Ipazia di Alessandria
Ipazia Pagana | |
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Presunto ritratto di Ipazia in Raffaello Sanzio, Scuola di Atene, 1509-1510. Città del Vaticano, Stanza della Segnatura | |
Età alla morte | circa 60 anni |
Nascita | Alessandria d'Egitto 355 ca. |
Morte | marzo 415 |
Ipazia (greco Ὑπατία, Hypatía, latino Hypatia; Alessandria d'Egitto, 355 ca.; † marzo 415) è stata una filosofa ellenista. Come per altri pensatori dell'antichità, di lei non ci è pervenuta nessuna opera, se non il titolo.
Stimata dagli intellettuali cattolici del suo tempo, con cui ebbe importanti scambi culturali, morì in tarda età, linciata da un gruppo di fanatici cristiani.
Le circostanze della sua morte, presentate opportunamente, hanno fatto sì che la sua figura fosse ripresa in epoca contemporanea in ambienti e con finalità anticristiane[1].
Fonti
Per quanto le informazioni disponibili non siano abbondanti né univoche, le fonti che ci presentano la figura di Ipazia sono molteplici, appartenenti sia alla cultura pagana, sia a quella cristiana[2].
Il più antico autore è l'avvocato della corte di Costantinopoli, il niceno Socrate Scolastico nella sua Storia Ecclesiastica (c.a 439-450)[3], che è ripreso da Cassiodoro (ca. 485-585) nella sua Storia ecclesiastica tripartita[4].
Brevi accenni sono contenuti nel compendio di Fozio della Storia ecclesiastica dell'ariano Filostorgio (c.a 425-433)[5], nella Cronografia di Giovanni Malalas (metà VI sec.)[6], nell'Onomatologo (o De Viris Illustribus, Sugli uomini illustri) di Esichio di Mileto (VI secolo)[7], nella Cronografia di Teofane il Confessore (c.a 810-815)[8] e in Niceforo Gregorio (c.a 1359)[9].
A questi si aggiungono il tardivo passo delle Cronache del copto Giovanni di Nikiu (VII secolo)[10] e dell'ancora più tardiva Storia ecclesiastica di Niceforo Callisto (inizio XIV sec.)[11], che riprende le informazioni già presenti in Socrate.
Di scrittori pagani ci sono pervenuti un breve epigramma attribuito al poeta alessandrino Pallada (V secolo)[12], che può essere però attribuito a un'altra Ipazia[13] e soprattutto un frammento tratto dalla Vita di Isidoro (filosofo neoplatonico alessandrino di fine V sec.) di Damascio, filosofo neoplatonico (462-dopo il 538). L'opera di Damascio è andata perduta nella sua interezza ma il passo in questione ci è pervenuto perché ripreso dal Suda (o Suida), enciclopedia bizantina del X secolo, dove è noto come Y 166 (greco, inglese). Il brano del Suda è però composito[14] e accosta (senza armonizzazione e con qualche errore grammaticale) il brano di Esichio a quello di Damascio.
Alcune informazioni sono desumibili dalle lettere che scrisse a Ipazia un suo discepolo, il vescovo Sinesio di Cirene (ca. 373-414)[15]. Sicuramente pseudoepigrafa (falsa) è la lettera pervenutaci di Ipazia a Cirillo[16]: in essa esprime simpatia per il pensiero di Nestorio, avversato da Cirillo e si rammarica per il suo esilio, avvenuto però decenni dopo la sua morte (in seguito al Concilio di Efeso, 431).
Fu vittima della gelosia politica che a quel tempo prevaleva. Ipazia aveva avuto frequenti incontri con Oreste. Questo fatto fu interpretato calunniosamente dal popolino cristiano che pensò fosse lei a impedire a Oreste di riconciliarsi con il vescovo (Cirillo d'Alessandria). Alcuni poi, spinti da uno zelo fiero e bigotto, sotto la guida di un tal Pietro, lettore, le tesero un'imboscata mentre ritornava a casa. La trassero fuori dalla sua carrozza e la portarono nella chiesa chiamata Caesareum, dove la spogliarono completamente e poi l'assassinarono con dei cocci. Dopo avere fatto il suo corpo a pezzi, portarono i lembi strappati in un luogo chiamato Cinaron e là li bruciarono.
Questo affare portò non poco sdegno contro Cirillo e contro alla chiesa di Alessandria: infatti nulla può essere più estraneo da i seguaci degli (insegnamenti) di Cristo che uccisioni, lotte e cose del genere. Questo accadde nel mese di marzo durante la quaresima, nel quarto anno dell'episcopato di Cirillo, sotto il decimo consolato di Onorio e il sesto di Teodosio.
(Socrate Scolastico, Storia Ecclesiastica 7,15)
Ipazia così essendo, abile e dialettica nei discorsi, assennata e civile nelle opere, era amata e rispettata dalla città e i capi ricorrevano a lei quando c'era da discutere per la città, come accadeva ad Atene. Se infatti [ora] le cose sono cambiate, [allora] il nome della filosofia era magnificato e ammirato da coloro che amministravano i principali affari pubblici. Era poi accaduto che Cirillo, il vescovo della fazione [la Chiesa o i niceni?] opposta [ai pagani o agli ariani?], passando presso la casa di Ipazia, vide presso le porte molta confusione di uomini e cavalli, alcuni arrivavano, altri partivano, altri sostavano. Avendo chiesto poi cosa fosse quella folla e quella turba presso la casa, sentì [rispondere] dal seguito che Ipazia, la donna filosofo, stava spiegando e quella era la sua casa. Avendo appreso questo, fu amareggiata la sua anima così da predisporre il suo omicidio, il più efferato di tutti gli omicidi. Infatti, uscendo [Ipazia di casa] come di consueto, molti uomini bestiali, veramente spregevoli, non conoscenti gli déi né la vendetta degli uomini, uccisero la filosofa, portando grandissima empietà e vergogna sulla loro patria. Il re [Teodosio II] si sarebbe adirato per questo, se non che Edesio si fece corrompere. E perdonò la colpa degli uccisori e questo su lui stesso e la sua progenie e la sua discendenza ne pagò il prezzo. Il ricordo di questi fatti, ancora conservato dagli alessandrini, ridusse a poco l'onore e la stima degli alessandrini verso Isidoro [... prosegue elogiando la sapienza del filosofo].
(Damascio, frammento della Vita di Isidoro ripreso dal Suda, Y 166, greco, inglese)
89. Un giorno, su ordine del prefetto Oreste, secondo l'abitudine degli Ebrei d'Alessandria, ci fu uno spettacolo e tutti gli abitanti della città si trovavano nel teatro. 90. Cirillo, che era stato nominato patriarca dopo Teofilo, cercava di informarsi su questo evento. 91. C'era poi un cristiano di nome Hierax, che possedeva comprensione e intelligenza e che era solito discutere coi pagani. Era un devoto del patriarca (Cirillo) e obbediva ai suoi consigli, era anche molto versato nella conoscenza della fede cristiana. 92. Ora questo uomo si era recato al teatro. Quando gli Ebrei lo videro gridarono: "Questo uomo non è venuto con buone intenzioni, ma solamente per provocare confusione". 93. Il prefetto Oreste, che disprezzava i figli della santa chiesa, fece afferrare Hierax lo fece percuotere pubblicamente nel teatro, sebbene non avesse commesso crimine alcuno. 94. Cirillo si adirò col governatore della città per questo fatto, e anche perché aveva messo a morte Ammonio, un illustre monaco del convento di Pernodj e anche altri monaci. Quando il governatore militare della provincia (d'Egitto) venne informato, fece dire agli Ebrei: "Cessate le ostilità contro la Chiesa". 95. Ma gli Ebrei, che godevano dell'appoggio del prefetto che era dalla loro parte, si rifiutarono di obbedire a ciò che avevano sentito. Inoltre, aggiungendo oltraggio a oltraggio, progettarono un massacro in modo infido. 96. Di notte posero in tutte le strade della città alcuni uomini, mentre altri gridavano e dicevano: "La chiesa dell'apostolico Athanasius è in fiamme: corrano al soccorso tutti i cristiani". 97. Al sentire queste grida i cristiani uscirono, ignari dell'agguato e gli Ebrei piombarono su loro e li massacrarono e fecero un gran numero di vittime. 98. Al mattino, quando i cristiani sopravvissuti sentirono del crimine compiuto dagli Ebrei contro di loro, si recarono dal patriarca e tutti i fedeli riuniti si recarono pieni di collera verso le sinagoghe degli ebrei: se ne impossessarono, le purificarono e le convertirono in chiese. Una di esse venne dedicata a San Giorgio. 99. Espulsero gli Ebrei assassini dalla città, saccheggiarono tutte le loro proprietà e li derubarono completamente. Il prefetto Oreste non fu in grado di portare loro alcun aiuto.
