Nunc dimittis
Il testo originale greco e la traduzione CEI 2008 | ||||||||||||
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La traduzione latina liturgica della Vulgata e quella italiana del Breviario | ||||||||||||
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Il Nunc dimittis ("Ora lascia") o Cantico di Simeone è un cantico contenuto in Lc 2,29-32 , nel contesto della Presentazione di Gesù al Tempio (Lc 2,22-40 ); il Vangelo lo mette sulle labbra del vecchio Simeone.
Il nome latino del Cantico deriva dalle prime parola della corrispondente traduzione.
Contesto e significato generale
Il vecchio Simeone, che aveva ricevuto dallo Spirito la promessa di sopravvivere fino alla venuta del Messia, mosso dallo stesso Spirito entra nel Tempio, prende tra le braccia il Bambino Gesù e loda Dio; chiede quindi congedo a Dio perché ha potuto vedere il Cristo esprimendo la sua gioia (Lc 2,29-30 ) e predicendo la gloria del Salvatore (Lc 2,31-32 ).
I motivi della visione della salvezza, dell'orizzonte che si estende a tutti i popoli, della luce per i pagani e della gloria d'Israele ricordano vari passi del Deuteroisaia: Is 40,5; 42,6; 46,13; 49,6; 52,9-10 .[1] Vi è qui un ampliamento della prospettiva presente nell'annuncio ai pastori (Lc 2,8-14 ), nella quale il Messia era per "tutto il popolo" [d'Israele] (Lc 2,10 ); il Nunc dimittis estende la salvezza a "tutti i popoli". In tale senso il Cantico può essere accostato al racconto dei Magi (Mt 2,1-12 ).
Al Cantico segue un oracolo dello stesso Simeone che annuncia che il Bambino diverrà "segno di contraddizione" all'interno del popolo (2,34-35).
Il cantico sembra provenire dall'ambiente giudeocristiano; qualche esegeta lo considera un'inserzione redazionale di Luca per sottolineare il tema della salvezza universale (cfr. At 28,28 ); e in effetti si può notare che il v. 27 si potrebbe congiungere bene con il v. 34.
Spiegazione dettagliata
Il v. 28 connota il cantico di Simeone come una benedizione (cfr. ad es. Sal 144,1 ; Lc 1,68 ; Ef 1,3 ) che egli rivolge a Dio, secondo l'usanza ebraica (Tb 14,15 ; Dn 13,60 ).
Le parole di Simeone con cui egli si dice disponibile a morire (v. 29) si ispirano a Gen 46,30 e a Tb 3,6 . Tuttavia non va dimenticato completamente l'uso originario dell'espressione "lasciar andare" in riferimento alla liberazione degli schiavi.
Il termine con cui Simeone chiama Dio, comunemente tradotto con "Signore", è in greco Δέσποτα, Déspota, "padrone"; si può dire che nell'Antico Testamento YHWH è Signore (Kyrios) perché è tôn pantôn Despótes, "padrone di tutte le cose" (Gb 5,8 secondo la LXX); in Gen 15,2 Déspota Kýrie traduce l'ebraico ´adonai YHWH; l'uomo pio del Siracide chiama Dio "padrone della mia vita" (23,1); nel Nuovo Testamento Dio è chiamato Despótes in At 4,24 e in Ap 6,10 .
"Secondo la tua parola" rimanda alla rivelazione della quale è stato gratificato Simeone e alla quale accenna il v. 26.
Il riferimento alla "salvezza" (v. 30) usa per questo concetto il termine neutro σωτήριον, sotérion, che compare solo quattro volte nel Nuovo Testamento: qui, in Lc 3,6 , in At 28,28 e in Ef 6,17 ; tale uso deriva in maniera evidente dal Deuteroisaia (Is 40,5 ). L'espressione τὸ σωτήριον, tò sotérion ha quindi una caratterizzazione nel senso dell'universalità, ed è nel Nunc dimittis quasi una personificazione del Salvatore, che Simeone tiene tra le braccia[2].
Il termine "preparata" (v. 31) era già stato utilizzato in 1,17 sotto l'influsso di Mal 3,1 , e in 1,76 (cfr. Is 50,3 ).
L'espressione "davanti a tutti i popoli" (κατὰ πρόσωπον πάντων τῶν λαῶν, katà prósopon pánton tôn laôn) deriva da Is 52,10 , che però si riferisce a "tutte le nazioni" (πάντων τῶν εθνῶν, pánton tôn ethnôn), e la differenza di termine usato è significativa; per comprenderla si può notare che in At 4,25 , che cita Sal 2,1 , láoi e éthne figurano fianco a fianco senza apparente diversità di senso, anche se láos designa più spesso il popolo eletto, cioè Israele; è possibile che Luca abbia utilizzato laôn in questo versetto per raccogliere in una sola espressione sia i pagani che il popolo d'Israele, nominati poi separatamente nel versetto successivo; insieme costituiscono il popolo di Dio al quale Gesù porta la salvezza.
La salvezza è descritta nel v. 32 come "luce di rivelazione per le nazioni e gloria del tuo popolo, Israele". Il verbo "rivelare" usato qui comprare in Is 52,10 , anche se forse Luca pensa a Is 60,1 [3] (cfr. Is 46,13 ).
Nei vv. 31-32 è quindi esplicitato, per la prima volta nel Vangelo secondo Luca, il senso universalistico della salvezza portata dal Messia.
Uso liturgico
Il cantico di Simeone viene recitato o cantato nella Liturgia delle ore tutti i giorni nella preghiera di compieta del Rito Latino. Ciò appare già nelle Costituzioni Apostoliche[4], ma non nello schema presente nella Regola di San Benedetto.
Il Nunc dimittis è contenuto anche nel Libro della preghiera comune della Comunione Anglicana e viene cantato nel servizio serale degli Evensong associato al Magnificat.
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |