Johann Joachim Winckelmann

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Johann Joachim Winckelmann
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Ferdinand Hartmann, Ritratto di Johann Joachim Winckelmann (1794), olio su tela; Halberstadt (Germania), Gleimhaus
Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 50 anni
Nascita Stendal
9 dicembre 1717
Morte Trieste
8 giugno 1768
Sepoltura Trieste, Museo Civico di Storia e Arte
Appartenenza
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Johann Joachim Winckelmann (Stendal, 9 dicembre 1717; † Trieste, 8 giugno 1768) è stato un archeologo, storico dell'arte e bibliotecario tedesco. È considerato uno fra i massimi teorici ed esponenti del Neoclassicismo, esercitando un'enorme influenza sull'arte e sul gusto del suo tempo e formulando un nuovo approccio metodologico che è alla base della moderna storia dell'arte.

Biografia

Famiglia e formazione

Johann Joachim Winckelmann nacque il 9 dicembre 1717 a Stendal, città della Sassonia-Anhalt, in una famiglia protestante di modeste condizioni: il padre Martin era un calzolaio, mentre la madre, Anna Maria Meyer, era la figlia di un tessitore.

Johann Joachim, pur vivendo una fanciullezza segnata dagli stenti e dalla miseria, già da bambino fu caratterizzato da una grande forza di volontà e abnegazione; non seguì studi regolari, ma si interessò di teologia presso l'Università di Halle (1738 - 1740) e successivamente di medicina e di scienze presso l'Ateneo di Jena.

Prime esperienze professionali e opere

Dal 1743 al 1748, insegnò nelle scuole elementari. Divenuto, nel frattempo perfettamente padrone delle lingue classiche, fu assunto nel 1748 come bibliotecario dal conte Heinrich von Bünau[1] a Nothnitz, dove ebbe modo di fare la prima esperienza in quello che sarebbe stato il suo mondo d'interessi e la sua principale attività professionale.

Nel 1754 si trasferì a Dresda presso Alberico Archinto (1698 - 1758), nunzio apostolico in Polonia, presso la corte di Augusto III, che lo aveva indotto a convertirsi al cattolicesimo e gli affidò la cura della sua biblioteca; in quell'ambiente, tra i più colti e impegnati del tempo, entrò in contatto con le collezioni archeologiche di maggior rilievo, fra cui quella reale, una delle prime in Europa a custodire sculture provenienti dagli scavi di Ercolano.

Gedanken über die nachahmung der griechischen Werke in der Malerei und Bildhauerkunst (1885)

Venne così alla luce nel 1755 la sua prima opera Gedanken über die nachahmung der griechischen Werke in der Malerei und Bildhauerkunst (in italiano, Pensieri sull'imitazione dell'arte greca nella pittura e nella scultura), che contiene già i princìpi fondanti del suo pensiero e i temi del pensiero neoclassico, che poi svilupperà nelle opere successive.[2]

Periodo romano

Il vasto consenso ottenuto con la prima opera e l'esigenza di approfondire gli studi classici, lo indussero nello stesso 1755 a trasferirsi a Roma, dove continuò il suo lavoro di bibliotecario presso il cardinale Domenico Passionei (1682 - 1761), ma già nel 1758 era entrato al servizio di Alessandro Albani (1692 - 1779), nipote di papa Clemente XI; la ricca biblioteca e la villa del cardinale sulla via Salaria, costruita dall'architetto Carlo Marchionni entro il 1758, divennero in quel periodo un importante centro culturale frequentato dalla élite intellettuale romana ed europea. In questo ambiente Winckelmann, lavorando e studiando, poté scrivere la gran parte delle sue opere e qui ebbe modo di conoscere il pittore neoclassico Anton Raphael Mengs (1728 - 1779), con il quale stabilì un rapporto d'intensa collaborazione.

Nel 1762, durante un primo viaggio a Napoli, Winckelmann si occupò delle collezioni archeologiche degli scavi di Pompei ed Ercolano e si spinse fino a Paestum, di cui rivelò per primo l'importanza al mondo. Nello stesso anno, in occasione di un altro soggiorno a Napoli, redasse il primo dei sui saggi su Ercolano.

