Santuario della Madonnetta (Genova)
Santuario della Madonnetta (Genova) | |
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Santuario della Madonnetta, facciata | |
Stato | Italia |
Regione | Liguria |
Provincia | Genova |
Comune | Genova |
Diocesi | Genova |
Religione | Cattolica |
Sito web | |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | Santuario |
Dedicazione | Maria Vergine |
Sigla Ordine qualificante | O.A.D. |
Stile architettonico | Barocco |
Inizio della costruzione | 1695 |
Completamento | 1696 |
Data di consacrazione | 1696 |
Coordinate geografiche | |
Italia |
Il Santuario della Madonnetta è una chiesa della città di Genova. Sorge nel quartiere di Castelletto sulla collina di Carbonara, uno sperone alle pendici del Monte Righi, al culmine della creuza[1] che dalla chiesa prende il nome, in una posizione panoramica che domina da 95 metri di altitudine il centro della città, il porto e i monti alle spalle.
Il Santuario della Madonnetta, edificato in soli quindici mesi, è una delle più originali e armoniose architetture del barocco ligure. Fa parte della Parrocchia di San Nicola da Tolentino, Vicariato di Castelletto, dell'arcidiocesi di Genova.
Storia
Nel XVI secolo sulla collina di Carbonara si trovava - dedicata a Santa Margherita - una modesta cappelletta, che negli ultimi anni del secolo fu restaurata dai padri agostiniani del vicino convento di San Nicola da Tolentino e intitolata a San Giacomo.
Nel 1673 il venerabile padre Carlo Giacinto di Santa Maria (5 settembre 1658 - 23 aprile 1721), al secolo Marino Sanguineti, entrò nel convento di San Nicola, ove, ordinato sacerdote, divenne poi predicatore e maestro dei novizi.
La sua profondissima devozione a Maria[2] gli ispirò ben presto e vivamente il desiderio di realizzare la costruzione di un santuario alla Vergine, che dominasse tutta la città.
Egli era direttore spirituale della famiglia Moneglia, in particolare di Eugenia Balbi Moneglia, che nella propria cappella privata aveva fatto collocare una preziosa statua della Madonna col Bambino in alabastro, famosa per aver protetto una navigazione pericolosa: questa statua, alla morte di Eugenia nel 1689, fu donata dalla figlia Isabella al Padre Carlo Giacinto, che la pose nella cappelletta di San Giacomo.
Il luogo divenne meta di pellegrinaggio spontaneo dei fedeli che vi si recavano per rendere omaggio alla sacra immagine, da tutti chiamata la Madonnetta.
Tuttavia il dono della statua fu per il venerabile un segno della ispirazione di Maria, e il 4 maggio 1695 finalmente iniziò l'opera di cui il venerabile aveva ricevuto la visione.
Il 15 agosto del 1696 la costruzione era già terminata: la statua della Madonnetta fu posta nello scurolo sotto l'altare maggiore e la comunità festeggiò l'Assunta nel nuovo Santuario; nello stesso giorno nella cattedrale di San Lorenzo la città di Genova, in seguito a decreto del Senato della Repubblica sollecitato dal Padre Carlo Giacinto, offriva le proprie insegne a Maria Santissima e la Madonnetta divenne il Santuario ufficiale della Repubblica Genovese.
L'architetto che ne aveva curato la realizzazione, l'imperiese Antonio Maria Ricca, a compenso dell'opera chiese ed ottenne l'ammissione all'Ordine di Sant'Agostino, dove fu accolto dal venerabile Carlo Giacinto col nome di Padre Marino[3].
Il Santuario della Madonnetta, oltre che luogo di pellegrinaggio e di devozione per i genovesi, è stato sito di fondazione o di stretto legame con molte congregazioni religiose della città: le Terziarie Agostiniane Scalze, le suore Battistine, le Suore di Santa Dorotea della Frassinetti, i Figli di Maria Immacolata, le Figlie dei SS. Cuori; alla Madonnetta il 30 settembre 1873 è stato anche fondato il quotidiano cattolico Il Cittadino.
Illustri personaggi sono seppelliti nel Santuario: il venerabile padre Carlo Giacinto, fondatore, inumato nel 1721; il contrammiraglio Francesco Sivori (1771-1830); Girolamo Serra, marchese, politico e storico, autore di importanti opere tra cui una Storia dell'antica Liguria e di Genova; Luigi Tommaso Belgrano, uno dei principali studiosi della storia di Genova; Giorgio Des Geneys, ammiraglio e generale; Ambrogio Multedo, abate e scienziato, rappresentante dell'Italia a Parigi al congresso internazionale per l'adozione del sistema metrico decimale.
Descrizione
Esterno
Davanti all'ingresso si apre un sagrato ottagonale pavimentato a mosaico di ciottoli bianchi e neri, i cossiddetti rissoeu. Il disegno, opera del 1732 di Bartolomeo Storace, forma una fitto intreccio di arabeschi che circondano l'aquila, stemma dell'Ordine degli agostiniani[4]
Il piazzale è delimitato da un muro a scomparti: dal lato opposto alla porta di ingresso della chiesa una rientranza ospita una Pietà marmorea scolpita da Domenico Parodi.
Tutti i muri esterni della chiesa sono privi di decorazioni plastiche: solo la facciata che guarda a nord e la parete esterna del coro, che guarda il mare, in origine erano dipinte.
Sopra il portale di ingresso vi era un affresco di Domenico Parodi raffigurante l'Assunta. Attualmente le tinte si sono assai sbiadite; tuttavia si possono ancora riconoscere sulla facciata gli scomparti – in origine rossi e gialli – e le volute della decorazione.
Anche il lato sud del muro esterno della chiesa – che domina la città ed è visibile dal porto e dalla zona antica di Genova - recava un affresco ormai perduto di argomento mariano.
Interno
L'interno della chiesa, a navata unica, davvero suggestivo, è a pianta ottagonale irregolare.
Un lato è occupato dal portone, e sopra di esso dall'organo[5] recentemente restaurato. Lo strumento fu costruito in due tempi: il Grand’Organo da Lorenzo Roccatagliata (S. Margherita Ligure, 1733), l’Organo Positivo da Carlo Giuliani (Genova, 1844)[6]. Gli interventi solo parziali nel corso degli anni hanno consentito che esso mantenesse la sua struttura originale. La cassa di prospetto proviene dal convento degli agostiniani scalzi di Albisola Superiore, mentre la cantoria è stata costruita appositamente dall’intagliatore De Negri: ambedue sono riccamente scolpite e indorate.
Sia a destra che a sinistra dell'ingresso si aprono tre cappelle per ogni lato dell'ottagono, ma quella centrale di ogni gruppo è più ampia delle altre, cosa che dà alla chiesa una forma vagamente ovale. Ogni cappella ospita un altare (tutti di Carlo De Marchi, 1737) ed un'opera pittorica:
- Prima cappella a destra: La Madonna della cintura e i Santi Agostiniani, di Bartolomeo Guidobono;
- Seconda cappella a destra: altare dedicato a san Giacomo; quadro Gesù e la madre di San Giacomo e San Giovanni, di Giovanni Battista Paggi, del 1620, provieniente da un oratorio distrutto nella zona di Genova Prè; statua lignea ottocentesca Madonna col Bambino benedicente di Stefano Valle;
- Terza cappella a destra: L' Annunciazione, tela di Giuseppe Galeotti, 1738;
- Prima cappella sul lato sinistro: L'Immacolata attribuita a Bartolomeo Guidobono;
- Seconda cappella a sinistra: Il Crocifisso con la Vergine, San Giovanni e la Maddalena di Giovanni Raffaele Badaracco. Questo dipinto fu donato al santuario nel 1735;
- Terza cappella a sinistra: Vergine dell'aspettazione del parto, di dubbia attribuzione a Bartolomeo Guidobono.
Chiude l'ottagono della pianta un gruppo di tre scalinate: le due laterali salgono verso la zona decisamente sopraelevata del presbiterio con l'altare maggiore e il coro, mentre quella centrale scende verso lo scurolo.
Il pavimento della chiesa fu disegnato a raggiera nel 1750 da Francesco Schiaffino; al centro un'apertura consente di vedere in basso i sottostanti locali della cripta e del presepe e in alto la cupola ellittica.
La composizione architettonica, molto mossa e in linea con il gusto tipico del Barocco, porta lo sguardo a correre in alto, verso il presbiterio nel quale è esposto un bel Crocifisso ligneo del tardo XVIII secolo (attribuito al Cambiagio) sopra l’altare in marmi policromi di stile barocco, opera di D. Stella (1715). In una nicchia sul cornicione dell'altare è posta una Madonna di Domenico Bissoni (fine XVI sec.); i simboli mariani sono presenti anche nel retrostante coro ligneo, di autore ignoto.
Sotto al presbiterio si trova lo scurolo, al quale si scende per mezzo di un ampio scalone di marmo; l'accesso è sovrastato da un cartiglio che reca scritto Convertit rupem in fontes aquarum ((LT) traduzione: ha trasformato la rupe in fonti d’acqua, citazione dal Sal 114 ): il santuario infatti fu voluto per la conversione dei peccatori, come indicato dalla scritta, dove le rupe indica il cuore di pietra e le fonti d'acqua le lacrime di pentimento.