100. Poi una moltitudine di fedeli nel Signore sorse sotto la guida di Pietro il magistrato, un perfetto servitore di Gesù Cristo e si misero alla ricerca della donna pagana che aveva ingannato le persone della città e il prefetto con i suoi incantesimi. 101. Quando trovarono il luogo dove era, si diressero verso di lei e la trovarono seduta su un'alta sedia. La fecero scendere e la trascinarono nella grande chiesa chiamata Caesarion. Questo accadde nei giorni del digiuno [la quaresima]. 102. Le lacerarono i vestiti, la fecero uscire e la trascinarono attraverso le strade della città finché lei morì. La portarono in un luogo chiamato Cinaron, dove bruciarono il suo corpo. E tutte le persone circondarono il patriarca Cirillo e lo chiamarono "il nuovo Teofilo" perché aveva distrutto gli ultimi resti dell'idolatria nella città.
(Giovanni di Nikiu, Cronache 84,87-103 inglese; francese)
In Alessandria c'era una donna, una certa Ipazia, avente come padre il filosofo Teone, rettamente istruita dal padre, tanto eccellente tra i discepoli della filosofia che superò quelli a lei contemporanei, ma anche quelli esistiti da molto tempo. Divenne così successore della [scuola neo] platonica derivata da Plotino. Era pronta a esporre la conoscenza dei discepoli a tutti coloro che lo volevano. Per questo venivano a lei coloro che avevano amore per il filosofare, non solo per la sua eccellente libertà nel parlare, ma anche poiché aiutava saggiamente i governanti. E non appariva indecoroso il fatto che fosse in mezzo a uomini: infatti era onorata da tutti per l'eccellenza della sua saggezza, ed era sulla bocca di tutti per la meraviglia [nei suoi confronti].
Allora l'invidia si armò contro di lei. Poiché infatti era spesso con Oreste, ci fu un'accusa dai chierici di Cirillo, secondo la quale fosse causa sua il non riconciliarsi di Cirillo col prefetto [Oreste]. E così alcuni di questi, nutrenti un forte amore per Cirillo, i quali erano guidati da un certo Pietro, lettore, spiandola una volta che tornava [a casa], avendola fatta scendere dal carro, la condussero in una chiesa che è chiamata Cesare. E là, avendola denudata delle vesti, l'uccisero con cocci. Quindi, avendola fatta a pezzi, la condussero nel luogo detto Canaron e la bruciarono.
Questo portò non poco biasimo verso Cirillo e verso la sua chiesa, infatti ai seguaci di Cristo sono estranei invidie, dissidi, contese, lotte, omicidi di qualunque tipo. Questi fatti accaddero nel quarto anno di Cirillo alessandrino, nel sesto anno del regno di Teodosio, nel mese di marzo, quando ci sono i digiuni.
