Giuseppe Rizzo
Giuseppe Rizzo Presbitero | |
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Giuseppe Rizzo | |
Età alla morte | 48 anni |
Nascita | Alcamo 22 dicembre 1863 |
Morte | Alcamo 17 aprile 1912 |
Sepoltura | Basilica di Santa Maria Assunta (Alcamo) |
Ordinazione presbiterale | diocesi di Mazara del Vallo, 22 settembre 1888 |
Giuseppe Rizzo (Alcamo, 22 dicembre 1863; † Alcamo, 17 aprile 1912) è stato un presbitero, giornalista, politico italiano.
Biografia
Don Giuseppe Rizzo, nonostante provenisse da una famiglia povera, frequentò il Regio Ginnasio di Alcamo e completò gli studi filosofici e teologici nel Seminario vescovile di Mazara del Vallo, dove fu ordinato presbitero il 22 settembre 1888.
Sacerdote molto umile, fin dall'inizio del suo sacerdozio si dedicò all'educazione dei giovani fondando un oratorio dedicato a San Francesco di Sales e il circolo di Azione Cattolica "Don Bosco". Oltre ad assicurare un'adeguata formazione sociale, politica e religiosa, scopo principale del circolo era quello di "educare a una vita praticamente e apertamente cristiana e studiare e promuovere secondo i principi della Democrazia Cristiana, voluta dal Papa, le opere di Azione Cattolica, utili al paese".
Eletto consigliere comunale, si distinse come mediatore di pace tra i partiti avversari, sperando altresì nella moralizzazione della gestione amministrativa del Comune. Don Rizzo era impegnato su diversi fronti: banchiere, giornalista, consigliere comunale, e, infine, sacerdote. Essendo malvisto dagli ambienti conservatori del periodo, finì in prigione con l'accusa di essere un sovversivo, e di avere istigato la sommossa popolare, scoppiata nel gennaio 1903, a causa del dazio di consumo per la vendita al dettaglio. Il suo arresto però parve fin da subito come una vendetta politica.
Dichiarato innocente, il 25 marzo dello stesso anno, viene liberato; questa brutta esperienza debilitò il suo fisico ma non il suo morale. Don Rizzo riprese la sua attività con maggiore energia e, per aiutare i poveri concittadini, stremati a causa di una grave crisi economica causata dal fallimento di due banche locali e per i grave problema nel campo agricolo causato dalla fillossera della vite, decise di fondare la Cassa Rurale e Artigiana, assieme a una cooperativa agricola e una cooperativa di consumo. Morì in fama di santità, a soli 49 anni, il 17 aprile 1912.
Nell'elogio funebre, davanti a una folla commossa, Don Vincenzo Adragna disse: "Non dimenticate che egli versava in estrema povertà fino a non avere più volte nemmeno solo pane per mangiare, fino a sentirsi più volte spinto a chieder l'elemosina come un mendicante; lo disse più volte a me. E perciò avrebbe avuto l'imperioso bisogno e anche il diritto di procurarsi un posto, una carica, un ufficio da cui ricavarne un onesto e decoroso stipendio e l'avrebbe ottenuto facilmente e subito sol che l'avesse voluto. Eppure egli non cura la sua salute né la sua miseria e continua per anni nelle opere intraprese. Questi fatti non mostrano a evidenza nel sac. Rizzo il vero sacerdote bruciato dalla sete di Dio e delle anime?"
Per volontà dei soci e del Consiglio di amministrazione della banca da lui fondata, dal 1995 le sue ceneri riposano nella cappella della Basilica di Santa Maria Assunta (Alcamo), realizzata su progetto dell'architetto prof. Paolo Portoghesi e con le sculture di Paolo Borghi.
Il Granellino
Per rendere di dominio pubblico i suoi principii, Don Rizzo fondò e diresse il giornale Il Granellino, un settimanale domenicale che andava a ruba e non subiva la censura ufficiale. I problemi socio-politici e religiosi erano trattati dal giornalino con articoli incisivi (sia in italiano che in siciliano) nel sempre presente "Dialogu" (attribuito al rev. Carlo Iaci, poeta dialettale giocoso) e ritenuto convincente e piacevole dai molti analfabeti che allora erano l'82 per cento delle persone. Nel "Dialogu" il ragionamento è più comprensivo: così, per esempio a proposito del divorzio, uno degli interlocutori spiega:"Li massonici odiano a Gesù Cristo e a tuttu chiddu chi 'nsigna la santa Riligioni e siccome Gesù Cristo dice chi cu' si marita nun si po' spartiri cchiù mentri campa, iddi pri currivu di lu Signuri, stannu facennu una liggi pri spartisi mentri su vivi. Chissa è la ragiuni di li massonici... di li sucialisti". (Il Granellino, 22 dicembre 1901)
Un prete fuori dalla sacrestia
Don Rizzo ha portato il pulpito fuori dalla chiesa per dialogare e pacificare un più grande numero di persone credenti e non; voleva creare un movimento politico di cattolici, impegnati nella costruzione sociale, religiosa, morale ed economica della città, con la profezia del Vangelo, che rovescia la visione di un mondo laicista. La sua esperienza fu, in un certo qual modo, parallela a quella di Don Luigi Sturzo: egli, infatti, fu amministratore comunale e vice-sindaco di Alcamo e si impegnò anche per moralizzare la vita amministrativa locale, che in quel periodo era gestita come una "cosa privata".
In occasione delle elezioni amministrative del 1903 (con lui a capo di una lista di 10 cattolici impegnati e che aveva preparato nel Circolo Don Bosco) scrisse questo manifesto unico nel suo genere: "O voi tutti che ci seguite e lavorate pel trionfo della lista cattolica o democratica cristiana, sappiate che alle vostre fatiche e ai vostri sudori nessuna ricompensa viene da noi riservata; avrete solamente quella che vi darà Iddio se avrete operato con giuste intenzioni. Chiunque lavora nel nostro campo, acquista certamente una benemerenza presso Dio e presso tutti i concittadini onesti, ma l'Azione Cattolica non potrà tenerla in conto nell'amministrazione comunale, dove si amministra ciò che appartiene alla comunità. Chiunque lavora nel nostro campo con l'intento di acquistar qualche cosa che non gli competa per diritto, ci farà piacere se si allontanerà alquanto da noi.
Massoneria, Socialismo e Liberalismo
Questi tre sistemi ideologici erano per Don Rizzo dei lupi rapaci da affrontare in modo deciso, e dai quali guardarsi attentamente, e ne spiegava i motivi: "la Massoneria è un'istituzione basata sulla menzogna. E' satana che profferì la prima menzogna e i massoni fondano il loro culto sul principio dei bugiardi...or se la Massoneria si spaccia di essere un'associazione di uomini illuminati i quali anelano soltanto al bene dell'umanità, perché si nasconde nel segreto e nel mistero?
La Setta è prepotente, o diremo meglio onnipotente, sorretta dai poteri dello Stato, con audacia senza esempio, conculca da anni leggi, regolamenti, diritti, giustizia a danno della libertà d'insegnamento e del diritto naturale dei genitori di educare cristianamente i loro figli". (Il Granellino, 24 novembre 1901) Queste considerazione spinsero i massoni a decretare la fine di Don Rizzo, ma si racconta che il giovane sicario, in precedenza da lui beneficato, preferì invece suicidarsi.
Il Socialismo è altrettanto pericoloso, specie nei confronti della religione, perché il materialismo di Carlo Marx aveva come scopo la fine della religione.
Il Liberalismo è nocivo, pure nel campo economico, per il suo liberalismo consumistico o "idolatria del mercato", come definito da San Giovanni Paolo II nell'Enciclica "Centesimus Annus" del 1 maggio 1991, ignorando l'esistenza di beni che per natura propria non sono semplici merci (n.40). Il lavoratore è abbandonato a se stesso, senza essere protetto con delle leggi che regolano i rapporti tra capitale e lavoro. Secondo questa dottrina l'uomo deve essere libero di svolgere le sue attività economiche e le leggi, anche a titolo di protezione o vigilanza, inceppano la libertà umana e, di conseguenza, i governi devono abolire queste leggi, ma anche tutti gli altri istituti, associazioni o corporazioni aventi lo stesso scopo. "Perciò riguardo all'esercizio del lavoro, dell'arte, dell'industria, del commercio, i governi per lasciar libero l'uomo, devono non occuparsene, lasciar fare, lasciar passare, innalzare a sistema sociale l'Individualismo....da ciò lo stato presente sociale del capitale che ha sopraffatto, schiacciato il lavoro, e del lavoro che vuole la rivalsa sul capitale". (Il Granellino, 18 marzo 1904)
La crisi economica
La povertà della gente era stata causata da vari problemi: prima dell'arrivo della Fillossera della vite (nel 1893) e del fallimento di due banche locali, la situazione economica era abbastanza florida; era stato eliminato il latifondo e c’era la presenza di tanti piccoli proprietari terrieri. La distruzione dei vigneti portò alla povertà e alla rovina dei contadini; inoltre, le banche avevano bruciato buona parte del risparmio delle famiglie.
Don Rizzo comprese che occorrevano degli interventi immediati per avere una rapida ripresa economica. In un articolo del nº6 del Granellino Don Rizzo scriveva: "Quali mezzi opportuni per risollevare la campagna? Primo, la formazione della famiglia colonica. Secondo, la formazione d'un gran barbatellaio a base americana, da fornire gratuitamente a tutti i contadini. Terzo, esservi una persona tecnica a disposizione del pubblico".
Fece allora istituire il Corpo delle Guardie Campestri per dare sicurezza nelle campagne, aprire una scuola d'innesto sotto la direzione dell'ing. Eugenio Emanuele, e partire la richiesta al Governo di un perito pagato dallo Stato. Con la fondazione della Cassa Rurale ed Artigiana si potevano concedere mutui a tasso agevolato, con la creazione della Cooperativa Agricola di Lavoro si poteva formare la piccola proprietà contadina: Infine, aprì il Segretariato del Popolo che era un ente gratuito "a favore di tutte le classi sociali. Dà pareri e consigli di sacerdoti, ingegneri, impiegati, artisti, banchieri, negozianti, industriali, giudici, maestri, proprietari, ecc." I risultati si videro presto: i raccolti che erano migliorati assicurarono l'impiego di tutta la manodopera agricola. Coinvolgendo nel suo progetto ogni classe sociale, allo scopo di una rinascita spirituale ed economica, Don Rizzo è diventato un modello illuminato di manager, amministratore, politico, economista, giornalista e sacerdote da ricordare nel tempo.
La sua banca solidale
In quel periodo, i contadini siciliani era obbligati a ricorrere al cosiddetto soccorso, un tipo di anticipazione che i proprietari facevano ai contadini, ma con un tasso di interesse che arrivava al 50 per cento annuo, o addirittura, all'usura. La creazione di una rete di Casse rurali (società cooperative senza scopo di lucro) dava alla classe contadina la possibilità di usufruire di prestiti a tassi di interesse agevolati.
Ancora oggi, la Banca Don Rizzo continua la sua azione nel territorio, seguendo gli insegnamenti del fondatore; dai 24 soci iniziali, ne ha circa 3.000 e ha aperto 17 agenzie: a Palermo, Castellammare del Golfo, Balestrate, Menfi e Montevago (nella provincia di Agrigento) e diversi centri della provincia di Trapani e Palermo. Fin dall'inizio, le Casse Rurali ed Artigiane hanno avuto uno stretto rapporto con il territorio, legando la propria storia con quella delle comunità, tanto da conquistarsi a pieno titolo l'appellativo di "banca locale". Oggi, per non usufruire dei vantaggi legati alla piccola dimensione, le Banche di Credito Cooperativo sono organizzate in un sistema nazionale con il nome di Credito Cooperativo.
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