Vitellio (imperatore)
Aulo Vitellio Pagano | |
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Imperatore romano | |
Statua raffigurante Vitellio | |
Età alla morte | 54 anni |
Nascita | Nuceria Alfaterna 24 settembre 15 |
Morte | Roma 22 dicembre 69 |
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Aulo Vitellio Germanico, chiamato generalmente Vitellio (Nuceria Alfaterna, 24 settembre 15; † Roma, 22 dicembre 69) è stato il terzo imperatore a prendere il potere nell'anno 69, ricordato come l'anno dei quattro imperatori. Abdicò in favore di Vespasiano, che vinse la guerra tra i due condottieri, grazie alla decisiva battaglia di Calvatone. Morì per mano dei soldati di Vespasiano, il 22 dicembre 69.
Nascita e origini
Di origini campane, era figlio di Lucio Vitellio il Vecchio, già console e governatore in Siria sotto Tiberio. Secondo Svetonio alcune fonti storiche attribuirono alla famiglia di Vitellio umili origini, mentre altre la definirono come discendente degli antichi sovrani del Lazio.
Durante l'arco della sua esistenza contrasse due matrimoni: il primo verso l'anno 40 con una donna di nome Petronia, figlia di Publio o Gaio Petronio Ponzio Nigrino, che gli diede un figlio, Aulo Vitellio Petroniano, considerato l'erede della madre e del nonno. Successivamente sposò intorno all'anno 50, una donna di nome Galeria Fundana, probabilmente la nipote di Gaio Galerio. Con lei ebbe due figli, un maschio di nome Germanico e una femmina, nota come Vitellia.
Vitellio svolse l'attività di sacerdote fra gli Arvali nel 57 oltre che quella di console in Africa nel 60. Otto anni dopo l'imperatore Galba lo nominò comandante dell'esercito situato in Germania e proprio nelle terre tedesche conquistò una certa popolarità fra i soldati.[1] Sempre secondo Tacito, Vitellio si dimostrò, già in questo periodo giovanile, generoso seppur indolente, autoindulgente e ingordo.
La sua ascesa al ruolo di imperatore fu innescata da due comandanti dell'esercito romano in Germania, Fabio Valente e Cecina Alieno, che si attivarono ed effettuarono un colpo di stato militare nel 69 facendo proclamare Vitellio imperatore delle truppe germaniche. Questo accadimento gli consentì di entrare in Italia alla guida di un esercito e di ricevere a Roma gli onori imperiali. Sin dai primi giorni di potere, Vitellio si circondò di fasti e di stravaganze, ma ben presto giunse a Roma la notizia che gli eserciti danubiani avevano acclamato Vespasianio come imperatore.
Divenne così inevitabile lo scontro tra gli eserciti dei due imperatori e la guerra volse a favore di Vespasiano dopo la seconda battaglia di Bedriaco. Vitellio era tentato di abdicare, ma il popolo lo incitò a resistere e a riprendere la guerra. I combattimenti cruenti non risparmiarono neppure i luoghi sacri, come ad esempio il Tempio di Giove Otttimo Massimo, che fu incendiato.[2]
Vitellio cercò una mediazione con Vespasiano, proponendo una tregua e imbastendo un piano di pace, ma ormai le avanguardie dell'esercito di Vespasiano erano già nei pressi della capitale e una volta entrate a Roma non incontrarono più nessuna resistenza. Perlustrarono la città in cerca dell'ex imperatore che fu scovato in stato di ubriacatezza e di ingordigia.[3]
Vitellio fu condotto nel Foro dove dovette assistere alla distruzione delle statue da lui fatte ergere ed infine scannato presso le Scale Gemonie e poi gettato nel Tevere.[4] Morì dopo otto mesi e cinque giorno di dominio, all'età di 57 anni, pronunciando le sue più celebri parole: «Sì, io fui una volta il vostro imperatore».
Se da un lato, Vitellio cercò di governare saggiamente, dall'altro fu troppo guidatoi da Fabio Valente e da Cecina Alieno che lo portarono ad una serier di eccessi e di stravaganze che oscurarono sia le sue buone intenzioni sia i suoi pregi.
Predecessore: | Imperatore romano | Successore: | |
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Otone | 16 aprile 69 - 22 dicembre 69 | Tito |
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |