Beata Giuseppa Maria di Sant'Agnese

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Beata Giuseppa Maria di Sant'Agnese Albiñana Gomar
Religiosa
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al secolo Josefa María
battezzata
Beata
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Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 70 anni
Nascita Benigánim
9 febbraio 1625
Morte Benigánim
21 gennaio 1696
Sepoltura
Appartenenza Agostiniane Scalze
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Vestizione Benigánim, 1643
Professione religiosa Benigánim, 1644
Ordinato diacono
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Incarichi ricoperti
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° vescovo di Roma
Elezione
al pontificato
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Successore {{{successore}}}
Extra Anni di pontificato


Cardinali creazioni
Proclamazioni
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Eventi

Iter verso la canonizzazione

Venerata da Chiesa cattolica
Venerabile il [[]]
Beatificazione 21 febbraio 1888, da Leone XIII
Canonizzazione [[]]
Ricorrenza 21 gennaio
Altre ricorrenze
Santuario principale
Attributi
Devozioni particolari {{{devozioni}}}
Patrona di
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Incoronazione
Investitura
Predecessore
Erede
Successore
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Onorificenze
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Nomi postumi
Altri titoli
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Coniuge

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Consorte

Consorte di

Figli
Religione {{{religione}}}
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Collegamenti esterni
Scheda su santiebeati.it
Invito all'ascolto
Firma autografa
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Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano, 21 gennaio, n. 10:
« Nel monastero di Beniganim nel territorio di Valencia in Spagna, beata Giuseppa Maria di Sant'Agnese, vergine dell'Ordine delle Agostiniane Scalze. »
(Santo di venerazione particolare o locale)

Beata Giuseppa Maria di Sant'Agnese Albiñana Gomar, al secolo Josefa María (Benigánim, 9 febbraio 1625; † Benigánim, 21 gennaio 1696) è stata una religiosa spagnola dell'ordine delle agostiniane scalze; è stata proclamata beata da papa Leone XIII nel 1888.

Biografia

Nacque il 9 febbraio 1625 a Benigánim, villaggio della Valencia, da Luigi e Vincenza Albinyana Gomar, poveri agricoltori ricchi di fede. Rimasta orfana di padre ancora in tenera età, fu accolta dallo zio Bartolomeo Tudela sindaco del paese, dove crebbe devota alla Madonna e dedita alla recita del Santo Rosario, non ricevette istruzione e svolse in casa dello zio le mansioni di una serva. Di natura semplice e innocente, era balbuziente e soffriva di epilessia, per questi motivi non ebbe molta considerazione presso lo zio che la considerava poco più che una stupida. Tra i dodici e i quattordici anni mentre lavava i panni al fiume ebbe una visione di Gesù e decise di diventarne sua sposa. I quegli anni perse anche la madre e all'età di diciotto anni chiese di essere ammessa nel locale monastero delle Eremitane Scalze di Sant'Agostino, dove entrò come conversa il 25 ottobre 1643. La maestra di noviziato, per assicurarsi della sua vocazione, un giorno le comunicò che era decisa a rimandarla nel mondo, ma la ragazza che preferiva lo stato claustrale le rispose di essere disposta piuttosto a morire.

Nel 1644 prese i voti perpetui assumendo il nome di Giuseppa Maria di Sant'Agnese ma da tutti fu chiamata suor Agnese. Le fu affidato il compito di dispensiera e nei momenti liberi fabbricava corone del Rosario o aiutava le consorelle. Al suo confessore confidò:

« Preferisco molto di più pulire, scopare e raccogliere le immondezze nella casa di Dio, che essere regina di Spagna »

Per tutta la vita volle riservarsi il pietoso compito di preparare le consorelle defunte per la sepoltura.

Dopo una grave malattia suor Agnese udì una voce interna che la invitò a scegliere se restare per tre anni paralitica o muta e per non essere di peso alla comunità preferì la seconda opzione. L'infermità la aiutò nel restare più unita a Dio e anche lavorando non cessò mai la sua orazione mentale. Quando guarì prese comunque a osservare il silenzio non solo nelle ore stabilite, ma anche nei momenti di riposo. Per la vita santa che conduceva sotto ogni aspetto, l'arcivescovo di Valencia monsignor Martín López de Ontiveros, durante una visita al monastero nel 1663 volle che Agnese fosse ammessa tra le coriste. Fu sempre puntuale al coro e benché fosse balbuziente, tenendo dinanzi allo sguardo una devota immagine dell'Ecce homo, recitava speditamente l'ufficio divino.

Si alzava alle tre del mattino, andava in coro e vi restava fino alle undici. Pregava per il Papa, per ogni necessità della Chiesa e in particolare per le anime del Purgatorio, che definiva "sue figlioline". Supplicava di pregare per loro quanti si avvicinavano alla sua grata, raccoglieva offerte per la celebrazione di Messe, si flagellava a sangue, non mangiava mai carne, in Avvento e Quaresima non si nutriva che di pane e acqua e non beveva vino né cioccolata. Suor Agnese era spinta a queste rinunce e sofferenze dalla continua contemplazione della Passione di Gesù. Durante le tre processioni penitenziali dell'anno, la beata procedeva ultima della fila a piedi scalzi, portando sulle spalle una croce, sul capo una corona di spine e una corda al collo.

Il diavolo la molestò più volte, attribuendole titoli volgari e tentandola ad azioni disoneste, ma ella se ne liberò sempre segnandosi ed esclamando:

« Gesù, figlio di David, abbi pietà di me »

Leggeva il futuro come in un libro e penetrava nei segreti dei cuori, per questo molti vescovi, religiosi e personalità importanti andavano a consultarla e a raccomandarsi alle sue preghiere. La madre del re Carlo II di Spagna sottoponeva al suo giudizio addirittura i principali affari della monarchia. Più volte gli arcivescovi valenziani fecero esaminare la beata, ma tutti gli inquisitori ne riconobbero la singolare virtù, nonostante da certe religiose fosse considerata una pazzerella. Un'ulteriore sua peculiarità fu la virtù dell'obbedienza, che esercitò sempre con devozione, eseguendo prontamente anche i comandi che riceveva mentalmente da chiunque, avvertita dall'Angelo custode. Quando Madre Agnese fu avvertita in modo soprannaturale dell'ormai prossima sua morte, non riuscì a contenere il suo giubilo.

Negli ultimi mesi di vita ebbe nuovi attacchi di epilessia, soffriva di asma e per un ernia che aveva contratto in noviziato compiendo sforzi eccessivi. Sollecitò ella stessa il Viatico:

« Sorelle mie, portatemi subito il mio sposo perché parto »

Morì infatti il 21 gennaio 1696, non prima di aver pronunciate ininterrottamente parecchie invocazioni a Gesù e a Maria.

Culto

Il corpo della defunta si conservò flessibile e da esso si sprigionò inoltre in tutto il monastero una soave fragranza. La folla accorse numerosa per poterla venerare e ottenerne qualche reliquia. I suoi resti mortali, venerati nella cappella del monastero di Benigànim, furono trafugati durante la guerra civile spagnola negli anni trenta del secolo scorso.

Bibliografia