Lo scurolo è il cuore del Santuario: come la chiesa, ha una pianta ottagonale irregolare ed è sormontato da una volta a padiglione, affrescata da Bartolomeo Guidobono negli anni a cavallo fra il XVII e il XVIII secolo con una "Incoronazione della Vergine"; ospita un altare disegnato da Francesco Quadro, arricchito da interventi del Gaggini e portato alla forma attuale nel 1738 da Francesco Schiaffino, che vi pose un tabernacolo intagliato in pietre rare.
Sopra l'altare, coronato da quatto colonne di alabastro a tortiglione, la statua della Madonnetta donata al venerabile padre Carlo Giacinto.
Le pareti sono interamente ricoperte di marmi; sulla destra una porta conduce ad una piccola cripta funeraria.
Disseminati sulle pareti sia della chiesa che dello scurolo si possono vedere numerosi medaglioni dorati di gusto barocco (opera di Nicolò Pantano, 1715, e di Gaetano Torre, 1757), arricchiti nel XIX secolo da stucchi del Lavarello, nei quali sono conservate migliaia di reliquie provenienti dalle catacombe romane.
Sotto la chiesa una cripta conserva una assai pregevole Pietà lignea di Anton Maria Maragliano.(1733).
Nei locali della sacrestia sono inoltre presenti le tavole "Gesù e i Santi Giacomo e Giovanni" di Giovanni Battista Paggi (1620), una tavola cinquecentesca con "L'Annunciazione" e una piccola tela del Guidobono raffigurante l'"Assunta",. Infine, sulla parete del refettorio del convento si può ammirare la "Cena in Emmaus" dipinta nel 1697 da Bartolomeo Guidobono, con una ricca cornice a cartella.
Nel Santuario si possono visitare il Presepio permanente (aperto tutto l'anno) e il Museo dei paramenti e arredi sacri (sec. XVII-XVIII).
Presepe
Il presepe della Madonnetta è una delle più interessanti testimonianze della tradizione genovese del presepe.
Fu composto nel primo XVIII secolo, poco dopo la costruzione del Santuario, e veniva formato ogni anno per il tempo di Natale sull'altare della cappella dell'Immacolata (la prima a sinistra entrando), ponendo le statuine su un fondale dipinto.
Successivamente si trovò una collocazione più adatta al piano sotterraneo, dietro la cripta; nel XX secolo il presepe venne inserito in una scenografia che ricostruisce luoghi e monumenti genovesi, realizzata da Roberto Tagliati ed inaugurata il 24-25 settembre 1977[7].
Le statuine, in origine quasi 120 ma oggi ridotte a circa 80, di pregiata fattura artigianale, provennero dalle due botteghe dei più rinomati artisti genovesi del tempo: Anton Maria Maragliano e i Gaggini di Bissone.
Alte circa 70 centimetri, riproducono i costumi della Genova settecentesca e raffigurano sia persone del popolino intente ad adempiere alle mansioni quotidiane e ai vari mestieri sia nobili a passeggio.
La loro fattura è di due tipi:
- il gruppo della Natività con i pastori è interamente scolpito in legno e ritenuto opera del Gaggini;
- le altre, della bottega del Maragliano, sono snodabili, in legno ma rifinite con altri materiali, come la terracotta per le mani e la testa, stoffe anche preziose per gli abiti, coralli e filigrana d'argento per i gioielli.
L'insieme, che occupa un'area di un centinaio circa di metri quadri, è suddiviso in cinque scene: idealmente da sinistra si entra in città dalla campagna nella valle del fiume Bisagno, per arrivare al centro storico di Genova, e risalire le alture fino al Santuario della Madonnetta e alla stalla della Natività; nella parte destra l’ultima scena è ambientata a Betlemme, dove da Gerusalemme giungono i Magi.
L'interesse oltre che per la fattura delle sculture risiede anche nella cura dei particolari e nella caratterizzazione delle figurine.
Museo dei paramenti sacri
Un valore peculiare hanno i paramenti sacri che si possono ammirare nei locali del Santuario.
Le preziose stoffe e i palli ricamati in oro e seta provengono in gran parte da donazioni della famiglia Moneglia, ed erano usate nel XVIII secolo nelle celebrazioni solenni dell'Assunta, quando alle funzioni partecipavano ufficialmente i senatori della Repubblica di Genova.
Galleria fotografica
Note | |
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Bibliografia | |
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