Giovanni Dolfin (vescovo)
Giovanni Dolfin Vescovo | |
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Età alla morte | 54 anni |
Nascita | Venezia 30 maggio 1529 |
Morte | Brescia 1º maggio 1584 |
Ordinazione presbiterale | in data sconosciuta |
Consacrazione vescovile | in data sconosciuta |
Incarichi ricoperti | 3 gennaio 1563 papa Pio IV
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Giovanni Dolfin o Delfino (LA) Ioannes Delphinus (Venezia, 30 maggio 1529; † Brescia, 1º maggio 1584) è stato un vescovo e nunzio apostolico italiano.
Biografia
Nacque a Venezia il 30 maggio 1529, primo dei quattro figli maschi dell'uomo politico e banchiere Giovanni di Daniele e di Cristina di Tommaso Mocenigo.
Destinato alla carriera ecclesiastica, prolungò la propria istruzione sino a perfezionarla a Padova con studi di diritto civile e canonico e di teologia. Fu preso a benvolere per le sue humanitas (studi letterari umanistici) e dottrina dal cardinale e nunzio apostolico a Venezia Antonio Trivulzio entrando al suo servizio. Fu al seguito del cardinale nella seconda missione francese. La legazione giunse a Parigi il 30 dicembre con generiche istruzioni volte a favorire la pace tra Enrico II e Filippo II.
Il Dolfin rientrò a Roma verosimilmente dopo la morte del legato pontificio, avvenuta a Parigi nel giugno del 1559. Dolfin frequentò pure le riunioni dell'Accademia delle Notti Vaticane[1] col nome di "Leale", fondata dal cardinale nipote e segretario di Stato, Carlo Borromeo, instaurando, al di là delle dotte conversazioni accademiche, un duraturo rapporto ben documentato da una ricca corrispondenza tra i due prelati.
Nominato vescovo di Torcello nel 1563, prese parte all'ultima fase del concilio tridentino ove giunse il 28 aprile di quell'anno e dove il 15 luglio si promulgò il decreto sull'ordine sacro e sui seminari e il 4 dicembre si giunse alla proclamazione della chiusura. Il che offrì il destro a Paolo Paruta di fare del Dolfin un interlocutore nel ricco fraseggio del dibattito a più voci nella sua opera "Della Perfettione della Vita Politica",[2] ambientato appunto a Trento in coincidenza con le ultime batture conciliari.
Nella sua diocesi tenne due sinodi diocesani a cui fece seguito nel 1565 la pubblicazione delle Constitutioni che, secondo i decreti tridentini, disponevano il regolato vivere delle monache sottoposte alla sua giurisdizione.
Nel 1566 risulta che il Dolfin avesse acquistato, per 20.000 ducati, molte cariche pontificie, che rivendette incrementando il suo patrimonio.
Nel 1568 fu proposto dal Borromeo, quale consigliere di Bartolomeo Portia, abate commendatario di Moggio, per la futura visita apostolica a questo affidata nel patriarcato d'Aquileia. Dolfin, dall'ottobre 1568 al gennaio 1569, su mandato di Pio V, accompagnò Giovanni Francesco Commendone nella sua missione viennese, sostituendolo altresì come osservatore nel sinodo provinciale di Salisburgo.
Il 15 maggio 1571, apprese di doversi recare subito a Roma per le opportune istruzioni sulla nunziatura presso l'imperatore cui era stato destinato, essendo morto il 22 aprile il nunzio Melchiorre Biglia. Rientrò in diocesi e il 28 giugno ripartì per Vienna che raggiunse il 22 luglio. La sua nunziatura iniziò con la prima udienza imperiale del 25 luglio seguente.
Nei sei anni di permanenza a Vienna la sua missione si svolse da prima sotto Massimiliano II d'Asburgo, poco incline ad assecondare la politica vaticana, in particolare nei rapporti con i principi protestanti e con l'impero ottomano. Mentre sotto Rodolfo II d'Asburgo i rapporti migliorarono notevolmente e l'azione di controriforma riuscì a riportare alla fede romana molti fedeli.
Da parte sua il Dolfin caldeggiò attivamente l'erezione del seminario sia a Vienna sia a Praga nonché la rivitalizzazione delle pratiche religiose, battendosi nel contempo contro la diffusione della pubblicistica ereticale. In una lettera al Borromeo del 6 aprile 1578, il nunzio si rallegrava del fatto che "non si sono vedute le chiese più frequentate et maggior concorso di persone ai sacramenti". Con questa nota positiva il Dolfin, cui successe Bartolomeo Portia, lasciò alla fine del mese Vienna giungendo il 12 maggio a Treviso recandosi quindi a Venezia e Murano per poi ripartire alla volta di Roma a ragguagliare il pontefice sulla sua missione.
Morto, il 12 agosto 1579, il vescovo di Brescia mons. Domenico Bollani,[3] il 26 seguente fu designato a succedergli. Prese possesso della nuova sede il 18 novembre. Nella nuova diocesi compì due visite pastorali, nel 1580 e nel 1582 - 1583 ma, nonostante le insistenze dell'arcivescovo milanese, non tenne sinodi diocesani.[4]
Durante il suo episcopato eseguì lavori di completamento nel nuovo Palazzo Vescovile di Brescia, terminato pochi anni prima.
Morì nel 1584, assistito da San Carlo Borromeo.
Successione degli incarichi
Predecessore: | Vescovo di Torcello | Successore: | |
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Girolamo Foscari[5] | 3 gennaio 1563 - 26 agosto 1579 | Carlo Pisani[6] |
Predecessore: | Nunzio apostolico per il Sacro Romano Impero | Successore: | |
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Melchiorre Biglia | 29 maggio 1571 - dicembre 1577 | Bartolomeo Portia |
Predecessore: | Vescovo di Brescia | Successore: | |
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Domenico Bollani[7] | 26 agosto 1579 - 1º maggio 1584 | Gianfrancesco Morosini |
Note | |
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Bibliografia | |
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- Vescovi di Torcello
- Nunzi apostolici per il Sacro Romano Impero
- Vescovi di Brescia
- Presbiteri italiani del XVI secolo
- Italiani del XVI secolo
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