Ordine Certosino

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Monaci certosini
in latino Ordo Cartusiensis
Carthusian coat of arms-2006 04 22.png
Lo stemma dell'ordine

Istituto di vita consacrata
Ordine monastico maschile di diritto pontificio

Ordine semieremitico contemplativo
Altri nomi
Ordine dei Certosini
Fondatore San Bruno di Colonia
Data fondazione 1084
Luogo fondazione Grande Chartreuse, presso Grenoble, nella Savoia.
sigla O.Cart.
Titolo superiore
Regola statuto del 1222, ultima revisione 1987
Motto Stat Crux dum volvitur orbis
Abito Tunica e cappuccio bianchi.
Scopo preghiera, solitudine, silenzio, separazione dal mondo e vicinanza a Dio.
Costituzioni 1127 - 1128, redatte dall'abate Guido
Santo patrono San Bruno di Colonia
Collegamenti esterni
Sito ufficiale
Scheda su gcatholic.com
Scheda su catholic-hierarchy.org

L'Ordine Certosino, in latino Ordo Cartusiensis, è uno dei più rigorosi ordini monastici della Chiesa Cattolica. I monaci di quest'ordine pospongono al loro nome la sigla O.Cart..

Storia

Ambito meridionale, San Bruno di Colonia (fine del XVII secolo), olio su tela

L'Ordine Certosino fu fondato da San Bruno di Colonia nel 1084. La vita scandalosa e simoniaca dell'arcivescovo Manasse di Reims, deposto nel 1080 e scomunicato da Papa Gregorio VII, lo aveva fatto riflettere e decidere di seguire la sua inclinazione verso una vita di distacco dal mondo[1].

Il primo monastero fu la Grande Chartreuse, presso Grenoble, nella Savoia. Il nome dell'Ordine si deve a questa prima fondazione, situata presso l'omonimo massiccio montuoso (Massif de la Chartreuse).

San Bruno fondò il primo monastero insieme a sei compagni, quattro erano chierici e due laici.

Chiamato a Roma come consigliere di papa Urbano II, san Bruno fondò nel 1091 una seconda Certosa nel luogo selvaggio di La Torre, in Calabria, dove egli stesso morì nel 1101.

La Regola dell'Ordine (Consuetudines Domus Cartusiae) venne messa per iscritto, tra il 1127 e il 1128, da Guigo (1083-1136), quinto priore della Grande Chartreuse; in essa si accentua particolarmente l'obbligo del silenzio quasi perpetuo, dell'astinenza quasi completa dalle carni e della partizione del tempo tra preghiera e lavoro, quest'ultimo costituito principalmente da giardinaggio e trascrizione di libri[2].

A motivo della sua rigidità l'Ordine si diffuse in maniera lenta; al tempo della sua massima fioritura, nel XIV secolo, consisteva di circa 180 case, fra cui dodici monasteri appartenenti al ramo femminile, che era stato fondato nel XII secolo[2].

L'Ordine può vantare la benemerenza di essersi fatto pioniere di cultura; notevole è la produzione di scritti ascetici e teologici.

Non ebbe mai bisogno di una vera e propria riforma[2].

Nel 1924 il Papa Pio XI emanò una Costituzione Apostolica con la quale approvò gli Statuti dell'Ordine, riveduti alla luce del Codice pio benedettino.

Nel 1940 all'Ordine fu restituita la Grande Chartreuse e vi poté rientrare; ne era stata espulsa il 29 aprile 1903 in seguito alla politica anticlericale della Terza Repubblica francese.

Caratteristiche

Certosa di Vedana, chiostro. Sul chiostro delle Certose si affacciano le porte delle celle dei monaci

L'Ordine certosino è di carattere penitenziale molto severo; esso fonde insieme, come già i Camaldolesi, la vita anacoretica con la vita cenobitica; la base generale è la regola benedettina, resa più aspra[2].

Fin dai primi tempi è ben delineata la caratteristica che la vita certosina mantenne nel tempo: essere un'unione di uomini solitari che vivono in una piccola comunità. I certosini sono dei "solitari riuniti come fratelli"; la comunità che formano è piccola a causa della loro scelta eremitica, tanto che si parla di famiglia certosina.

La vita comunitaria si esprime in momenti particolari, soprattutto nella liturgia celebrata in comune, ma anche negli incontri di ricreazione.

L'abito dei certosini è bianco.

Le celle dei monaci sono per lo più piccole abitazioni addossate al muro del chiostro, a una certa distanza l'una dall'altra e circondate da un piccolo orto.

Spiritualità

Il nucleo della spiritualità certosina consiste nell'abbandono delle realtà fuggevoli per cercare di afferrare l'eterno (Fugitiva relinquere et aeterna captare[3])[4], nel coltivare il forte desiderio di entrare in unione di vita con Dio, abbandonando tutto il resto e lasciandosi afferrare dall'immenso amore di Dio, per vivere solo di questo amore.

La ricerca di Dio avviene nella solitudine: "Abito nel deserto con dei fratelli"[5].

Il motto dell'Ordine è Stat Crux dum volvitur orbis ("la croce è ferma mentre il mondo gira").

L'articolazione della comunità del monastero

Fin dall'inizio i monaci chierici furono detti "padri", quelli che non erano chierici "conversi" o "fratelli".

La vita dei padri e quella dei fratelli sono nettamente differenti ma hanno in comune il medesimo ideale monastico.

I padri

Il ritmo di un monastero certosino
La giornata del monaco del chiostro[6]:

I padri, o monaci del chiostro, vivono nel silenzio della cella; sono presbiteri o si stanno preparando a ricevere gli Ordini.

Nei giorni feriali i padri si riuniscono tre volte al giorno in chiesa: per il Mattutino, per la Messa conventuale e per i Vespri.

Le domeniche e i giorni di festa di una certa importanza cantano in coro tutto l'ufficio, eccetto l'Ora Prima e la Compieta; pranzano insieme in refettorio e hanno una ricreazione nel pomeriggio.

I padri effettuano una passeggiata settimanale, detta spaziamento, il primo giorno libero della settimana, di solito il lunedì; durante questo momento, che dura tre o quattro ore, possono parlare liberamente. La passeggiata avviene normalmente in coppia, per favorire il confronto personale e periodicamente ci si ferma per variare le coppie.

In refettorio i monaci non parlano mai; durante il pasto, dal pulpito, uno dei monaci legge brani tratti dalla Sacra Scrittura o dagli Statuti, oppure altre opere relative alla festività del giorno, o altri scritti scelti dal priore.

I certosini si dedicano, soprattutto, allo studio della Sacra Scrittura e della teologia. Nell'Ordine lo studio ha sempre avuto importanza, ma non è l'occupazione primaria dei monaci.

Il lavoro manuale procura ai padri la distensione fisica necessaria alla salute. Rappresenta anche un modo per partecipare con umiltà alla condizione umana, come Cristo a Nazaret. I monaci lavorano da soli nella cella. Il loro lavoro, che deve essere veramente utile, consiste in occupazioni diverse, ma tutti si occupano di tenere in ordine la cella e l'annesso giardino e di tagliare la legna per l'inverno. Alcuni padri, come il sacrista o il bibliotecario, hanno mansioni specifiche. Gli altri, invece, svolgono lavori di artigianato, quali la rilegatura, la falegnameria, la scultura in legno, gli smalti, le miniature, la pittura di icone, riparazioni varie.

Certosa di Farneta, cella monastica con orto-giardino

Il "monaco del chiostro" ricerca la solitudine della cella per cercarvi Dio. La cella è un porto sicuro dove regnano la pace, il silenzio e la gioia. Anche se svolge compiti diversi, tutta la sua esistenza deve essere una preghiera continua.

Attraverso la pratica dell'orario il monaco impara a vivere al ritmo lento delle stagioni e dei tempi liturgici.

I fratelli

I fratelli affiancano alla vita di preghiera il lavoro manuale in modo più rilevante dei padri.

La vocazione di converso, nata a metà dell'XI secolo, fu vista, in un primo momento, come una forma di vita religiosa destinata ad assistere la solitudine degli eremiti, senza però che i fratelli conversi fossero essi stessi solitari. Agli inizi dell'ordine certosino i fratelli proteggevano la solitudine dei padri e la loro stessa solitudine era a sua volta protetta dal fatto di vivere all'interno del monastero ("deserto"). Nei secoli la loro abitazione fu separata da quella dei padri; oggi, invece, abitano nello stesso monastero.

Ai conversi si sono aggiunti i "donati". All'inizio essi erano operai aggregati al monastero e tenuti solo ad alcune preghiere. Poi diventarono monaci, con abito e con stile di vita simile a quella dei conversi. Tuttavia essi non si vincolano con voti, ma, si donano al monastero promettendo di servire Dio. I donati hanno proprie regole, meno vincolanti di quelle dei conversi; non sono tenuti, per esempio, a partecipare alle preghiere notturne.

Il procuratore

Nella certosa, i fratelli (conversi e donati) formano un gruppo attorno a un monaco detto procuratore, che assegna i vari lavori e coordina l'attività dei fratelli. Il procuratore può essere sia un padre che un fratello converso. Il procuratore ha anche il compito dell'amministrazione temporale del monastero, ed ha il dovere di non far diffondere nella casa i "rumori del mondo"; ha la funzione di permettere ai monaci di tendere alla contemplazione nel totale isolamento.

Statistiche

Al 31 gennaio 1996, l'ordine contava diciotto monasteri ("Certose") e 366 monaci, 177 dei quali presbiteri.

Documentari

Note
  1. Karl Bihlmeyer, Hermann Tuechle (1973) 246.
  2. 2,0 2,1 2,2 2,3 Karl Bihlmeyer, Hermann Tuechle (1973) 246.
  3. L'espressione è tratta dalla lettera di San Bruno al Prevosto di Reims, Rodolfo, n. 13.
  4. Omelia di Papa Benedetto XVI in occasione della visita a Serra San Bruno, 9 ottobre 2011.
  5. Lettera a Rodolfo, n. 4.
  6. http://www.certosini.info/la_vita_dei_padri.htm
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni