Nono e decimo comandamento del decalogo

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Non desidererai la moglie del tuo prossimo. Non bramerai la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo.
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Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo
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Il nono e il decimo comandamento del decalogo sono intrecciati tra loro. Riprendendo e ricalcando il sesto e il settimo, esplicitano anche la proibizione dei progetti interiori malvagi.

Analisi

La formulazione biblica di tale comandamento è differente nelle due versioni del decalogo[1]:

  • Il testo di Es 20,17 contiene sicuramente un solo comandamento, con la ripetizione di un unico verbo (ḥamad, "desiderare"). La moglie appare tra i beni del prossimo, anche se ciò non va interpretato come una svalutazione della donna. Dal testo è assente il particolare del campo, e forse ciò è spiegabile ipotizzando un riferimento alla casa di città.
  • Il testo di Dt 5,21 può invece essere interpretato nel senso di due precetti: "Non desidererai la moglie" e "Non bramerai la casa"[2]. È da notare che due enunciati sono espressi con due verbi diversi (ḥamad e 'awah), ma entrambi esprimono non soltanto il desiderio interiore, ma anche l'atto esterno, concreto, di appropriazione. Nell'ipotesi dei due comandamenti la casa poi non implicherebbe le persone, ma soltanto le proprietà immobiliari del prossimo.

Tra gli esegeti si dibatte se si tratti di due comandamenti o di uno solo. Ugualmente, non vi è accordo su quale delle due versioni dell'Esodo o del Deuteronomio si più antica: gli argomenti per ciascuna tesi sono piuttosto fragili[3].

Probabilmente il duplice comandamento si è formato nel contesto della predicazione sociale dei profeti dell'VIII secolo a.C.: Amos, Osea, Isaia, Michea. In sostanza il duplice comandamento ha di mira la situazione che il profeta Michea denuncia:

« Sono avidi di campi e li usurpano, di case e se le prendono. Così opprimono l'uomo e la sua casa, il proprietario e la sua eredità»

Non sembra sostenibile affermare che il nono comandamento sia riferito al sesto come una sua estensione al piano del desiderio. Piuttosto, il duplice comandamento vuol difendere il diritto e la proprietà di ogni israelita dagli attentati effettivi ai suoi diritti e alle sue proprietà; in tal senso, il comandamento è da vedere in relazione al settimo, che ha di mira le false accuse finalizzate a espropriare gli stessi diritti e proprietà. Il complesso del nono e decimo comandamento è un approfondimento e una radicalizzazione dei due precedenti.

L'ambito a cui il duplice comandamento si riferisce è il prossimo, che è il fratello di fede. Il comandamento intende proteggere la vita comunitaria del popolo di Dio. Tuttavia si tratta di una comunità disponibile a fare di ogni uomo il suo prossimo.

Nella storia della Chiesa

La tradizione catechistica cattolica, a partire da Origene, seguendo un'antica tradizione, preferisce raggruppare le proibizioni contro l'idolatria e il culto delle immagini in un solo comandamento; e, data l'importanza che nel Vangelo assumono le virtù della castità e della purezza, separa i due comandamenti riguardanti la moglie (nono comandamento) e le cose (decimo comandamento). Sulla stessa linea si muove Sant'Agostino[4].

Tale classificazione è quella in vigore nella Chiesa Latina e nel luteranesimo. Invece i padri greci e le Chiese moderne greca e le comunità ecclesiali riformate seguono la divisione di Filone[5] e di Giuseppe Flavio[6], sdoppiando il primo e unendo gli ultimi due.

Il Catechismo del Concilio di Trento unisce i comandamenti nono e decimo, dal momento che entrambi si riferiscono ai peccati commessi a causa della concupiscenza; tuttavia lo stesso catechismo avverte di tener presente la differenza tra le due concupiscenze, dal momento che quella vietata dal nono comandamento consiste nella libidine, mentre quella vietata dal decimo ha di mira ciò che è utile e vantaggioso[7].

Note
  1. Antonio Bonora (1988) p. 381.
  2. Si pensa che l'espressione "né il suo campo né il suo servo né la sua serva né il suo bue né il suo asino" sia un'aggiunta tardiva.
  3. Antonio Bonora (1988) p. 381-382.
  4. Giuseppe Barbaglio (1990) p. 216.
  5. De Decalogo, 65-106.
  6. Antiquitates III, 5, 5.
  7. Francesco Carpino (1984) p. 181.
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni
I Dieci Comandamenti
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