Orazione di Gesù Cristo nell'orto di Gethsemani (Giovanni Bellini)
Giovanni Bellini, Orazione di Gesù Cristo nell'orto di Gethsemani (1465 ca.), tempera su tavola | |
Orazione di Gesù Cristo nell'orto di Gethsemani | |
Opera d'arte | |
Stato | |
Nazione | Inghilterra |
Contea | City of London |
Comune | |
Diocesi | Westminster |
Ubicazione specifica | National Gallery, sala 62 |
Uso liturgico | nessuno |
Oggetto | dipinto |
Soggetto | Gesù Cristo prega nell'orto di Gethsemani |
Datazione | 1465 ca. |
Autore |
Giovanni Bellini |
Materia e tecnica | tempera su tavola |
Misure | h. 81,3 cm; l. 127 cm |
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L'Orazione di Gesù Cristo nell'orto di Gethsemani è un dipinto, eseguito nel 1465 circa, da Giovanni Bellini detto Giambellino (1433 ca. - 1516), conservato nella National Gallery di Londra (Gran Bretagna).
Descrizione
Ambientazione
La scena è ambientata in un paesaggio naturale, avvolto nell'atmosfera limpida dell'aurora, sullo sfondo, in alto, possiamo notare la presenza di due città a destra l'altra a sinistra connotate da edifici che non sono più dotte rievocazioni dell'antichità romana, ma sono reali costruzioni del tempo.
Soggetto
Nel dipinto, che presenta l'episodio della Orazione di Gesù Cristo nell'orto di Gethsemani, compaiono:
- Gesù Cristo, solitario, scosso da un profondo turbamento, prega inginocchiato su uno sperone rialzato del monte degli Ulivi sagomato come se fosse un altare.
- Angelo, quasi in trasparenza, illuminato dalla vivace luce dell'aurora, appare a Gesù porgendogli il calice, prefigurazione della sua Passione.
- Apostoli (san Pietro, san Giacomo e san Giovanni), in primo piano, dormono profondamente. I tre apostoli sono stati invitati da Cristo a seguirlo nell'orto, ma si sono addormentati, mentre gli stessi avevano vegliato in occasione della Trasfigurazione.
- Soldati, sullo sfondo, stanno arrivando ad arrestare Cristo, guidati da Giuda Iscariota, che indica loro la via. Il gruppo si trova in riva ad un fiume che sembra un canale scavato fra lisce pareti rocciose.
Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche
- Il dipinto di Bellini, rispetto all'opera con il medesimo soggetto di Andrea Mantegna, è interamente giocata sullo sviluppo coloristico e su toni più tenui e morbidi. Le rocce sono più levigate, il paesaggio si perde in dolci colline digradanti all'orizzonte, perdendo ogni artificiosità e attenendosi maggiormente al vero. La luce dell'aurora, che illuminando le nubi si fa strada nel lontano orizzonte, non è la sola fonte luminosa del dipinto: è presente un'altra calda luce dorata che investe dal dorso il Cristo.
- La profondità nel dipinto è data dalla sinuosità delle strade e dal disegno dello steccato sulla destra, ma, in particolare, dall'uso sapiente dei colori caldi, per i primi piani, e dei colori freddi per i piani successivi. Con Giovanni Bellini si ha l'utilizzo della prospettiva cromatica perseguita, cioè, con i soli mezzi del colore. Il pittore dispone in primo piano i colori caldi, nell'ultimo quelli freddi e nelle posizioni intermedie quei colori che, ben dosati, costituiscono il graduale passaggio dagli uni agli altri.
- La figura di Gesù non ha l'aureola sulla testa: questo riconduce alla visione antropocentrica che nel XV secolo si stava diffondendo in tutta Europa che vedeva l'uomo al centro di ogni cosa e fondamentale protagonista della storia. Così l'artista vuole ricordare che Gesù prima di diventare Maestro e Salvatore era un uomo proprio come tutti.
Notizie storico-critiche
Non si conoscono le circostanze di esecuzione del dipinto, che viene in genere paragonato, sia stilisticamente che cronologicamente, a due opere con lo stesso tema e schema compositivo:
- Orazione di Gesù Cristo nell'orto di Gethsemani, scomparto della predella della Pala di San Zeno (1457 - 1459, tempera su tavola, di Andrea Mantegna, esposto al Musée des Beaux-Arts di Tours (Francia).[1]
- Orazione di Gesù Cristo nell'orto di Gethsemani (1458 - 1460 ca.), tempera su tavola, di Andrea Mantegna, conservato alla National Gallery di Londra.[2]
Nel XVII secolo il dipinto figurava nella collezione del console britannico a Venezia, Smith, che la esportò a Londra dove entrò a far parte della raccolta di J. Reynolds con l'attribuzione ad Andrea Mantegna.
Nel 1863 l'intera collezione passò alla National Gallery di Londra, a quel tempo dedita ad una politica di incremento nell'acquisizione di opere italiane del XV e XVI secolo.
Note | |
Bibliografia | |
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Voci correlate | |
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