Giusto tra le nazioni

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Giusto tra le nazioni (I giusti tra le nazioni) (in ebraico: חסידי אומות העולם , traslitterato Chasidei Umot HaOlam) è un termine che deriva dal Talmud e dalla tradizione ebraica per indicare i non ebrei che hanno rispetto per Dio e che hanno rapporti amichevoli per gli ebrei.

Titolo onorifico

Nel 1963, una commissione guidata dalla Suprema corte Israeliana riceve l'incarico di conferire il titolo onorifico di "Giusto tra le nazioni" e ne fissa la definizione e i criteri.

Da allora il Memoriale di Yad Vashem attribuisce questo titolo alle persone non ebree che hanno affrontato rischi e pericoli per salvare o nascondere gli ebrei dalla deportazione. Chi viene riconosciuto "Giusto tra le nazioni", viene insignito di una speciale medaglia con inciso il suo nome, riceve un certificato d'onore ed il privilegio di vedere il proprio nome aggiunto agli altri presenti nel "Giardino dei giusti" presso il museo Yad Vashem di Gerusalemme.

Anche l’usanza di piantare un albero per ogni salvatore deriva dalla tradizione ebraica come ricordo eterno di un essere caro.

Criteri per l'attribuzione del riconoscimento

Un Giusto tra le nazioni :

  • deve essere un non ebreo
  • deve aver aiutato o salvato degli ebrei
  • non deve aver ricevuto in cambio per questo un corrispettivo in denaro o altro (ad esempio la conversione al cattolicesimo)
  • deve aver compiuto il gesto mettendo a rischio la propria vita ed essere stato consapevole di questo

Per attribuire questo riconoscimento occorre la testimonianza di ebrei salvati o la prova inconfutabile di quanto avvenuto.

Le forme di aiuto riconosciute per l'attribuzione

Sono quattro le modalità di aiuto concreto che un giusto ha prestato nei confronti di un ebreo perseguitato:

  • nasconderlo nella casa propria o presso istituzioni (come ospedali,orfanotrofi, conventi,... );
  • fornirgli documenti falsi;
  • aiutarlo a scappare;
  • adottarlo temporaneamente (il caso di molti bambini ebrei salvati da famiglie cattoliche).

Ci sono migliaia di persone nel mondo che con il loro comportamento e le loro azioni hanno aiutato gli ebrei perseguitati, senza per questo essere stato loro conferito il titolo di Giusto, magari per decisione personale.

La cerimonia

La cerimonia dell'onorificenza si svolge solitamente presso il museo Yad Vashem alla presenza delle massime cariche istituzionali Israeliane, ma si può tenere anche nel paese di residenza del Giusto se questi non è in grado di muoversi. Ai Giusti tra le nazioni, inoltre, viene conferita la cittadinanza onoraria dello Stato di Israele. È anche possibile per le persone in difficoltà economica ricevere una sorta di pensione o di aiuto finanziario versato sempre da Israele. Fino ad oggi sono stati riconosciuti, 23.110 Giusti tra le nazioni.

Stati

Danimarca: Paese "Giusto tra le nazioni"

La Danimarca è l'unico paese ad aver ricevuto collettivamente e non individualmente il riconoscimento di giusto fra le nazioni perché vi sono stati salvati 7.200 ebrei sul totale di 8.000.

Polonia

Tra i paesi occupati quello che ha avuto più giusti è la Polonia con oltre 5.800 salvatori, tuttavia occorre confrontare il numero totale dei giusti anche con il numero degli ebrei presenti sul territorio in quel momento (es. la Francia ne ha 2.500 e l’Italia circa 370 ma il numero degli ebrei era molto diverso).

Germania: Il caso Schindler

Oskar Schindler inizialmente pensava solo ai propri affari. La sua vita cambiò nel 1938 quando il suo paese, la Cecoslovacchia, venne annesso al Reich nazista. Schindler, tedesco di cultura e di lingua, approfittò dell'espansione della Germania per trasferirsi dal '39 in Polonia, a Cracovia, dove acquistò a basso prezzo una fabbrica e vi installò una produzione di pentole, impiegando circa 1.300 ebrei. I primi anni era tutto sommato indifferente al problema degli ebrei in Polonia che vedeva solo come operai, ma la sua vita avrà una svolta ulteriore nel 1942, quando assistette alla liquidazione del ghetto e alla brutalità dei nazisti. Da allora decise di fare qualcosa e si diede da fare per "comperare" ebrei alle SS da impiegare nella fabbrica e poi in un'altra. Schindler salverà 1.200 ebrei e pure sua moglie Emilie si diede da fare per aiutare altri ebrei dalla deportazione. Entrambi sono oggi Giusti fra le nazioni, anche se Schindler ricevette la sua medaglia solo dopo la morte. Oggi è seppellito a Gerusalemme. Il riconoscimento di Schindler ebbe qualche difficoltà, perché gli ebrei salvati non erano tutti d'accordo nell'attribuirgli il titolo di giusto, uno testimoniò che Schindler l'aveva picchiato. Per il riconoscimento occorre l'unanimità. Oggi tutti conoscono la sua storia grazie al film di Steven Spielberg.

Giappone: il caso Sugihara Chiune

Un caso molto meno conosciuto ma ugualmente importante è quello del giapponese Sugihara Chiune che negli anni della guerra era diplomatico prima in Finlandia e poi in Lituania. In Lituania c'erano moltissimi ebrei, anche perché tanti erano scappati dalla Polonia occupata dai nazisti e dalla Germania. Era uno stato indipendente, come gli altri due paesi baltici, Estonia e Lettonia, ma sottomesso ad una pressione enorme da parte dell'Urss che premeva per annettere quei territori. Nel maggio 1940 l'Urss invase la Lituania e da luglio dichiarò il paese annesso alla Russia. In pratica Sugihara avrebbe potuto lasciare la Lituania e tornare in patria, ma davanti alla sua porta si presentavano file e file di ebrei e chiedevano un visto per fuggire. Chiune non aveva potere di rilasciare visti dunque contattò le autorità consolari in Giappone che rifiutarono. Sugihara allora disubbidì e trovò una soluzione: la piccola isola di Curaçao nelle Antille, colonia olandese, poteva accogliere ebrei anche se l'Olanda nel 1940 non aveva più alcuna autorità in materia essendo anch'essa occupata. Sugihara iniziò a lavorare 10, 12 ore al giorno per preparare i visti, tra l’altro a mano non avendo abbastanza moduli pronti.

Il 2 agosto il Giappone gli ordinò di abbandonare il posto e di andare in Germania per un nuovo incarico, ma lui restò fino alla fine del mese e anche quando partì, gli ebrei lo seguirono fino alla stazione. Rilasciò circa 2.000 visti che salvarono 6.000 ebrei, i quali riuscirono a lasciare la Lituania e a emigrare. Sugihara andò a Berlino dove restò fino al 1947, quando fu costretto a dare le dimissioni, accusato di aver disobbedito agli ordini del suo paese.

A più di 50 anni dovette ricominciare una nuova vita e trovò un lavoro nel settore del commercio estero. Solo nel 1968 uno degli ebrei sopravvissuti di Kaunas trovò sue notizie e riunì le prove per riconoscerlo come giusto fra le nazioni. Il riconoscimento arriverà solo nel 1985, un anno prima della sua morte.

Francia, Svezia: diplomatici "Giusti fra le nazioni"

Diversi furono comunque i diplomatici che aiutarono gli ebrei, si può ricordare anche il caso di Aristides de Sousa Mendes, console generale del Portogallo a Bordeaux in Francia che rilasciò migliaia di visti agli ebrei, malgrado gli ordini superiori ricevuti. Anche lui come il giapponese fu revocato dall'incarico e morì in miseria nel 1954. Forse il caso più conosciuto tra questi giusti è quello di Raoul Wallemberg, svedese che durante la guerra si impegnò per aiutare gli ebrei ungheresi. Wallemberg fu scelto dalla Svezia come rappresentante da inviare in Ungheria, su richiesta del Comitato americano per i rifugiati di guerra. Arrivato a Budapest nel luglio 1944, durante la grande deportazione dell'ultima comunità ebraica, Wallemberg, protetto dallo status diplomatico riuscì a proteggere oltre 20.000 ebrei, anche con metodi non ortodossi. Corrompeva i nazisti per strappare ebrei alla deportazione e nasconderli in case protette dal governo svedese. A metà 1945 l'Armata Rossa arrivò in Ungheria e di Wallemberg si persero le tracce, anche se l’Urss dovette ammettere di averlo arrestato ed imprigionato.

Il governo sovietico dichiarerà Wallemberg ufficialmente morto nel 1947, ma della sua sorte mancano tuttora le prove.

Infine un caso emblematico è quello del villaggio francese di Chambon sur Lignon,nell'Auvergne, regione del Massiccio Centrale. A partire dal 1942, con l'aiuto principalmente del pastore protestante André Trocmé e di sua moglie Magda, gli abitanti del paese si adoperarono per salvare gli ebrei dalle deportazioni, nascondendoli nelle abitazioni private, nelle fattorie delle campagne circostanti, nelle istituzioni pubbliche. Quando c’erano le retate dei nazisti e dei poliziotti francesi (epoca di Vichy e del collaborazionismo) gli ebrei venivano nascosti in campagna, poi quando il pericolo era passato gli abitanti andavano a cercarli cantando come parola d'ordine una certa canzone.

Italia

Nel 2009 risultano quasi 500 cittadini italiani non ebrei ufficialmente riconosciuti come giusti tra le nazioni a Yad Vashem.

Tra gli uomini e le donne di ogni condizione sociale che ospitarono e protessero ebrei mettendo a rischio la propria vita e in molti casi sacrificandola, si ricordano:

Tra i giusti italiani vi sono persone, come Giovanni Palatucci, Giorgio Perlasca o monsignor Angelo Rotta, la cui azione ha portato alla salvezza di migliaia di ebrei; persone (come don Francesco Repetto e don Carlo Salvi a Genova, don Leto Casini e padre Cipriano Ricotti a Firenze, padre Aldo Brunacci e padre Rufino Nicacci a Assisi, don Arturo Paoli a Lucca, padre Maria Benedetto a Roma, don Arrigo Beccari a Nonantola, don Raimondo Viale a Borgo San Dalmazzo, ecc.) i quali si trovarono a gestire complesse reti di assistenza clandestina in collaborazione con la DELASEM; e persone che nella semplicità della loro esistenza quotidiana e nella spontaneità di un gesto di amore hanno salvato anche una sola vita.

Numerosi tra essi subirono l'esperienza del carcere, degli interrogatori e delle percosse (don Arrigo Beccari, don Alfredo Braccagni, Alfonso Canova, don Leto Casini, Leonilda Barsotti Pancani, Ferdinando Natoni, don Dante Sala, Vincenzo Tambini, e altri). Sei di essi furono deportati in Germania (Lina Crippa-Leoni e Torquato Fraccon a Mauthausen, padre Giuseppe Girotti e Giovanni Palatucci a Dachau, Odoardo Focherini a Hersbruck, Enrico Sigona). Quattro di essi (Odoardo Focherini, Torquato Fraccon, padre Giuseppe Girotti, e Giovanni Palatucci non fecero ritorno dalla loro prigionia; altri morirono nella lotta partigiana, come Rinaldo Arnaldi, perito in combattimento sull'altopiano di Asiago, e Lorenzo Spada, catturato e impiccato nella piazza di Demonte (Cuneo).

La solidarietà italiana si estese ben oltre i confini nazionali: Giorgio Perlasca, monsignor Angelo Rotta e i Cicutti in Ungheria; Guelfo Zamboni e i Citterich in Grecia; Gino Signori in Germania; Lorenzo Perone in Polonia; Fosco Annoni in Ucraina.

Il numero dei giusti italiani è in continuo aumento con il crescere delle testimonianze e della documentazione ma risulta ancora chiaramente sottostimato in confronto a quello registrato in altre nazioni europee. La salvezza dell'80-85% della popolazione ebraica italiana dovette richiedere la complicità e la connivenza di migliaia di persone. Per molte di esse si ha una qualche documentazione più circostanziata o sono emerse testimonianze attendibili, pur in assenza (ancora) di un riconoscimento ufficiale. Diamo qui di seguito un elenco (incompleto) di coloro ai quali il titolo di "Giusto tra le nazioni" è stato ufficialmente riconosciuto a Yad Vashem (tra parentesi è indicato il luogo dove l'opera di soccorso è avvenuta e la data in cui l'onorificenza è stata accordata).

A

B

C

D

E

F

G

H

I

J

L

M

N

O

P

R

S

T

V

W

Z

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