Padri Apostolici
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L'espressione Padri Apostolici indica comunemente quegli autori cristiani risalenti alla cosiddetta epoca sub-apostolica, cioè tra la fine del I secolo e la prima metà del II[1], cioè immediatamente seguente a quella apostolica (I secolo); per estensione l'espressione indica anche i loro scritti. Si usano anche le espressioni letteratura subapostolica, scritti dei padri apostolici e scritti apostolici.
I loro scritti sono redatti in greco.
La dicitura Padri Apostolici non si riferisce al fatto che essi rientrano nel novero degli Apostoli, quanto al fatto che essi aderiscono strettamente alla predicazione degli Apostoli.
Storia dell'espressione
L'espressione Padri Apostolici compare per la prima volta nel teologo francese Jean Baptiste Cotelier (1626-1686) nell'opera Patres aevi apostolici[2] riferita precisamente a Barnaba, San Clemente Romano, Sant'Ignazio d'Antiochia, San Policarpo di Smirne e l'autore del Pastore d'Erma.
Nel secolo seguente Andrea Gallandi[3] vi aggiunse San Papia di Gerapoli e l'autore della Lettera a Diogneto. Nel XIX secolo, poi, Filoteo Bryennios[4] vi aggiunse l'autore la Didaché che aveva appena scoperto.
Gli scritti e i loro autori
Gli scritti dei Padri Apostolici sono i seguenti:
- Didaché (90-100)
- Prima lettera di Clemente († 101)
- Lettere di Sant'Ignazio d'Antiochia († 107)
- Lettere e Martirio di San Policarpo di Smirne († 156)
- Frammmenti di Papia di Gerapoli (130 ca.)
- Lettera di Barnaba
- Omelia dello pseudo-Clemente[5]
- Pastore d'Erma (140-155)
- Lettera a Diogneto (II secolo)
Elementi comuni
Gli scritti dei Padri Apostolici usano un linguaggio è semplice e comprensibile: scrivono per i cristiani, seguendo la Parola di Dio, che i loro ascoltatori conoscono e ai quali si rivolgono come a fratelli di fede. Tengono in grande importanza la Bibbia, che è per loro - anche l'Antico Testamento - il libro del Cristo.
Non presentano una esposizione metodica, organica e completa della dottrina cristiana: non effettuano grandi costruzioni filosofiche o grandi ragionamenti; le loro riflessioni attingono all'esperienza di ogni giorno.
Alcuni di questi scritti furono scritti quando ancora non era completo il Nuovo Testamento: la Didaché fu scritta prima dell'Apocalisse e prima che fosse terminato il Quarto Vangelo; anche la Prima Lettera di Clemente e forse anche l'Epistola di Barnaba furono composte quando Giovanni scriveva l'Apocalisse e il suo Vangelo.
Tutti questi scritti conoscono, subendone l'influenza, gli scritti di San Paolo e la tradizione orale evangelica. Papia di Gerapoli - lo sappiamo da un suo frammento - mette in rilievo la grande importanza della tradizione orale dei Vangeli.
Vi si avverte una forte nostalgia della presenza fisica del Signore Risorto.
Importanza
Gli scritti di questi autori non fanno parte del canone biblico. Tuttavia, a differenza di molti testi apocrifi, nei primi secoli godettero di una notevole fortuna, al punto che alcuni di essi sono contenuti anche in antichi manoscritti della Bibbia (p.es. Codex Sinaiticus e Codex Vaticanus).
Per gli autori cristiani antichi i Padri Apostolici costituiscono il primo patrimonio della tradizione. Per San Basilio Magno essi hanno chiarito una volta per tutte principi che sono nozioni comuni.[6]
Anche in epoca contemporanea i Padri Apostolici rivestono un notevole valore, sia per l'elevato livello delle parenesi (esortazioni) in essi contenute, sia per lo studio della vita e della storia della Chiesa delle origini.
Note | |
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Bibliografia | |
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