San Giovanni Theristis

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San Giovanni Theristis
Monaco
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Santo
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icona del santo
Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte circa 55 anni
Nascita 995 ca.
Morte 1050 ca.
Sepoltura
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Appartenenza
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Professione religiosa [[]]
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Incarichi ricoperti
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° vescovo di Roma
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Extra Anni di pontificato


Cardinali creazioni
Proclamazioni
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Eventi
Venerato da Chiesa cattolica
Venerabile il [[]]
Beatificazione [[]]
Canonizzazione [[]]
Ricorrenza 23 febbraio
Altre ricorrenze
Santuario principale
Attributi falce del mietitore
Devozioni particolari {{{devozioni}}}
Patrono di Stilo
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Incoronazione
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Predecessore
Erede
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Onorificenze
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Altri titoli
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Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano, 23 febbraio, n. 5:
« A Stilo in Calabria, san Giovanni, che, divenuto monaco secondo le regole dei Padri d'Oriente, meritò di essere chiamato Theristis, Mietitore, perché, mosso da somma carità verso i bisognosi, era solito prestare aiuto ai mietitori. »

San Giovanni Theristis (995 ca.; † 1050 ca.) è stato un monaco italiano, di origine greca visse in Calabria fra il X e l'XI secolo, nella zona della vallata dello Stilaro. La vita del santo è ancora in gran parte legata alle leggende e alle credenze popolari.

Biografia

Durante un'incursione saracena sulle coste della Calabria, il padre del futuro santo venne ucciso. La madre, incinta, fu condotta come schiava a Palermo, dove partorì il bambino, che crebbe nella fede cristiana. All'età di 14 anni la madre lo invitò a fuggire verso il suo paese natio, in località di Cursano.

Si racconta che, munito di una piccola croce, attraversò in barca lo stretto di Messina, per poi giungere fino a Stilo. Gli abitanti, vedendolo vestito da moro, lo condussero presso il Vescovo Giovanni, che lo interrogò per sapere da dove fosse venuto e cosa cercasse. Il ragazzo rispose che chiedeva il Battesimo, ma il Vescovo lo sottopose a dure prove prima di conferirglielo; nel battesimo gli impose il proprio nome.

Una volta cresciuto, sentì sempre più forte l'attrazione per la vita dei monaci che vivevano nelle grotte nei dintorni di Stilo, specialmente di due asceti basiliani, Ambrogio e Nicola. Dopo molte insistenze, nonostante la sua giovane età fu ammesso nella comunità.

Ritrovò a Cursano un tesoro appartenuto alla sua famiglia; secondo la Regola di San Basilio lo distribuì ai poveri.

Non lontano dal monastero c'era una grotta dalla quale scaturiva una sorgente; d'inverno, col permesso del superiore, Giovanni usava pregare in mezzo alle acque gelide.

Volendo visitare un cavaliere di San Giovanni di Rodi che aveva provveduto al vitto del monastero, presso Monasterace, nel mese di giugno, al tempo della mietitura, prese con sé un fiaschetto di vino e una ciambella. Giunto presso due fondi, chiamati Marone e Maturavolo, offrì ai contadini il pane e il vino. Un furioso temporale si abbatté su quei campi, rischiando di distruggere il raccolto, ma la preghiera intensa di Giovanni fece sì che il grano fosse mietuto e raccolto in covoni.

Questo e altri episodi testimonianti l'aiuto soccorrevole ai contadini gli valsero l'appellativo di Therìstis, cioè mietitore. Il padrone dei campi, per quanto era accaduto, li donò al monastero.

Nella comunità si distinse per virtù, tanto da essere poi eletto abate.

Morì nel 1054. Venne sepolto nel monastero della Madonna del Maestro, detto di San Giovanni Teresti vecchio o del Bosco.

Culto

Roberto il Guiscardo, affetto da un'inguaribile piaga al viso, guarì al contatto con la sua tunica. Moltissimi altri furono risanati: storpi, ciechi, sordi, indemoniati.

Ruggero fondò il cenobio a lui intitolato, e volle che fosse consacrato il 24 giugno, come ricordato dal Martirologio romano.

Nel 1660 si ottenne dal Papa Alessandro VIII che, per evitare che fosse profanato in occasione delle incursioni dei briganti, e perso a causa dei terremoti, il suo corpo fosse traslato a Stilo. Ciò avvenne il 12 marzo 1662: il corpo di Giovanni fu traslato insieme alle reliquie dei Santi Ambrogio e Nicola. Queste furono riposte in una chiesa costruita dai Padri Minimi nel 1625, ed acquistata dai basiliani nel 1662. Essa fu dedicata a San Giovanni Theristis.

Nel 1791 la chiesa passò alla Congregazione del Santissimo Redentore di Sant'Alfonso Maria de' Liguori, che abbellirono con opere marmoree chiesa e convento.

Il 24 giugno 1847 il Vescovo di Squillace, Concezio Pasquini, eseguì la ricognizione delle reliquie di San Giovanni Theristis, lo stesso giorno in cui nel 1122 Callisto II aveva consacrato, alla presenza di Ruggero il Normanno, il convento di San Giovanni in Nemore (del Bosco). Una lapide posta nella chiesa ricorda tali avvenimenti.

Nella navata sinistra, sotto l'altare, sono venerate le reliquie del Theristis e dei compagni monaci. Al convento si accede da un portale in marmo lavorato. Al centro del cortile sorge un antico pozzo in granito rosa con quattro colonne, coperto da un baldacchino sovrastato da una nave in latta, con dentro un bambino orante che regge una croce: vuole ricordare il viaggio del santo, approdato a Stilo[1].

La memoria del Santo si trova in tutti i menologi e sinassari greci, ma anche in quelli bizantini. Passò poi anche nel Martirologio Romano al 23 febbraio.

Stilo ha dichiarato il santo suo patrono e protettore, e gli riserva ogni anno una festa solenne con la processione delle reliquie conservate nella chiesa a lui intitolata.

Venerato come Santo nei secoli immediatamente successivi alla sua morte, a lui venne dedicato il Monastero greco-ortodosso di San Giovanni Theristis, vicino a Bivongi (RC), recentemente ricostruito da monaci athoniti provenienti dal Monte Athos.

Nell'Acta Santorum dei Bollandisti è descritta la vita del Santo. Il dotto francescano stilese Stefano Bardaro O.F.M. Conv. la tradusse dal greco al latino nel 1624. Una versione italiana si trova nel libro di Luigi Cunsolo, Storia di Stilo e del suo regio demanio[2].

Note
  1. Ne parla una leggenda stilese, nella quale Giovanni, da Palermo mandato a Stilo con una barchetta senza remi o vela dalla madre, varcato lo stretto di Messina fu avvistato da una galera turca, ma la barca improvvisamente affondò per riemergere miracolosamente fuori dalla vista dei turchi e approdò a Monasterace. Tale racconto è accolto anche dai bollandisti.
  2. Gangemi editore, pp. 233-242.
Voci correlate
Collegamenti esterni