Redemptor Hominis
Redemptor Hominis Lettera enciclica di Giovanni Paolo II I di XIV di questo papa | |
Data |
4 marzo 1979 (I di pontificato) |
---|---|
Traduzione del titolo | Il Redentore dell'uomo |
Argomenti trattati | Gesù |
Enciclica precedente | Humanae Vitae |
Enciclica successiva | Dives in Misericordia |
(IT) Testo integrale sul sito della Santa Sede. | |
Tutti i documenti di Giovanni Paolo II Tutte le encicliche |
|
Redemptor Hominis (tradotto dal latino, "Il Redentore dell'Uomo") è la prima enciclica, di carattere programmatico, di papa Giovanni Paolo II.
Struttura
L'Enciclica si suddivide in quattro capitoli:
- Eredità
- Il Mistero della Redenzione
- L'Uomo redento e la sua situazione nel mondo contemporaneo
- La missione della Chiesa e la sorte dell'uomo
Messaggio
Il testo si pone nel solco del Magistero del Concilio Vaticano II e degli ultimi pontefici: Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo I. Sottolinea l'importanza del principio di collegialità nel governo della Chiesa (n. 5) e esprime apprezzamento per le iniziative ecumeniche tese al ristabilimento dell'unità dei Cristiani (n. 6).
L'Enciclica guarda a "Cristo, Redentore dell'uomo; Cristo, Redentore del mondo" (n. 7), perché solo in Lui, Figlio di Dio, c'è salvezza, e in Lui è il fondamento della realtà ecclesiale e "stabile principio e centro permanente della missione" della Chiesa (n. 11).
Ogni uomo senza eccezione alcuna è stato redento da Cristo, anche quando non è consapevole di ciò. Per questo l'uomo "è la prima e fondamentale via della Chiesa". La Chiesa desidera servire quest'unico fine: che ogni uomo possa ritrovare Cristo, perché solo in Lui, Figlio di Dio, c'è salvezza (n. 13-14).
Infatti "l'uomo non può vivere senza amore, egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l'amore, se non s' incontra con l'amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio" (n. 10). E "Dio è amore", Amore più grande del peccato, della debolezza, più forte della morte; Amore sempre pronto a sollevare e a perdonare. Questa rivelazione dell'amore, che viene definita misericordia, ha nella storia una forma e un nome: si chiama Gesù Cristo, "che per mezzo della Croce ha ridato definitivamente all'uomo la dignità ed il senso della sua esistenza" (n. 10).
La Chiesa, malgrado tutte le limitazioni, annuncia questa verità non proveniente dagli uomini, ma da Dio. La Chiesa, Corpo di Cristo, che "in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico", non può rimanere insensibile a tutto ciò che serve al vero bene dell'uomo, né restare indifferente a ciò che lo minaccia, in quanto la sua sorte è legata a Cristo (n. 13).
La Chiesa non può abbandonare l'uomo (n. 14), che oggi vive sempre più nella paura, perché si sente minacciato da ciò che produce, dal risultato del lavoro delle sue mani e, ancor più, del lavoro del suo intelletto, delle tendenze della sua volontà (n. 15). Il Papa parla dell'emergenza inquinamento, delle guerre, delle armi atomiche, delle ingiustizie, della fame, della mancanza di rispetto per la vita dei non nati (n. 8). Si chiede se ciò che viene chiamato progresso renda più umana la vita sulla terra e renda l'uomo migliore, cioè più maturo spiritualmente, più responsabile, più aperto agli altri, in particolare verso i più bisognosi e i più deboli, più disponibile a vivere la carità verso il prossimo (n. 13-14).
La Chiesa annuncia Cristo all'uomo che vive nella situazione del mondo contemporaneo. Questa missione si realizza attraverso "la fedeltà alla Parola", il "servizio alla verità" e l'azione redentrice della vita sacramentale, il cui "centro e vertice" è l'Eucarestia. Nel Sacramento dell'Eucarestia "si rinnova continuamente, per volere di Cristo, il mistero del sacrificio, che Egli fece di stesso al Padre sull'altare della croce: sacrificio che il Padre accettò ricambiando con il dono della risurrezione. Quella vita nuova che implica la glorificazione corporale di Cristo crocifisso, è diventata segno efficace del dono elargito all'umanità, dono che è lo Spirito Santo, mediante il quale la vita divina, che il Padre ha in sé e che dà al suo Figlio, viene comunicata a tutti gli uomini uniti con Cristo" (n. 20).
"Cristo rivela pienamente l'uomo all'uomo stesso" (n. 10). L'esperienza cristiana è dunque capace di far emergere tutta la verità dell'essere umano. Da questa prospettiva sulla natura umana, originata dalla fede, nasce un "umanesimo autentico" (n. 10), una concezione dell'uomo che ne sottolinei il valore e l'umanità, e nel contempo anche il pericolo, sempre presente, di perdere la propria grandezza, nella dimenticanza della relazione con Dio e nell'esaltazione dell'autonomia umana. L'uomo realizza se stesso, la promessa contenuta nella sua natura, solo rispettando la verità di sé, quindi nel riconoscere la dipendenza dal Padre e nell'incontro con il Figlio. Di qui nasce la grande ammirazione del Papa di fronte alla sua esistenza, alla sua libertà e alla sua ragione, e l'affermazione del suo pieno compimento solo in una prospettiva di fede.
A partire da questa concezione l'enciclica si pone in dialogo con le problematiche sociali, etiche e filosofiche del mondo contemporaneo, proponendo un umanesimo fondato sulla fede in Gesù Cristo, nel quale emerge con forza la strenue difesa della vita, della libertà e della ragione dell'uomo; questi saranno poi gli assi portanti delle successive encicliche.
"La situazione dell’uomo contemporaneo sembra lontana dalle esigenze oggettive dell'ordine morale, come dalle esigenze della giustizia e, ancor più, dell'amore sociale". L'uomo è sempre più "schiavo delle cose, schiavo dei sistemi economici, schiavo della produzione, schiavo dei suoi propri prodotti. Una civiltà dal profilo puramente materialistico condanna l'uomo a tale schiavitù" (n. 16). La Chiesa annuncia la verità che rende liberi, annuncia il Vangelo dell'amore in Cristo Salvatore che dice: "Senza di me non potete fare nulla" (Gv 15,5 ).
L'enciclica si conclude "con un caloroso ed umile invito alla preghiera": "Io spero che grazie a tale preghiera potremo ricevere lo Spirito Santo che scende su di noi e divenire in questo modo testimoni di Cristo 'fino agli estremi confini della terra' (cfr. At 1,8 ) come coloro che uscirono dal Cenacolo di Gerusalemme nel giorno di Pentecoste (n. 22).
Fonti | |
| |
Bibliografia | |
| |
Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
|