Predestinazione (Bibbia)

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1leftarrow.png Voce principale: Predestinazione.
Valentin de Boulogne o Nicolas Tournier (attr.), San Paolo scrive le sue lettere (1620 ca.), olio su tela; Houston, Museum of Fine Arts: l'Apostolo delle genti è colui che ha riflettuto di più sul Mistero della Predestinazione

Il concetto di predestinazione ha le sue radici nella Bibbia, ma il termine non compare in essa. Vi troviamo invece il verbo corrispondente, predestinare (in greco prohorìzo), e solo nel Nuovo Testamento; esso è attestato:

Troviamo invece nella Bibbia i termini "proposito", "piano", "disegno" (boulè, próthesis; Rm 8,29;9,11 ; Ef 1,11;3,11 ; 2Tim 1,9 ), "prescienza" (prògnosis), "elezione eterna" (eklogè; Ef 1,4 ): tutti essi esprimono l'aspetto dell'azione divina, non quella umana.

Si può affermare che nella Bibbia non esiste una dottrina meditata della predestinazione. Tuttavia San Paolo ha riservato a questa attività divina una parte importante nella propria comprensione del disegno di Dio.

I dati biblici

La preparazione del concetto di predestinazione

Vi sono, nell'Antico Testamento e del Nuovo, varie affermazioni che riguardano la prescienza e la provvidenza di Dio. Esse costituiscono una preparazione del concetto di predestinazione.

La prescienza di Dio

Nell'Antico Testamento si trova già enunciato il fondamento della predestinazione, e cioè l'attività di Dio, che "pre-vede" tutto e coopera a tutto.

Tutto proviene dal Signore (Sir 11,4 ), anche la sventura (Am 3,6 ; Is 45,7 ). Dio ha da sempre un piano (Is 37,26 ), che realizza nel corso della storia (Is 14,24 ).

Nulla avviene che non sia controllato da Dio (Pr 16,33 ), perché "YHWH fece ogni cosa in vista di un fine" (Pr 16,4 ).

Anche il Nuovo Testamento afferma che il piano di Dio si realizza in tempi stabiliti (At 17,26.31 ); qui viene utilizzato il verbo semplice horìzo, che si ritrova a proposito dell'atto mediante il quale Dio ha costituito Gesù Figlio di Dio (Rm 1,4 ) e giudice sovrano (At 10,42 ).

Non succede nulla che non sia previsto o voluto da lui (At 4,28 ; cfr. Mt 25,41 ). Dio ha disposto, preparato tutto in favore dei suoi eletti (Mt 20,23;25,34 ).

Il Libro della Vita

C'è nell'Antico Testamento una credenza che prepara da vicino l'insegnamento sulla predestinazione: è quella dell'iscrizione nel Libro della Vita. Esso non è il libro dei conti in cui sono registrate le opere buone in vista del giudizio finale (Dn 7,10 ; Ap 20,12 ), ma il libro preesistente di cui parla il salmista: "Le mie azioni, i tuoi occhi le vedevano, erano iscritte tutte nel tuo libro; i miei giorni, scritti e definiti prima che uno solo di essi sorgesse" (Sal 139,16 ); lo si potrebbe chiamare "libro dei predestinati": "E gli abitanti della terra, il cui nome non fu scritto nel libro della vita fin dall'origine del mondo, si meraviglieranno allo spettacolo della Bestia" (Ap 17,8 ; cfr. Ap 13,8 ; Dn 12,1 ).

Gesù condivide questa convinzione: "Rallegratevi del fatto che i vostri nomi si trovino scritti nei cieli" (Lc 10,20 ).

Per arrivare alla dottrina di Paolo sulla predestinazione manca una cosa sola: la salvezza realizzata da Gesù. Facendo accedere alla fine della storia della salvezza, Gesù consente di risalire alla sua origine e di tracciare con precisione il pensiero di Dio che, nel suo amore, predestina i suoi eletti ad essere conformi all'immagine di suo Figlio.

La dottrina di Paolo

È in San Paolo che riscontriamo l'uso del verbo predestinare.

