San Simeone Stilita il Vecchio

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San Simeone Stilita il Vecchio
Monaco
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battezzato
Santo
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Icona del santo
Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte circa 69 anni
Nascita Sis
390 ca.
Morte Qal'at Sim'an
2 settembre 459
Sepoltura
Conversione
Appartenenza
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Professione religiosa [[]]
Ordinato diacono
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Incarichi ricoperti
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° vescovo di Roma
Elezione
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Consacrazione {{{consacrazione}}}
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Extra Anni di pontificato


Cardinali creazioni
Proclamazioni
Antipapi {{{antipapi}}}
Eventi
Venerato da Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa
Venerabile il [[]]
Beatificazione [[]]
Canonizzazione [[]]
Ricorrenza 27 luglio
Altre ricorrenze
Santuario principale
Attributi
Devozioni particolari {{{devozioni}}}
Patrono di
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Incoronazione
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Predecessore
Erede
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Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano, 27 luglio, n. 5:
« Vicino ad Antiochia in Siria, san Simeone, monaco, che visse per lunghi anni su una colonna, assumendo per questo anche il nome di Stilita, uomo di vita e di condotta degne di ammirazione. »

San Simeone Stilita il Vecchio (Sis, 390 ca.; † Qal'at Sim'an, 2 settembre 459) è stato un monaco siriano, detto il Vecchio per distinguerlo da Simeone Stilita il Giovane.

Fu un asceta cristiano[1], che visse per 37 anni su di una piccola piattaforma posta in cima ad una colonna, nella zona nord di quella che è oggi la Siria.

Diverse altre persone dopo di lui seguirono il suo esempio e vennero detti "stiliti"[2]

Vita

Simeone nacque a Sis, in Cilicia, nei pressi di Antiochia nel nord della Siria, verso l'anno 390, da una famiglia di poveri pastori.

La leggenda narra che da giovanetto sua unica occupazione fu la custodia del gregge. Un giorno, non essendo potuto andare al pascolo a causa della neve, si recò in chiesa ove rimase emozionato udendo la lettura delle beatitudini evangeliche. Chiese allora ad un uomo anziano come fosse possibile conseguire la felicità che esse promettevano e questi gli suggerì di abbandonare senza esitazioni il mondo.

Simeone entrò allora in un'altra chiesa e, dopo una lunga preghiera prostrato per terra, addormentatosi, in sogno gli sembrò di scavare le fondamenta di una casa: tra una sosta e l'altra, una voce più volte lo ammonì: "Scava più a fondo". Quando le fondamenta raggiunsero una certa profondità, la medesima voce gli disse: "Adesso puoi costruire l'edificio all'altezza che vorrai".

Desiderando vincere sé stesso e raggiungere la perfezione, Simeone decise entrare in un monastero, dove condusse una vita innocente ed improntata ad una dura austerità, dedito agli uffici più umili. Aspirando ad una perfezione ancora più alta, due anni dopo si trasferì per una decina d'anni nella solitudine di Teleda, dove i monaci mangiavano ogni due giorni: egli si impose una disciplina ancora più dura, passando tutta la settimana senza assumere cibo e beneficiando della propria razione i poveri.

Tuttavia l'abate Eliodoro, non approvando quella sua singolarità, tentò invano di moderarlo. Simeone si strinse fortemente attorno al corpo una corda tessuta di mirto selvatico, che provocò vistose piaghe maleodoranti e sanguinanti. Furono necessarie varie cure e, appena guarì, l'abate lo congedò dal monastero, affinché quello straordinario ma pericoloso fervore non inducesse altri ad imitarlo. Simeone si rifugiò in un pozzo asciutto dove pregò e pianse di continuo, credendosi un grande peccatore, finché l'abate cinque giorni dopo lo mandò a richiamare, pentito del cattivo trattamento che gli aveva riservato.

Un anno dopo, però, Simeone uscì definitivamente dal monastero per stabilire la sua dimora in una capanna a Teli Nesim, nei pressi di Antiochia, sotto la direzione del sacerdote Basso. Essendovi giunto al principio della quaresima, si propose di trascorrerla nel più assoluto digiuno, ma il suo maestro si oppose, considerando un simile progetto una tentato suicidio. Simeone si fece murare nel tugurio con soli dieci pani ed una brocca d'acqua. Al termine della quaresima giaceva per terra senza voce e senza movimento, ma dopo aver ricevuto la comunione riacquistò le forze. Per ben ventotto anni puntualmente egli rinnovò questo terribile digiuno quaresimale.

Dopo aver trascorso tre anni in quella misera cella, Simeone salì sulla vicina montagna e, per darsi alla contemplazione, si fece legare una catena ad un piede, infissa nella roccia del recinto che si era fatto costruire a ridosso del monte. Melezio, vescovo di Antiochia, visitando Simeone nella volontaria prigione, si permise di fargli notare che in tale maniera atroce venivano legate soltanto le bestie feroci. Il santo si propose allora di tendere alla perfezione con la forza della volontà e nel rompere la catena, il cuoio villoso che gli proteggeva la carne apparve anche agli occhi di Teodoreto pieno di cimici: Simeone ne aveva sopportato i morsi con un'invincibile pazienza.

In cima ad una colonna

Lastra sbalzata del VI secolo di Simeone sulla sua colonna. Cristo è alla sommità mentre benedice Simeone; il serpente rappresenta le tentazioni del demonio (Museo del Louvre)

La vita straordinariamente penitente praticata dal santo, nonché i miracoli da lui operati, attirarono folle di pellegrini.

Allo scopo di isolarsi dalla massa sempre crescente di fedeli che venivano a trovarlo, Simeone creò una piccola piattaforma sulla sommità di un pilastro che trovò nelle vicinanze, e su questa decise di vivere per il resto della sua vita. È stato affermato che, poiché pensò di non essere capace di scappare dal mondo in orizzontale, decise di fuggire in verticale.

Ogni settimana riceveva la comunione ed ogni quaranta prendeva un po' di cibo. In tal modo rimase pur sempre esposto agli sguardi della folla, apparendo come un modello di sovrumana fortezza e di costanza.

Simeone si rivolgeva con semplicità al popolo due volte al giorno per rendere giustizia ai litiganti, per ricordare la necessità del distacco dai beni terreni ed i terribili castighi riservati agli ostinati peccatori; riservava il resto della giornata alla preghiera.

Convertì molti saraceni, persiani, georgiani e armeni e combatté inoltre gli errori dei giudei, degli eretici e dei pagani.

La fama, gli anni finali e l'eredità

Rovine della Chiesa di San Simeone con i resti della sua colonna.

La fama di Simeone si diffuse per tutto l'Impero bizantino e l'imperatore Teodosio II e sua moglie Aelia Eudocia rispettarono con devozione il santo e seguirono i suoi consigli, mentre l'imperatore Leone I fu molto attento ad una lettera che egli inviò al Concilio di Calcedonia. Si dice anche che Simeone abbia avuto una corrispondenza con Santa Genoveffa di Parigi.

Simeone divenne così influente che una delegazione della chiesa venne inviata a lui per chiedergli di scendere dalla sua colonna in segno di sottomissione. A seguito della disponibilità da lui data ad obbedire, la richiesta venne annullata. Una volta, in occasione di una sua malattia, Teodosio gli invio tre sacerdoti per chiedergli di scendere dalla colonna e consentire così a dei medici di curarlo, ma Simeone preferì lasciare la sua guarigione nelle mani del Signore.

Dopo 37 anni trascorsi sul pilastro, Simeone morì il 2 settembre 459. Egli ispirò molti seguaci e per oltre cento anni molti altri asceti ne imitarono lo stile di vita decidendo di vivere come lui su di una colonna. Essi vennero così denominati stiliti e furono molto comuni nell'Impero bizantino.

Le rovine dell'enorme edificio costruito in suo onore e note in arabo come Qalʿat Simʿan (Rocca di Simeone) sono ancora visibili. Esse si trovano a circa 30 km a nord-ovest di Aleppo e consistono in una basilica a forma di croce con annesso un chiostro ottagonale. Al centro del chiostro è situata la base della colonna su cui Simeone visse per 37 anni.

Note
Bibliografia


Voci correlate
Collegamenti esterni