Madonna con Gesù Bambino che calpesta un serpente e sant'Anna (Caravaggio)
Caravaggio, Madonna con Gesù Bambino che calpesta un serpente e sant'Anna (1605 - 1606), olio su tela | |
Madonna dei Palafrenieri o Madonna del serpe | |
Opera d'arte | |
Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Regione ecclesiastica | Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi | Roma |
Ubicazione specifica | Galleria Borghese, sala 8 |
Uso liturgico | nessuno |
Comune di provenienza | Città del Vaticano |
Luogo di provenienza | Basilica di San Pietro in Vaticano |
Oggetto | pala d'altare |
Soggetto | Madonna con Gesù Bambino che calpesta un serpente e sant'Anna |
Datazione | 1605 - 1606 |
Ambito culturale | |
Ambito lombardo | |
Autore |
Caravaggio (Michelangelo Merisi) detto Caravaggio |
Materia e tecnica | olio su tela |
Misure | h. 292 cm; l. 211 cm |
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La Madonna con Gesù Bambino che calpesta un serpente e sant'Anna, detta anche Madonna dei Palafrenieri o Madonna del serpe,[1] è una pala d'altare, realizzata tra il 1605 e el 1606, ad olio su tela, da Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (1571–1610), proveniente dalla Basilica di San Pietro in Vaticano e attualmente conservata nella Galleria Borghese, a Roma.
Descrizione
Soggetto
Nella scena, che presenta un'atmosfera di drammaticità esistenziale e umana di fronte al pericolo, compaiono:
- Maria Vergine, avvolta in un ampia tunica rosso mattone, con i capelli raccolti, che schiaccia con un piede la testa del serpente ma colta da un attimo di tenera apprensione materna, afferra per le spalle il Bambino, sporgendosi in avanti, quasi per insegnargli come farlo senza pericolo.
- Gesù fanciullo, completamente nudo, con i riccioli biondi, è intento ad aiutare la Madre a schiacciare il serpente, il quale forma con il pollice e l'indice della mano sinistra protesa un cerchio, simbolo di perfezione e del Bene, in netto contrasto con il rettile.
- Sant'Anna, immobile, accanto agli altri due protagonisti, ha il viso piegato verso sinistra marcato da profonde rughe e le mani congiunte, all'altezza dello stomaco, in segno di preghiera e di tristezza.[2] Indossa un'ampia veste violacea dalle morbide pieghe e, nella penombra, la sua figura trova luce nel turbante bianco, dal quale fuoriescono solo alcune ciocche di capelli, e nella fascia, anch'essa bianca, che le cinge le spalle. Leggermente in disparte, segue con uno sguardo benevolo la scena, ma ne rimane distaccata, in una posa quasi statuaria.[3]
- Serpente, schiacciato dalla Madonna con l'ausilio del Figlio, si contorce in spire irregolari e spezzate. Esso è simbolo del Male e del peccato originale, poiché questi è proprio l'animale che ingannò Adamo ed Eva, facendoli cacciare dal Paradiso Terrestre.[4] Il pittore presenta un serpente tortuoso, che é l'immagine stessa del male, una raffigurazione simbolica della potenza del male che però viene vinto e superato: un male che ha tante vie diverse, non diritte, non semplici, non corrette, quindi tortuose, per arrivare al suo scopo.
Note stilistiche, iconografiche e iconologiche
- Le fonti di luce, come in tutte le opere del Caravaggio, hanno un ruolo fondamentale: una proviene dalla sinistra e ha la funzione di formare le immagini e dare volume alle figure, mettendo in risalto il panneggio delle vesti dei personaggi, mentre l'altra arriva dall'alto a simboleggiare la luminosità della Grazia divina.
- La pala rappresenta la cosiddetta Trinità domestica (Madonna con Gesù Bambino e sant'Anna, la madre di Maria): a sinistra due personaggi vicini e uniti tra loro; a destra, staccata e anche in ombra sant'Anna. La sua presenza in un'opera, accanto alla Verginie e al Bambino, è un tema classico, che compare spesso nell'arte sacra, anche prima del Merisi, ricordiamo ad esempio il dipinto di Leonardo con Sant'Anna, Madonna con Gesù Bambino che gioca con l'agnello (1510 - 1513 ca.), oggi al Louvre,[5] dove si vede Maria che teneramente afferra il Bambino, ma dietro c'è un'attenta e benevola sant'Anna che osserva la scena, oppure la tavola con Madonna con Gesù Bambino e Sant'Anna, realizzata nel 1424-1425 dal Masaccio e attualmente conservata alla Galleria degli Uffizi,[6] dove si vede una sant'Anna molto severa e scura in volto, ma in questo dipinto ancora una volta il Caravaggio interpreta il soggetto in modo del tutto originale e sorprendente, non c'è più una struttura in forma piramidale, ma abbiamo spazi diversi, perché diversa è la competenza, a sinistra la complicità tra la Madre e il Figlio, mentre a destra sant'Anna separata fisicamente e distaccata nell'atteggiamento. Nell'impianto compositivo dell'opera, infatti, è possibile identificare una bipartizione della scena sancita dalla presenza di un asse centrale che intercorre tra le due figure, che sono distanziate da una porzione di spazio vuoto, unicamente riempita, inferiormente, dall'avambraccio del Bambino e dal serpente. Questo asse separa due differenti modalità di partecipazione a un evento tanto importante: la partecipazione attiva incarnata dalla Madre e dal Figlio che si configura come attiva sia sul piano fisico che psicologico e la partecipazione passiva, di carattere meditativo e contemplativo, incarnata da sant'Anna.