Predestinati per amore ad essere in Cristo figli adottivi di Dio

A conclusione del suo esposto profetico sul disegno di Dio (Rm 1-8 ), Paolo vuole rendere certa la speranza dei credenti rivelando loro "la sapienza di Dio, misteriosa, rimasta nascosta, quella che, fin da prima dei secoli, Dio ha predestinato per la nostra gloria" (1Cor 2,7 ):

« Dio fa concorrere tutto al bene di coloro che lo amano, di coloro che sono chiamati in base al suo disegno. Quelli Che ha "preconosciuti", egli li ha "predestinati" ad essere conformi all'immagine di suo Figlio, affinché egli fosse il primogenito di una moltitudine di fratelli»

Nel disegno globale di Dio, Paolo distingue quindi due aspetti:

  • Dio pre-conosce;
  • Dio pre-destina.

I due aspetti non devono venir confusi.

La pre-conoscenza di Dio

Secondo la mentalità biblica, la conoscenza consiste non già in un atto speculativo, ma nel rapporto tra due esseri.

Tra Dio e certi uomini esiste nel pensiero divino un rapporto d'amore, fin da prima della creazione: essi sono "conosciuti da lui" (1Cor 8,3 ; Gal 4,9 ; cfr. Mt 7,23 ).

Tra questa prescienza e l'elezione si può stabilire una equivalenza: coloro che "Dio ha scelto fin da principio" (2Ts 2,13 ) sono "gli eletti secondo la prescienza di Dio Padre" (1Pt 1,1 ). All'origine della predestinazione, c'è quindi questa prescienza, questa elezione.

La pre-destinazione di Dio

Ora, e questo è il secondo aspetto del disegno di Dio, l'elezione viene fatta in vista di uno scopo, di una precisa destinazione. Compiuta a sua volta fin da principio, può anche essere chiamata "predestinazione". Ma è possibile intuirla soltanto in forza dell'avvenimento che segna il termine di essa, cioè il sacrificio redentore di Cristo, che è valso la riconciliazione con Dio e l'adozione filiale: "Dio ci ha predestinati, secondo il beneplacito della sua volontà, ad essere suoi figli adottivi, in virtù di Gesù Cristo" (Ef 1,5 ).

È in questo contesto in cui si inquadra la teologia paolina: un contesto di benevolenza (Ef 1,9 ), di grazia (Rm 11,5 ; Ef 1,6-7;2,5-7 ), di misericordia (Rm 11,30-32 ; Tt 3,5 ), e, infine, di amore (1Ts 1,4 ; 2Ts 2,13 ; Rm 11,28 ; Ef 1,4 ).

Essere predestinato significa quindi essere amato da Dio[1]. Anzi, l'uomo ha la gioia di conoscere non soltanto l'origine, ma anche la conclusione del disegno di Dio. La storia della salvezza acquista il proprio significato: gli eletti "sono stati in anticipo preparati per la gloria" (Rm 9,23 ).

Paolo descrive le due tappe temporali del disegno di Dio: "Quelli che ha predestinati, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; e quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati" (Rm 8,30 ). All'atto di predestinazione fanno seguito, nel tempo presente, la vocazione concreta e la giustificazione, e, nel tempo futuro, la glorificazione. Paolo esprime la propria assoluta certezza di ciò usando i verbi al passato.

Paolo vede tutto ciò come opera unicamente di Dio: "In Cristo, noi, predestinati secondo il disegno di colui che opera ogni cosa conforme al consiglio della sua volontà, siamo stati scelti come sua parte" (Ef 1,11 ).

L'orizzonte della predestinazione: la libertà

Ora, in questo disegno, a che cosa si riduce la libertà dell'uomo? Essa sembra esclusa, dal momento che Paolo dichiara: "Mi potrai però dire: 'Ma allora perché ancora [Dio] rimprovera? Chi infatti può resistere al suo volere?" (Rm 9,19 ). In realtà Paolo non sta parlando degli individui, ma di tutto il popolo d'Israele che rifiutava Cristo. In tale visuale di popolo, Paolo risolve il problema facendo appello alla sapienza misteriosa e insondabile di Dio, di fronte alla quale il credente deve estasiarsi e tacere.

Paolo distingue nettamente due frazioni nell'umanità: gli eletti e gli altri; tuttavia li colloca comunque entrambi nel piano di Dio:

  • gli eletti sono "gente [..] da lui predisposta alla gloria" (Rm 9,23 );
  • gli altri sono stati da lui trovati come "gente pronta per la perdizione" (Rm 9,22 ).

Nel pensiero di Paolo è chiaro che Dio non predestina alla perdizione.

