Pedofilia
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Con pedofilia (dal greco παῖς, παιδός, paîs, paidós, "bambino" e φιλία, philía, "amicizia, amore") si intende un disturbo psicologico per cui un adulto prova attrazione e/o compie atti sessuali verso un bambino pre-pubere. Oltre che un disturbo psicologico rappresenta un reato sia civile che ecclesiastico, nonché un peccato contro il sesto comandamento.
A partire dal 1993 e soprattutto dal 2002, sono emersi diversi casi di abusi sessuali su bambini e adolescenti da parte di una minoranza di membri del clero cattolico, avvenuti prevalentemente negli anni '70-80 (elemento non adeguatamente evidenziato dai media). Dal punto di vista statistico il fenomeno non appare al di sopra della norma degli abusi su minori che si verificano in altri contesti (soprattutto famiglia, ma anche scuola, organizzazioni educative o altre confessioni cristiane o religioni), ma sia per l'oggettiva gravità e odiosità dei reati in sé, sia perché in alcuni casi i dirigenti ecclesiali locali non si sono resi conto della gravità dei fatti adottando misure di fatto inadeguate, le accuse hanno causato un notevole scandalo e danno d'immagine all'intera Chiesa. Secondo Benedetto XVI, nel riportare le notizie dei vari casi "era evidente che l'azione dei media non fosse guidata solamente dalla pura ricerca della verità, ma che vi fosse anche un compiacimento a mettere alla berlina la Chiesa e, se possibile, a screditarla".[1]
Definizione
La definizione del fenomeno della pedofilia non è del tutto coincidente a seconda che la si consideri con categorie psicologiche o giuridiche.
Dal punto di vista psicologico, il disturbo parafilico di pedofilia coincide con un'"attività sessuale (omosessuale o eterosessuale) con bambini prepuberi (generalmente di tredici anni o più piccoli). Il soggetto con Pedofilia deve avere almeno sedici o più anni e deve essere di almeno di cinque anni maggiore del bambino" (DSM,[2] sigla F65.4). Per la diagnosi l'attività non deve essere un caso isolato ma prolungarsi per almeno 6 mesi.
Dal punto di vista del diritto penale italiano, esso rappresenta un delitto contro la persona. La vittima deve avere meno di 14 anni, o 16 nel caso che tra vittima e reo vi sia un qualche tipo di ascendente educativo:
« | Art. 609-quater. Atti sessuali con minorenne.
Soggiace alla pena stabilita dall'articolo 609-bis [Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni] chiunque, al di fuori delle ipotesi previste in detto articolo, compie atti sessuali con persona che, al momento del fatto: 1) non ha compiuto gli anni quattordici; 2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di convivenza. Al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 609-bis, l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, o il tutore che, con l'abuso dei poteri connessi alla sua posizione, compie atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni sedici, è punito con la reclusione da tre a sei anni. Non è punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell'articolo 609-bis, compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a tre anni. Nei casi di minore gravità la pena è diminuita fino a due terzi. Si applica la pena di cui all'articolo 609-ter, secondo comma [La pena è della reclusione da sei a dodici anni se i fatti di cui all'articolo 609-bis sono commessi... Con l'uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa], se la persona offesa non ha compiuto gli anni dieci. » |
Per il Codice di Diritto Canonico del 1983 l'età della vittima deve essere inferiore a 16 anni ma il limite è stato elevato di fatto a 18 anni. Nello specifico, il codice afferma che "il chierico [cioè un battezzato che ha ricevuto almeno l'ordinazione diaconale, c. 266 §1] che abbia commesso altri delitti contro il sesto precetto del Decalogo, se invero il delitto sia stato compiuto con violenza, o minacce, o pubblicamente, o con un minore al di sotto dei 16 anni, sia punito con giuste pene, non esclusa la dimissione dallo stato clericale, se il caso lo comporti" (c. 1395 §2). Il limite di 16 anni indicato dal CDC era stato innalzato a 18 per gli USA (Rescript from Audience of His Holiness del 25 aprile 1994) e la lettera De delictis gravioribus della Congregazione per la dottrina della fede (18 maggio 2001) indica tra "i più gravi delitti" che competono al Tribunale apostolico della Congregazione "il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore al di sotto dei 18 anni di età".
Veri e falsi abusi
Un problema centrale che si pone davanti a psicologi e legislatori civili e ecclesiastici è quello della distinzione tra vere e false accuse di pedofilia, che rappresenta il "sacro graal" della psicologia giuridica contemporanea. Già Freud, fondatore della psicanalisi e uno dei principali precursori della psicologia moderna, era arrivato alla conclusione che molti degli abusi pedofelici che emergevano nelle sue sedute con pazienti, tramite l'ipnosi o la riemersione di ricordi rimossi, erano falsi ricordi di abuso (Freud, 1897).[3] L'ipotesi che le accuse di abusi siano spesso infondate è ormai un parere unanimemente accettato dagli psicologi contemporanei (tra gli studi più significativi, Loftus, Ketcham, 1994;[4] Sandler, Fonagy, 1997[5]). Nello specifico, tralasciando le accuse coscientemente costruite, i falsi ricordi possono derivare da desideri inconsci dei minori di tipo edipico, o da una distorsione di fatti realmente accaduti (p. es. Il caso Giorgio Govoni, presbitero accusato di possibili abusi probabilmente avvenuti in famiglia), o ancora per "suggerimenti" iatrogeni o parentogeni (sembra il caso del recente scandalo dell'asilo degli "orchi" di Rigliano Flaminio, dove i medici non hanno riscontrato sui bambini le lesioni che erano arrivati ad ammettere in base alla preoccupata pressione degli adulti).
Secondo il Canadian Incidence Study of Reported Child Abuse and Neglect edito dal Public Health Agency of Canada, in questo paese le accuse inconsistenti di abusi di vario tipo sono state nel 1998 il 33%,[6] nel 2003 il 40%.[7] Negli Stati Uniti il numero di falsi abusi è proporzionalmente maggiore. Secondo il rapporto Child Maltreatment edito dall'U.S. Department of Health & Human Services, con cadenza annuale a partire dal 1995, tra le accuse di abusi le indagini hanno stabilito che il minore non era stato vittima di maltrattamenti attorno al 60% dei casi, una percentuale in lento e costante aumento nel corso degli anni.[8]
Per l'Italia non sembrano esistere pubblicazioni periodiche che riportano le accuse, vere e fondate, sul modello dei Reports annuali statunitensi. Le statistiche giudiziarie penali dell'Istat degli anni 2000-2004 (online) forniscono indicativamente un rapporto nel nostro paese tra persone denunciate per violenze su minori e effettive condanne nello stesso anno: assumendo a 100 il numero delle persone denunciate, quelle effettivamente condannate si collocano tra il 42,9% e il 65,2%.[9] Secondo Vittorio Apolloni del Centro documentazione falsi abusi sui minori "l'80% del totale delle denunce presentate [per gli abusi in genere] sono in realtà false. E si sale fino al 95% per quelle fatte nei casi di separazione" (Avvenire, 18/11/2007, p.13, online).
In Italia un riferimento giuridico autorevole che cerca di impedire le accuse di falsi abusi è la Carta di Noto, redatta dall'Istituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali il 9 giugno 1996 (online), aggiornata il 7 luglio 2002 (online). Il nome del documento deriva dalla città di Noto, in Sicilia, dove è stato elaborato, ma è un implicito omaggio a don Fortunato di Noto, presbitero attivo nella lotta alla pedopornografia e promotore della Carta. Il testo contiene diverse norme (p. es. La videoregistrazione dell'interrogatorio del minore, l'evitamento di comportamenti che possano "suggerire" al minore le risposte da dare, ecc.) finalizzate a garantire l'autenticità e la fondatezza della ricostruzione dei fatti. La corte di cassazione penale nella sentenza del 18 settembre 2007 n. 37147 (online) ha stabilito la necessità di attenersi alle regole della Carta, fatto che costituisce un precedente importante e la eleva de facto a legge statale (v. anche sentenza 29 settembre 2006 n. 3228; 852/2007, online; pronunciamento della Giunta dell'Unione delle Camere Penali Italiane dell'11 marzo 2009, online).
Statistiche
Non sembrano esistere studi o statistiche che indichino l'epidemiologia sulla popolazione in generale del disturbo di pedofilia. Il motivo è duplice: diversamente da altri fattori psicologici o comportamentali (p. es. Quoziente intellettivo, estroversione...) la diffusione non può essere accertata su larga scala tramite i normali procedimenti di ricerca (interviste, questionari), dato che difficilmente chi ha simili inclinazioni lo ammette, costituendo un reato in tutte le legislazioni civili; gli psicologi che vengono a conoscenza di tali inclinazioni in pazienti loro affidati sono comunemente obbligati al segreto professionale. Il DSM non riporta una stima, così anche per gli altri trattati di psicopatologia sessuale (p. es. Dèttore, 2001[10]) o di psichiatria (p. es. Gabbard, 2005).[11]
Un dato che viene comunemente citato come stima dell'incidenza della pedofilia è il tasso di vittimizzazione di minori che hanno subito abusi sessuali riconosciute giuridicamente, ma poiché aver compiuto un singolo abuso su un minore è un sintomo necessario ma non sufficiente per la diagnosi di pedofilia (il minore deve essere pre-pubere e il reo deve mostrare un comportamento prolungato nel tempo) e che il numero di denunce ufficiali non include gli abusi non denunciati, si tratta di una stima non del tutto appropriata.[12] Ad ogni modo, negli Stati Uniti il fenomeno sembra avere una diffusione preoccupante, anche se le stime dei vari studi non sono coincidenti: secondo Finkelhor et al. (1990) il 33% delle donne e il 10% degli uomini dichiarano di aver subito abusi sessuali infantili, per Plante (2004)[13] il 17% delle donne e il 12% degli uomini; per (Terry, 2004) il 27% e il 16%. Quanto al numero di denunce di abusi sessuali su minori, il report statunitense Child Maltreatment (cfr. sopra) le indica mediamente tra le 70-80.000 all'anno.[14]
Per l'Italia non sembrano esserci stime che indichino una diffusione così preoccupante. Il confronto relativo e approssimativo del numero di denunce sul totale della popolazione mostra come nel nostro paese, rispetto agli Stati Uniti, il fenomeno sembra essere decisamente meno diffuso: le denunce italiane annue (negli ultimi dati Istat disponibili, tra 165-324, cfr. sopra) su circa 60 milioni di italiani corrispondono a un'incidenza annua dello 0.00028-54% circa, mentre 70-80.000 denunce annue su circa 300 milioni di statunitensi corrispondono a un'incidenza annua dello 0,023-27% circa, cifre di due ordini di grandezza superiori a quelle italiane. Su queste basi non è corretto dunque applicare stime, studi e ricerche statunitensi sulla pedofilia alla situazione italiana.
Statistiche nella Chiesa
Come per la pedofilia in generale, non è immediata la stima della diffusione della pedofilia all'interno del clero cattolico. Dal punto di vista demografico è di fondamentale importanza l'inchiesta pubblicata nel 2004 dal John Jay College of Criminal Justice dell'università di New York, su commissione della Conferenza Episcopale Statunitense, sulle denunce presentate (non sui risultati dei processi) negli USA tra il 1950 e il 2002.[15] Questo studio rappresenta la prima sistematica ricerca epidemiologica su larga scala relativo alla pedofilia, anche se non è generalizzato all'intera popolazione. Il rapporto ha censito complessivamente 10.667 presunte vittime minori di 18 anni. Nel 78% dei casi si tratta di adolescenti, per i quali è più corretto parlare di pederastia o efebofilia, non di pedofilia. Questa dato è in accordo con la stima di Plante (2004), secondo il quale i preti colpevoli di abusi l'80-90% è efebofilo, non pedofilo. L'80,9% del totale delle presunte vittime è costituito da maschi.
I 4.392 sacerdoti statunitensi accusati, tra diocesani e religiosi, rappresentano il 4,00% sul totale dei preti attivi negli anni 1950-2002 (109.694). Tra questi, 252 erano stati effettivamente riconosciuti colpevoli da tribunali civili e almeno 100 sono stati imprigionati.[16] Un successivo supplemento alla ricerca (Terry, 2006)[17] riporta che i sacerdoti effettivamente incriminati sono stati 358 (62 su una singola vittima e 296 per abusi su più vittime), circa 0,33% del totale dei presbiteri statunitensi attivi negli anni 1950-2002. Questa cifra è comparabile alla stima dello 0,2% avanzata da Jenkins (1996: 81),[18] prima che emergessero molte delle denunce incluse nel Rapporto John Jay, circa il numero di chierici statunitensi coinvolti in abusi sessuali pedofili ed efebofili. Altre stime che sembrano scostarsi da questo risultato empirico variano tra 1% di preti pedofili e 1% efebofili (Rossetti, 2002)[19] e 2% pedofili e 4% efebofili (Sipe, 1995).[20] Secondo Plante (2004) questi tassi elevati sono però nella norma, in quella nazione, delle altre confessioni religiose e sono inferiori a quelli dei professionisti a contatto con bambini (medici, insegnanti...). In particolare, tra le confessioni cristiane non cattoliche, circa le accuse di abusi a pastori protestanti statunitensi (in maggior parte coniugati) una stima del 1990 riferisce di 2-3% del totale del clero,[21] mentre nella chiesa anglicana australiana una ricerca ha trovato 135 chierici (133 maschi e 2 femmine) accusati tra il 1990 e 2008 di reati sessuali verso minori di 18 anni,[22] che corrisponderebbe a un'incidenza relativa di accusati all'incirca del 3,91% (su un totale di 3.450 presbiteri anglicani, uomini e donne, in quella nazione nel 2007, online). Non sembrano esistere comunque, a eccezione della ricerca australiana, sistematiche ricerche circa le confessioni non cattoliche sul modello del rapporto John Jay.
Sempre secondo Plante (2004) il motivo del forte clamore mediatico verso i casi cattolici, nonostante questa criminale "normalità", va cercato più in motivazioni di ordine ideologico che non in una oggettiva gravità della situazione, fermo restando che, come precisato da diversi studiosi ed eccesiastici cattolici, se ci fosse anche solo uno o due preti pedofili sarebbero già casi di troppo.
Un elemento spesso tralasciato dai media è che la maggior parte dei casi di presunti abusi statunitensi risale a decadi passate, soprattutto gli anni '70 e inizio '80:[23] secondo il rapporto John Jay, gli abusi recenti compiuti tra il 1990-2003 rappresentano solo il 6,2% del totale. Le denunce sono state particolarmente numerose nel 1993 e soprattutto nel 2002. Che la maggior parte delle accuse risalga a decadi passate è evidente anche dai report annuali pubblicati dalla Chiesa cattolica statunitense a partire dal 2004.[24]
In Italia, secondo un'intervista del febbraio 2010 di don Fortunato di Noto, "in questi ultimi 10 anni, circa 80 sacerdoti sono stati coinvolti [in abusi sessuali con minori], o perché denunciati, già processati e condannati riguardo al fenomeno".[25] Nel maggio 2010 mons. Mariano Crociata, segretario della CEI, ha riferito di un centinaio di preti che sono stati oggetto di processi canonici per abusi sessuali nell'ultimo decennio.[26] Sulla rivista MicroMega dell'aprile 2010 (p. 72-73) è riportata una dettagliata lista di 135 presbiteri in servizio in Italia, stranieri e italiani, accusati per violenza su minori o pedopornografia dal 1988 al 2010, dei quali per 112 è stata erogata una condanna civile (multa e/o arresto), o il caso è caduto in prescrizione, o sono irreperibili. Il numero dei sacerdoti (diocesani e religiosi) in Italia nel 2005 è 51.262,[27] e le cifre 80-135 corrispondono all'incirca allo 0,16-0,26% di preti colpevoli di violenze su minori. Circa il numero dei preti propriamente pedofili, la cifra deve essere sensibilmente inferiore ma non sono disponibili dati.
In un'intervista del 2010 mons. Scicluna, "promotore di giustizia" della Congregazione per la Dottrina della fede, ha riferito che le denunce riconosciute come fondate dalle singole diocesi e pervenute alla Congregazione da tutto il mondo tra il 2001-2010 (incluse dunque molte delle denunce statunitensi delle decadi passate) hanno riguardato circa 3000 sacerdoti diocesani e religiosi, dei quali il 60% accusato di atti efebofili omosessuali, 30% efebofili eterosessuali, 10% di casi pedofelici.[28] Dato che il numero dei sacerdoti (diaconi, presbiteri, vescovi) nel mondo è negli ultimi anni mediamente attorno alle 450.000 unità,[29] i circa 3000 sacerdoti accusati corrispondono circa allo 0,67% del totale (cifra comparabile allo 0,33% desumibile da Terry, 2006 e allo 0,2% stimato da Jenkins, 1996), dei quali propriamente pedofili solo un decimo, cioè 0,067%. Questa percentuale è poco più di un centesimo della cifra del 4% di preti pedofili solitamente divulgata dai media,[30] basata sulle presunte accuse statunitensi censite dallo John Jay Report, delle quali però non era stata sistematicamente appurata la fondatezza.
In definitiva, i dati empirici mostrano come, a grandi linee e come stime di ordini di grandezza, rispetto al totale i chierici cattolici (ma così anche nelle altre confessioni) accusati di abusi su minori rappresentano alcuni punti percentuali (x%), quelli effettivamente colpevoli alcuni decimi percentuali (0,x%), quelli effettivamente pedofili alcuni centesimi percentuali (0,0x%).
Considerazioni utili a ridimensionare e contestualizzare il fenomeno sono fornite dall'aggiornamento del John Jay College pubblicato nel 2011 (online). Questo ha evidenziato che le accuse ai presbiteri statunitensi sono prevalentemente distribuite negli anni '60-70, in occasione della liberalizzazione sessuale e "questo aumento del comportamento abusante è concomitante [negli USA] con la crescita di altri tipi di comportamenti devianti, come droga, crimine e cambiamenti nel comportamento sociale, come aumento del sesso prematrimoniale e divorzio" (p. 3). Inoltre "le caratteristiche della Chiesa Cattolica, come il sacerdozio maschile e la castità celibataria, sono invarianti durante aumento, picco e declino dei casi di abuso e dunque non sono le cause della crisi" (ib.).
In Francia il report della CIASE (online) pubblicato il 5 ottobre 2021 e commissionato dalla Conferenza Episcopale Francese, sulla base di autosegnalazione ha rilevato tra il 1950-2020 4.832 presunte vittime minori di 18 anni (p. 223). I presunti autori di violenze tra il clero, sulla base della segnalazione delle presunte vittime, sono stati rilevati nella cifra (insolitamente "tonda") di 1.500 aggressori (p. 227). Con proiezioni ed estrapolazioni il report ipotizza un numero tra 2.900-3.200 aggressori tra chierici diocesani e religiosi, cifra corrispondente al 2,5-2,8% dei presbiteri attivi nel periodo (p. 226). La cifra più volte riportata nel report di 216.000 vittime da parte del clero e complessive 330.000 vittime includendo anche i laici, ampiamente divulgata dai media anche se di due ordini di grandezza maggiore al fenomeno rilevato, deriva da ipotesi ed estrapolazioni a ritroso a partire della stima della cifra delle vittime complessive in Francia nel periodo, 5.500.000 (p. 223).
Caratteristiche
La pedofilia è un fenomeno prevalentemente maschile, dato che le donne coinvolte sono stimate all'incirca tra l'1-4% dei molestatori di minori.[31] Dal punto di vista psicodinamico esistono in sostanza due tipi di pedofili (Gabbard, 2005: 332):
- il pedofilo con blocco evolutivo, cioè non caratterizzato da un normale, sereno e compiuto sviluppo psico-affettivo, "è sessualmente attratto da individui più giovani fin dall'adolescenza [...], commette abusi nei confronti dei ragazzi [...], tende ad avere molte vittime che in genere non fanno parte della famiglia";
- il pedofilo regredito, che ha compiuto il normale sviluppo psico-affettivo ma che ha sviluppato in seguito il disturbo, "di solito non dimostra attrazione sessuale verso persone più giovani fino all'età adulta [...], molto spesso sfrutta sessualmente le ragazze [...], di solito all'interno dell'ambiente famigliare, come parte di una relazione incestuosa e tende ad avere poche vittime".
