Santo Stefano di Grandmont
Santo Stefano di Grandmont Presbitero | |
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Santo | |
Santo Stefano di Grandmont (1650 ca.), incisione a bulino; collezione privata | |
Età alla morte | 78 anni |
Nascita | Thiers 1046 |
Morte | Monte Muret 8 febbraio 1124 |
Ordinazione presbiterale | 1073 |
Iter verso la canonizzazione | |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Canonizzazione | 1189, da Clemente III |
Ricorrenza | 8 febbraio |
Collegamenti esterni | |
Scheda su santiebeati.it |
Nel Martirologio Romano, 8 febbraio, n. 11:
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Santo Stefano di Grandmont, o di Muret o di Thiers (Thiers, 1046; † Monte Muret, 8 febbraio 1124), è stato un abate, eremita e fondatore francese dell'Ordine religioso di Grandmont; è venerato come santo dalla Chiesa cattolica.
Le notizie che conosciamo di Stefano ci pervengono da alcuni scritti del XII secolo, e sono:
- i Pensieri, raccolti dal suo discepolo Ugo di La Certa († 1157);
- la Regola di Grandmont scritta dal quarto priore, Stefano di Liciac (priore dal 1139 al 1163);
- la Vita Stephani Grandimontensis scritta dallo stesso priore. Nel 1190 il settimo priore, Gerardo Ithier, priore dal 1187 al 1198, arricchì questa Vita con il racconto di numerose leggende miracolistiche.
Biografia
Secondo il racconto delle Vitae, Stefano nacque a Thiers, figlio del visconte feudale del luogo; a dodici anni accompagnò il padre in un pellegrinaggio alla tomba di san Nicola a Bari, ma giuntovi si ammalò, e il padre fu costretto ad affidarlo alle cure dell'arcivescovo di Benevento, Milone.
Per dodici anni soggiornò presso l'arcivescovo ed ebbe così la possibilità di conoscere la vita di un gruppo di eremiti calabresi. Colpito dal loro esempio, decise di imitarli: fece approvare il suo progetto dal papa Alessandro II e, trascorsi altri quattro anni, ritornò al paese natio.
Tuttavia questa prima parte della Vita è insicura e contraddittoria nelle date, perché in effetti le reliquie di san Nicola furono trasportate a Bari nel 1087, mentre Milone fu arcivescovo di Benevento dal 1074 al 1076; inoltre il racconto dice che Stefano divenne eremita a Muret[1].
Nel 1076, all'età di 30 anni, rinunciò alla propria eredità per vivere come eremita sulle montagne di Ambazac nel Limosino. Stefano vi rimase per quarantasei anni, conducendo una vita di estrema austerità. Giunsero anche dei discepoli, e verso la fine della sua vita la comunità si trasferì in un monastero a Muret, dove si conduceva una vita di estrema povertà, simile nella regola ai certosini e ai camaldolesi (secondo Stefano non c'era bisogno di una nuova regola scritta, dal momento che non vi è altra regola che il Vangelo di Cristo).
La regola
Dopo la sua morte, venne scritta una regola attribuita al suo discepolo Ugo di Lacerta, il Liber sententiarum seu rationum, redatto sotto la guida del quarto priore del monastero Stefano di Liciac.
Stefano, paragonando il proprio stile di vita a quello di una prigione, diceva ai suoi discepoli:
« | Se vieni qui sarai inchiodato alla croce e perderai il tuo potere supra gli occhi, sopra la bocca e sopra le altre tue membra, ...., se vai in un grande monastero con graziosi edifici, vi troverai animali e ampie proprietà, ma qui avrai solo povertà e la croce » |
I suoi monaci dovevano essere eremiti che vivevano nel deserto, sul modello di San Giovanni Battista. Essi rinunciavano a tutto, persino a chiedere l'elemosina e a predicare o ascoltare meditazioni spirituali, consacrando la loro vita esclusivamente alla preghiera liturgica e personale. Altra caratteristica di questo cenobio fu la suddivisione delle attività tra i conversi a cui era affidata la responsabilità di tutta l'organizzazione e delle relazioni con il monto esterno e i monaci interamente dediti alla contemplazione e alla preghiera in quasi totale isolamento. I primi ad esempio di Marta e i secondi di sua sorella Maria. Nella comunità si attribuiva grande importanza alla povertà materiale e proprio questo può essere stato il motivo per cui nell'ordine non si ammisero donne, che avrebbero inevitabilmente portato con sé doti.[2]
Verso il termine della sua vita, secondo i racconti prima citati, ricevette la visita di due cardinali, legati pontifici a Limoges divenuti poi il Papa Innocenzo II e l'antipapa Anacleto II.
Morì a circa 80 anni dopo aver ricevuto i Sacramenti.
L'Ordine di Grandmont
Dopo la sua morte il romitaggio venne trasferito a Grandmont, dove nacque l'ordine monastico omonimo. I suoi discepoli si spostarono nella solitudine del "deserto di Grandmont" nel circondario di Limoges, portandosi le reliquie della loro guida e padre fondatore.
Sorse l'Ordine di Grandmont, costituito ed organizzato dal quarto priore Stefano di Liciac verso il 1150-60. Fu un ordine assai austero, con un modello di vita eremitica integrale, nel quale i fratelli non potevano possedere niente, né chiese, né greggi; inoltre, per lasciare ai chierici la più ampia libertà possibile, la Regola attribuiva ai conversi un'autorità esclusiva in campo amministrativo. Questo originò gravi difficoltà nel 1185 - 1188 con una rivolta dei conversi.
L'Ordine di Grandmont ebbe nella seconda metà del secolo XII una grande diffusione, grazie anche all'appoggio della dinastia reale dei Plantageneti, con i sovrani inglesi Enrico II e Riccardo Cuor di Leone.
Nel 1317 papa Giovanni XXII ridusse le case dell'Ordine da 149 a 39, soprattutto per una serie violente liti fra monaci e fratelli laici che scandalizzarono il mondo cristiano e per il rilassamento nel rispetto della severissima regola; nel XVI secolo l'abbazia fu data in commendam e dopo il fallimento di una riforma, l'Ordine venne soppresso tra il 1770 e il 1787.
Note | |
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