San Bruno di Segni
San Bruno di Segni, O.S.B. Vescovo | |
---|---|
Santo | |
Bottega piemontese, San Bruno di Segni e il miracolo dell'ostia (XVIII secolo), olio su tela; Alessandria | |
Età alla morte | 78 anni |
Nascita | Solero 1045 |
Morte | Segni 18 luglio 1123 |
Ordinazione presbiterale | 1070 |
Consacrazione vescovile | 1079 |
Incarichi ricoperti | Vescovo di Segni |
Iter verso la canonizzazione | |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Canonizzazione | 1181, da Lucio III |
Ricorrenza | 18 luglio |
Collegamenti esterni | |
Scheda su santiebeati.it |
Nel Martirologio Romano, 18 luglio, n. 9:
|
San Bruno di Segni o San Brunone d'Asti o San Brunone Solaro (Solero, 1045; † Segni, 18 luglio 1123), teologo, abate di Montecassino e vescovo di Segni, è venerato come santo della chiesa cattolica. Venne indicato come maestro di carità, difensore dell'evangelica morale, oracolo dei vescovi e conduttore dei Pontefici[1].
Biografia
Infanzia e studi
Secondo alcuni autori, Brunone nacque a Solero, nella diocesi di Asti (ora di Alessandria), tra il 1045 e il 1049, da Andrea e Willa (Guglielmina), genitori di modeste condizioni economiche[2].
Da fanciullo fu affidato per l'educazione e la formazione intellettuale ai Benedettini dell'abbazia di San Perpetuo, dipendente da quella di Fruttuaria, fondata nel 1003 a San Benigno Canavese, con l'aiuto di Arduino, marchese d'Ivrea e re d'Italia. Bruno apprese la disciplina del trivio e del quadrivio a Bologna; divenuto sacerdote, non trascurò gli studi: difatti, all'età di circa 25 anni, scrisse un commento al Salterio Gallicano, oggi smarrito, e lo dedicò a Ingone, vescovo di Asti. In seguito fu canonico della cattedrale di Siena, dove scrisse per i suoi colleghi un commento al Cantico dei Cantici.
La consacrazione a vescovo e la lotta a fianco del papato
L'11 febbraio del 1079 Bruno prese parte al sinodo romano, indetto da Papa Gregorio VII, in cui fu confutato il vescovo Berengario della diocesi di Tours, il quale insegnava che nell'Eucaristia è presente soltanto la virtù soprannaturale di Cristo. Bruno e i suoi colleghi teologi, tra cui figurava pure il card. Pietro Igneo, suo ospite, affermò che Gesù Cristo è presente sostanzialmente nel pane consacrato. Poco dopo, su suggerimento del Papa, si recò a Segni, e parlò ai canonici radunati in cattedrale per l'elezione del vescovo. Essendo stato da loro prescelto, in quello stesso anno Bruno fu consacrato vescovo da Gregorio VII, il quale, fino alla morte avvenuta nel 1085, si servì di lui come consigliere nella riforma della Chiesa, sconvolta dalla simonia, dalla clerogamia e dalle investiture laiche [3].
Al momento della lotta san Bruno fu al fianco della Santa Sede. Il conte di Segni, Ainulfo, partigiano dell'imperatore di Germania, nel 1082 lo tenne prigioniero per tre mesi nel castello di Vicoli. Appena fu rimesso in libertà, il santo fece ritorno a Roma. Alla morte di Gregorio VII la lotta continuò furibonda con Papa Urbano II, che si mostrò più prudente e malleabile del suo predecessore. San Bruno lo accompagnò quasi sempre nei suoi viaggi in Italia e in Francia. Con lui partecipò al sinodo di Melfi nel 1089, alla consacrazione della badia di Cava dei Tirreni nel 1092, ai sinodi di Piacenza e di Clermont nel 1095, nei quali furono rinnovati i decreti contro la simonia, il concubinato degli ecclesiastici e l'investitura da parte dei laici. A Clermont, ai soliti divieti, fu aggiunto anche quello del giuramento feudale prestato da ecclesiastici a laici, e fu proclamata la prima crociata. San Bruno, poche settimane prima, si era recato con il Papa a Cluny dove avevano consacrato gli altari della basilica fatta costruire dall'abate sant'Ugo il Grande.
I concili
Ritornato in Italia intervenne quasi sicuramente nella quaresima del 1097 al concilio lateranense, e nel mese di ottobre dell'anno seguente, al sinodo di Bari dove sant'Anselmo di Aosta tenne un discorso sulla processione dello Spirito Santo in contrapposizione al pensiero della Chiesa d'Oriente. È certo, invece, che nel 1099 prese parte all'ultimo concilio tenuto da Urbano II al Laterano.
Il ritiro a Montecassino e le missioni per conto del papa
Pochi anni dopo, avendo ricevuto altre molestie da Ainulfo, san Bruno si ritirò, senza l'autorizzazione del nuovo pontefice, Pasquale II nell'abbazia di Montecassino dove, nel 1103, vestì l'abito benedettino con grande rammarico degli abitanti di Segni.
Pasquale II, nonostante il suo malcontento, gli affidò numerose missioni perché la sua competenza giuridica era riconosciuta da tutti, e gli conservò le incombenze che aveva nella curia.
Nel 1105 lo nominò legato in Sicilia e in Francia, dove accompagnò Boemondo I, figlio di Roberto il Guiscardo, uno dei capi della prima crociata e principe di Antiochia, e tenne il concilio di Poitiers indetto il 25 giugno del 1106 onde ridestare l'entusiasmo popolare per la crociata. Ad esso presero parte anche sant'Ivo di Chartres, celebre teologo e canonista sostenitore della riforma gregoriana, e Sugero abate di Saint-Denis e consigliere dei re di Francia. A Montecassino, alla morte dell'abate Ottone, san Bruno fu eletto suo successore nel 1107.
Nel 1108 ebbe la visita di Papa Pasquale II. Ai monaci riuniti nella sala capitolare dichiarò che Bruno era degno non soltanto di essere abate, ma anche di succedergli nella Sede Apostolica. Dopo, in compagnia del santo, andò a Benevento dove, in un sinodo, rinnovò le sanzioni contro l'investitura laica e proibì ai sacerdoti l'uso di abiti civili. Nel 1109 si recò a Segni per confermare il culto di san Pietro, vescovo di Anagni, che la Chiesa festeggia ancora oggi il 3 agosto, di cui Bruno aveva scritto la vita.
La lotta contro l'imperatore
Come abate e come vescovo di Segni a un tempo, per speciale privilegio di Pasquale II, il santo non cessò di interessarsi alle peripezie della lotta, allora molto viva, tra il papato e l'impero specialmente quando, nell'agosto del 1110, Enrico V scese in Italia con un forte esercito, entrò in Roma, e costrinse con la violenza e la prigionia Pasquale II e i suoi consiglieri a concedergli il privilegio delle investiture con il pastorale e l'anello, e a incoronarlo imperatore.
San Bruno con la stragrande maggioranza dei vescovi lo riprovò. In una loro riunione a Roma decisero di non chiedere le dimissioni del Papa, virtuoso monaco, ma malaccorto diplomatico, e di insistere perché dichiarasse nullo il privilegio. Al papa fu riferito in modo alterato che il dissenso era capeggiato e alimentato da Bruno, e allora costui gli scrisse:
« | I miei nemici ti dicono che io non ti amo e che sparlo di te. Mentiscono. Io, infatti, così ti amo, come devo amare un padre e un signore e tè vivente non voglio avere altro pontefice... Devo dunque amare te, ma più devo amare colui che ha fatto tè e me . Niente mai deve essere preferito a questo grande amore. Io non lodo quel patto così vergognoso, così violento, fatto con tanto tradimento e così contrario a ogni pietà e religione. E chi potrebbe lodarlo? Esso viola la fede, toglie la libertà alla Chiesa, umilia il sacerdozio... Abbiamo i canoni, abbiamo le costituzioni dei SS. Padri, giunte dai tempi apostolici fino a te. Bisogna camminare per la via regia (tradizionale) e da essa non deviare in alcuna parte... . [4].</ref> » |
Il ritiro dalla vita pubblica
Pasquale II, sorpreso e offeso dall'atteggiamento dell'abate di Montecassino e di tanti altri prelati d'Italia, della Francia e della Germania, tenne testa per un po' di tempo ai suoi oppositori e per marcare la propria autorità ritirò al santo il privilegio di cui godeva del cumulo di cariche, di modo che fu obbligato a lasciare l'abbazia di Montecassino e a fare ritorno alla sua sede vescovile. Bruno si sottomise umilmente alla decisione. Il 13 ottobre del 1111 lasciò la carica di abate, e ritornò a Segni tra il suo gregge che lo accolse con esultanza.
Nel Concilio Lateranense del 1112, Pasquale II fu costretto dai partecipanti a riconoscere l'illegalità delle concessioni accordate all'imperatore, il vescovo di Segni fu presente a quasi tutte le sessioni del concilio. Dopo questa data san Bruno si ritirò dalla vita pubblica per attendere maggiormente al suo gregge, alla preghiera, alla meditazione e allo studio. Morì nella sua sede vescovile il 18 luglio del 1123. Fu sepolto nella cattedrale, ma delle sue reliquie è rimasto solamente il teschio, custodito in un busto di argento, oggetto di culto pubblico.
La canonizzazione
Subito dopo la morte del vescovo i cittadini di Segni cominciarono a venerarlo e solamente dopo 58 anni, papa Lucio III nel primo anno del suo pontificato ne dichiarava la santità ed ordinava che fosse inscritto nel catalogo dei santi.
I suoi scritti sono principalmente esegetici. Il suo Libellus de symoniacis, scritto prima del 1109, è importante per la sua discussione del significato di simonia e specialmente per il suo atteggiamento sui sacramenti somministrati da un prete simoniaco.
Opere
Ci rimangono di lui commentari sui vari libri della S. Scrittura, sermoni, vite di santi, lettere, un trattato contro i simoniaci e tre trattati di Liturgia: Gli ornamenti della Chiesa, il Sacrificio dell'Azzimo, i Sacramenti della Chiesa.
Successioni
Predecessore: | Vescovo di Velletri-Segni | Successore: | |
---|---|---|---|
Erasmo prima del 1059- dopo il 1071 |
1079-1123 | Trasmondo 1123-1138 |
Note | |
| |
Bibliografia | |
| |
Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
|
- Benedettini italiani
- Italiani dell'XI secolo
- Italiani del XII secolo
- Vescovi di Segni
- Santi e beati del martirologio del 18 luglio
- Presbiteri ordinati nell'XI secolo
- Presbiteri italiani
- Presbiteri dell'XI secolo
- Presbiteri per nome
- Vescovi consacrati nell'XI secolo
- Vescovi italiani dell'XI secolo
- Vescovi dell'XI secolo
- Vescovi per nome
- Vescovi italiani del XII secolo
- Vescovi del XII secolo
- Santi canonizzati nel XII secolo
- Santi canonizzati da Lucio III
- Tutti i Santi
- Santi italiani
- Santi dell'XI secolo
- Santi del XII secolo
- Biografie
- Abati per nome
- Vescovi italiani
- Abati italiani
- Nati nel 1045
- Nati nell'XI secolo
- Morti nel 1123
- Morti il 18 luglio
- Vescovi di Velletri-Segni