Nel 1764 pubblicò il suo libro più famoso, Geschichte der Kunst des Altertums (in italiano, Storia dell'arte dell'antichità), un'opera grandiosa e innovativa, dove per la prima volta la storia dell'arte antica (archeologia) veniva studiata sia dal punto di vista cronologico - smettendo di considerarla un tutto omogeneo - sia dal punto di vista estetico. Nello stesso anno fu nominato soprintendente ai monumenti antichi di Roma e compì il terzo viaggio a Napoli, ricavandone materiale e riflessioni per un secondo saggio su Ercolano.

Nel 1766, uscì l'ultima sua opera, redatta in italiano, Monumenti antichi inediti, che include una sintesi dei principi espressi nel libro precedente.

Ultimi anni e sepoltura

La grande notorietà acquisita in tutta Europa portò Winckelmann a contatto con le maggiori personalità del tempo, soprattutto con lo scrittore tedesco Johann Wolfgang von Goethe (1749 - 1832).

Nel 1768 fu invitato a Vienna dall'imperatrice Maria Teresa d'Austria (1717 - 1780) e accolto con grandi onori, ma, rientrando in Italia, durante una sosta a Trieste fu assassinato l'8 giugno 1768, forse per rapina, dal cameriere di una locanda.

Il 10 giugno si svolse la cerimonia funebre con la sepoltura nella tomba della Confraternita del SS. Sacramento sotto il sagrato della Cattedrale di San Giusto.[3]

Antonio Bosa, Monumento funebre di Johann Joachim Winckelmann (1833), marmo; Trieste, Museo Civico di Storia e Arte

Sin dal 1808 lo storico e letterato Domenico Rossetti (1774 - 1842) sostenne la necessità di promuovere una sottoscrizione pubblica per erigere un monumento alla memoria di Winckelmann. Nel 1822 venne accettato il progetto di costruire un cenotafio accanto le antiche lapidi triestine raccolte dietro la chiesa di San Michele, ma già nel 1833 fu inaugurato il monumento funebre di Antonio Bosa (1780 - 1845), collocato in una grande nicchia del ripiano superiore dell'Orto Lapidario. Nel 1934 la nicchia venne abbattuta e il monumento fu sistemato all'interno del tempietto-gliptoteca, oggi annesso al Museo Civico di Storia e Arte situato di fronte al Duomo.

Pensiero: fonti e principi

Le fonti di Winckelmann si estendono dagli scrittori dell'età classica (Plinio il Vecchio, Vitruvio) a quelli del XV secolo, dai trattatisti rinascimentali ai "conoscitori" operanti nel XVII secolo, ma un'influenza più diretta può individuarsi nelle idee e teorie del filosofo e scrittore inglese Shaftesbury (1671 - 1713), che concepisce la natura come un organismo unico, permeato di spirito divino, in cui confluiscono sia i valori morali sia quelli estetici e considera la cultura e l'arte dei greci quelle che meglio riflettono tale visione. Il pensiero di Shaftesbury racchiude - come ha osservato lo storico dell'arte Lionello Venturi - "il programma del neoclassicismo già bell'e formato fin da prima del 1713". Concezioni analoghe si ritrovano negli scrittori ed eruditi Gotthold Ephraim Lessing (1729 - 1781), in Goethe, in Johann Gottfried Herder (1744 - 1803) e, primo fra tutti, anche in ordine cronologico, nello stesso Winckelmann, che fu il primo fondatore e teorico del neoclassicismo. Le sue principali opere vanno quindi considerate nel contesto culturale che lo precede - come l'Aesthetica del filosofo Alexander Gottlieb Baumgarten (1714 - 1762) pubblicata nel 1750 - e con la letteratura artistica coeva o di poco successiva: Bellezza e gusto nella pittura (1762) di Mengs e la Teoria delle belle arti (1772) di J. G. Sulzen. Se con questi scrittori Winckelmann ha in comune, oltre che l'avversione al barocco anche il concetto della perfezione ideale dell'arte greca, cade come loro nell'equivoco di storicizzare e teorizzare questa basandosi su opere che non erano originali greche bensì copie del tardo ellenismo romano. Winckelmann, pur dotato di un intelligente senso storico, rimane così prigioniero di un mito, tuttavia mentre le opere coeve o appartengono alla pura teoria o sono all'opposto "letture" di esempi particolari, i suoi scritti armonizzano veramente lo sforzo di teorizzare la storia e storicizzare la teoria; da cui emerge anche la sua difficoltà di studiare separatamente i due momenti, ma anche la spiegazione del motivo per cui con lui nasce la moderna storiografia dell'arte.

