Sant'Arnolfo di Soissons
Sant'Arnolfo di Soissons Vescovo | |
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Santo | |
Vetrata del santo | |
Età alla morte | circa 47 anni |
Nascita | Tydenghen 1040 ca. |
Morte | Oudenbourg 1087 |
Ordinazione presbiterale | XI secolo |
Consacrazione vescovile | 1081 |
Incarichi ricoperti | Vescovo di Soissons |
Iter verso la canonizzazione | |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Canonizzazione | 1119, da Callisto II |
Ricorrenza | 14 agosto |
Patrono di | Produttori di birra e birrai |
Collegamenti esterni | |
Scheda su santiebeati.it |
Nel Martirologio Romano, 14 agosto, n. 6:
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Sant'Arnolfo di Soissons (Tydenghen, 1040 ca.; † Oudenbourg, 1087) è stato un vescovo, monaco e fondatore fiammingo.
Biografia
Gli anni giovanili
Nacque verso il 1040 a Tydenghen nelle Fiandre, da Fulberto, discendente dai signori di Oudenaarde e di Pamèle nel Belgio, e da Meinsinda, imparentata con i duchi di Lovanio e i conti di Namur [1].
Arnolfo fu allevato dai genitori con grande cura; crebbe pio e straordinariamente robusto, cosicché intraprese la carriera militare nell'esercito di Roberto ed Enrico I re di Francia. La carriera militare non gli impedì di vivere anche una intensa vita spirituale: regolarmente si recava in chiesa per prendere parte ai divini uffici, pregava sovente anche durante il giorno, soccorreva i poveri, trattò con generosità, dopo la morte del padre, i lavoratori delle sue terre e si fece loro disinteressato intermediario nelle contese. Con l'amore che egli sempre dimostrava per la castità, si impose pure all'ammirazione dei compagni d'armi e dei cortigiani [1].
La vocazione monastica
Non soddisfatto della vita che conduceva, Arnolfo si congedò dalla madre e chiese di entrare come converso nell'abbazia di san Medardo a Soissons, fondata da Clotario I figlio di Clodoveo. La vocazione del santo fu riconosciuta a prima vista dall'abate Renoult e dai suoi consiglieri e fu ammesso al noviziato.
Arnolfo attese alla perfezione religiosa con tale impegno da destare l'ammirazione anche nei monaci più consumati nell'osservanza della regola. Dopo la professione religiosa fu incaricato della distribuzione ai poveri delle elemosine del monastero. La sua vita era retta da grande austerità con l'astenersi dal cibo e dal sonno, trascorrere lunghe ore del giorno e della notte nella preghiera, portando una grande cintura intessuta di rovi e di spine [1].
Eremita nella cella di Eremboldo
Nel cenobio di Soissons viveva un religioso di grande virtù di nome Eremboldo che, con il permesso dell'abate, conduceva vita eremitica in una cella separata dal resto della comunità. Arnolfo sovente lo andava a trovare e gli prestava vari servizi per avere modo di apprendere da lui i mezzi più adatti per unirsi più perfettamente a Dio.
Dopo la morte l'eremita apparve ad Arnolfo raggiante di gioia e gli comunicò che il Signore lo aveva trattenuto un po' di tempo in purgatorio a causa di una mancanza. Dopo quella visione Arnolfo decise di trascorrere la vita nella cella che Eremboldo aveva lasciato vuota.
Ottenuto il permesso dall'abate egli ne approfittò per darsi con rinnovato ardore alla preghiera, al digiuno, alla meditazione della Sacra Scrittura e di altri libri spirituali.
Non sembrandogli quella cella sufficientemente austera, volle scavarsi una fossa sotto la grondaia della chiesa dive trascorreva la maggior parte del giorno, nonostante il gelo, la pioggia e il caldo, per tre anni e mezzo in silenzio continuo.
Abate di Soissons
Alla morte dell'abate Renoult, successe Pons, un abate che ottenne da Filippo I quella carica in maniera simoniaca. Il nuovo abate vi condusse vita mondana fatta di un susseguirsi di giochi e di conviti in compagnia di allegri cavalieri. Per soddisfare la sua ambizione e prodigalità non esitò neppure ad alienare i beni dell'abbazia. Alcune nobili famiglie, impressionate di quei disordini, fecero le loro rimostranze al vescovo di Soissons, il quale comprese che non si poteva rimediare a tanti scandali che allontanando quell'abate intruso ed eleggendo al suo posto l'eremita Arnolfo.
Il santo cercò di sottrarsi con suppliche e lacrime a quella carica di cui si riteneva indegno e incapace, cercò persino di sottrarvisi con la fuga, ma inutilmente. Con l'esempio e i saggi consigli egli non tardò a introdurre di nuovo nel monastero la perfetta osservanza e a ricuperare tutti i beni di cui l'abbazia era stata privata [1].
Il rifiuto a Filippo I
Tra i monaci di San Medardo vi era uno che si stimava più degno di Arnolfo di rivestire la carica di abate, e cercava tutte le occasioni per farlo deporre dal suo ufficio. Per riuscire nel suo intento, scrisse a Filippo I, in procinto di partire per la guerra, per chiedergli di farsi accompagnare in guerra dall'abate Arnofo, secondo la consuetudine. Il re gradì la proposta, e ordinò all'abate di raggiungerlo al campo con un drappello di soldati. Arnolfo gli rispose che non aveva abbracciato la vita religiosa per riprendere la vita mondana, e che se gli abati erano costretti a seguire il loro re in guerra, egli preferiva rinunciare alla sua carica. Il re non cedette e allora Arnolfo, dopo avere fatto eleggere al suo posto Gerardo, abate di St-Vincent de Laon, si ritirò a vita penitente nella sua antica cella. In seguito la regina Berta destituì Gerardo rimettendo al suo posto il precedente abate Pons. Sotto di lui Arnolfo ebbe molto a soffrire, ma Dio lo ricompensò attirandogli da tutte le parti della Francia signori e prelati desiderosi di chiedergli consiglio e di raccomandarsi alle sue preghiere.
L'ordinazione episcopale
Quando il vescovado di Soissons rimase vacante, clero e popolo pregarono insistentemente Ugo, vescovo di Die e legato della Santa Sede, di dare loro per pastore Arnolfo. Il santo eremita cercò di allontanare da sé quel peso, ma a nulla valsero le sue dichiarazioni d'incapacità. Durante il viaggio che fece nel Delfinato per ricevere l'ordinazione episcopale, sostò a Cluny, dove fu ricevuto con grande onore dall'abate sant'Ugo, sostenitore dei Papi nella lotta per le investiture [1].
A Soissons, però, il siniscalco di Filippo I non gli permise di entrare in città. Senza perdere la pazienza, il santo vescovo stabilì la sua sede nella cittadina di Oulchy-le-Chàteau, per essere in grado di visitare la diocesi, correggere gli abusi che si erano introdotti nel clero, combattere le superstizioni che serpeggiavano tra il popolo, consacrare sacerdoti e altari e confermare la predicazione della parola di Dio con miracoli e profezie.
Il ritorno alla cella
Dopo aver compiuto tante opere di zelo, il vescovo fu nauseato della vita scandalosa che il re Filippo I conduceva con Bertrada di Montfort, consorte di Folco IV, conte d'Anjou, dopo che aveva ripudiato la propria moglie, Berta, figlia di Fiorenzo I, conte d'Olanda, senza che nessun prelato di corte avesse osato alzare la voce contro tanto ardire. Non riuscendo a porre rimedio a tanti mali, il santo preferì rinunciare al vescovado e, per la terza volta, ritornò nella sua cella da recluso per pregare e piangere sui gravi disordini del suo tempo. Poco tempo dopo nelle Fiandre scoppiarono altre liti tra città e castelli. Gli abitanti di Altenbourg andarono allora a supplicare il santo di ritornarvi a mettere pace. Arnolfo vi andò con gioia perché gli era stato rivelato che in quella regione sarebbe morto. Difatti, dopo avervi lavorato con grande profitto per la riconciliazione dei contendenti, dopo sette giorni, cadde gravemente infermo. Si preparò alla morte con una intensa preghiera. Ebbe tre visioni: di san Pietro, di san Michele e della Madonna, che gli assicurarono il perdono delle colpe e l'ingresso nel regno dei cieli per la festa dell'Assunta. Morì il 14 agosto del 1087 e fu sepolto nella chiesa di San Pietro d'Altenbourg [1].
Culto
Il suo sepolcro fu presto meta di molti pellegrini che avevano costatato che i loro malati guarivano persino a contatto della polvere raccolta su di esso. Papa Callisto II nel 1119 lo canonizzò dando l'incarico al suo cardinale Legato al sinodo di Beauvais, di procedere alla elevazione agli altari del corpo [1].
Predecessore: | Vescovo di Soissons | Successore: | |
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Ursion | 1081 - 1082 | Ingelram |
Note | |
Bibliografia | |
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