(Niceforo Callisto, Storia ecclesiastica 14,16; PG 146,1105-07, online)
Nascita e formazione
Ipazia (in greco "alta, suprema"[17]) nacque ad Alessandria d'Egitto. La data di nascita non è riportata dalle fonti storiche e le stime degli studiosi variano tra il 355[18] e il 370[19]. Entrambe le date sono compatibili con l'indicazione che fiorì durante il regno di Arcadio (383-408, ma il regno effettivo iniziò dal 395). A favore di una datazione precoce giocano però l'indicazione che era un'anziana donna al tempo della sua morte (cfr. dopo), attorno al 415 e il fatto che ebbe come studente (dunque verosimilmente più giovane) Sinesio di Cirene, la cui data di nascita viene comunemente posta attorno al 365-370. La diffusa datazione della nascita di Ipazia attorno al 370 può essere così riferita, più che alle fonti storiche, al desiderio di alcuni contemporanei di considerarla (relativamente) giovane e bella al momento della morte[20].
Suo padre, Teone di Alessandria (ca. 335-405), era un matematico, geometra e astronomo e faceva parte del "museo"[21], l'istituzione culturale alessandrina che includeva la celebre biblioteca. Il nome della madre non è noto. Probabilmente ma non sicuramente Ipazia aveva come fratelli tali Epifanio[22] e Atanasio[23].
Problematica è l'informazione di Esichio (ripresa anche dal Suda) secondo la quale Ipazia era moglie di Isidoro alessandrino: la comune datazione della vita di Isidoro (circa 450 - 520) lo fa nascere decenni dopo la morte della filosofa e l'ipotesi dell'anacronismo è rafforzata dall'indicazione di Damascio per cui visse in verginità, dall'accostamento simbolico che Pallada fa tra Ipazia (assumendone l'identificazione) e la costellazione della vergine e dall'indicazione per cui Isidoro era invece sposato con una certa Domna[24]. Secondo Damascio "era assai bella e attraente". Riporta anche l'aneddoto per cui uno dei suoi studenti, del quale non è riportato il nome, si era invaghito di lei. Ipazia cercò di dissuaderlo indirizzandolo alla musica, quindi "gli gettò uno dei suoi panni mestruali e, avendo mostrato il segno della generazione impura, disse: Giovane, tu ami questi, non c'è niente di bello".
Inserita del culturalmente fecondo ambiente dell'Alessandria ellenista, col suo museo e la biblioteca, Ipazia ricevette dal padre una solida formazione relativa alle "filosofie" matematica, geometria, astronomia. Si dedicò però, diversamente dal padre, anche alle "altre filosofie", cioè a quei saperi che oggi sono considerati la filosofia vera e propria. Le fonti non riferiscono di viaggi in altre città come Roma o Atene.
Le fonti più antiche non riferiscono la sua religione, se cioè fosse pagana (come comunemente ritenuto da contemporanei), o cristiana nicena, o ariana (l'aver aderito al neoplatonismo, cfr. dopo, non è incompatibile con la fede cristiana). Il tardivo Giovanni di Nikiu la indica però come pagana.
Pensiero e opere
La principale attività di Ipazia fu la divulgazione del sapere matematico, geometrico e astronomico. Filostorgio riporta che "introdusse molti alle scienze matematiche". Non sembra però che abbia elaborato teorie o intuizioni originali. In tale ambito, che oggi sarebbe definito scientifico (anche se all'epoca il confine tra astronomia e astrologia era molto sottile), scrisse alcune opere, nessuna delle quali ci è pervenuta[25]:
- Commento all'aritmetica di Diofanto.
- Commento sulle coniche di Apollonio.
- Canone Astronomico, forse una revisione delle Tavole facili di Tolomeo[26].
Ha inoltre collaborato col padre Teone nella stesura di un commento a un'opera di Tolomeo[27].
Oltre a questi ambiti del sapere scientifico si dedicò, a quanto pare diversamente dal padre, anche alla filosofia vera e propria, relativa a pensatori come Platone, Plotino (fondatore del neo-platonismo) e Aristotele. Anche in questo caso non sembra che abbia elaborato un proprio sistema di pensiero. Non avendo composto testi a proposito e non essendoci pervenuti i commentari matematici da lei redatti, è difficile capire la prospettiva con la quale affrontava il sapere filosofico dei grandi autori. "Dagli scritti del suo scolaro Sinesio di Cirene [...] pare che ella abbia esposta la dottrina neoplatonica secondo l'insegnamento di Giamblico"[28].
Alcuni contemporanei le attribuiscono l'invenzione dell'idroscopio o idrometro, un dispositivo per misurare la densità dell'acqua[29]. In realtà, nelle fonti storiche, l'unico accenno al riguardo è la Lettera 15 di Sinesio[30] nel quale il vescovo spiega a Ipazia come costruire il dispositivo, che non può dunque essere invenzione della filosofa. Altra presunta invenzione è l'astrolabio, lo strumento astronomico che permette di prevedere la posizione dei corpi celesti, dato che Sinesio afferma di averne costruito uno con l'aiuto della "riverita maestra" Ipazia[31]. Lo strumento però era già stato inventato da Ipparco (II secolo a.C.), come precisa lo stesso Sinesio e il padre di Ipazia Teone ne scrisse anche un trattato[32].
Le fonti sono concordi nel riferire che, nonostante fosse una donna, aveva un grande ascendente sui capi della città di Alessandria, in particolare sul governatore Oreste. Non vi sono indicazioni però che tra i due vi fosse un qualche tipo di legame affettivo, né che Oreste fosse stato un suo discepolo.
Morte
La fama contemporanea circa la figura di Ipazia sembra essere dovuta, più che al suo pensiero (di cui non ci è pervenuto nulla), alla sua tragica morte.
Questa va contestualizzata in quella che sembra essere una peculiarità della città di Alessandria, cioè il frequente ricorso alla violenza e ai tumulti da parte dei suoi abitanti: "Il popolo alessandrino, più che altri popoli, è felice nell'avere tumulti. Se, in qualunque tempo, possono averne un pretesto, attuano catastrofici mali, per cui vi sono incessanti fatti di sangue"[33][34]. Nella città egiziana è avvenuto il primo pogrom antiebraico dell'epoca cristiana, attuato dalla popolazione pagana nel 38[35], con migliaia di morti, seguito da un secondo nel 68, con cinquanta mila morti[36].
Durante la seconda guerra giudaica (115-117), sotto il regno di Traiano, insorsero anche gli ebrei di Alessandria, che furono inizialmente sconfitti dalle truppe imperiali che ne uccisero molti, ma il soccorso degli ebrei della cirenaica rafforzò la rivolta e vennero anche distrutti i templi pagani di Nemesi, Ecate e Apollo, fino alla sconfitta definitiva[37].
L'egiziano Giovenale (†130) ricorda una sanguinosa battaglia tra la gente di Copros e la gente di Dendera, caratterizzata da un eccesso di furore derivante dal "fatto che ciascuno aborrisce le divinità altrui, persuaso che quelle unicamente degne di omaggio siano le proprie". Durante il corso della battaglia, in cui vi furono molti feriti, un Copto fu ucciso mentre fuggiva. La gente di Dendera se ne appropriò: "Lo prendono, lo tagliano, lo fanno in mille pezzi, affinché i suoi resti possano essere sufficienti per tutti. La folla trionfante lo divora e lo morde fino alle ossa. Non lo fa nemmeno bollire nel bronzo o arrostire allo spiedo: simili preparativi sembravano eccessivi per la sua impazienza; questa si accontentò di un cadavere crudo"[38].
Durante le persecuzioni romane anticristiane, nel III-IV secolo, sembra che la violenza e il numero delle uccisioni raggiunte in Egitto e ad Alessandria non abbia paragoni per altre zone dell'impero[39].
In occasione degli editti di Teodosio (391-392) che vietavano nell'impero la frequentazione dei templi pagani, questi vennero perlopiù pacificamente abbandonati o convertiti in chiese cristiane, ma ad Alessandria vi furono tumulti che culminarono con la distruzione del tempio di Serapide (Serapeo)[40].
