Fidei Donum (missionario)
L'espressione fidei donum (espressione latina che significa "Il dono della fede") indica nella Chiesa cattolica i presbiteri che vengono inviati a realizzare un servizio temporaneo (6-15 anni, normalmente) in un territorio di missione, con una convenzione che viene stipulata fra il Vescovo che invia il presbitero e quello che lo accoglie.
L'uso di questa espressione nasce dal titolo dell'omonima enciclica di Pio XII (21 Aprile 1957), scritta per invitare la Chiesa occidentale all'impegno missionario.
L'enciclica di Pio XII
Per approfondire, vedi la voce Fidei Donum (enciclica) |
Nell'enciclica il papa riflette sulle missioni in Africa, nelle quali 40/50 missionari devono spesso annunciare il Vangelo a uno o due milioni di abitanti, di cui solo alcune migliaia convertiti. In questa situazione afferma che "venti sacerdoti di più in una determinata regione permetterebbero oggi di impiantarvi la croce, mentre domani quella stessa terra, lavorata da altri operai che non sono quelli del Cristo, sarà divenuta forse impermeabile alla vera fede".
Per queste ragioni il Papa si dirige ai suoi confratelli Vescovi: "Esistono, grazie a Dio, numerose diocesi così largamente provviste di sacerdoti da consentire senza loro rischio il sacrificio di alcune vocazioni". Si tratterà, soprattutto, di autorizzare "l'uno o l'altro dei loro sacerdoti, sia pure a prezzo di sacrifici, a partire per mettersi, per un certo limite di tempo, a disposizione degli ordinari d'Africa".
Lo sviluppo dell'azione missionaria dei Fidei Donum
L'enciclica fu accolta con entusiasmo in molte Diocesi, soprattutto d'Italia, e in breve non solo il continente africano ma anche l'America Latina, sollecitarono l'aiuto dei fidei donum, nella linea dell'Enciclica di Pio XII.
Il primo effetto fu che i preti che volevano svolgere un servizio missionario trovarono disponibilità da parte dei loro Vescovi. La prima generazione di fidei donum partì a titolo individuale, realizzando spesso un sogno accarezzato da anni. Ciò fu fino al Concilio Vaticano II. È l'epoca dei "pionieri". Molti di questi presbiteri continuarono e in alcuni casi continuano il loro servizio, senza nessuna prospettiva di ritornare alla loro diocesi.
La celebrazione del Concilio Vaticano II apportò idee nuove: la missionarietà non era più pensabile come cosa dei singoli, ma come opera della stessa Chiesa nel suo complesso. Si entrò così nella seconda fase: il riconoscimento della missionarietà di tutto il popolo di Dio. Il rapporto della chiesa locale con i missionari non è quello della collaborazione collaborazione nei loro confronti, poiché essa stessa si fa missionaria.
In questo contesto, il linguaggio usato negli anni '70 e '80 amava espressioni del tipo "la tal diocesi ha una parrocchia in tal paese di missione": si vedeva cioè la presenza dei missionari fidei donum come un'estensione del lavoro della Diocesi: una parrocchia in più, in Africa o in America Latina.
A partire dagli anni '80 la riflessione portò a concepire le cose in maniera diversa: la missione dei fidei donum cominciava a essere considerata espressione della collaborazione missionaria tra due Chiese, la chiesa a quo ("dalla quale"), cioè quella che invia i missionari, e la chiesa ad quem ("verso la quale"), cioè quella che li riceve; più ancora viene vista come scambio di doni fra due Chiese sorelle, comunione e sinergia nella linea dell'evangelizzazione e della costruzione del Regno di Dio.
È altresì diventata comune la prassi di stipulare una convenzione tra le due chiese, specificando l'impegno reciproco. Tale convenzione ha normalmente durata triennale rinnovabile, ed è firmata dai Vescovi delle due diocesi e dai missionari. In questa prospettiva i fidei donum sono al servizio della Chiesa locale. Il Vescovo ad quem dispone di loro secondo le esigenze della pastorale della sua diocesi.
A partire dalla fine degli anni '90 si è cominciato a integrare anche i laici accanto ai preti fidei donum. Di fatto, in quasi tutte le missioni delle diocesi italiane lavorano insieme preti e laici, e spesso anche religiose.
Negli ultimi decenni si è assistito all'invio di missionari fidei donum anche da parte delle giovani Chiese, verso chiese sorelle del medesimo continente. Tale pratica è comune in Africa, ed è ai suoi inizi in America Latina. Un punto dibattuto è sull'opportunità che l'invio sia a una chiesa occidentale (Europa e America del Nord). Molti vescovi non accettano questa forma, a causa della situazione di miseria della diocesi a quo, che sposta l'accento della collaborazione missionaria sulla possibilità da parte del missionario "povero" di sistemarsi economicamente e di inviare rimesse alla sua famiglia.
Ciononostante varie diocesi italiane hanno accolto fidei donum provenienti dal terzo mondo.
Il numero dei preti fidei donum italiani era di 1052 nel 1999. Nel 2005 erano 550.
Diocesi italiane impegnate nell'esperienza dei Fidei donum
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