Chiesa dei Santi Vito e Modesto (Roma)
Chiesa dei Santi Vito e Modesto | |
Roma, Chiesa dei Santi Vito e Modesto | |
Stato | Italia |
---|---|
Regione | Lazio |
Regione ecclesiastica |
Regione ecclesiastica Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi |
Roma Vicariatus Urbis |
Religione | Cattolica |
Indirizzo |
Via di San Vito 00185 Roma (RM) |
Telefono | +39 06 4465836 |
Fax | +39 06 4463494 |
Posta elettronica | santamariamaggiore@diocesidiroma.it |
Sito web | Sito ufficiale |
Proprietà | Fondo Edifici di Culto (Stato Italiano) |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | parrocchiale |
Dedicazione |
San Vito San Modesto di Lucania |
Data fondazione | IV secolo |
Architetti |
Pietro Camporese il Giovane (restauro del XIX secolo) Alfredo Ricci (restauro del XIX secolo) Gianfranco Caniggia (restauro del XX secolo) |
Stile architettonico | Rinascimentale |
Inizio della costruzione | VIII secolo |
Completamento | 1973-1977 |
Strutture preesistenti | Macellum Liviae |
Iscrizioni | SIXTUS IIII PONT. MAX. FUNDAVIT 1477 |
Marcatura | stemma della famiglia Della Rovere |
Note | La chiesa è sede della Parrocchia di Santa Maria Maggiore in San Vito. |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
La Chiesa dei Santi Vito e Modesto è un edificio di culto di Roma, situato nel centro storico della città, nel rione Esquilino.
Storia
Dalle origini al Rinascimento
La chiesa, che attesta la sua origine nel IV secolo, è addossata all'Arco di Gallieno (253-268), inserito nel percorso delle antiche Mura serviane, e sorge sull'area un tempo occupata dal Macellum Liviae, il mercato inaugurato nel 7 a.C. da Tiberio (42 a.C.–37 d.C.) in onore della madre.[1]
Nell'VIII secolo la chiesa venne restaurata per volere di papa Stefano III (768-772), ma, successivamente abbandonata, cadde in rovina.
La chiesa è menzionata per la prima volta nel Liber Pontificalis, come diaconia con il nome di San Vito in Macello Martyrum, nella biografia di Leone III (795-816).
Nel 1477, per volere di Sisto IV (1471-1484), fu riedificata con annesso un monastero, affidato alle monache cistercensi di San Bernardo alle Terme alle quali subentrarono i monaci cistercensi.
Dall'Ottocento ad oggi
Santi Vito e Modesto, abbandonata dai religiosi alla fine del XVIII secolo durante l'occupazione francese di Roma, divenne Parrocchia di Santa Maria Maggiore in San Vito, eretta il 1º novembre 1824 da Leone XII (1823-1829) con la bolla Super universam, e la cura assegnata al Capitolo Liberiano.
Nel 1834 per disposizione di Gregorio XVI (1831-1846) fu restaurata dall'architetto Pietro Camporese il Giovane (1792–1873).
Nel 1873 la chiesa venne espropriata e incamerata dal demanio del Regno d'Italia,[2] successivamente passata in quello della Repubblica italiana, che ancora oggi la gestisce attraverso il Fondo Edifici di Culto (FEC).
Alla fine del XIX secolo, in occasione del Giubileo del 1900, il cardinale titolare Francesco di Paola Cassetta (1841-1919) la fece ristrutturare secondo un progetto di Alfredo Ricci (1864-1889) che ne modificò addirittura l'orientamento, realizzando una nuova facciata su via Carlo Alberto con un ingresso dietro l'abside, e demolì il monastero. Queste modifiche furono parzialmente eliminate nel corso dei restauri all'edificio eseguiti, tra il 1973 e il 1977, da Gianfranco Caniggia (1933-1987), finalizzati al recupero delle strutture quattrocentesche - con il rispristino dell'entrata principale in via di San Vito - e all'indagine archeologica dei sotterranei.
Titolo cardinalizio
La chiesa è sede del titolo cardinalizio dei Santi Vito, Modesto e Crescenzia: l'attuale titolare è il cardinale Giuseppe Bertello.
Descrizione
Esterno
La chiesa, orientata (ossia con l'abside rivolto a Est), presenta, sulla via di San Vito, la facciata più antica con il tetto a capanna aperta da un grande oculo centrale e da un portale d'ingresso architravato, dove è posto uno stemma oggi abraso, probabilmente della famiglia Della Rovere, e un'iscrizione nella quale si legge:
« | SIXTUS IIII PONT. MAX. FUNDAVIT 1477 » |
La facciata, su via Carlo Alberto, edificata nel 1900, presenta un portale con stipiti in travertino, affiancato da paraste doriche e un fregio con triglifi e metope, sormontato da una finestra semicircolare con rosette, e aperto in alto da una finestra rettangolare; un timpano triangolare sormontato da una croce conclude il prospetto. Accanto a questo si eleva il campanile, a pianta poligonale, che presenta una cella campanaria aperta su ciascun lato da una grande monofora.
Interno
L'interno presenta una pianta rettangolare ad un'unica navata con abside semicircolare, due insoliti altari ad edicola, soffitto a cassettoni e pavimento in cotto.
Lato sinistro
Lungo il lato sinistro si notano:
- all'altare, Madonna con Gesù Bambino in trono dona il rosario a san Domenico di Guzman e santa Caterina da Siena (XIX secolo), affresco di ambito romano.
- Immacolata Concezione (post 1854), olio su tela di Pietro Gagliardi.
- Monumento funebre del cardinale Carlo Visconti (1565 ca.), in marmo di ambito romano.
Presbiterio
Il presbiterio, rialzato di alcuni gradini, si conclude con l'abside semicircolare completamente scialbato, dove si nota:
- Altare maggiore (primo quarto del XVIII secolo), in marmo di Camillo Rusconi.
Lato destro
Lungo il lato destro si conservano:
- all'altare,
- nel sottarco, Gesù Cristo benedicente tra angeli (1483), affresco attribuito ad Antoniazzo Romano;
- alla parete di fondo, Madonna con Gesù Bambino in trono tra santa Crescenzia e san Modesto; San Sebastiano, santa Margherita e san Vito; (1483), affreschi attribuiti ad Antoniazzo Romano:[3] i dipinti furono riportati alla luce durante i lavori di restauro del 1973-1977.
- Cippo funerario romano con iscrizione, detto anche pietra scellerata, che la tradizione ritiene il luogo dove molti cristiani, tra cui san Vito, subirono il martirio durante la persecuzione di Diocleziano. Ritenuta miracolosa, veniva grattata e la raschiatura ingerita dai credenti poiché si pensava che questa salvasse dal morso dei cani rabbiosi, in quanto i due Santi titolari sono ritenuti protettori degli idrofobi e per questo motivo la pietra appare raschiata profondamente su tutta la superficie.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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