- Il dipinto è un'opera d'ispirazione lombarda, tanto che lo storico dell'arte Roberto Longhi (1890–1970) ne ha potuto individuare l'archetipo in una tela, che il Caravaggio deve aver visto a Milano, eseguita nel 1581-1583 da Giovanni Ambrogio Figino (1553–1608) con la medesima scena e impianto compositivo.[7]
- Per comprendere la straordinaria portata teologica di questa pala, si deve contestualizzarla all'epoca in cui fu realizzata. Siamo, infatti, nel periodo della Controriforma, caratterizzata dal grande e terribile scontro tra il mondo protestante e mondo cattolico. Il tema prescritto dalla committenza per l'opera era deliberatamente inteso a visualizzare la tesi cattolica. La sua origine sta nel passo della Genesi (3,15), in cui Dio maledice il serpente che ha tentato Eva perché mangiasse dall'albero della conoscenza: "Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno." Stando al brano biblico "questa ti schiaccerà la testa" può essere inteso sia come Eva che la sua stirpe. L'interrogativo, che si pone, è allora chi schiaccia il serpente, ossia il Male, Maria o la sua stirpe, ossia Cristo? In questo ambito interpretativo si collocano rilevanti scontri tra i cattolici, che, seguendo una lunga tradizione vedevano in queste parole un profetico riferimento a Maria, la cosiddetta "nuova Eva", che dando alla luce Gesù aveva redento l'umanità dal peccato originale e cancellato il male compiuto dal serpente nel giardino dell'Eden, schiacciandogli la testa con l'ausilio del Figlio. Mentre i protestanti, che contestavano il culto mariano, affermando che l'unico redentore è Cristo, rifiutavano questa esegesi del brano biblico. Caravaggio, seguendo la sua committenza cattolica, pone sulla testa del serpente il piede di Maria e sopra quello di Gesù. Nel 1569 Pio V (1566-1572) aveva emanato la Bolla sul Rosario che ribadiva chiaramente questa verità: "La gloriosa Vergine Maria, Santa Madre di Dio che, tramite il suo germoglio, cioè con il suo Figlio, schiacciò il capo del tortuoso serpente. L'opera del Merisi, quindi, era intesa a tradurre la parola in immagine, a incarnare il dogma di fede dei cattolici in una raffigurazione nitida che tutti potessero capire.
Notizie storico-critiche
Nel corso dell'ultimazione della Basilica di San Pietro, ormai in costruzione da circa un secolo, la cappella dell'Arciconfraternita di Sant'Anna dei Palafrenieri era stata spostata e necessitava di una nuova pala d'altare, che venne commissionata dai confratelli al Caravaggio il 31 ottobre 1605.
L'opera risultava ultimata e veniva consegnata l'8 aprile 1606, come sappiano da una ricevuta di pagamento, conservata nei registri della confraternita, scritta di pugno dal pittore stesso:
« | Io Michel Angelo da Caravaggio sono contento e satisfatto del quadro chio ho dipinto alla Compagnia di Sant'Anna, in fede ho scritto e sottoscritto questa il dì 8 aprile 1606. » |
Alcuni giorni dopo, il 14 aprile, la pala venne collocata sull'altare dedicato a san Michele Arcangelo nella Basilica di San Pietro, ma dove rimase solo fino al 16 aprile, quando fu rimossa e portata nella Chiesa di Sant'Anna dei Palafrenieri, facendo così perdere a Caravaggio l'occasione di entrare nella più grande chiesa della cristianità e nel principale cantiere artistico della Roma barocca. Ma cosa era successo? Come richiesto dalla committenza, il pittore aveva raffigurato la Madonna con Gesù Bambino nell'atto di schiacciare il serpente, alla presenza di sant'Anna, patrona dei Palafrenieri pontifici. Il serpente è schiacciato da Maria Vergine con l'aiuto del Figlio, come stabiliva la bolla papale, emanata da Pio V nel 1569. Nonostante quest'elemento di ortodossia, la pala fu rifiutata dai committenti, probabilmente sia per motivi teologici che di opportunità e convenienza:
- la rappresentazione di Gesù, come fanciullo, e quindi troppo cresciuto per essere mostrato nudo;
- l'utilizzo come modella per la figura di Maria di Lena Antognetti, donna di dubbia reputazione e dalla vita piuttosto tempestosa,[8] oltre all'abbigliamento indossato dalla Vergine con una scollatura troppo abbondante e ampia;
- il carattere particolarmente domestico della scena;
- l'eccessivo distacco di sant'Anna dagli altri due personaggi venne interpretata come una negazione del ruolo di Grazia (nella tradizione, la santa rappresentava tale valore) nell'opera di redenzione dell'umanità.
Il dipinto poco tempo dopo venne tolto anche da Sant'Anna, perché il 28 maggio 1606, Caravaggio, coinvolto in una rissa, aveva ucciso Ranuccio Tommasoni, per cui non si poteva continuare a tenere in una chiesa l'opera di un criminale, ricercato dal Papa, su cui pendeva una pena capitale.
Dopo la rimozione, la pala fu ceduta per una cifra irrisoria al cardinale Scipione Caffarelli-Borghese (1577–1633), il quale il 16 giugno di quello stesso anno la fece portare nel salone d'onore del Palazzo di Borgo e, in seguito, trasferita nel grande Salone d'ingresso di Villa Borghese, oggi sede della Galleria omonima.
Note | |
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