Nei Pensieri sull'imitazione dell'arte greca (1755) che, come abbiamo già notato, costituisce la prima e compiuta teorizzazione del Neoclassicismo, il Winckelmann parte dal presupposto che il buon gusto aveva avuto origine in Grecia e che tutte le volte che si era allontanato da quella terra aveva perduto qualcosa. La grandezza artistica era, perciò, proprio dei greci, pertanto egli così affermava:

« L'unica via per noi di diventare grandi e, se possibile, insuperabili, è l'imitazione degli antichi. »

È ovvio che l'imitazione è cosa diversa dalla copia. Imitare significa ispirarsi a un modello che si cerca di uguagliare, copiare è invece azione fortemente limitativa in quanto prevede la realizzazione di un'opera identica in ogni parte al modello, l'originale. Per la scultura Winckelmann consiglia di imitare l’Antinoo del Belvedere e l'Apollo del Belvedere (attualmente conservati al Museo Pio Clementino nella Città del Vaticano) poiché nella prima è "riunito tutto ciò che è sparso nell'intera natura", dalla statua del dio solare sarà invece possibile "formarsi un'idea che superi le proporzioni più che umane di una bella divinità". Inoltre, aggiunge:

« Tale imitazione insegnerà a pensare e a immaginare con sicurezza, giacché si troverà fissato in questi modelli l'ultimo limite del bello umano e del bello divino". »

Inoltre, considerando il gruppo scultoreo del Laoconte (anche questo al Museo Pio Clementino), il Winckelmann definisce ciò che egli ritiene essere il carattere proprio di quella scultura e allo stesso tempo stabilisce il principio fondamentale a cui si adeguerà ogni opera neoclassica:

(DE) (IT)
« Das allgemeine vorzügliche Kennzeichen der griechischen Meisterstücke ist endlich eine edle Einfalt, und eine stille Größe, sowohl in der Stellung als im Ausdrucke. So wie die Tiefe des Meers allezeit ruhig bleibt, die Oberfläche mag noch so wüten, ebenso zeiget der Ausdruck in den Figuren der Griechen bei allen Leidenschaften eine große und gesetzte Seele. » « La generale e principale caratteristica dei capolavori greci è una nobile semplicità e una quieta grandezza, sia nella posizione che nell'espressione. Come la profondità del mare che resta sempre immobile per quanto agitata ne sia la superficie, l'espressione delle figure greche, per quanto agitate da passioni, mostra sempre un'anima grande e posata. »

Winckelmann, inoltre, arriva ad affermare:

« Più tranquilla è la posizione del corpo e più in grado di esprimere il vero carattere dell'anima»

La scultura neoclassica, per questo, dovrà mai mostrare forti passioni o il verificarsi di un evento tragico mentre accadde, ma sempre l'artista dovrà cogliere il momento che precede o segue l'azione tragica, quando il tumulto delle passioni forti e violente non c'è ancora o si è già allentato. Nelle opere dei greci Winckelmann riconosce come valori, oltre alla bellezza dei corpi, alla "nobile semplicità e quieta grandezza" anche il contorno e il drappeggio, dal quale deriverà la predilezione neoclassica per le linee ben definite e per il disegno.

Uno dei principi fondamentali del pensiero di Winckelmann, riguarda la natura particolare dell'arte, che non si esplicita come passivo mimetismo, non ha aspetti fenomenici, tipici, ma possiede un valore autonomo e attinge a una sua organizzazione interna, immutabile, in perfetta unità con lo spirito umano. Altro suo importante assunto è l'"insignificanza" dell'arte:

« La sua forma non è propria né a questa né a quella determinata persona, né esprime alcuno stato di sentimento e sensazione di passione, cose che interrompono l'unità e diminuiscono od oscurano la bellezza... »

L'autonomia dell'arte e la sua autenticità classica si collegano a un altro caposaldo del suo pensiero: la "specificità" di ogni forma d'arte. Infatti, se l'unità tra natura e uomo si manifesta in tale esperienza, occorre individuare le cause materiali e spirituali che l'hanno determinata. Cosicché a epoche di armonico sviluppo sociale corrisponde una pregevole attività artistica, mentre ai periodi di decadenza civile corrispondono mediocri manifestazioni artistiche.

Gli elementi teorici sopraddetti convergono nel contributo più significativo di Winckelmann: la svolta impressa alla storiografia artistica. A una storia incentrata, prevalentemente, sulle biografie vasariane degli artisti o su eruditi scritti letterari e antiquari, egli contrappone una storia di cui il principale oggetto sono le opere, l'evoluzione della forma e il problema degli stili.

Opere

Tra le opere principali vanno ricordate:

  • Gedanken über die Nachahmung der griechischen Werke in der Malerei und Bildhauerkunst, Dresda 1755;
  • Erläuterung der Gedanken, ecc., Dresda 1756;
  • Erinnerung über die Betrachtung der Werke der Kunst, Lipsia 1759;
  • Von der Grazie in den Werken der Kunst, Lipsia 1759;
  • Beschreibung des Torso im Belvedere, Lipsia 1759;
  • Anmerkungen über die Baukunst der alten Tempel zu Girgenti in Sicilien, Lipsia 1759;
  • Nachrichten von dem berühmten Stoschischen Museo in Florenz, Lipsia 1760;
  • (FR) Description des pierres gravées du feu Baron de Stosch su archive.org, Firenze, 1760 URL consultato il 2019-02-17
  • Anmerkungen über die Baukunst der Alten, Lipsia 1762;
  • Geschichte der Kunst des Altertums, Dresda 1764;
  • Versuch einer Allegorie, besonders fur die Kunst, Dresda 1766;
  • Anmerkungen über die Geschichte der Kunst, Dresda 1767;
  • Monumenti antichi inediti spiegati e illustrati, voll. 2, Roma 1767.

Tra le pubblicazioni complete delle opere si notano:

[13][14][15]

Note
  1. (EN) Heinrich von Bünau su en.wikipedia.org. URL consultato il 18-02-2019
  2. Gedanken über die nachahmung der griechischen Werke in der Malerei und Bildhauerkunst su gutenberg.beic.it, G. J. Goschen'sche Verlagshandlung, Stuttgart, 1885
  3. Marzia Vidulli Torlo, L'assassinio di Winckelmann a Trieste, Comune di Trieste, Trieste, 2012
  4. Tomo I su books.google.it
  5. Tomo II su books.google.it
  6. Tomo III su archive.org
  7. Tomo IV (anche qui)
  8. Tomo V su books.google.it
  9. Tomo VI su books.google.it
  10. Tomo VII su archive.org
  11. Tomo VIII su books.google.it
  12. Tomo IX su archive.org
  13. Tomo X su books.google.it
  14. Tomo XI su archive.org
  15. Tomo XII su archive.org
Bibliografia
  • Giorgio Cricco, Francesco Di Teodoro, Itinerario nell'arte, vol. 3, Zanichelli, Bologna, 1999, pp. 541-543, ISBN 9788808079503
  • Ludwing Curtis, Horst Rudiger, Richacard Biedrzynski, Johann Joachim Winckelmann (1768 - 1968), Inter Nationes, Bad Godesberg, 1968
  • Renato De Fusco, Winckelmann, Johann Joachim, in Enciclopedia Europea, vol. XI, Garzanti, Milano, 1978, p. 1079
  • Wolfang Leppmann, Winckelmann, Victor Gollancz Ltd, Londra, 1971
  • Fausto Testa, Winckelmann e l'invenzione della Storia dell'Arte, Minerva, Bologna, 1999
Voci correlate
Collegamenti esterni