Deposizione di Gesù Cristo dalla croce (XIII secolo)
Ambito laziale, Deposizione di Gesù Cristo dalla croce (primo quarto del XIII secolo), legno dipinto | |
Deposizione di Tivoli | |
Opera d'arte | |
Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Regione ecclesiastica | Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Tivoli |
Diocesi | Tivoli |
Ubicazione specifica | Cattedrale di San Lorenzo, cappella del SS. Crocifisso (quarta a destra) |
Uso liturgico | quotidiano |
Comune di provenienza | Tivoli |
Luogo di provenienza | Chiesa di San Pietro |
Oggetto | gruppo scultoreo |
Soggetto | Deposizione di Gesù Cristo dalla croce |
Datazione | primo quarto del XIII secolo |
Ambito culturale | |
Ambito laziale | |
Autore | Anonimo |
Materia e tecnica | legno dipinto |
|
La Deposizione di Gesù Cristo dalla croce è un gruppo scultoreo, realizzato nel primo quarto del XIII secolo, in legno dipinto, da un anonimo scultore laziale, proveniente dalla Chiesa di San Pietro a Tivoli (Roma) ed attualmente collocato nella Cattedrale di San Lorenzo della medesima città.
Descrizione
Oggetto
L'opera è un gruppo scultoreo, composto da sei figure a tutto tondo ed a grandezza leggermente superiore a quella naturale, scolpite in legno di pioppo, rivestite di pergamena e tela dipinta di cui si conservano solo alcune tracce.
Soggetto
Nel gruppo scultoreo della Deposizione di Gesù Cristo dalla croce compaiono:
- al centro: Gesù Cristo morto, ancora sulla croce (ricavata da assi scorniciate), con i piedi inchiodati, apre simmetricamente le lunghe braccia verso Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo, dominando la scena. Il Cristo (h. 180 cm) è rappresentato barbato, con la testa piegata in avanti, cinta da una corona in rame dorato, decorata con 11 paste vitree policrome (rosse, verdi, celesti e blu) e dalla corona di spine composta da un corda attorcigliata.
- a sinistra:
- Maria Vergine, avvolta in un lungo manto, protende la braccia verso il Figlio, come per accompagnarne la discesa dalla croce.
- Giuseppe d'Arimatea, in origine su una scala, vestito con una tunica corta, con il volto rivolto al Cristo per sorvegliarne i movimenti, è pronto ad accoglierne il corpo, sostenendone con delicatezza il ginocchio
- a destra:
- Nicodemo procede a togliergli i chiodi, ha il piede sinistro posato sul primo piolo della scala, appoggiata sulla croce, e ha il volto rivolto a Gesù mentre né sorveglia i movimenti come chi manovra i due capi della fune a cui è legato il corpo irrigidito per calarlo a terra. La fune, che sosteneva il corpo di Cristo che passava intorno al petto e sotto le ascelle, è andata perduta.
- San Giovanni evangelista, anche lui sembra, protendere la braccia verso il Redentore, come per accompagnarne la discesa dalla croce.
- in alto, Angelo in volo chiude a coronamento il gruppo scultoreo.
Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche
- La salda compattezza di impianto delle figure - non sempre rispettata nelle varie collocazioni del gruppo - è venata dall'accorato e afflitto atteggiamento dei dolenti, resi con accentuata delicatezza nel modellato e sapienti trapassi calibrati che ne smussano le angolature; la forme "affusolate" sono corroborate da sottili e leggere scannellature nelle pieghe dei vestiti e del perizoma di Cristo.
- I gruppi scultorei della Deposizione risalgono prevalentemente al XIII secolo e sono presenti in un'area dell'Italia centrale che comprende Lazio, Umbria e Toscana e sono permeati tutti da un intento simbolico e da un patetico realismo i cui fini ricevevano legittimazione dall'esposizione durante le sacre rappresentazioni, i riti della Settimana Santa e il trasporto a spalla lungo i percorsi delle processioni. Gli uomini del Medioevo erano, infatti, ben consapevoli dell'importanza e del potere delle immagini e delle icone esposte nelle chiese, che potevano essere strumento idoneo per istruire i fedeli, come funzionali sostitute della parola scritta e per attualizzare nel quotidiano le verità evangeliche. Questi gruppi - sotto l'influenza della letteratura mistica e degli inni liturgici - avevano l'obiettivo di riempire le immagini di contenuti, erano mezzi d'insegnamento forniti di una forza interiore e persuasiva, adatta ad accrescere e fissare la sensibilità dei devoti. Anche il gruppo tiburtino ricopriva un ruolo determinante in tutta la sequenza dei rituali religiosi, era tenuto infatti chiuso nell'altare del SS. Crocifisso, portato in processione fin dall'inizio del XIII secolo e mostrato pubblicamente "solamente nelle feste più solenni [...] e tutti i venerdì di marzo, [...] concorrendovi i fratelli della Confraternita della città, tutti ricoperti di sacchi bianchi, e gran concorso di popolo, assistendovi il Vescovo, arcidiacono con piviale, i canonici [...] cantano alcuni versi esprimenti la passione di Cristo e il Miserere",[1] la testimonianza quindi ribadisce il ruolo centrale delle confraternite nella gestione delle popolari rappresentazioni della passione e dei canti che le accompagnavano. Tuttavia, i gruppi lignei della Deposizione vengono abbandonati dopo il XIII secolo, perché la loro iconografia non è più così funzionale e narrativa come le nuove forme di rappresentazione della passione di Cristo, sia dipinte che plastiche, influenzate dalla spiritualità degli ordini mendicanti e dalla devozione delle nuove confraternite di disciplinanti che si diffondono a partire dal 1260 e la cui peculiare novità era l'esasperata esibizione sia pubblica che privata ed un forte intento di drammatizzazione e di realismo.
Notizie storico-critiche e restauri
Lo storico dell'arte Géza de Francovich, nei suoi scritti, cita il gruppo ligneo della Deposizione come «capolavoro della scultura medievale» fissandone la datazione al primo quarto del XIII secolo, in base all'assonanza stilistica con la Madonna con Gesù Bambino in trono, datata 1199, in legno dipinto, di Prete Martino, attualmente conservata al Staaliche Museen di Berlino, ma proveniente da Sansepolcro.[2] Inoltre, recenti studi, oltre a confermare la datazione proposta, ritengono che le statue del gruppo scultoreo furono realizzate in una bottega forse della zona tiburtina, che ha assorbito alcuni caratteri di origine transalpina e lombarda, mutuata dalle abbazie laziali, particolarmente da quelle cistercensi di Casamari e di Fossanova.
La menzione più antica dell'opera risale al 1568, grazie ad un accenno indiretto nella relazione della visita pastorale del vescovo Giovanni Andrea Croce (1554 - 1595), dove è ricordata nella Cappella del SS. Crocifisso della Chiesa di San Pietro: notizia confermata dallo storico Giovanni Maria Zappi (1519 - 1596) nei suoi Annali.[3]
Nel 1611 lo scrittore Antonio del Re (1550 ca. - post 1626) sostiene che il gruppo ligneo, fino ad allora ritenuto bottino di guerra strappato a Tuscolo, era invece un dono dei dei cittadini romani riconoscenti: in questo caso il gruppo sarebbe opera di un artista di ambito romano, operante tra la fine del XII e il primo quarto del XIII secolo.
Nel 1641, come attestato dal Lolli, l'opera fu trasportata, per ordine del cardinale Giulio Roma (1634 - 1652), nella Cattedrale di San Lorenzo, che era stata da poco restaurata.
Nel 1815, il gruppo venne sottoposto ad alcuni interventi di restauro e ridipintura.
Nella prima metà del XX secolo, la Deposizione è stata soggetta ad alcuni restauri che hanno consolidato la struttura e rimosso la pesante vernice nera che la rivestiva.
Nel 1940, l'opera fu portata a Roma per essere protetta dai pericoli legati agli eventi bellici.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il gruppo ligneo venne provvisoriamente esposto nella "Sala del mappamondo" di Palazzo Venezia e ritornò a Tivoli nel 1950, nella medesima cappella - la quarta cappella a destra - dove era già collocato in precedenza.
Un ulteriore ed accurato restauro, effettuato tra il 1986 ed il 1988, ha permesso di liberare le statue dallo strato di colla e gesso, su cui era stato applicato a più riprese uno strato di vernice scura che nascondeva i lacerti di cromia originaria, di reintegrare l'Angelo, ritrovato nella sacrestia del Duomo, e condurre delle analisi chimico-fisiche che hanno stabilito che il legno non era cedro del Libano (come si era ritenuto fino a quel momento), ma pioppo - assai comune nei boschi dell'Italia centrale - e che gli strati preparatori erano costituiti da tela di lino e cartapecora, applicate sul supporto ligneo.
Curiosità
Secondo la tradizione, riportata anche dallo Zappi,[4] il gruppo ligneo della Deposizione sia stato portato a Tivoli su un carro senza guida trainato da cammelli, che giunti davanti alla Chiesa di San Pietro si inginocchiarono miracolosamente, non volendo più proseguire.
Note | |
Bibliografia | |
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