Attorno al 414, poco prima dell'uccisione di Ipazia, vi furono violenze e omicidi da parte degli ebrei contro i cristiani, che reagirono scacciandoli dalla città[41]. In quell'occasione vi fu anche un'aggressione da parte di 500 monaci esaltati contro il prefetto Oreste, che lo giudicavano accondiscendente alle violenze degli ebrei, che reagì uccidendo con tortura un attentatore, tale Ammonio[42]. Questi episodi crearono dissidi tra Oreste e Cirillo.
Anche Esichio sottolinea la "continua agitazione e ribellione degli alessandrini" e ricorda l'uccisione dei vescovi Giorgio (ariano, linciato da pagani nel 361) e Proterio (niceno, linciato da monofisiti nel 457).
Quanto alla morte di Ipazia, le fonti forniscono informazioni discordanti quanto a identità e numero degli assassini, motivo, modalità della esecuzione e periodo.
Socrate (c.a 439-450) |
Esichio (VI secolo) |
Damascio (inizio VI sec.) |
Malalas (metà VI sec.) |
Giovanni di Nikiu (VII secolo) |
Teofane (c.a 810-815) | ||
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Anno | Regno di Teodosio (408-450) | marzo 415[43] o 416[44] | Episcopato di Cirillo (412-444) | Episcopato di Cirillo | Regno di Teodosio ed episcopato di Cirillo | Regno di Teodosio ed episcopato di Cirillo | 406 |
Autori | Omousiani (o niceni) | Alcuni fanatici del popolo della Chiesa guidati dal lettore Pietro | Alessandrini | Molti uomini bestiali, su volere di Cirillo | Alessandrini col permesso di Cirillo | Molti cristiani guidati dal magistrato Pietro | Alcuni (τινὲς) |
Motivo | - | Invidia, dato che impediva la riconciliazione tra Oreste e Cirillo | Invidia per la sua sapienza | Invidia di Cirillo per il suo successo | - | Magia, aver traviato Oreste | - |
Luogo | - | Chiesa Caesareum | - | - | - | Chiesa Caesareum, città | - |
Modalità | Fatta a pezzi | Spogliata, uccisa con cocci (ὀστράκοις)[45], fatta a pezzi e bruciata | - | Fatta a pezzi | Bruciata in anziana età | Spogliata, trascinata fino alla morte, bruciata | Morte violenta (βιαίῳ θανάτῳ) |
Tra le varie indicazioni, in parte contrastanti, gli studiosi contemporanei accettano perlopiù, come indicato dalla fonte più antica (Socrate), la data di morte al 415 (il 406 indicato da Teofane è inattendibile come altre date della sua opera) e la modalità dell'omicidio con spoliazione (forse per una macabra parodia del rito battesimale)[46], massacro con cocci aguzzi (intesi anche come tegole o conchiglie), seguito da cremazione. Controversa è l'identificazione degli omicidi e di un ipotetico mandato del vescovo Cirillo. Va notato che il gruppo di pochi assassini citato da Socrate diventa nelle fonti successive una grande moltitudine, per un'amplificazione tipica della trasmissione delle leggende.
Quanto alla identità degli assassini, nonostante nessuna fonte storica li indichi come monaci o parabalani, alcuni studiosi li identificano con monaci (notando come questi ebbero un ruolo attivo anche nella precedente aggressione a Oreste)[47], altri con parabalani (notando come poco dopo, il 29 settembre 416[48] un'ordinanza imperiale limitò il loro numero e le loro funzioni)[49], altri con monaci parabalani (sembra venga ignorato l'ossimoro tra l'ideale di vita contemplativa e ritirata proprio dei monaci e i compiti caritativi e assistenziali propri dei parabalani)[50], mentre altri, rimanendo aderenti alle fonti storiche, parlano di un gruppo di fanatici cristiani guidati da un chierico esaltato[51].