Paolo si colloca quindi in una prospettiva che noi riusciamo con difficoltà a fare nostra: noi pensiamo agli individui, lui considera Israele; per lui, le figure della storia sacra, Esaù o il Faraone (Rm 9,13.17 ), sono dei prototipi, dei quali non interessa al momento la salvezza personale. Il problema del rapporto tra le due attività, divina e umana, qui non viene quindi risolto. Trova tuttavia un abbozzo di soluzione nella serenità con cui Paolo afferma sia l'una che l'altra senza vedervi contraddizione.

Quando poi Paolo associa l'indicativo di situazione (col quale afferma uno stato di fatto) all'imperativo di comportamento (col quale enuncia il dovere di agire), si pone un problema di linguaggio per noi, ma non per Paolo, il quale può affermare: "Lavorate con timore e trepidazione alla vostra salvezza; è Dio, infatti, che suscita in voi e il volere e l'operare, per l'esecuzione del suo beneplacito" (Fil 2,12 ). "Noi siamo la sua opera, creati in Cristo Gesù in vista delle buone opere che Dio ha preparato in anticipo per noi affinché le praticassimo" (Ef 2,10 ).

Nella prospettiva di questi testi, sulla terra tutto avviene come se la libertà umana consistesse nel realizzare nel tempo quel che è previsto da Dio da tutta l'eternità. Questo è lo schema apocalittico di rivelazione, uno schema che può non essere confuso con il fatalismo solo se inquadrato nella priorità dell'amore con cui Dio predestina.

Nei Vangeli

Nei Sinottici non troviamo la dottrina della predestinazione come è stata espressa da Paolo. Però Gesù evoca il libro dei predestinati (Lc 10,20 ), e utilizza il linguaggio della conoscenza per esprimere l'elezione (Mt 7,23;25,12 ).

In Giovanni, in maniera più esplicita, è il Padre che dona al Figlio i credenti (Gv 10,29;17,2.6.9.24 ): "Nessuno può venire a me se il Padre che mi ha inviato non l'attira" (Gv 6,44 ). Qui il tema della predestinazione è applicato agli individui, e non soltanto al popolo. Il contesto è l'amore universale che è all'origine del comportamento di Dio (Gv 3,17;12,47 ).

Linguaggio e interpretazione

Il linguaggio della Bibbia è coerente e confortante, ma il lettore contemporaneo inciampa nell'imprecisione dell'ebraico biblico, che non riesce a fare una chiara distinzione tra finalità e conseguenza: dicendo "Dio vuole", l'ebraico può intendere non una volontà, ma una concessione ("Dio lascia fare"). Questa situazione grammaticale lascia aperta la porta a interpretazioni arbitrarie, per cui bisogna eliminare due difficoltà notevoli:

La prima difficoltà, estrinseca, proviene dal fatto che noi non riusciamo a pensare il problema della predestinazione in termini di popolo e non di individui; senza questa accortezza le espressioni dure di Paolo nella Lettera ai Romani possono determinare, e di fatto hanno determinato nel corso della storia della Chiesa, tanti errori, e a volte hanno provocato la disperazione, inducendo a credersi, secondo l'infelice frase di Sant'Agostino, "predestinati alla perdizione eterna".

Una seconda difficoltà si situa più in profondità: noi dimentichiamo spesso che il linguaggio della Bibbia si avvale, per esprimere un'esperienza religiosa, di categorie spazio-temporali, e presta quindi a Dio comportamenti umani. Erigere questo linguaggio a dottrina metafisica significa eternare ciò che per essenza è temporale. In termini più espliciti, la frase "Dio predestina gli eletti a essere suoi figli adottivi" usa un linguaggio antropomorfico, ma la pre-dilezione divina, vista attraverso il prisma della nostra temporalità, non può mancare di apparire come una pre-destinazione implicante anche il rifiuto e il disconoscimento dei non eletti: ma questo non è che un modo di parlare, una trasposizione nello spazio e nel tempo di una realtà che non vi è sottomessa.

In queste condizioni, il prefisso "pre-", spesso utilizzato per costruire i termini di questa problematica ("pre-destinazione", "pre-scienza", "pre-vedere", "pre-conoscere", "pre-dilezione", ecc.) esprime il fatto che l'iniziativa non è dell'uomo ma di Dio, ma non può esprimere tutti gli aspetti della storia della Salvezza.

Note
  1. La prospettiva paolina è perciò ben distante da certe visioni spaventose di questo mistero.
Voci correlate
Bibliografia