Cremazione
« | La Chiesa permette la cremazione, se tale scelta non mette in questione la fede nella risurrezione dei corpi[1]. » | |
(Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2301)
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La cremazione è la riduzione in cenere di un cadavere. È ammessa dalla Chiesa soltanto se con essa non si intende negare la risurrezione dei corpi, che è un dogma della fede cristiana.
Storia
Età greco-romana
Presso i greci la cremazione era la prassi predominante. L'importanza del rito faceva sì che fosse riservata alle persone più nobili e famose.
Nell'antica Roma la cremazione divenne così radicata da far costruire e affittare dai parenti dei defunti loculi all'interno di un columbarium. I loculi erano delle nicchie o strutture simili, disposte orizzontalmente nelle pareti dei colombari, atte a contenere le ceneri dei morti. Presto la vendita di loculi o di interi colombari si trasformò in un lucroso commercio.
L'avvento del cristianesimo
Il Cristianesimo, con la sua fede nella risurrezione dei morti, portò alla concezione della morte come un sonno in attesa della risurrezione finale. La pratica della cremazione decadde quindi a favore della sepoltura. Un altro motivo più pratico del declino della cremazione fu quello della crescente penuria di legname alla fine dell'Impero Romano.
La cremazione rimase rara in Europa occidentale fino al XIX secolo, tranne in casi eccezionali: ad esempio, durante l'epidemia di peste nera del 1656, a Napoli si bruciarono i corpi di 60.000 vittime in una sola settimana.
L'anticlericalismo e la risposta della Chiesa
Tra il '700 e l'800 il fatto che la cremazione fosse sostenuta dalle logge massoniche anticlericali portò la Chiesa a invitare i fedeli a conservare la "pia consuetudine di seppellire i defunti".
Col Codex Iuris Canonici del 1917, la cremazione venne vietata in quanto espressione antireligiosa, atto di negazione dell'immortalità dell'anima e della risurrezione dei corpi. L'inumazione rimaneva la tradizione della comunità cristiana e la Cremazione una pratica di massoni e anticlericali.
Il Vaticano II
In prossimità del Concilio Vaticano II si aprì un ampio dibattito sull'argomento in seno alla Chiesa cattolica, nel quale non emersero argomenti teologici contrari alla cremazione. Nel 1963 Papa Paolo VI pubblicò l'istruzione De cadaverum crematione[2], datata 5 luglio, redatta dalla Suprema Congregazione del Sant'Uffizio: essa dichiarò lecita la pratica crematoria, dal momento che
« | come non tocca l'anima e non impedisce all'onnipotenza divina di ricostruire il corpo, così non contiene, in sé e per sé, l'oggettiva negazione di quei dogmi. » |
Nel 1968, con la pubblicazione del nuovo Ordo Exsequiarum, la Sacra Congregazione per il Culto Divino stabilì definitivamente la concessione del rito e delle esequie cristiane a coloro che avessero scelto la cremazione, pur riconfermando il rispetto per il patrimonio del passato a proposito della sepoltura dei cadaveri.
La concessione fu ratificata nel Codice di Diritto Canonico:
« | La Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti; tuttavia non proibisce la cremazione, a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana. » | |
(canone 1176, §3)
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Norme attuali
La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti pubblicò nel 2002 il Direttorio su Pietà Popolare e Liturgia. All'interno del capitolo sulle esequie dedica due paragrafi alla cremazione:
« | Distaccandosi dal senso della mummificazione, dell'imbalsamazione oppure della cremazione, nelle quali si cela talora la concezione che la morte segni la distruzione totale dell'uomo, la pietà cristiana ha assunto, come modello di sepoltura per il fedele, l'inumazione. Essa da una parte ricorda la terra dalla quale egli è stato tratto (cfr. Gen 2,6 ) e alla quale ora ritorna (cfr. Gen 3,19 ; Sir 17,1 ); dall'altra evoca la sepoltura di Gesù, chicco di grano che, caduto in terra, ha prodotto molto frutto (cfr. Gv 12,24 ).
Nel nostro tempo, tuttavia, anche per le mutate condizioni di ambiente e di vita, vige pure la prassi della cremazione del corpo del defunto. A questo riguardo la legislazione ecclesiastica dispone: "A coloro che avessero scelto la cremazione del loro cadavere si può concedere il rito delle esequie cristiane, a meno che la loro scelta non risulti dettata da motivazioni contrarie alla dottrina cristiana[3]". In relazione a tale scelta, si esortino i fedeli a non conservare in casa le ceneri di familiari, ma a dare a esse consueta sepoltura, fino a che Dio farà risorgere dalla terra quelli che vi riposano e il mare restituisca i suoi morti (cfr. Ap 20,13 ). » | |
(N. 254)
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Le norme del nuovo Rito delle Esequie del 2009
I vescovi italiani riuniti nel novembre 2009 ad Assisi per la sessione della Conferenza Episcopale Italiana hanno approvato il testo del nuovo rito delle esequie, che riconosce la possibilità della cremazione. I vescovi consigliano però di conservare le ceneri in un luogo consacrato e ammettono che le stesse ceneri possano essere poi inumate, oppure versate in un apposito spazio del cimitero, cioè in terra benedetta, recitando le parole della liturgia adatte alla circostanza, che dicono "Polvere sei e polvere ritornerai".
Non è vista positivamente la conservazione delle ceneri in case private e la dispersione in luoghi diversi:
« | La memoria dei defunti attraverso la preghiera liturgica e personale e la familiarità con il camposanto costituiranno la strada per contrastare, con un'appropriata catechesi, la prassi di disperdere le ceneri o di conservarle al di fuori del cimitero o di un luogo sacro. Ciò che sta a cuore ai Vescovi è che non si attenui nei fedeli l'attesa della risurrezione dei corpi, temendo invece che la dispersione delle ceneri affievolisca la memoria dei defunti, a cui siamo indelebilmente legati nella partecipazione al destino comune dell'umanità. » |
Non è previsto il rito funebre con la presenza dell'urna contenente già le ceneri del defunto. La cremazione deve essere fatta quindi dopo la celebrazione del funerale.
Una legge italiana del 2001[4] ha reso possibile disperdere le ceneri del defunto al vento, così come conservarle in casa o mineralizzarle. A questo riguardo la Conferenza Episcopale Italiana si è pronunciata in un sussidio pastorale per la celebrazione delle esequie[5].
Ancora prima di tale intervento si poteva dire che:
« | Il parere di molti teologi, liturgisti e vescovi, è contrario alla pratica della dispersione delle ceneri. » | |
(Mathias Augé)
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Ma il sussidio della CEI afferma espressamente:
« | Avvalersi della facoltà di spargere le ceneri, di conservare l'urna cineraria in un luogo diverso dal cimitero o prassi simili, è comunemente considerato segno di una scelta compiuta per ragioni contrarie alla fede cristiana e pertanto comporta la privazione delle esequie ecclesiastiche (can. 1184, § 1, 2)[6]. » | |
(p. 117)
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Un'interpretazione ecclesiale di tale documento[7] spiega:
« | Poiché questo testo è contenuto in un semplice sussidio non costituisce una "norma" nel senso pieno di questo termine. Si tratta piuttosto di un orientamento pedagogico che cerca di dissuadere da certe scelte. Scelte che, se "comunemente", cioè in generale, possono far supporre ragioni contrarie alla fede cristiana, nei singoli casi ciò deve essere verificato per non arrivare ad assumere posizioni che vanno ben oltre la norma e le intenzioni della persona defunta. » | |
Note | ||||
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Bibliografia | ||||
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Voci correlate | ||||
Collegamenti esterni | ||||
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