Parimenti controversa è l'eventuale implicazione di Cirillo nell'omicidio. La fonte più antica, Socrate, si limita a constatare che l'uccisione portò sdegno nei confronti del vescovo e della chiesa di Alessandria, che di per sé non implica un suo coinvolgimento diretto. È invece il tardivo Damascio che lo identifica esplicitamente come responsabile e mandante dell'omicidio, ma la descrizione della causa scatenante (Cirillo che si imbatte nella folla di seguaci di Ipazia e ne prova invidia) appare aneddotica e leggendaria: improbabile che il vescovo della città non fosse già a conoscenza della fama e del successo della filosofa. In definitiva, le posizioni degli studiosi sono variegate: tendenzialmente, quelli cristiani e gli storici che nel loro lavoro si attengono prevalentemente alle fonti storiche negano che vi sia un collegamento diretto tra Cirillo e gli assassini di Ipazia[52][53][54][55], mentre quelli laicisti (prevalentemente scrittori e divulgatori) l'affermano con una certezza che non trova fondamento nelle fonti storiche[56].
La leggenda di Ipazia
A partire dall'epoca moderna, la vicenda di Ipazia ha ispirato nel corso dei secoli poeti, scrittori e artisti, fino a fare di lei un mito e un simbolo, soprattutto in ambienti laicisti e anticristiani.
Il deista irlandese John Toland nel 1720 le ha dedicato un trattato anticristiano dall'eloquente titolo Ipazia, o la storia di una signora molto bella, molto virtuosa, molto istruita e versata in molti campi, che fu fatta a pezzi dal clero di Alessandria, per appagare l'orgoglio, l'invia, la crudeltà del suo arcivescovo, comunemente ma ingiustamente ritenuto santo, Cirillo[57]. Una risposta immediata (1721) allo scritto è venuta da Thomas Lewis, col suo La storia di Ipazia: una maestra molto sfrontata di Alessandria, uccisa e fatta a pezzi dalla plebaglia, in difesa di San Cirillo e del clero alessandrino dalle diffamazioni del Sig. Toland[58].
Durante l'Illuminismo francese, Ipazia viene citata nella celebre Enciclopedia di Diderot e d'Alembert (1755)[59], dove è scritto che fu fatta uccidere da Cirillo, un uomo "imperioso e violento". Anche Voltaire (1772)[60], 6 anni prima della sua conversione al cattolicesimo in punto di morte, si sofferma morbosamente sulla nudità della donna (in realtà anziana) al momento dell'omicidio per colpa di Cirillo, che "avrà senza dubbio chiesto perdono a Dio per questa azione abominevole".
Nell'800 la produzione letteraria aumenta considerevolmente. L'italiana Diodata Saluzzo Roero, nel poema Ipazia ovvero delle Filosofie (1827)[61], fa di lei una pagana convertita al cristianesimo da Cirillo, ma uccisa da un sacerdote pagano. Il poeta francese Charles-Marie-René Leconte de Lisle le dedica due opere, Hypatie (1847, online) e Hypatie et Cyrille (1857, online).
L'opera più nota e diffusa è il romanzo Ipazia, nuovi nemici con vecchie facce (1853)[62], dell'anglicano Charles Kingsley, che è stato definito "un condensato di erotismo sadico", opera di "un chierico perverso"[63]. Alcuni elementi fantasiosi introdotti nella narrazione sono che Ipazia rifiuta il corteggiamento fattole da Oreste e l'omicidio della filosofa, ordinato da Cirillo, avviene in presenza del vescovo.
Nel 1885 il pittore inglese Charles William Mitchell le dedica un dipinto (foto) ispirandosi al romanzo di Kingsley, raffigurandola nuda, giovane e bella al momento della morte.
Nel 1914 il teosofo italiano Augusto Agabiti pubblica Ipazia, la prima martire della libertà di pensiero (online), dove viene descritto con crudezza il suo macabro omicidio per opera di sadici monaci parabolani schiavi del volere di Cirillo: "con pugnali fatti di conchiglie, con tali armi barbaresche e crudeli, si fanno tutti addosso al bel corpo della vergine gentile e lo sbranano. Il sangue arrossa le pareti, il pavimento del luogo, le vesti degli assassini. Poi i suoi lacerti sanguinosi, sono portati al Kinaron e gettati sul fuoco".
