Vespasiano (imperatore)
Tito Flavio Vespasiano Pagano | |
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Imperatore romano | |
Moneta romana con effige di Vespasiano | |
Età alla morte | 69 anni |
Nascita | Cittareale 17 novembre 9 |
Morte | Cotilia 23 giugno 79 |
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Tito Flavio Vespasiano (Cittareale, 17 novembre 9; † Cotilia, 23 giugno 79) è stato il nono imperatore romano, il primo della dinastia Flavia.
Salì al trono nel 69 ristabilendo quella stabilità perduta dopo la morte di Nerone e riequilibrando l'impero a livello politico, economico e sociale.
Figlio secondogenito di Tito Flavio Sabino, esattore di imposte e operatore finanziario, e di Vespasia Polla, nobile.
Nascita e origini
Nacque da una famiglia contadina ben lontana da quelle con tradizioni aristocratiche. Dopo aver effettuato studi in legge incominciò la sua carriera nell’esercito in Tracia all’età di ventun’anni. Uono ferreo ma flessibile e, date le origini, privo di quelle stravaganze che alimentavano i fasti della famiglia Claudia, però possedeva una buona cultura e un ottima conoscenza della tradizione letteraria greca.
Carriera
A venticinque anni si trasferì a Creta per adempiere il ruolo di questore. Nel 40 divenne pretore e dopo aver sposato Domitilla, da cui avrà due figli, Tito e Domiziano, entrambi futuri imperatori, fu trasferito dapprima in Germania e poi in Inghilterra, dove si mise in evidenza durante la conquista romana dell’isola avvenuta sotto l’imperatore Claudio. Dopo un governatorato in Africa fu al seguito di Nerone che inizialmente lo accantonò perché commise l'errore di addormentarsi durante uno dei suoi concerti. Nonostante questo fatto, nel 66 venne, da Nerone, incaricato di sedare la rivolta in Giudea, dove scelse il figlio Tito come suo vice.
A Gerusalemme
Dopo un anno esatto di guerra, portata avanti con successo da Vespasiano, le ostilità si interruppero appena un attimo prima dell’assalto a Gerusalemme, a causa della improvvisa morte di Nerone e dello scoppio della guerra civile a Roma con conseguente elezione di ben quattro imperatori nell’arco di pochi mesi, provenienti da quattro diverse zone dell'impero, Calba dalla Spagna, Vitellio dalla Germania, Otone dai pretoriani e Vespasiano dalle legioni mediorientali, in antagonismo l'uno con l’altro.
Imperatore
Sulla nomina di imperatore a Vespasiano gli autorevoli storici dell’epoca non concordano pienamente: secondo Svetonio [1], Vespasiano venne designato imperatore dalle sue legioni spinte dall’entusiasmo nei suoi confronti, in contrapposizione a Vitellio, ufficialmente in carica; Tacito[2] sostenne che Vespasiano, avendo già giurato fedeltà a Vitellio era molto indeciso sul da farsi e solo dopo gli auspici degli indovini e l’iniziativa del prefetto d’Egitto di nominarlo imperatore sciolse ogni dubbio; Giuseppe Flavio [3]scrisse che Vespasiano rimase indignato per le modalità che portarono Vitellio al potere e dopo essere stato inneggiato dai suoi ufficiali, comunicò questo fatto al governatore dell’Egitto per chiederne il sostegno e l’appoggio militare. Comunque sia Vespasiano, anche se formalmente dichiarava fedeltà ai successori di Nerone, preparava con il fido Muciano, governatore della Siria quel progetto che gli avrebbe consentito di conquistare il potere. Quindi nel 69 arrivò la proclamazione ad imperatore, dapprima dalle legioni dislocate in Egitto, poi da quelle giudaiche, siriane e mediorientali e infine da quelle balcaniche e orientali.
Guerra civile contro Vitellio
La guerra civile contro Vitellio fu guidata in Italia da Antonio Primo, mentre Vespasiano soggiornava ad Alessandria d'Egitto, dove compì anche un paio di presunti miracoli, quali aver ridato la vista ad un cieco e la perfetta deambulazione ad uno zoppo. La guerra, pur sembrando volgere a favore delle truppe di Primo già dai primi scontri avvenuti nell'Italia settentrionale, ebbe un esito più incerto a Roma, dove anche il figlio Domiziano scampò ad una strage perpetrata dall'esercito di Vitellio. Ma finalmente il 21 dicembre, del 69 dopo l'arresto e l'eliminazione di Vitellio il Senato proclamò ufficialmente imperatore Vespasiano, e i suoi due figli, rispettivamente Tito console e Domiziano pretore. Una volta appresa questa notizia, Vespasiano pensò bene di inviare il figlio Tito a Gerusalemme per domare, una volta per tutte, la rivolta giudaica e di ritornare a Roma imbarcandosi ad Alessandria per effettuare il tragitto parte via mare parte via terra e ricevendo una festosa accoglienza dovunque, secondo le cronache di Giuseppe Flavio.
Amministrazione interna
Una volta rientrato a Roma e preso il potere, il suo compito parve subito difficile perché si trattava di rimettere in sesto sia il morale dell'esercito, provato dopo la guerra civile, sia quello della popolazione, gravata da continue tasse e vessazioni. Vespasiano si distinse immediatamente dai suoi predecessori mettendo fine agli sprechi della dinastia Claudia e badando al sodo, come ad esempio per quanto riguarda l'amministrazione interna, promulgando la Lex de imperio Vespasiani che prevedeva una legittimazione giuridica, e non più divina, al suo governo e a quello dei suoi successori, oppure riformando il Senato e l'ordine equestre, sostituendone gli esponenti meno degni con alcuni nuovi, provenienti anche dalle provincie e allargandone il numero da 200 a 1000. Aumentarono sempre più, comunque, i funzionari e i collaboratori del'Imperatore provenienti dall'ordine equestre. Le ristrutturazioni riguardarono anche le coorti pretoriane e i legionari che migliorarono soprattutto i vertici, l'organizzazione e l'efficienza. Vespasiano operò anche una valida riforma giudiziaria per consentire un accorciamento dei tempi necessari e una riduzione del numero delle pendenze. Dal punto di vista etico e morale combattè la lussuria dilagante e la pratica dell'usura, mentre fu instancabile nel promuovere lavori pubblici, restauri ed abbellimenti nella capitale, tra i quali va ricordata la ricostruzione del Campidoglio, la realizzazione di un terzo foro, la costruzione, oltreché la tassazione, dei famosi orinatoi che presero il nome di "vespasiani", l'inizio dei lavori per il Colosseo, l'elargizione di vitalizi indirizzati agli artigiani, ai retori, il finanziamento per la ricostruzione di città e borghi colpiti da calamità, la ricostruzione di numerose fortezze legionarie di confine.[4]
Politica estera
Per quanto riguarda la politica estera, Vespasiano dovette affrontare la grana giudaica, già prima di insediarsi come imperatore, e se nel 68 la ribellione nel nord della palestina fu domata da Vespasiano, fu solo due anni dopo che suo figlio Tito pose fine ad ogni velleità di indipendenza dei Giudei con la conquista di Gerusalemme e la distruzione del Tempio.[5] Dopo questo evento, per il quale padre e figlio riceveranno a lungo gli onori ed il trionfo, il Tempio di Giano venne chiuso sancendo di fatto nove anni di pace durante il regno di Vespasiano. Infatti gli unici problemi che coinvolsero Vespasiano nel resto dell'Impero si limitarono a qualche scaramuccia dei Batavi sospinti dalla sacerdotessa Veleda [6], a domare le popolazioni sarmatiche a sud del Danubio e quelle britanniche, tutti impegni collocabili temporalmente agli anni 68 e 69.
Morte
Morì improvvisamente all'età di sessantanove anni presso Rieti per curarsi alle Terme di Cotilia, dove ogni anno era solito trascorrere l'estate. Sentendo che si stava spegnendo esclamò: «Un imperatore deve morire in piedi», spirando tra le braccia di chi lo stava sostenendo.
Predecessore: | Imperatore romano | Successore: | |
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Vitellio | 1 luglio 69 – 23 giugno 79 | Tito |
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |