Adorazione dei Magi (Domenico Veneziano)
Domenico Veneziano, Adorazione dei Magi (1439 - 1441), tempera su tavola | |
Adorazione dei Magi | |
Opera d'arte | |
Stato | |
Comune | |
Diocesi | Berlino |
Ubicazione specifica | Gemäldegalerie |
Uso liturgico | nessuno |
Comune di provenienza | Firenze |
Luogo di provenienza | Palazzo Medici, piano nobile |
Oggetto | dipinto |
Soggetto | Adorazione dei Magi |
Datazione | 1439 - 1441 |
Autore |
Domenico Veneziano (Domenico di Bartolomeo) |
Materia e tecnica | tempera su tavola tonda |
Misure | d. 84 cm |
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L'Adorazione dei Magi è un dipinto, eseguito tra il 1439 e il 1441, a tempera su tavola tonda, da Domenico di Bartolomeo detto Domenico Veneziano (1410 - 1461), proveniente probabilmente dal piano nobile del Palazzo Medici a Firenze e ora conservato presso la Gemäldegalerie di Berlino.
Descrizione
Soggetto
La scena dell'Adorazione dei Magi si svolge davanti alla capanna della Natività, all'interno della quale si trovano il bue e l'asino e s'intravedono due cammelli del corteo dei Magi con un servitore nero in groppa e dove all'esterno compaiono:
- Maria, avvolta in un manto blu notte con fodera dorata, è seduta su una roccia con le gambe distese e offre Gesù Bambino all'adorazione dei Magi e degli astanti; sulla sua veste (capo e spalle) si trovano le tre stelle simbolo della sua verginità.
- San Giuseppe, in piedi accanto alla Madonna, tiene in mano il dono del Magio anziano.
- Magi, indossano splendide vesti e portano i doni in preziose pissidi. Essi come di consueto, rappresentano le tre diverse età dell'uomo (gioventù, maturità e vecchiaia):[1]
- Magio anziano con la barba bianca, si distende e bacia un piede del piccolo Gesù, mentre un servitore gli tiene la corona e il suo dono è già nelle mani di san Giuseppe;
- Magio giovane e Magio d'età matura, con la corona ancora in testa, stanno in piedi dietro al primo e guardano la scena.
- Corteo dei Magi, che si dispone in maniera tradizionale, procedendo orizzontalmente verso la capanna che si trova all'estremità destra. In esso si scorgono vari personaggi riccamente abbigliati e con cappelli e vestiti dalla foggia esotica. Tra di loro alcuni portano i simboli dell'aristocrazia e dei passatempi per nobili, come il falcone e i cani levrieri da caccia.
Inoltre, nella scena sono presenti alcuni dettagli, resi con grande cura, spesso di valore simbolico, come:
- Pavone appollaiato sulla sommità del tetto della capanna, simbolo dell'immortalità di Gesù Cristo.
Ambientazione
La scena è ambientata davanti ad uno splendido paesaggio, inconfondibilmente toscano (cipressi, pascoli, campi coltivati, filari di viti, case, castelli e città), che si apre su un'ampia vista di una vallata affiancata da montagne a destra e colline a sinistra. Al centro, si trova una città fortificata, tra campi coltivati, prati dove pascolano le pecore e un lembo di uno specchio d'acqua dove s'intravedono alcune barche. Lungo la strada che esce dalla città s'intravede anche il dettaglio all'epoca familiare di una forca con un impiccato. Al centro un albero bilancia verticalmente la composizione e fa da asse di simmetria, leggermente sfalsato per incontrare il gusto della Varietas albertiana allora dominante.
In primo piano, si vede un prato dove stanno alcuni uccelli, gli stessi che si notano in volo in alto e una serie di specie vegetali ritratte con grande cura al dettaglio, secondo un gusto derivato dalla cultura tardogotica.
Note stilistiche, iconografiche e iconologiche
- L'opera richiama, per eleganza e magnificenza della scena e per la ricercatezza di certi particolari descritti minuziosamente (l'uomo biondo di spalle, il prato fiorito, il pavone sulla capanna), le opere del tardogotico, in particolare i dipinti di Gentile da Fabriano e Pisanello, ma vi si notano anche elementi nuovi derivati dal primo Rinascimento fiorentino, come la conoscenza dello spazio e dei volumi, la salda impostazione prospettica, la fisicità reale dei personaggi, l'uso unificato della luce, che coinvolge nella medesima visione sia i dettagli più piccoli in primo piano sia il paesaggio sullo sfondo. Le colline più lontane sono chiarissime per effetto della foschia e rivelano un'assimilazione precoce delle novità della pittura fiamminga, che in quel periodo erano già oggetto di collezionismo a Firenze.
- Il dipinto testimonia il gusto raffinato e colto di Piero de' Medici, ritenuto il probabile committente dell'opera, che presenta toni nobili e cortesi e attinge spunti d'ispirazione e dettagli illustrativi dall'arte fiamminga. La tavola, inoltre, è una puntuale traduzione in termini figurativi dei concetti espressi da Leon Battista Alberti nel trattato De Pictura, scritto a Firenze nel 1435, in stretta sintonia con il gusto e il pensiero di Piero de' Medici. Nel tondo dellAdorazione dei Magi si ritrovano un'appropriata copia e varietà delle cose, la vezzosa grazia, lamistà dei colori che costituivano la bellezza e la dignità di un'opera.
- La composizione pittorica sembra registrare le forti suggestioni impresse negli occhi e nelle menti dei fiorentini dai cortigiani dai costumi esotici e sfarzosi che accompagnarono il corteo dell'imperatore bizantino Giovanni VIII Paleologo e del patriarca di Costantinopoli, Giuseppe II che nel 1439 erano giunti nella città toscana per il concilio ecumenico che doveva riconciliare e riunire le chiese dell'Occidente e dell'Oriente.
Notizie storico-critiche
Il dipinto, che non è un desco da parto né un vassoio dipinto, è uno dei primi tondi pervenutici in quanto opere d'arte, prive di uno specifico uso, assieme al Tondo Cook (1440 - 1455 ca.) eseguito da Beato Angelico e Filippo Lippi.[2]
Da Perugia, il 1º aprile 1438, Domenico Veneziano scrisse una lettera a Piero de' Medici (1416 - 1469), nella quale chiedeva di essere messo alla prova per dimostrare le proprie capacità di pittore e per potersi introdurre nell'ambiente fiorentino e, in particolare, nellentourage mediceo. Forse a seguito di questo primo contatto epistolare, il pittore realizzò lo splendido tondo da camera con lAdorazione dei Magi che venne completato nel 1441.[3] L'opera è identificabile, probabilmente, con un tondo di quasi un metro di diametro raffigurante una Storia dei Magi documentato nell'anticamera di Lorenzo al piano nobile del Palazzo Medici a Firenze, nell'inventario dei beni del Magnifico, redatto alla sua morte nel 1492.
A metà del XIX secolo, il dipinto apparteneva ad Alexander Barker. Alla vendita della collezione (1879) fu acquistato da Colnaghi e nel 1910 dal Kaiser Friedrich Museum di Berlino.
Nel 1956 è passato alla Gemäldegalerie della stessa città tedesca, dove tuttora è conservato.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
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