Giuseppe (patriarca)

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Giuseppe
Personaggio dell'Antico Testamento
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Friedrich Overbeck, Giuseppe venduto dai fratelli, Berlino
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Patriarca Giuseppe († ...) è un personaggio dell'Antico Testamento, patriarca ebreo. È il penultimo dei dodici figli di Giacobbe, ed il primo dei due figli (con Beniamino) della moglie Rachele. È il padre di Efraim e Manasse, dai quali discendono le due omonime tribù.

Il nome Giuseppe significa "Colui che si è aggiunto".

Il racconto biblico

Venduto dai fratelli

Il libro della Genesi lo presenta come il figlio prediletto di Giacobbe; questi riversa su di lui l'amore che aveva per la sua moglie preferita, Rachele, morta alla nascita di Beniamino. La preferenza del padre, che si manifesta sotto la forma di una tunica donatagli all'età di diciassette anni, alimenta la gelosia dei suoi fratellastri. La gelosia è alimentata anche dai sogni di Giuseppe: nel primo undici covoni di grano (rappresentanti i suoi undici fratellastri) si inchinano davanti al covone di grano confezionato da Giuseppe; nel secondo undici stelle, il sole (rappresentante il padre Giacobbe) e la luna (rappresentante la matrigna Lia) si prostrano davanti a Giuseppe (cfr. Gen 37,2-8 ).

Mappa del Regno d'Israele, nella Haggada di Amsterdam, di Abraham Bar-Jacob
Tribù di Israele
Le tribù
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Un giorno, allorchè Giuseppe raggiunge i suoi fratelli che pascolano i greggi, essi complottano contro di lui. Il primogenito Ruben si oppone all'uccisione di Giuseppe, preferendo che venga gettato in fondo ad un pozzo. Giuda propone infine di venderlo ad una carovana di mercanti ismaeliti di passaggio. Per venti monete d'argento Giuseppe diventa schiavo e viene condotto dai mercanti in Egitto. I suoi fratelli utilizzano la tunica e del sangue di capra per far credere al padre Giacobbe che Giuseppe è stato sbranato dai lupi (cfr. Gen 37,12-33 ).

La moglie di Potifar e l'interpretazione dei sogni

Arrivato in Egitto, Giuseppe è rivenduto come schiavo a Potifar, un ufficiale del faraone; colpito dall'intelligenza dello schiavo, si fa aiutare da lui negli affari e nei lavori di casa. Giuseppe diventa così il servo personale di Potifar, e riceve le chiavi della sua casa. La moglie di Potifar lo tenta sessualmente, e alla resistenza di Giuseppe viene da lei accusato ingiustamente e finisce in carcere (cfr. Gen 39,1-20 ).

Nella prigione divide la cella col coppiere e col panettiere del faraone, caduti in disgrazia agli occhi di questi. Un mattino i due compagni si svegliano e raccontano a Giuseppe i sogni fatti. Giuseppe interpreta i loro sogni: predice al coppiere che sarà riconosciuto innocente e che riavrà la sua funzione a servizio del faraone; invece predice al panettiere che sarà condannato e decapitato. Tre giorni più tardi queste interpretazioni dei sogni si realizzano (cfr. Gen 40,1-23 ).

Il coppiere si ricorda di Giuseppe solamente due anni più tardi, quando il faraone fa due sogni che nessuno dei suoi maghi di corte riescono ad interpretare. Giuseppe esce di prigione ed interpreta i sogni del faraone: il primo, quello delle sette vacche grasse e delle sette vacche magre, ed il secondo, quello delle sette spighe piene e sette vuote. Predice quindi un tempo di abbondanti raccolti (vacche grasse e spighe piene) e sette anni di carestia (vacche magre e spighe vuote). Giuseppe propone di fare delle scorte negli anni di abbondanza da utilizzare in quelli di carestia. Il faraone convinto dalla proposta di Giuseppe lo mette a capo del paese (cfr. Gen 41,1-40 ).

Vice-re dell'Egitto

Giuseppe si fa riconoscere dai fratelli

Giuseppe si sposa con Asenat ed ha due figli: Efraim e Manasse.

Dopo i sette anni di abbondanza, Giuseppe organizza la costituzione di riserve alimentari. La fame si abbatte su tutta la regione e costringe le popolazioni a venire in Egitto per approvvigionarsi. Anche Giacobbe vi manda tutti i suoi figli (eccetto Beniamino) per comprare il grano. Giuseppe li riconosce senza essere a sua volta riconosciuto. Fa accusare i dieci fratelli di spionaggio, e fa mettere in prigione Simeone per costringere gli altri a ritornare col fratello più piccolo, Beniamino.

Al loro ritorno in Egitto, Giuseppe è contento di rivedere il suo fratellino e Li lascia partire insieme, ma fa collocare una coppa nel sacco di Beniamino per poterlo accusare di furto. Giuseppe vuol far mettere in prigione Beniamino ma Giuda si offre al suo posto per far sì che possa tornare dal padre Giacobbe. Vedendo che i suoi fratelli hanno appreso la lezione, comportandosi con Beniamino diversamente da come si erano comportati con lui, rivela ad essi la sua identità e li perdona. Invita quindi tutta la sua famiglia a venire a risiedere in Egitto. Incontra infine suo padre e lo presenta al faraone (cfr. Gen 42-45 ).

Alla vigilia della sua morte, Giacobbe adotta come figli Efraim e Manasse e li benedice. Giuseppe ed i suoi fratelli fanno seppellire Giacobbe in terra di Canaan (cfr. Gen 48-49 ).

Giuseppe muore all'età di 110 anni. Il suo corpo viene imbalsamato alla maniera egiziana. Sarà riportato in terra di Canaan durante l'esodo (cfr. 50).

Messaggio delle Storie di Giuseppe

La storia di Giuseppe è un racconto sapienziale, che ha uno scopo didattico, segnatamente riguardo alla morale sessuale, al timore di Dio, alla visione di YHWH come Provvidenza.

La storia di Giuseppe ha paralleli con quella di Daniele.

Recentemente è stata ipotizzata l'identità di Giuseppe con la figura egiziana di Aper El.

Nella tradizione coranica

Il Corano cita Giuseppe come un grande profeta.

Il Corano riprende la genealogia della Genesi: figlio di Giacobbe, nipote di Isacco e pronipote di Abramo. La dodicesima sura porta il suo nome e racconta la sua storia in una tradizione che differisce talvolta da quella della Genesi.

« Quando Giuseppe disse a suo padre: "O padre mio, ho visto in sogno undici stelle il sole e la luna. Li ho visti prosternarsi davanti a me", disse: "O figlio mio, non raccontare questo sogno ai tuoi fratelli, ché certamente tramerebbero contro di te! In verità Satana è per l'uomo un nemico evidente. Ti sceglierà così il tuo Signore e ti insegnerà l'interpretazione dei sogni e completerà la Sua grazia su di te e sulla famiglia di Giacobbe, come già prima di te la completò sui tuoi due avi Abramo e Isacco. In verità il tuo Signore è sapiente e saggio". Certamente in Giuseppe e nei suoi fratelli ci sono segni per coloro che interrogano. Quando essi dissero: "Giuseppe e suo fratello sono più cari a nostro padre, anche se noi siamo un gruppo capace. Invero nostro padre è in palese errore. Uccidete Giuseppe, oppure abbandonatelo in qualche landa, sì che il volto di vostro padre non si rivolga ad altri che a voi, dopodiché sarete ben considerati", uno di loro prese la parola e disse: "Non uccidete Giuseppe. Se proprio avete deciso, gettatelo piuttosto in fondo alla cisterna, ché possa ritrovarlo qualche carovana". »
(Corano, sura 12)

La sura, che è una delle più lunghe del Corano, continua seguendo il filo narrativo del racconto del Genesi.

Culto

Non è più presente nel martirologio romano, la sua festa, era ricordata nel martirologio geronimiano e si celebrava a Gerusalemme il 4 settembre.

Bibliografia
  • (FR) Fernand Crombette, Joseph, Maître du Monde et Maître dès sciences, Tournai 1996, ISBN 2960009312
Voci correlate
Collegamenti esterni