Nono comandamento
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Il nono comandamento proibisce la concupiscenza carnale[1].
Nell'Antico Testamento
Per approfondire, vedi la voce Nono e decimo comandamento del decalogo |
La formulazione biblica di tale comandamento è differente nelle due versioni del decalogo, e tra gli esegeti si discute se si tratti di due comandamenti o di uno solo, come pure non c'è consenso sull'antichità relativa delle due versioni.
Probabilmente il duplice comandamento si è formato nel contesto della predicazione sociale dei profeti dell'VIII secolo a.C.: Amos, Osea, Isaia, Michea.
Non sembra sostenibile affermare che il nono comandamento sia riferito al sesto come una sua estensione al piano del desiderio. Piuttosto, il duplice comandamento vuol difendere il diritto e la proprietà di ogni israelita dagli attentati effettivi ai suoi diritti e alle sue proprietà; in tal senso, il comandamento è da collegare piuttosto al settimo, che ha di mira le false accuse finalizzate a espropriare gli stessi diritti e proprietà.
L'Antico Testamento coglie nei libri sapienziali l'anelito verso una purezza di cuore nel rapportarsi all'altro sesso (Gb 31,1-2 ; Sir 9,5-8 ).
Nel Nuovo Testamento
Nel Discorso della Montagna Gesù formula l'esigenza dello sguardo privo di concupiscenza nei confronti della donna, assimilando il desiderio di essa all'adulterio (Mt 5,27-28 ). Altrove insegna che il cuore è il luogo da cui provengono i "propositi malvagi", che sfociano anche nei peccati sessuali (Mt 15,19 ); nello stesso senso esprime la beatitudine dei "puri di cuore" (Mt 5,8 ).
La prima lettera di Giovanni distingue tre tipi di smodato desiderio o concupiscenza (2,16):
L'apostolo Paolo parla anch'egli dei desideri smodati quando formula l'opposizione tra carne e spirito (Gal 5,16.17.24 ; Ef 2,3 ). Per l'Apostolo non si tratta di discriminare e di condannare il corpo, che con l'anima spirituale costituisce la natura dell'uomo e la sua soggettività personale; egli si occupa invece delle opere, o meglio delle stabili disposizioni (virtù e vizi) moralmente buone o cattive, che sono frutto di sottomissione (nel primo caso) oppure di resistenza (nel secondo) all'azione salvifica dello Spirito Santo. In tal senso l'Apostolo scrive: "Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito" (Gal 5,25 )[3]
Concupiscenza e purezza di cuore nell'insegnamento della Chiesa
La Chiesa ha insegnato costantemente che la concupiscenza è conseguenza della disobbedienza del primo peccato (cfr. Gen 3,11 ). Essa ingenera disordine nelle facoltà morali dell'uomo e, senza essere in se stessa una colpa, inclina l'uomo a commettere il peccato[4][5]. La lotta contro la concupiscenza carnale passa attraverso la purificazione del cuore e la pratica della virtù della temperanza.
Ugualmente, la Chiesa insegna che i "puri di cuore" di cui parlano le Beatitudini sono coloro che hanno accordato la propria intelligenza e la propria volontà alle esigenze della santità di Dio, e questo soprattutto in tre ambiti: la carità (cfr. 1Ts 4,3-9 ; 2Tim 2,22 ), la castità o rettitudine sessuale (cfr. 1Ts 4,7 ; Col 3,5 ; Ef 4,19 ), l'amore della verità e l'ortodossia della fede (cfr. Tt 1,15 ; 1Tim 1,3-4 ; 2Tim 2,23-26 ). C'è un legame tra la purezza del cuore, del corpo e della fede. Ai "puri di cuore" è promesso che vedranno Dio faccia a faccia e che saranno simili a lui (cfr. 1Cor 13,12 ; 1Gv 3,2 ). La purezza del cuore è la condizione preliminare per la visione di Dio. Fin d'ora essa permette ai credenti di vedere secondo Dio e di accogliere l'altro come un "prossimo"; consente di percepire il corpo umano, il proprio e quello del prossimo, come un tempio dello Spirito Santo e una manifestazione della bellezza divina[6].
La tradizione cristiana indica i mezzi per giungere alla "purezza di cuore":
- la virtù e il dono della castità: la castità permette di amare con un cuore retto e indiviso;
- la purezza d'intenzione: essa consiste nel tenere sempre presente il vero fine dell'uomo: con un occhio semplice, il battezzato cerca di trovare e di compiere in tutto la volontà di Dio (cfr. Rm 12,2 ; Col 1,10 );
- la purezza dello sguardo, esteriore ed interiore;
- la disciplina dei sentimenti e dell'immaginazione;
- la preghiera.
Il pudore è una parte integrante della virtù della temperanza, e ha la funzione di preservare l'intimità della persona mediante il rifiuto di svelare ciò che deve rimanere nascosto.
La purificazione dell'ambiente sociale è necessaria per il rispetto del nono comandamento: essa esige dai mezzi di comunicazione sociale un'informazione attenta al rispetto e alla moderazione.
A livello di costumi sociali, la permissività dei costumi si basa su una erronea concezione della libertà umana, in quanto pretende di prescindere dalla norma; al contrario, la libertà deve lasciarsi educare preliminarmente dalla legge morale.
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