Secondo comandamento

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Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio.
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(Es 20,7 ; cfr. Dt 5,11 )
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Fu detto agli antichi: "Non spergiurare" (..) Ma io vi dico: Non giurate affatto.
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Il secondo comandamento prescrive di rispettare il nome del Signore. Come il primo comandamento, deriva dalla virtù di religione, e regola in particolare l'uso che l'uomo fa della parola a proposito delle cose sante[1].

Fondamento

Il fondamento del secondo comandamento è la rivelazione del nome di Dio: a coloro che credono in lui egli si rivela nel suo mistero personale. Il dono del nome da parte di Dio avviene nella confidenza e in un rapporto di intimità. L'uomo non può abusare del nome santo di Dio, ma lo deve custodire nella memoria in un silenzio di adorazione carica d'amore (cfr. Zc 2,17 . L'uomo non lo inserirà quindi il nome di Dio tra le parole che pronuncia se non per benedirlo, lodarlo e glorificarlo (cfr. Sal 28,2;95,2;112,1-2 ).

Il rispetto per il nome di Dio esprime quindi quello dovuto al suo stesso mistero e a tutta la realtà sacra da esso evocata. Il senso del sacro fa parte della virtù della religione[2]. Il fedele deve testimoniare il nome del Signore, confessando la propria fede senza cedere alla paura (cfr. Mt 10,32 ; 1Tim 6,12 ). L'atto della predicazione e l'atto della catechesi devono essere compenetrati di adorazione e di rispetto per il nome del Signore nostro Gesù Cristo.

Esplicitazione

Il segno della croce

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Segno della croce

Il rispetto e l'amore al nome di Dio si realizzano nella preghiera del segno della croce: il cristiano incomincia la sua giornata, le sue preghiere, le sue azioni con esso "nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen". Il battezzato consacra la giornata alla gloria di Dio e invoca la grazia del Salvatore, la quale gli permette di agire nello Spirito come figlio del Padre.

Il segno della croce ci fortifica nelle tentazioni e nelle difficoltà.

Il rispetto del nome di ogni persona

Poiché Dio chiama ciascuno per nome (cfr. Is 43,1 ; Gv 10,3 ), il nome di ogni uomo è sacro. Il nome è l'icona della persona, ed esige perciò il rispetto, come segno della dignità di colui che lo porta.

Nel Regno il carattere misterioso ed unico di ogni persona segnata dal nome di Dio risplenderà in piena luce: "Al vincitore darò [...] una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all'infuori di chi la riceve" (Ap 2,17 ). "Poi guardai ed ecco l'Agnello ritto sul monte Sion e insieme centoquarantaquattromila persone che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo" (14,1).

Il nome di battesimo

Il secondo comandamento ha a che fare con il nome di Battesimo, cioè con il nome che il cristiano riceve il giorno in cui viene battezzato. La Chiesa ha chiesto in passato e tuttora chiede a chi viene battezzato di assumere un nome cristiano. Il Battesimo viene conferito "nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19 ); in esso il nome del Signore santifica l'uomo, e il cristiano riceve il proprio nome nella Chiesa.

Il nome di battesimo può essere il nome di un santo, cioè di un discepolo di Cristo che ha vissuto in maniera esemplare la fedeltà al suo Signore. Il patrocinio del santo offre un modello di carità ed assicura la sua intercessione. Il nome di Battesimo può anche esprimere un mistero cristiano o una virtù cristiana. La Chiesa chiede che "i genitori, i padrini e il parroco abbiano cura che non venga imposto un nome estraneo al senso cristiano"[3].

Il giuramento

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Giuramento

Fare promessa solenne o giurare è prendere Dio come testimone di ciò che si afferma, è invocare la veracità divina a garanzia della propria veracità.

Come Creatore e Signore, Dio è la norma di ogni verità. La parola umana è in accordo con Dio oppure in opposizione a lui che è la stessa verità. Quando il giuramento è veridico e legittimo, mette in luce il rapporto della parola umana con la verità di Dio.

Il secondo comandamento proibisce il giuramento falso, poiché esso chiama Dio ad essere testimone di una menzogna.

Nella Bibbia

Il giuramento impegna il nome del Signore, ed è una normalmente praticato nell'Antico Testamento (Dt 6,13 ).

Nel discorso della montagna Gesù prescrive ai suoi discepoli di astenersi dai giuramenti (Mt 5,33-34.37 ).

Gesù insegna che ogni giuramento implica un riferimento a Dio. La presenza di Dio e della sua verità deve essere onorata in ogni parola. La discrezione del ricorso a Dio nel parlare procede di pari passo con l'attenzione rispettosa per la sua presenza, testimoniata o schernita, in ogni nostra affermazione.

San Paolo riporta nelle sue lettere espressioni equivalenti a giuramenti (2Cor 1,23 ; Gal 1,20 ).

Nella Tradizione della Chiesa

In linea con quanto attestato da Paolo, la Chiesa ha inteso che la parola di Gesù non si oppone al giuramento, allorquando esso viene fatto per un motivo grave e giusto, come, per esempio, davanti ad un tribunale).

La santità del nome divino esige quindi che non si faccia ricorso al giuramento per cose futili, e che non si presti giuramento in quelle circostanze in cui esso potrebbe essere interpretato come un'approvazione del potere da cui ingiustamente venisse richiesto. Quando il giuramento è esigito da autorità civili illegittime, può essere rifiutato. Deve essere rifiutato allorché è richiesto per fini contrari alla dignità delle persone o alla comunione della Chiesa.

I peccati contro il secondo comandamento

Il secondo comandamento proibisce l'abuso del nome di Dio, cioè ogni uso sconveniente del nome di Dio, di Gesù Cristo, della Vergine Maria e di tutti i santi[4].

Le promesse fatte ad altri nel nome di Dio impegnano l'onore, la fedeltà, la veracità e l'autorità divine. Esse devono essere mantenute, per giustizia. Essere infedeli a queste promesse equivale ad abusare del nome di Dio e, in qualche modo, a fare di Dio un bugiardo (cfr. 1Gv 1,10 ).

L'imprecazione, che consiste nell'inserire il nome di Dio in un discorso senza intenzione di bestemmiarlo, è una mancanza di rispetto verso il Signore.

Il secondo comandamento proibisce anche l'uso magico del nome divino:

« Il nome di Dio è grande laddove lo si pronuncia con il rispetto dovuto alla sua grandezza e alla sua maestà. Il nome di Dio è santo laddove lo si nomina con venerazione e con il timore di offenderlo»
(Sant'Agostino d'Ippona, De sermone Domini in monte, 2, 5, 19: CCL 35, 109, PL 34, 1278)

La bestemmia

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Bestemmia

La Lettera di Giacomo disapprova coloro "che bestemmiano il bel nome [di Gesù] che è stato invocato" sopra di loro (2,7).

La bestemmia consiste nel proferire contro Dio parole di odio, di rimprovero, di sfida; si ha nel parlare male di Dio, nel mancare di rispetto verso di lui nei propositi, nell'abusare del nome di Dio. Ciò può essere interiormente o esteriormente. La bestemmia è contraria al rispetto dovuto a Dio e al suo santo nome.

La proibizione della bestemmia si estende alle parole contro la Chiesa di Cristo, i santi, le cose sacre.

È blasfemo anche ricorrere al nome di Dio per mascherare pratiche criminali, ridurre popoli in schiavitù, torturare o mettere a morte. L'abuso del nome di Dio per commettere un crimine provoca il rigetto della religione.

Per sua natura la bestemmia è un peccato grave[5].

Varianti peccaminose del giuramento

Affine al giuramento falso è lo spergiuro, cioè il fare sotto giuramento una promessa con l'intenzione di non mantenerla; ovvero il non mantenere una promessa fatta sotto giuramento. Esso costituisce una grave mancanza di rispetto verso il Signore di ogni parola.

Impegnarsi poi con giuramento a compiere un'opera cattiva è contrario alla santità del nome divino.

Fuori dal cattolicesimo

Dal momento che nel testo biblico i comandamenti non sono numerati, non vi è una maniera univoca di suddividerli, e di fatto la tradizione ebraica, seguita da molte comunità ecclesiali nate dalla riforma protestante, smembrano quello che nella suddivisione cattolica è il primo comandamento, e di conseguenza per esse il comandamento in oggetto non è il secondo ma il terzo.

I Dieci Comandamenti
Primo · Secondo · Terzo · Quarto · Quinto · Sesto · Settimo · Ottavo · Nono · Decimo
Note
  1. Catechismo della Chiesa Cattolica 2142.
  2. Così si esprime al riguardo il Newman:
    « Il sentimento di timore e il sentimento del sacro sono sentimenti cristiani o no? [...] Nessuno può ragionevolmente dubitarne. Sono i sentimenti che palpiterebbero in noi, e con forte intensità, se avessimo la visione della Maestà di Dio. Sono i sentimenti che proveremmo se ci rendessimo conto della sua presenza. Nella misura in cui crediamo che Dio è presente, dobbiamo avvertirli. Se non li avvertiamo, è perché non percepiamo, non crediamo che egli è presente. »
    (Parochial and Plain Sermons, v. 5, Sermon 2 su Reverence, a Belief in God's Presence, Westminster 1967, p. 21-22; cit. nel Catechismo della Chiesa Cattolica 2144)
  3. Codice di Diritto Canonico, can. 855.
  4. A livello popolare è attestato il proverbio "scherza coi fanti e lascia stare i santi".
  5. Cfr. Codice di Diritto Canonico, can. 1369.
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni