto fu eletto papa Celestino IV.. Dopo 17 giorni morì il nuovo papa e si aprì un lungo periodo di sede vacante, durante il quale Raniero rimase a capo dei cardinali intransigenti schierati contro l'imperatore.
Fu partecipe all'elezione di papa Innocenzo IV, avvenuta il 25 giugno 1243, ma si oppose fermamente a qualsiasi concreto accordo con lo Svevo. In questa ottica va vista la decisione di riprendere il controllo della città di Viterbo che, dopo vicende alterne e nonostante una fortissima presenza guelfa, era passata dalla parte di Federico II, grazie anche ad una continua presenza nella città dell'imperatore stesso, che aveva concesso molte gratificazioni ai viterbesi.
La sua posizione intransigente fu sicuramente motivo per cui la pace tra Innocenzo IV e Federico II giurata il 31 marzo 1244 fallì già nella prima fase dell'esecuzione, inducendo il pontefice a sottrarsi ad altre trattative con la fuga a Lione avvenuta nel giugno del 1244. Raniero rimase in Italia come vicario nel Patrimonio di san Pietro, nel ducato di Spoleto e nelle Marche, e come legato in Toscana, con l'incarico di difendere i domini della Chiesa. Nel corso dell'anno, provvisto di pochi mezzi, egli riuscì a tenere saldamente Roma, Viterbo e Perugia.
Nella primavera del 1245 Raniero fu informato che Innocenzo IV dopo la convocazione del Concilio di Lione I si era lasciato aperta la strada per un accordo con Federico II. In questa situazione Raniero, che rispetto all'atteggiamento del papa e degli altri cardinali si considerava sempre più l'erede politico di Gregorio IX, tentò di influenzare il papa e il concilio contro l'imperatore. Nella primavera di quell'anno diffuse un libello, Aspidis nova, ispirato e forse in gran parte redatto da lui stesso, improntato sulla polemica escatologica che rinfacciava all'imperatore i peccati canonici commessi da quando era diventato re dei Romani, in un linguaggio intriso di metafore bibliche. Il libello colpì nel segno. Le accuse, deliberatamente false e diffamatorie, bollavano Federico II come eretico e si ritrovano nella sostanza della sentenza di deposizione pronunciata dal concilio.
La notizia della scomunica e destituzione di Federico II destò notevole scalpore in tutta Europa. I principi germanici si riunirono per eleggere un nuovo imperatore, Enrico Raspe, langravio di Turingia, che fu eletto il 22 maggio 1246. Molti principi comunque si erano astenuti e quelli rimasti fedeli a Federico II non lo riconobbero come re. Corrado, figlio dell'imperatore, scese in armi contro Raspe ma fu sconfitto a Francoforte il 5 agosto. Il 17 febbraio dell'anno seguente Enrico Raspe morì e alcuni mesi dopo i principi tedeschi elessero imperatore Guglielmo II d'Olanda.
Innocenzo IV nominò Raniero legato pontificio anche per il Regno di Sicilia nel 1246. Da quel periodo e fino al 1249, questi si mosse per recuperare l'Umbria e le Marche, riuscendo, con negoziati e con azioni militari, a riconquistare Spoleto nel novembre 1247 e la maggior parte delle città marchigiane. Quando Federico II fece impiccare il vescovo Marcellino di Arezzo, che era stato rettore della Marca di Ancona ed era stato catturato durante la battaglia di Osimo, il cardinale diffuse un altro libello dai toni durissimi, riuscendo a scatenare forti reazioni contro l'imperatore. Anche Iesi, la città natale di Federico II, passò allora dalla parte pontificia.
Innocenzo IV, resosi conto che il cardinale viterbese stava acquisendo un potere eccessivo, lo richiamò a Lione presso la Curia nell'autunno del 1249, affidando ad altri prelati gli incarichi da lui ricoperti. Fu per Raniero un duro colpo da cui non si riprese più. La sua permanenza nella città francese durò solo pochi mesi. Morì infatti a Lione nel 1250, con ogni probabilità il 27 maggio.
I due Ordini (domenicano e cistercense) ai quali restò particolarmente legato per tutta la vita si contesero l'onore di dargli sepoltura. Fu sepolto nell'abbazia cistercense di Cîteaux, ma più tardi gli fu eretto un monumento funebre anche nella chiesa dei domenicani di santa Maria in Gradi a Viterbo.
Successione degli incarichi
Predecessore: | Abate di San Paolo alle Tre Fontane | Successore: | |
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Bernardo II | 1244 - 1253 | Nicola de Sinizio (Sirizio)[3] |
Predecessore: | Cardinale diacono di Santa Maria in Cosmedin | Successore: | |
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Giovanni dei Conti di Segni | 1216 - 1250 | Giacomo Savelli, poi eletto papa Onorio IV |
Predecessore: | Cardinale protodiacono | Successore: | |
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Ottaviano dei conti di Segni | 1231 - 1250 | ? |
Predecessore: | Vescovo di Viterbo e Tuscania | Successore: | |
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Matteo circa 1235 |
1226 - 1233 1243 - 1244 |
Scambio Aliotti 1245 - 1253 |
Note | |
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Bibliografia | |
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