Beato Jacopo De Benedictis

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Beato Jacopo De Benedictis, T.O.F.
Religioso
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Paolo Uccello, Beato Jacopone da Todi (1436), affresco staccato; Prato, Museo di Pittura Murale
Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte circa 73 anni
Nascita Todi
1233 ca.
Morte Collazzone
25 dicembre 1306
Sepoltura
Conversione
Appartenenza
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Vestizione [[]]
Professione religiosa 1278
Ordinato diacono
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Cardinali creazioni
Proclamazioni
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Eventi
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Canonizzazione [[]]
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Altre ricorrenze
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Attributi
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Que farai, fra Jacovone?
Èi venuto al paragone
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(Jacopone da Todi, Laude, LIII)

Beato Jacopo De Benedictis detto Jacopone da Todi (Todi, 1233 ca.; † Collazzone, 25 dicembre 1306) è stato un religioso e poeta italiano. I critici lo considerano uno dei più importanti poeti italiani del Medioevo, certamente fra i più celebri autori di laudi religiose della letteratura italiana. È venerato come beato dalla Chiesa cattolica.

Biografia

Nato il 1233 da Iacobello, della nobile famiglia tuderte dei Benedetti, Jacopone studiò legge probabilmente all'università di Bologna e intraprese la professione di notaio e procuratore legale, conducendo una vita spensierata. Nel 1267 sposò Vanna, figlia di Bernardino di Guidone conte di Coldimezzo. La moglie morì l'anno seguente durante una festa, per il crollo del pavimento della stanza da ballo; dopo che sul corpo della moglie fu trovato un cilicio, Jacopone abbandonò la vita mondana e, distribuiti ai poveri i propri averi, peregrinò per dieci anni, vivendo di elemosina e subendo continue umiliazioni. Nel 1278 entrò come frate laico nell'ordine francescano, probabilmente nel convento di Pantanelli presso Terni, scegliendo la corrente rigoristica degli Spirituali, o "fraticelli", che si contrapponevano alla corrente predominante dei Conventuali, portatori di un'interpretazione più moderata della Regola francescana. Nel 1288 Jacopone si trasferì a Roma, probabilmente presso il Cardinale Bentivenga.

All'inizio del breve pontificato di Celestino V, gli spirituali, anche per merito di Jacopone che aveva mandato al pontefice una lauda, furono ufficialmente riconosciuti come ordine con il nome di Pauperes heremitae domini Celestini. Ma il nuovo papa Bonifacio VIII, acerrimo nemico delle correnti più radicali della Chiesa, non appena eletto, abrogò le precedenti disposizioni e la congregazione dei Pauperes venne così sciolta.

Jacopone fu tra i firmatari del Manifesto di Lunghezza del 10 maggio 1297, con cui gli avversari di Bonifacio VIII, capeggiati dai cardinali Jacopo e Pietro Colonna (appartenenti alla famiglia Colonna acerrima nemica dei Caetani cui apparteneva Bonifacio VIII), chiedevano la deposizione del Papa e l'indizione di un concilio. La risposta di Bonifacio VIII non si fece attendere: scomunicò tutti i firmatari con la bolla Lapis abscissus e cinse d'assedio Palestrina, la roccaforte dei dissidenti. Nel settembre 1298 Palestrina fu presa e Jacopone fu spogliato del saio, processato, condannato all'ergastolo e imprigionato nel carcere conventuale di san Fortunato a Todi. Solo alla morte di Bonifacio, nel 1303, fu liberato, vivendo poi gli ultimi anni a Collazzone Todi, dove morì la notte di Natale del 1306, nell'ospizio dei Frati Minori annesso al convento delle Clarisse.

Culto

Subito dopo morte il corpo di Jacopone fu portato da Collazzone a Todi, nel monastero di Montecristo, proprietà delle Clarisse che i biografi, per l'assonanza dei nomi, hanno confuso con Montesanto; cosí nel 1385 Bartolomeo da Pisa scriveva: " In Tuderto, non in loco fratrum, sed in monasterio S. Clarae de Monte Sancto iacet sanctus frater Tacobus Benedictoli, qui dicitur fr. Jacobus de Tuderto".

Nel gennaio 1433 il vescovo di Todi, Antonio da Anagni, dopo la ricognizione delle ossa le espose a venerazione nella vicina chiesa dell'Ospedale della Carità, per poi essere trasferite in processione a San Fortunato, in una cassa lignea recante l'immagine raggiata. Nel 1596, a cura del vescovo Angelo Cesi, i resti vennero posti in un sarcofago di marmo con busto del beato ed epitaffio del Possevino (autore anche di una Vita); mentre il capo, in reliquiario, fu collocato tra le reliquie dei cinque santi martiri, protettori di Todi: Fortunato, Callisto, Cassiano, Degna e Romana, che si trovavano nella cripta di quella chiesa.

Per disposizione testamentaria del 19 dicembre 1631 di Costanza Benedettoni, probabile consanguineo di Jacopone, si fece ardere in perpetuo una lampada davanti al sepolcro del beato[1]; nel 1868 monsignor Formeliari ne constatò che le disposizioni erano ancora rispettate.

Nel 1595 il vescovo Cesi avanzò richiesta di celebrare l'Ufficio, ma dal Baronio, che pur lodava l'epitaffio, ebbe risposta negativa, mancando al titolo di beato il riconoscimento della Santa Sede. Il 28 maggio 1618 il consiglio comunale ne rinnovò la petizione, di cui non si conosce l'esito.

Nel 1868 si avviò dalla postulazione dei Frati Minori un serio tentativo di introdurre la causa, ma esso non ebbe seguito. Padre Luigi da Costamolle con lettera del 12 settembre 1869 suggeriva una "via di disincaglio" per l'ostacolo costituito dalle invettive di Jacopone contro il papa Caetani, composte "nel bollore della passione, mentre molti autori e personaggi di dottrina tenevano per nulla l'elezione di Bonifacio" e richiamava "i cantici di penitenza, la morte preziosissima, il culto susseguente amplissimo gloriosissimo".

Oggi, distinguendosi serenamente tra potestà spirituale del papato e potere temporale e riconosciuta l'ortodossia di Dante, non vi sarebbe neppure bisogno di appigliarsi a una presunta apocrificità di quel gruppo di Laudi, per spianare la via al riconoscimento del culto del beato Jacopone.

Nel Martirologio Francescano, Jacopone figura al 25 dicembre.

Opere

Note
  1. .cfr. Strumento degli eredi, 22 apr. 1655
Voci correlate
Collegamenti esterni