Secondo Gabbard (2005) molti pedofili sono caratterizzati, tra l'altro, anche da gravi disturbi di personalità, in particolare disturbo narcisistico e/o antisociale e da una bassa autostima. Tra i preti pedofili si riscontra uno comportamento difensivo, repressivo, diffidente, isolato e irritabile (Plante, Aldridge, 2005[32]). Un fattore che incide sulla frequenza dei comportamenti è lo stress psicosociale (DSM), particolarmente elevato nel clero come tra tutti gli altri operatori sociali. Spesso i pedofili sono stati essi stessi vittime di abusi infantili (Fagan et al., 2005).[33] Per i preti pedofili, secondo Plante (2004) il 66% di loro ha subito nell'infanzia abusi sessuali. Una caratteristica importante della pedofilia è l'elevato tasso di recidività della maggior parte dei soggetti (tra le accuse al clero statunitense 71%, Terry, 2004) che rende sconsigliabile, per i casi di fondata colpevolezza, semplici provvedimenti di trasferimenti di parrocchia. I casi di preti pedofili-efebofili trattati psicologicamente hanno però conseguito un tasso di recidività relativamente basso del 4,4% (Plante, 2004).
Il celibato non rappresenta un fattore predisponente alla pedofilia, dato che si riscontra anche tra persone sposate e anzi tra i pedofili quelli sposati rappresentano la maggioranza[34][35][36][37][38] (p. es. Abel, Harlow, 2001, hanno trovato il 77% di pedofili sposati a fronte di una popolazione maschile complessiva coniugata al 73%).
Pedofilia e omosessualità
Esaminando il legame tra pedofilia e orientamento omosessuale degli abusatori studi e stime giungono a risultati in parte divergenti.
Largamente citato è lo studio di Jenny, Roesler, Poyer (1994), che tra persone giudicate colpevoli ha rilevato lo 0,7% di omosessuali sul totale (2 su 269), stima normale se riferita alla prevalenza di omosessualità entro la popolazione in generale.
Altre stime e ricerche[39][40][41][42][43][44][45][46][47][48][49][50][51][52][53][54][55] indicano percentuali, per quanto dissimili tra esse, molto maggiori e superiori al tasso di omosessualità nella popolazione. Le divergenze di risultati vanno ricondotte a diversi criteri metodologici e di inclusione del campione: orientamento omosessuale stabile dell'abusatore (grado 6 della scala Kinsey) vs. Abuso di tipo omosessuale (che può essere incluso nei gradi 2-6); persone accusate vs. Giudicate effettivamente colpevoli; età dell'abusato (prepubere, minore di 14 anni o 16 o 17 o 18); tipologia di molestatori (imprigionati, malati clinici, popolazione normale); tipologia di molestati (popolazione normale, clinica, omo o eterosessuale).
Ad ogni modo, la constatazione che molti studi indicano un tasso di abusi pedofelici omosessuali molto superiore alla stima della popolazione omosessuale non deve portare alla generalizzata idea che tutti gli omosessuali siano pedofili, come p. es. Il rilevare un maggiore abuso di alcol e droghe nell'adolescenza rispetto ad altre età non deve portare a considerare tutti gli adolescenti come alcolizzati e drogati.
Nonostante queste evidenze empiriche, sottolineate da ricercatori di stampo conservatore,[56] contestate come omofobe da attivisti pro-gay e da parte della cosiddetta "letteratura grigia" (riviste, blog, siti personali), ma non falsificate da studi epidemiologici parimenti accademici, il legame tra omosessualità e pedofilia non sembra sia adeguatamente indagato dai trattati di psicologia e psichiatria e anche i principali report nazionali sugli abusi sui minori non evidenziano il fenomeno, omettendo l'indicazione del genere del molestatore sessuale e della vittima. Nell'aprile 2010 il card. Bertone ha affermato: "Numerosi psichiatri e psicologi hanno dimostrato che non esiste relazione tra celibato e pedofilia, ma molti altri - e mi è stato confermato anche recentemente - hanno dimostrato che esiste un legame tra omosessualità e pedofilia. Questa è la verità e là sta il problema". L'affermazione è stata ritenuta infondata e/o attaccata come omofoba da giornalisti, politici, attivisti gay e psicologi, alcuni dei quali cattolici. Padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, ha in seguito precisato che Bertone si riferiva "alla problematica degli abusi all'interno della Chiesa e non nella popolazione mondiale". Una correlazione tra omosessualità e pedofilia è riscontrabile infatti nelle accuse riportate nel Rapporto John Jay (80,9% delle vittime sono maschi) e nei dati citati da mons. Scicluna (60% di abusi sono su ragazzi).
Conseguenze
Negli ultimi decenni diversi studi accademici, psicologici e psichiatrici, hanno indagato le conseguenze a medio e lungo termine dell'aver subito abusi sessuali nell'infanzia. Nessuno di questi studi distingue ipotetici abusi "consenzienti" dalle vere e proprie violenze sessuali: si tratta di una distinzione fittizia, talvolta frutto di un processo di razionalizzazione dei rei, dato che un bambino, sia dal punto di vista psicologico che giuridico, non può compiere atti sessuali con un pieno e deliberato consenso, ma può al massimo essere succube dell'ascendente dell'abusante (genitore, parente o educatore).
Aver subito abusi infantili di vario tipo rappresenta un fattore eziologico per una elevata serie di disturbi psicologici nella vita adulta, come depressione,[57][58] ansia e panico,[59][60] disturbo dissociativo della personalità,[61][62][63][64] abusi di sostanze[65][66][67], propensione al suicidio.[68][69][70][71]
Gli individui abusati, una volta adulti, sono maggiormente predisposti a diventare pedofili[72][73][74] e omosessuali.[75][76][77][78][79]
Cenni storici
Nell'antica Grecia la pederastia, cioè l'amore omosessuale tra un maschio adulto e un ragazzo, in particolare all'interno di un rapporto educativo, era un costume diffuso, accettato ed elogiato. Nel celebre Simposio di Platone (circa 385-380 a.C.) viene elogiato l'amore, Eros, precisando che ci sono due tipi di amore, cioè Eros Pandemio, cioè volgare, che ama le donne e i corpi più che le anime, ed Eros Uranio, cioè celeste, che si rivolge al maschio, "amando ciò che per natura è più forte e più intelligente" (181 C), rivolto ai ragazzi "quando costoro cominciano ad avere intelligenza e questo si accompagna al momento in cui mettono la barba" (181 D), ma "bisognerebbe che ci fosse una legge che impedisse di amare i bambini (παίδων), affinché non si spendesse molto impegno per una cosa incerta" (181 D-E). Lo stesso dialogo cita l'amore pederasta tra Socrate e il discepolo Alcibiade.
Nell'antica Roma questa usanza era inizialmente limitata solo all'interno di un rapporto di schiavitù, ma in seguito si diffuse al di fuori di questa cornice soprattutto in epoca imperiale, a imitazione dei costumi greci. Imperatori con amori pederasti sono stati in particolare Adriano, Commodo ed Eliogabalo.
La tradizione cristiana, che confina l'attività sessuale all'interno del matrimonio, caratterizzato da fedeltà e fecondità, rigetta sia la pedofilia che la pederastia, come anche l'omosessualità. Nel Nuovo Testamento non sono presenti chiari riferimenti a pedofilia o pederastia. Il detto gesuano citato dai sinottici (Mt 18,6-7 ; Mc 9,42 ; Lc 17,1-2 ), che parla di scandali verso i "piccoli" (μικρῶν), può essere inteso in tal senso, anche se il greco "scandalo", letteralmente "inciampo", indica una qualunque oppressione, insidia o tentazione (p. es. Pietro che è "scandalo" per Gesù Mt 16,23 ). Alcuni accenni che condannano il fenomeno sono presenti nella letteratura subapostolica, nello specifico nella Lettera di Barnaba (fine I-inizio II secolo)[80] e nella Didaché (fine I-inizio II secolo).[81] Anche il Concilio di Elvira (attorno al 295-304) condannò la pedofilia.[82] Sulla base della morale giudeo-cristiana dunque, che su questo punto era in accordo con la morale di continenza della filosofia stoica, in occidente pedofilia e pederastia divennero costumi riprovati e condannati, a partire dal tardo impero e per tutta la successiva cultura e tradizione cristiana.
Quanto all'Islam, viene sovente citato il fatto che la terza moglie, Aisha, aveva 6 anni al momento del matrimonio, che venne consumato quando ne aveva 9[83] (un detto[84] riferisce di una stipula del contratto a 7 anni). I musulmani contemporanei osservano che la pubertà delle bambine arabe è precoce.
Attorno alla metà del XX secolo e soprattutto a partire dagli anni '60 e '70, diversi pensatori e movimenti proposero la liberalizzazione della pedofilia, chiedendo l'abbassamento o l'eliminazione dell'età del consenso e proponendola come uno specifico orientamento sessuale, non un disturbo psicologico. Di seguito sono indicati i principali pensatori, movimenti e pubblicazioni.
Il più noto esponente e teorico della liberalizzazione è il sessuologo olandese Frits Bernard (1920-2006), attivista LGBT,[85] che in particolare pubblica nel 1972 Sex met kinderen ("Sesso coi bambini"). Nel 1974 viene fondato in Scozia il gruppo liberazionista Paedophile Information Exchange (PIE). In Francia, il 26 gennaio 1977 viene pubblicata una lettera dal quotidiano Le Monde, nella quale viene criticato il "carattere desueto della legge" francese che pone l'età del consenso a 15 anni. La lettera è firmata da 69 intellettuali, tra i quali Michel Foucault, Jacques Derrida, Louis Althusser, Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir e il più volte futuro ministro della salute francese (1992-93; 1997-99; 2001-02) Bernard Kouchner.[86] Sempre nel 1977 in France si costituisce il Front de Libération des Pédophiles. Nel 1978 negli USA si costituisce il North American Man/Boy Love Association (NAMBLA). Nel 1979 in Francia viene fondato il Groupe de recherche pour une enfance différente, nel 1982 in Belgio il Centre de recherche et d'information sur l'enfance et la sexualité, nel 1985 l' Associazione Danese Pedofili. Nel 1987 inizia la pubblicazione della rivista Paidika: The Journal of Paedophilia, attiva fino al 1995. Ai primi anni "90 sorge l" International Pedophile and Child Emancipation (IPCE), che raccoglie gruppi liberazionisti a livello internazionale. Nel 2006 in Olanda viene fondato partito Partij voor Naastenliefde, Vrijheid en Diversiteit (NVD, "Amore del prossimo, libertà e diversità").
In Italia non si riscontrano movimenti o riviste a favore della liberalizzazione della pedofilia, anche se qualche pronunciamento in tal senso è venuto da singoli politici e pensatori.[87]
I sistematici studi psicologici e psichiatrici degli ultimi decenni hanno mostrato quanto sarebbero state nocive le conseguenze della liberalizzazione richiesta da tali pensatori e movimenti, che comunque non ha trovato consenso pubblico né accoglienza a livello legislativo, anche se si assiste recentemente a una sorta di depenalizzazione morale delle relazioni affettive con adolescenti.[88]
Normative e pronunciamenti ecclesiastici
Il disturbo di pedofilia si manifesta e ha conseguenze sul piano sociale e legale in alcuni ambiti: gli abusi su minori in contesto famigliare; in un contesto educativo; in un contesto di prostituzione minorile, soprattutto nei paesi in via di sviluppo all'interno del "turismo sessuale", correlato alla produzione di materiale pedopornografico.
Gli scandali mediatici dei primi anni 2000 hanno focalizzato l'attenzione dei media sugli abusi di una minoranza di chierici cattolici e sui conseguenti pronunciamenti del magistero. Non sembra però essere adeguatamente evidenziato il fatto che la Chiesa ha difeso la dignità umana dei bambini nel lavoro di molti educatori cattolici, soprattutto nel terzo mondo, che trova eco in diversi pronunciamenti ecclesiali. Alcuni cattolici hanno infine fatto della lotta alla pedopornografia una missione di vita, come in particolare l'associazione Meter di don Fortunato di Noto.
Circa la prostituzione minorile
Nella Costituzione pastorale del Concilio Vaticano II Gaudium et Spes (1965) si legge "la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro, con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno e non come persone libere e responsabili: tutte queste cose e altre simili, sono certamente vergognose" (27).
In una udienza del 21 marzo 1997 ai rappresentanti dell'associazione End Child Prostitution in Asian Tourism, Giovanni Paolo II ha definito la prostituzione infantile un "flagello mondiale", affermando che "di fronte al grido di dolore di milioni di innocenti, calpestati nella loro dignità e rapinati del loro futuro, nessuno può rimanere indifferente e non assumersi le sue responsabilità".[89]
Nell'esortazione apostolica di Giovanni Paolo II Ecclesia in Asia (1999) si legge: "La realtà del turismo richiede una speciale attenzione. Pur trattandosi di un'industria legittima con propri valori culturali ed educativi, il turismo ha in alcuni casi un'influenza devastante sulla fisionomia morale e fisica di numerosi Paesi asiatici, che si manifesta sotto forma di degradazione di giovani donne e bambini mediante la prostituzione" (7).
In una lettera del 15 maggio 2002 Giovanni Paolo II, dopo aver citato GS 27, afferma che "lo sfruttamento sessuale di donne e di giovani è un aspetto particolarmente ripugnante di questo commercio e va riconosciuto come violazione intrinseca della dignità e dei diritti umani. L'irritante tendenza a considerare la prostituzione come un affare o un'industria non solo contribuisce al commercio di esseri umani, ma è di per sé la prova di una crescente tendenza a separare la libertà dalla legge morale e a ridurre il ricco mistero della sessualità umana a un mero prodotto di consumo".[90]
In un intervento alla Conferenza europea per la protezione dei bambini dallo sfruttamento sessuale (Roma, 3-4 aprile 2003) Piero Monni definì il turismo sessuale, rivolto in particolare ai minori, una "piovra destabilizzante e rivoltante", elogiando "la presenza delle istituzioni religiose e delle loro strutture, pronte, nell'ambito delle loro possibilità, ad assistere questi infelici, spesso ridotti a vere larve umane" e parlando degli abusi compiuti da chierici affermò che "occorre comunque riaffermare la volontà di difendere il buon nome della grande maggioranza dei vescovi, sacerdoti e dei diaconi che sono e che sono sempre stati, esemplari nella loro fedeltà alle esigenze della loro vocazione ma che sono stati ingiustamente offesi o calunniati per associazione".[91]
Nel documento finale del VI Congresso Mondiale sulla Pastorale del Turismo (Bangkok, 5-8 luglio 2004) si legge che "i partecipanti al Congresso, ispirati dall'amore speciale di Cristo per i poveri, considerano la pastorale delle persone sfruttate dal turismo sessuale come una importante priorità per la Chiesa. Tra queste persone, le più vulnerabili e bisognose di particolare aiuto sono certamente donne, minori e bambini; questi ultimi, tuttavia, hanno bisogno di una protezione e di un'attenzione speciale".[92]
Circa gli abusi di chierici
Il Codice di Diritto Canonico del 1917, considerando i reati sessuali compiuti da chierici, considera come aggravante il fatto che la vittima sia un minore di 16 anni. La pena prescritta è: "sia sospeso, sia dichiarato infame, sia privato di qualunque ufficio, benefico, dignità, stipendio che abbia e nei casi più gravi, sia deposto" (c. 2359 §2).
Il documento Crimen sollicitationis del 16 marzo 1962, firmato dall'allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede card. Alfredo Ottaviani, è quello più citato (nonché frainteso) dai media circa le direttive ecclesiastiche relative alle accuse di pedofilia verso chierici. In esso sono contenute direttive circa i casi di sollicitatio ad turpia ("sollecitazione a cose turpi"), che si verificano allorquando un sacerdote (presbitero o vescovo) induce un/una fedele a compiere atti sessuali, in particolare avanzando proposte all'interno del Sacramento della Penitenza. Le pene previste per i chierici colpevoli del crimine di sollicitatio sono quelle previste dal CDC del 1917: "siano sospesi dalla celebrazione della Messa e dall'ascolto delle confessioni (sospensione a divinis) e anche, per la gravità del delitto, siano dichiarati inabili a riceverle, siano privati di tutti i benefici, dignità, voci attive e passive e siano dichiarati inabili circa tutte queste cose e nei casi più gravi siano anche degradati (dimissione dallo stato clericale)" (n. 61, che riprende il CDC del 1917 c. 2368 §1). Solo nella parte finale del documento sono trattati gli abusi pedofelici, allorquando viene accennato il crimen pessimum ("crimine pessimo") relativo ad atti sessuali di un chierico verso una persona dello stesso sesso, in un qualunque ambito (n. 71), con la parentesi quod Deus avertat, "che Dio ce ne scampi" e a questo crimine sono equiparati gli atti sessuali con minori impuberi e con bestie (n. 73). L'indicazione del documento è che anche per tali crimini siano seguite le direttive illustrate, con processo canonico e le pene che possono arrivare, per i casi più gravi, alla sospensione a divinis e alla dimissione dallo stato clericale. La parte più contestata del documento è la direttiva relativa al segreto istruttorio, che è stata indicata come una politica di occultamento verso tali crimini da parte della Chiesa. In realtà il documento impone il silenzio, sotto minaccia di scomunica latae sententiae, a coloro che in qualche modo entrano a far parte della commissione del tribunale (ad tribunal quomodocumque pertinentes, n. 11) e non ad accusatori e testimoni. Questi, come i giudici, sono tenuti a un giuramento di segretezza circa le cose apprese nel corso del processo (le domande poste, le risposte date, i fatti emersi), ma non è imposto a loro il silenzio circa le vicende personali subite (nulli tamen hi subiiciuntur censurae, "in nessun modo siano sottoposti a censura", n. 13).[93] A loro è dunque lasciata la possibilità di rivolgersi anche a tribunali civili, oltre a quello ecclesiastico.
Come sopra indicato, il Codice di Diritto Canonico del 1983 (come il Codice del 1917) considera come aggravante l'età minore di 16 anni della vittima e prescrive che il chierico "sia punito con giuste pene, non esclusa la dimissione dallo stato clericale, se il caso lo comporti" (c. 1395 §2).
La lettera De delictis gravioribus (18 maggio 2001),[94] a firma dall'allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede card. Joseph Ratzinger, ribadisce (come la Crimen sollicitationis) che spetta alla Congregazione la valutazione dei "delitti più gravi (graviora delicta) sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti" compiuti da sacerdoti, incluso "il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore al di sotto dei 18 anni di età".
Giovanni Paolo II, in un discorso ai Cardinali Americani del 23 aprile 2002[95] (anno in cui il numero di denunce negli USA fu eccezionalmente numeroso) si disse "profondamente addolorato" per il fatto che sacerdoti "hanno causato ai giovani tanta sofferenza e scandalo", sottolineando come l'abuso di pedofilia "è sbagliato secondo ogni criterio ed è giustamente considerato un crimine dalla società; è anche un peccato orrendo agli occhi di Dio". Il Papa riconobbe che talvolta i Vescovi hanno preso "decisioni che gli eventi successivi hanno mostrato essere sbagliate" e sottolineò il pericolo che l'intera Chiesa venga guardata con diffidenza e notando come "non dobbiamo nemmeno dimenticare l'immenso bene spirituale, umano e sociale, che la maggioranza dei sacerdoti e religiosi negli Stati Uniti hanno compiuto e stanno tuttora compiendo".
Il documento Charter for the Protection of Children and Young People (Carta per la protezione dei bambini e dei giovani, 14 giugno 2002),[96] a cura della Conferenza Episcopale Statunitense, contiene diverse norme relative alla gestione delle accuse di pedofilia rivolte a membri del clero. In particolare, viene imposta la denuncia da parte delle autorità ecclesiastiche anche alle autorità civili (n. 4) e il chierico fondatamente accusato deve essere rimosso dal ministero pubblico (n. 5; 14).
Benedetto XVI, nella Lettera Pastorale ai Cattolici d'Irlanda (19 marzo 2010) circa i casi di abusi compiuti da chierici in quel paese, afferma tra l'altro: "Non posso che condividere lo sgomento e il senso di tradimento che molti di voi hanno sperimentato al venire a conoscenza di questi atti peccaminosi e criminali e del modo in cui le autorità della Chiesa in Irlanda li hanno affrontati", invitando a meditare anche sul bene fatto da molti uomini di Chiesa per quella nazione.
In Italia, la Ratio del 2006 per la formazione dei candidati presbiteri afferma che "Per nessuna ragione, evidentemente, può essere presa in considerazione la domanda di coloro che manifestassero tendenze pedofile" (2006 53 nota 118).
In definitiva, in un'epoca in cui sono presenti movimenti e partiti per la liberalizzazione della pedofilia, nonché pensatori che parlano di "diritto dei bambini ad avere una loro sessualità" e giudicano l'età del consenso come una "legge antiquata", il magistero cattolico ha sempre e con fermezza condannato questo reato, peccato e disordine psicologico, anche se, circa gli abusi compiuti da alcuni chierici, "può essere che in passato, forse anche per un malinteso senso di difesa del buon nome dell'istituzione, alcuni Vescovi, nella prassi, siano stati troppo indulgenti verso questi tristissimi fenomeni" (mons. Scicluna, 2010).
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