Abbazia dei Santi Pietro e Paolo in Viboldone (San Giuliano Milanese)
Abbazia dei Santi Pietro e Paolo in Viboldone | |
Abbazia dei Santi Pietro e Paolo in Viboldone, complesso monastico | |
Stato | Italia |
---|---|
Regione | Lombardia |
Regione ecclesiastica |
Regione ecclesiastica Lombardia |
Comune | San Giuliano Milanese |
Località | Viboldone |
Diocesi | Milano |
Religione | Cattolica di Rito ambrosiano |
Indirizzo |
Via Folli, 1/A - Loc. Viboldone 20098 San Giuliano Milanese (MI) |
Telefono |
+39 02 9841203; +39 02 9841203 |
Fax | +39 02 98240943 |
Posta elettronica |
benedettine@viboldone info@amicidiviboldone.it benedettine@viboldone |
Sito web | Sito ufficiale |
Proprietà | Stato italiano |
Oggetto tipo | Abbazia |
Oggetto qualificazione | umiliata |
Dedicazione |
San Pietro apostolo San Paolo apostolo |
Sigla Ordine qualificante | O.Hum. |
Sigla Ordine reggente | O.S.B. |
Stile architettonico | Romanico, gotico |
Inizio della costruzione | 1176 |
Completamento | 1348 |
Data di consacrazione | 1348 |
Note | L'abbazia è attualmente affidata ad una comunità di monache benedettine. |
Coordinate geografiche | |
Milano | |
L'Abbazia dei Santi Pietro e Paolo in Viboldone è un monastero umiliato, situato a San Giuliano Milanese (Milano); per la bellezza della sua architettura e dei suoi dipinti murali trecenteschi è uno dei più importanti complessi medievali della Lombardia.
Storia
L'abbazia fu fondata nel 1176 e completata nel 1348 dagli Umiliati, un ordine religioso formato da religiosi e laici che, attorno all'attuale chiesa, praticavano una spiritualità austera e conducevano una vita frugale di preghiera e di lavoro, fabbricando panni di lana e coltivando i campi.
Nella seconda metà del XVI secolo, gli Umiliati entrarono in forte contrasto con l'arcivescovo di Milano, san Carlo Borromeo, tanto da organizzare un attentato contro di lui: questo provocò una dura repressione del movimento e la soppressione dell'ordine nel 1571 con una bolla di papa Pio V. Dopo l'abolizione degli Umiliati, l'abbazia venne affidata ai monaci della Congregazione Benedettina Olivetana fino al 1777, quando furono costretti dal governo austriaco ad abbandonare il cenobio.
Il monastero, a lungo abbandonato, fu ripreso e ricostruito dall'architetto Luigi Caccia Dominioni nel secondo dopoguerra, anche se una comunità di monache benedettine vi era ritornata già nel 1941.
Descrizione
Chiesa
La chiesa, seppur molto rimaneggiata, è l'unico avanzo dell'antico complesso monastico. Iniziata nel 1176,[1] com'era consuetudine, dalle prime due campate orientali, fu proseguita nella seconda metà del XIII secolo e conclusa, con la facciata ed il campanile nel 1348, data che si trova incisa sia sulla lesena destra della facciata sia sull'iscrizione che le sta accanto, dove viene anche ricordato il nome del priore che condusse a compimento la fabbrica, Guglielmo Villa:
« | MCCCXLVIII HOC OPUS FACTUM FUIT / TEMPOR D(O)MINI F(RAT)RIS / GUILL(EL)MI DE VILLA / P(RO)FESSI ET P(RE)POSITI/ HUIUS DOMUS / DECRETORUM DOCTORIS. » |
Esterno
Nella facciata a capanna, si evidenzia la commistione di caratteri del romanico e del gotico lombardi, con impiego del laterizio (come nel resto dell'edificio), tripartizione in lesene cilindriche e rinforzi laterali su pilastri, monofore a ghimberga e bifore laterali a cielo aperto. Il grande oculo ed il portale marmorei accentuano l'accostamento cromatico di pietra e cotto, mostrato in alto anche dagli inserti negli archi delle bifore.
Nelle lunetta del portale e nelle due edicole laterali sono collocate sculture, in marmo, opera del campionese Maestro di Viboldone:
- Gruppo scultoreo con Madonna con Gesù Bambino in trono, sant'Ambrogio e san Bernardo di Chiaravalle;
- Statue di San Pietro e San Paolo.
Il campanile, che s'innalza sopra il tiburio della chiesa (secondo la tradizione cistercense),[2] si presenta a base rettangolare, con monofore murate in basso e, nella cella, bifore e trifore, e coronato da cuspide conica.
Interno
La chiesa si presenta a pianta basilicale ad andamento longitudinale, a tre navate voltate a crociera su costoloni, con transetto non sporgente ed abside a terminazione piatta. Le navate sono scandite da archi acuti poggianti su tozze colonne con capitelli a cubo scantonato.
Intorno alla metà del XIV secolo, dopo il completamento dell'esterno, iniziò anche la decorazione interna della chiesa abbaziale; essa costituisce uno dei più ampi e significativi complessi di affreschi gotici presenti in Lombardia, scoperti sotto pesanti strati di calce alla fine del XIX secolo da Diego Sant'Ambrogio e negli anni Trenta da Fernanda Wittgens. I dipinti si concentrano in particolare nella zona orientale dell'edificio: due sono le campagne decorative trecentesche di maggior rilievo, la cui lettura permette di comprendere il significato dell'intera cultura pittorica lombarda del periodo post-giottesco.
La quarta campata è interamente decorata, sia nelle vele della volta sia sulle pareti, con un ciclo di dipinti murali, ad affresco, con Storie della vita di Gesù Cristo (terzo quarto del XIV secolo), attribuito al cosiddetto secondo Maestro di Viboldone,[3] da alcuni studiosi identificato con Anovelo da Imbonate. Il ciclo ha inizio nella volta con l'Annunciazione, e termina nella parete sinistra con la Pentecoste: sono quattordici scene, delle quali quelle della volta assecondano lo spazio a spicchio, che provoca qualche spigolosità nella resa delle figure.
- Nelle vele della volta:
- Annunciazione;
- Adorazione dei Magi;
- Presentazione di Gesù al Tempio;
- Battesimo di Gesù Cristo.
- La parete destra è suddivisa in tre registri, ed a partire dall'alto e da destra a sinistra, si vede, seguendo la narrazione del Vangelo di Matteo (26-27):
- Ultima Cena;
- Orazione di Gesù Cristo nell'orto di Gethsemani;
- Bacio di Giuda Iscariota;
- Cattura di Gesù Cristo;
- Flagellazione di Gesù Cristo;
- Incontro di Gesù con le pie donne;
- Salita di Gesù Cristo al monte Calvario.
- Sulla parete dell'arco trionfale, Crocifissione di Gesù Cristo.
- Sulla parete di sinistra, dall'alto:
- Pietà;
- Incredulità di san Tommaso;
- Ascensione;
- Pentecoste.
Nell'ultima campata, sono presenti dipinti murali raffiguranti:
- alla parete di fondo: Madonna con Gesù Bambino in trono tra san Michele arcangelo, san Giovanni Battista, sant'Ambrogio, san Bernardo di Chiaravalle e donatore (1349), affresco, di un anonimo pittore fiorentino, allievo di Giotto.
- nella parete opposta: Giudizio universale (metà del XIV secolo), affresco, attribuito a Giusto de' Menabuoi: il Giudizio, solitamente veniva dipinto sulla controfacciata come monito per il fedele che usciva dalla chiesa, qui si trova invece in una zona destinata ad essere vista soltanto dalla comunità monastica. L'artista riprende semplificandolo lo schema del Giudizio di Giotto nella cappella degli Scrovegni a Padova, città nella quale il Menabuoi stesso sarà attivo nei decenni successivi.
Nella navata sinistra si notano:
- nella prima campata, sono presenti dipinti murali, ad affresco, databili alla seconda metà del XIV secolo, attribuiti a Giusto de' Menabuoi, raffiguranti:
Nella navata destra si segnalano:
- nella prima campata, Madonna con Gesù Bambino in trono, santi e un offerente (1395), affresco, attribuito a Michelino da Besozzo.
- nella seconda campata, sono presenti dipinti murali, ad affresco, databili 1370 - 1380 ca., di un anonimo pittore toscano, raffiguranti:
- nelle vele della volta, Simboli degli Evangelisti;
- negli intradossi:
- nell'arco di sinistra, Gesù Cristo benedicente e vergini sagge: le donne, rese a mezzo busto, tengono in mano ben visibili, le lampade accese (Mt 25,1-4 );
- di fronte, Vergini stolte: presentate a figure intera, in vesti ricercate ed attillate;
- nell'arco verso la navata centrale, Busti di profeti;
- nell'estradosso, Virtù cardinali: Giustizia, Temperanza e Fortezza.
Monastero
Del antico complesso monastico rimane soltanto il Palazzo dei Priori,[4] che si erge sul lato sinistro della chiesa. Si sa per certo che l'edifico e i terreni circostanti finirono nelle proprietà della nobile famiglia Castelbarco Albani. Da essa la comunità monastica femminile, nel 1941, ebbe in affitto l'antica residenza conventuale.
Il palazzo, a pianta rettangolare, che si sviluppa su quattro livelli, si presenta in forme rinascimentali con murature perimetrali portanti in mattoni pieni ed una copertura sorretta da un impianto strutturale ligneo. L'edificio è particolarmente interessante non solo per le splendide finestre in cotto riccamente decorate, che si affacciano sul cortile interno, ma anche per i dipinti murali perfettamente conservati. Infatti, al piano nobile (primo piano) della palazzina, la Sala della Musica è decorata con splendidi dipinti murali raffiguranti:
- Strumenti musicali (fine XV - inizio XVI secolo), affreschi a monocromo: i dipinti presentano l'immagine di un portico, dove lesene scanalate ripartiscono dodici finestre che contengono vari strumenti musicali, resi a grandezza reale e disposti a coppie incrociate secondo uno schema a trofeo che evidenzia la centralità dell'immagine, la simmetria e l'assenza di gravità tipica delle grottesche. I dipinti costituiscono un'efficace testimonianza degli strumenti in uso a Milano nel Rinascimento.
Galleria fotografica
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Note | |||||||||||||
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