Recentemente sono state pubblicate in Italia altre opere romanzate dedicate a Ipazia, nelle quali sembra essere ricorrente un'esaltazione apologetica della sua figura e un talvolta macabro e morboso interesse per la sua tragica fine[64][65][66][67].
In epoca contemporanea è diventata un simbolo del femminismo. A lei è dedicata la rivista Hypatia: A Journal of Feminist Philosophy (sito ufficiale), dal 1986, della statunitense università dell'Indiana.
Le è stato dedicato un piccolo asteroide scoperto nel 1884, 238 Hypatia (sito NASA) e un cratere lunare (foto NASA).
Il film
Nel 2009 è stato rilasciato un film spagnolo avente come principale protagonista Ipazia, Ágora (Agora nella distribuzione italiana), per la regia di Alejandro Amenábar. Costato 70 milioni di dollari, ne ha incassati in tutto il mondo 37 milioni[68].
Secondo Umberto Eco, il film presenta "alcuni vistosi anacronismi"[69] e lo studioso sembra essere d'accordo con l'opinione della studiosa Silvia Ronchey secondo la quale il profilo e il sacrificio di Ipazia, "nel film sono accattivanti ma troppo semplificati, fino a essere tacciabili di quello stesso ideologismo [in questo caso, anticristiano] di cui la figura dell'antica filosofa dovrebbe essere la negazione"[70].
Le principali imprecisioni storiche del film:
- Oreste è identificato con l'anonimo discepolo innamorato citato da Damascio, mentre dalle fonti non risulta né che fosse un discepolo di Ipazia né che ne fosse innamorato;
- l'episodio del Serapeo è presentato prima dei decreti di Teodosio, facendo apparire i cristiani come usurpatori illegittimi arroganti e prepotenti, mentre dalle fonti risulta che l'occupazione cristiana fu legittima poiché seguente ai decreti imperiali che imponevano l'abbandono dei templi pagani, mentre fu illegittima la resistenza pagana;
- i cristiani devastano, col Serapeo, anche la biblioteca di Alessandria, mentre la sua distruzione va collocata secoli dopo, con l'occupazione araba;
- gli scontri tra giudei e pagani sono originati da una immotivata sassaiola dei parabolani contro gli ebrei, che reagiscono con un'azione notturna contro i parabolani, che origina la violentissima espulsione cristiana degli ebrei dalla città. Le fonti, nelle quali non è presente la sassaiola, riportano invece che le prime violenze furono operate dagli ebrei, col pestaggio di Ierace (taciuto dal film) e il massacro notturno contro inermi fedeli cristiani (non parabolani) e queste originarono l'espulsione, che non è descritta con la violenza rappresentata dal film;
- Ipazia scopre con secoli di anticipo il principio di relatività enunciato da Galileo[71], che rende teoricamente possibile il movimento della terra attorno al sole e l'orbita ellittica dei pianeti enunciata da Keplero a inizio 1600. Nelle fonti non vi è traccia di ciò;
- quanto alla morte di Ipazia, dopo la pubblica istigazione di Cirillo con la lettura di un brano di 1Tim 2 ("non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all'uomo") i parabolani la conducono nel Serapeo, decidono di lapidarla ma viene pietosamente pugnalata da un suo schiavo affrancato, Davo. Nessuno di questi elementi compare nelle fonti storiche. L'unico elemento che trova un riscontro è la spoliazione, ma l'Ipazia storica doveva avere circa 60 anni.
Dato il ritardo con cui il film è stato distribuito in Italia è stata complottisticamente ipotizzata un'ingerenza vaticana per vietarne la visione[72], che ha dato seguito a una petizione online a favore del film che ha raccolto 10.262 firme[73]. È stato però fatto notare[74] che i motivi del ritardo devono essere collegati all'alta cifra che veniva inizialmente chiesta alle case di distribuzione, tenendo conto anche del fatto che il film si è rivelato economicamente un flop.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |