Sant'Epifanio di Salamina
Sant'Epifanio di Salamina Vescovo | |
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Santo | |
Età alla morte | 88 anni |
Nascita | Besanduc Palestina 315 |
Morte | 403 |
Ordinazione presbiterale | 337 |
Consacrazione vescovile | 367 |
Incarichi ricoperti | Vescovo di Salamina |
Venerato da | Chiesa cattolica, Chiesa ortodossa |
Ricorrenza | 12 maggio |
Nel Martirologio Romano, 12 maggio, n. 4:
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Sant'Epifanio di Salamina (detto anche Sant'Epifanio di Costanza di Cipro) (Besanduc Palestina, 315; † 403) è stato un Vescovo latino. Fu un modello nella cura del gregge affidatogli, tanto che ricevette spesso donazioni dai ricchi affinché ridistribuisse i beni ai poveri. Quand'era ancora in vita godeva già fama di essere "un santo da miracoli" e quando compariva il popolo faceva ressa attorno a lui e cercava di strappare qualche filo delle sue vesti per conservarlo come reliquia[1].
Biografia
Infanzia e formazione
La madre, vedova, lo allevò con la sorella facendo la tessitrice di lino finché un giudeo, di nome Tritone, straordinariamente ricco, si prese cura di lui e lo lasciò erede di tutti i suoi beni.
Fin dall'infanzia Epifanio poté quindi darsi allo studio delle scienze sacre e di cinque lingue: il greco, l'ebraico, il siriaco, il copto ed anche il latino. La sua formazione spirituale subì prima l'influsso del grande anacoreta di Gaza, Sant'Ilarione morto nel 371, fondatore della vita monastica in Palestina, e poi quella dei monaci di Egitto durante la sua permanenza tra loro.
Il cenobio
Alcuni gnostici, coi quali venne in relazione, cercarono di attrarlo alle loro dottrine con la seduzione, ma il ventenne asceta si sottrasse ai loro raggiri con la fuga.
Tornò in Palestina e dopo l'ordinazione sacerdotale, trasformò la sua casa in cenobio, nel quale trascorse circa 30 anni della sua vita, divisi tra la direzione dei suoi discepoli, la preghiera e lo studio.
L'episcopato
La sua reputazione di scienza e santità gli valsero nel 367 la nomina a vescovo di Costanza (l'antica Salamina), sede metropolitana di Cipro. Ciononostante continuò non solo a governare il suo convento di Eleuteropoli, ma ad essere di esempio a tutti con l'austerità della vita, lo zelo infiammato per la conservazione della fede e l'ardore per la diffusione delle istituzioni monastiche nell'isola.
Fu l'unico vescovo ortodosso dell'isola che gli ariani non osarono attaccare quando, sostenuti dall'imperatore Valente, nel 371, presero a perseguitare i sostenitori del concilio di Nicea, che aveva definito essere Gesù Cristo, in quanto Dio, consostanziale al Padre.
La lotta contro le eresie
Gli eretici non ebbero nemico più implacabile di lui. Nei primi anni di episcopato scrisse difatti Ancoratus, un compendio cioè di dottrina trinitaria per ancorare bene il cristiano nella sua fede contro gli ariani, e il Panarion (armadio farmaceutico), trattato riguardante 80 eresie, un prontuario di medicine contro di esse.
Nel 382 fece un viaggio a Roma per partecipare al concilio convocato dal papa Damaso I per meglio conoscere la situazione della chiesa orientale. Il santo alloggiò presso Santa Paola che, guidata allora da San Girolamo, faceva parte di quel cenacolo quasi monastico che, sull'Aventino, si radunava nella casa di Marcella per attendere alla preghiera, alla lettura della Bibbia e alle opere di carità. Nel 385 ebbe la consolazione di offrirle ospitalità per dieci giorni a Salamina allorché, vedova, si recava in Palestina con la figlia Eustochio per abbracciare a Betlemme la vita monastica.
Ingaggiò una dura lotta contro gli errori di Origene, che ingiustamente considerava il padre di tutte le eresie. Il desiderio irrefrenabile di soffocare uno dei principali focolai dell'origenismo lo ricondusse nel 394, verso Pasqua, in Palestina. Nella chiesa della Risurrezione di Gerusalemme, alla presenza del vescovo Giovanni, fautore di Origene, condannò in un discorso pubblico le dottrine dell'alessandrino. Nel grave dissidio coinvolse anche Rufino, monaco del Monte Oliveto. San Girolamo, che in passato era stato sostenitore di Origene, si schierò dalla parte di Epifanie il quale, frattanto, si era separato dalla comunione di Giovanni e, ritiratesi ad Eleuteropoli, si era persino permesso di ordinare prete il fratello minore di Girolamo, Paolino, monaco di Betlemme.
Alle proteste del vescovo di Gerusalemme, Epifanio ritornò a Cipro da dove gli scrisse una lettera senza chiedergli scusa dell'ordinazione fatta su un territorio non dipendente dalla sua giurisdizione, convinto di avere agito per l'utilità della Chiesa.
Il patriarca Teofilo
Nel 401, l'ambizioso e scaltro Teofìlo, patriarca di Alessandria, diventato improvvisamente antiorigenista, aveva preso a perseguitare i monaci della Nitria, perché sostenitori di Origene. Una parte dei 300 espulsi si rifugiò a Costantinopoli dove il patriarca San Giovanni Crisostomo li accolse amorevolmente. Per questo suo atto di carità fu ritenuto da Teofilo un simpatizzante delle medesime dottrine.
Quando Epifanio seppe che Teofilo aveva cambiato idea ne trasalì di gioia e, abbindolato da lui, nel 402, partì per Costantinopoli per mettersi in relazione con i nemici del Crisostomo e combatterlo. Il santo patriarca, più moderato e più istruito, in quella contesa gli offerse ospitalità, ma il vescovo di Salamina non solo la rifiutò, ma rigettò ogni comunione con lui.
Ad un certo momento però si accorse di essere stato vilmente raggirato e riconobbe nel suo modo di agire eccesso di zelo e precipitazione, fece quindi ritorno nella sua isola. Durante il viaggio di ritorno morì il 12 maggio 403, aveva quasi 90 anni.
Opere
- Ancoratus, compendio di dottrina trinitaria.
- Panarion (Πανάριον, Panárion), noto anche come "Contro le eresie" (Adversus Haereses), redatto attorno al 375.
Note | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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