San Bernardo di Chiaravalle

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San Bernardo di Chiaravalle, O.Cist.
Monaco
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battezzato
Santo
Abate e Dottore della Chiesa
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Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 63 anni
Nascita Fontaine-lès-Dijon
1090
Morte Ville-sous-la-Ferté
20 agosto 1153
Sepoltura
Conversione
Appartenenza
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Ordinato diacono
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Incarichi ricoperti
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° vescovo di Roma
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Fine del
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(per causa incerta o sconosciuta)
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Extra San Bernardo di Chiaravalle
Anni di pontificato


Cardinali creazioni
Proclamazioni
Antipapi {{{antipapi}}}
Eventi

Iter verso la canonizzazione

Venerato da Chiesa cattolica
Venerabile il [[{{{aV}}}]]
Beatificazione [[{{{aB}}}]]
Canonizzazione 1174, da Alessandro III
Ricorrenza 20 agosto
Altre ricorrenze
Santuario principale {{{santuario principale}}}
Attributi abito bianco, baculo pastorale, mitria, ostia, demonio incatenato, cane bianco, libro, arnia
Devozioni particolari {{{devozioni}}}
Patrono di agricoltori, apicoltori
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Incoronazione
Investitura
Predecessore
Erede
Successore
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Onorificenze
Nome templare {{{nome templare}}}
Nomi postumi
Altri titoli
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Coniuge

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Consorte

Consorte di

Figli
Religione {{{religione}}}
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Virgolette aperte.png
Quanto più si è buoni, tanto più si è cattivi, se si attribuisce a proprio merito ciò per cui si è buoni.
Virgolette chiuse.png
(Sermones super Cantica Canticorum, LXXXIV)
Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano, 20 agosto, n. 1:
« Memoria di san Bernardo, abate e dottore della Chiesa, che entrato insieme a trenta compagni nel nuovo monastero di Cîteaux e divenuto poi fondatore e primo abate del monastero di Chiaravalle, diresse sapientemente con la vita, la dottrina e l'esempio i monaci sulla via dei precetti di Dio; percorse l'Europa per ristabilirvi la pace e l'unità e illuminò tutta la Chiesa con i suoi scritti e le sue ardenti esortazioni, finché nel territorio di Langres in Francia riposò nel Signore. »

San Bernardo di Chiaravalle (fr.: Bernard de Clairvaux detto anche Doctor Mellifluus; Fontaine-lès-Dijon, 1090; † Ville-sous-la-Ferté, 20 agosto 1153) è stato un monaco, abate e teologo francese, fondatore della celebre abbazia di Clairvaux e di altri monasteri (ad esempio, in Italia, l'Abbazia di Chiaravalle). È venerato come santo dalla Chiesa cattolica. Canonizzato nel 1174 da papa Alessandro III, fu dichiarato Dottore della Chiesa, da papa Pio VIII nel 1830. Nel 1953 papa Pio XII gli dedicò l'enciclica Doctor Mellifluus.

Biografia

La casa natale di Bernardo di Chiaravalle

Terzo di sette fratelli, nacque da Tescelino il Sauro, vassallo di Oddone I di Borgogna e da Aletta, figlia di Bernardo di Montbard, anch'egli vassallo del duca di Borgogna. Studiò solo grammatica e retorica (non tutte le sette arti liberali, dunque) nella scuola dei canonici di Nôtre Dame di Saint-Vorles, presso Châtillon-sur-Seine, dove la famiglia aveva dei possedimenti.

Ritornato nel castello paterno di Fontaines, nel 1111, insieme ai cinque fratelli e ad altri parenti e amici, si ritirò nella casa di Châtillon per condurvi una vita di ritiro e di preghiera finché, l'anno seguente, con una trentina di compagni si fece monaco nel monastero cistercense di Cîteaux, fondato quindici anni prima da Roberto di Molesmes e allora retto da Stefano Harding.

Nel 1115, insieme con dodici compagni, tra i quali erano quattro fratelli, uno zio e un cugino, si trasferì nella proprietà di un parente che aveva donato ai monaci un vasto terreno nella regione della Champagne sulle rive del fiume Aube, nella diocesi di Langres, perché vi fosse costruito un nuovo monastero cistercense: essi chiamarono quella valle Clairvaux, Chiara valle.

Ottenuta l'approvazione del vescovo Guglielmo di Champeaux e ricevute numerose donazioni, l'Abbazia di Clairvaux divenne in breve tempo un centro di richiamo oltre che di irradiazione: già dal 1118 monaci di Clairvaux partirono per fondare altrove nuovi monasteri, come a Trois-Fontaines, a Fontenay, a Foigny, a Autun, a Laon; alla morte di Bernardo le abbazie cistercensi erano 343, di cui 66 fondate o riformate da lui stesso.

Per tutta la sua vita Bernardo fu strenuo difensore dell'ortodossia, della lotta contro le eresie e dell'autorità assoluta della Chiesa. Nel concilio di Sens del 1140, si scagliò contro le dottrine di Pietro Abelardo, che furono condannate; lottò inoltre contro Gilberto Porretano e Arnaldo da Brescia.

La seconda crociata del 1147 fu opera della sua predicazione.

La via mistica

Bernardo è fondamentalmente propenso non alla speculazione intellettuale, ma alle questioni pratiche, di vita vissuta e alle riflessioni morali. Secondo Bernardo l'unico modo per giungere alla verità consiste nella pratica della contemplazione e della preghiera e non nell'astratto ragionamento. Nel Sermo 36 super cantica, Bernardo illustra la natura e i limiti del sapere affermando che lo studio, in termini di fede, è giustificato solo se eleva verso Dio, mentre se è condotto: per il puro desiderio di sapere; per insuperbirsi; per risolvere problemi di ogni genere realizzando dei profitti; esso viene etichettato, a dipendenza di come vine esercitato, come turpe curiosità, turpe vanità, turpe mercimonio. Così scrive il Santo:

Filippino Lippi, Apparizione della Madonna a san Bernardo di Chiaravalle scrivente (1480 ca.), tavola; Firenze, Badia, cappella di S. Bernardo
« Vedi, come san Paolo apostolo 8,2 fa dipendere il frutto e l'utilità della scienza dal modo di sapere? Ma che vuol dire modo di sapere, se non che tu sappia con quale ordine, con quale animo, a qual fine, che cosa si debba sapere? Con quale ordine: anzitutto, ciò che è più opportuno per la salvezza; con quale animo: più appassionatamente ciò che più accende l'amore; a qual fine: non per vana gloria o per curiosità o per qualcosa di simile, ma solo per tua edificazione o del prossimo. Vi sono infatti alcuni che amano di sapere solo per sapere; ed è turpe curiosità. Altri che desiderano di conoscere perché essi stessi siano conosciuti; ed è turpe vanità. Ci sono alcuni che desiderano di sapere per vendere la loro scienza, ad esempio, per denaro, per gli onori; ed è turpe mercimonio. Ma ci sono anche di quelli che vogliono sapere per edificare; ed è carità. Ci sono poi coloro che desiderano sapere per esser edificati; ed è prudenza »

La più alta conquista umana è, per Bernardo, il volo dell'anima verso la contemplazione: l'unica via attraverso la quale sia possibile conoscere Dio. Attraverso l'assidua meditazione dei misteri del Cristo è possibile giungere alla conoscenza e all'amore nei confronti del crocifisso. Solo la contemplazione mistica è in grado di dare la pace e la gioia del pieno possesso.

Per giungere a questo risultato è però necessaria una limitazione dell'intelletto che, se si spinge troppo oltre e invade i confini della fede, compie una vera e propria profanazione del sacro. Come esempi da non imitare, di curiosità e vanità, Bernardo presenta Aristotele e Platone, ritenuti i due massimi esponenti dell'umana sapienza. Occorre evitare di studiare le curiose sottigliezze del primo e le vane arguzie del secondo. Dice il santo ai suoi monaci che i nostri maestri dovrebbero essere Pietro e Paolo, che ci insegnano invece a vivere.

In occasione della presentazione a Innocenzo II dell'accusa contro Abelardo, Bernardo prende di mira gli 'Academici, additandoli come pensatori che vagano qua e là, curiosi e vani, tra opinioni ed errori, che devono accontentarsi di rimanere nell'incertezza e non possono mai giungere a verità certe.[1]

Rapporti con gli altri religiosi

L'abbazia di Cluny

Nella Lettera 1, spedita verso il 1124 al cugino Roberto, Bernardo mostra di considerare la vita monastica dei benedettini di Cluny, allora all'apogeo del loro sviluppo, come un luogo che negava i valori della povertà, dell'austerità e della santità; egli rifiuta la teoria della regola benedettina della stabilitas - ossia del legame permanente e definitivo che dovrebbe stabilirsi fra monaco e monastero - sostenendo la legittimità del passaggio da un convento cluniacense a uno cistercense, essendovi in quest'ultimo professata una regola più rigorosa e più aderente alla Regola di San Benedetto, pertanto una vita monastica perfetta. La polemica fu da lui ripresa nell' Apologia all'abate Guglielmo, sollecitata da Guglielmo, abate del monastero di Saint-Thierry, che ebbe una risposta dall'abate di Cluny, Pietro il Venerabile, nella quale l'abate rivendicava la legittimità della discrezione nell'interpretazione della regola benedettina.

Nel 1130, alla morte di Onorio II, furono eletti due papi: uno, dalla fazione della famiglia romana dei Frangipane, col nome di Innocenzo II e un altro, appoggiato dalla famiglia dei Pierleoni, con il nome di Anacleto II; Bernardo appoggiò attivamente il primo che, nella storia della Chiesa, per quanto eletto da un minor numero di cardinali, sarà riconosciuto come autentico papa, grazie soprattutto all'appoggio dei maggiori regni europei (AnacletoII verrà considerato un antipapa).

Numerosi furono i suoi interventi in questioni che riguardavano i comportamenti di ecclesiastici:

  • accusò di scorrettezza Simone, vescovo di Noyon e di simonia Enrico, vescovo di Verdun;
  • nel 1138 favorì l'elezione a vescovo di Langres del proprio cugino Goffredo della Roche-Vanneau, malgrado l'opposizione di Pietro il Venerabile e, nel 1141, ad arcivescovo di Bourges di Pietro de La Châtre;
  • l'anno dopo ottenne la sostituzione di Guglielmo di Fitz-Herbert, vescovo di York, con l'amico cistercense Enrico Murdac, abate di Fountaine.

I Templari

Nel 1119 alcuni cavalieri, sotto la guida di Ugo di Payns, feudatario della Champagne e parente di Bernardo, fondarono un nuovo ordine monastico-militare, l'Ordine dei Cavalieri del Tempio, con sede in Gerusalemme, nella spianata ove sorgeva il Tempio ebraico; lo scopo dell'Ordine, posto sotto l'autorità del patriarca di Gerusalemme, era di vigilare sulle strade percorse dai pellegrini cristiani. L'Ordine ottenne nel concilio di Troyes del 1128 l'approvazione di papa Onorio II e sembra che la sua regola sia stata ispirata da Bernardo, il quale scrisse, verso il 1135, l'Elogio della nuova cavalleria (De laude novae militiae ad Milites Templi).

L'interesse di Bernardo per le vicende politiche del suo tempo si manifestò anche in occasione dei conflitti che opposero il conte della Champagne, Tibaldo II, da lui sostenuto, al re di Francia Luigi VII e in occasione della repressione, nel 1140, del neonato Comune di Reims, operata dal suo pupillo cistercense, il vescovo Sansone di Mauvoisin.

Il conflitto con Pietro Abelardo

L' Apologia contra Bernardum di Abelardo

Grande fu la risonanza del conflitto che oppose Bernardo al filosofo Pietro Abelardo.

Nel 1140 Guglielmo di Saint-Thierry, cistercense del convento di Signy, scriveva al vescovo di Chartres, Goffredo di Lèves e a Bernardo, denunciando che due opere di Abelardo, il Liber sententiarum e la Theologia scholarium, contenevano, a suo giudizio, affermazioni teologicamente erronee, elencandole in un proprio scritto, la Discussione contro Pietro Abelardo.

Bernardo, "senza però leggere direttamente i testi incriminati (alcuni dei quali, di fatto, non erano di Abelardo)"[2], scrisse a papa Innocenzo II la Lettera 190, sostenendo che Abelardo concepiva la fede come una semplice opinione; davanti agli studenti parigini pronunciò il sermone de La conversione, attaccando Abelardo e invitandoli ad abbandonare le sue lezioni.

Abelardo reagì chiedendo all'arcivescovo di Sens di organizzare un pubblico confronto con Bernardo, da tenersi il 3 giugno 1140, ma questi, temendo l'abilità dialettica del suo contraddittore, il giorno prima presentò 19 affermazioni chiaramente eretiche, attribuendole ad Abelardo (seppur "non sempre con scrupolosa aderenza ai testi e al loro significato"[3]), chiamando i vescovi presenti a condannarle e invitando il giorno dopo lo stesso Abelardo a pronunciarsi in proposito.

Al rifiuto di Abelardo, che abbandonò il concilio, seguì la condanna dei vescovi, ribadita il 16 luglio successivo dal papa.

La lotta contro gli eretici

Nel 1144 il monaco Evervino di Steinfeld lo informò di un'eresia, di tipo pauperistico, diffusa in quel di Colonia, alla quale rispose con i Sermoni 63, 64, 65 e 66; l'anno successivo accolse l'invito del cardinale di Ostia, Alberico, a combattere un'eresia diffusa nella regione di Tolosa dal monaco Enrico di Losanna, seguace di Pietro di Bruys, critico nei confronti delle gerarchie ecclesiali e propositore di una vita improntata alla povertà e alla penitenza; in questa occasione, Bernardo ritenne necessario recarsi, insieme con il suo segretario Goffredo d'Auxerre a Tolosa. Ottenuta, dopo molti contrasti, una professione di fede, tornò a Chiaravalle e indirizzò una lettera agli abitanti di Tolosa - la Lettera 242 - nella quale esprimeva la sua convinzione che quelle dottrine fossero state definitivamente confutate.

Richiesto ancora di pronunciarsi sulle tesi trinitarie del vescovo di Poitiers e maestro di teologia a Parigi, Gilberto Porretano, nel 1148, nuovamente Bernardo tentò di far approvare da vescovi da lui riuniti a parte, una preventiva condanna che il sinodo da tenere il giorno successivo a Reims avrebbe dovuto semplicemente ratificare; questa volta, tuttavia, i vescovi non appoggiarono la sua iniziativa, tanto che Bernardo dovette cercare appoggio da papa Eugenio III. La difesa di Gilberto - che affermò di non aver mai sostenuto le tesi a lui contestate, frutto, a suo dire, di interpretazioni erronee dei suoi studenti - fece cadere ogni accusa.

Il De Laude Novae Militiae

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce De laude novae militiae ad Milites Templi

Questa opera fu composta tra il 1128, anno del concilio di Troyes, e il 1136, anno della morte di Ugo di Payns, Maestro dell'Ordine dei Templari, cui fu dedicata l'opera.

San Bernardo indica la figura del Cavaliere del Tempio, come un monaco-guerriero, che fa uso di due spade: una, da impiegarsi nella lotta contro il Male, una lotta prettamente interna alla persona e spirituale e l'altra rivolta verso i nemici esterni: gli infedeli, i pagani, gli eretici.

Secondo Bernardo l'uccisione di un infedele, di un eretico o di un pagano non è da considerarsi come un atto criminoso: nihil habeat criminis (non c'è crimine). L'uccisione di un nemico della fede da parte di un soldato di Cristo non rappresenta un omicidio ma un "malicidio", ossia l'uccisione dell'incarnazione del male[4].

Bernardo contrappone la guerra in nome di Cristo alla guerra condotta dalle milizie secolari, dove Christus non est causa militandi. Secondo Bernardo nessuna causa può rendere buona una guerra profana: né le biasimevoli passioni, né il desiderio di vendetta, né la necessità di eludere un pericolo incombente. Ma, se la causa è Cristo, allora l'usare la spada è addirittura meritorio: con questo argomento Bernardo intendeva volgere completamente gli ideali cavallereschi al servizio della Chiesa nella lotta agli infedeli.[5]

La seconda crociata

Emile Signol, San Bernardo di Chiaravalle predica la seconda Crociata in presenza del re Luigi VII a Vezelay (XIX secolo)

Il 15 febbraio 1145, a Roma, nel convento di san Cesario, sul Palatino, il conclave eleggeva nuovo papa Eugenio III, abate del monastero dei Santi Vincenzo e Anastasio alle Tre Fontane; il nuovo papa, Bernardo Paganelli, conosceva bene Bernardo, per averlo incontrato nel concilio di Pisa del 1135 e per aver fatto la professione monastica come cistercense proprio a Chiaravalle nel 1138. Bernardo, felicitandosi per l'elezione, gli ricordava curiosamente che si diceva «che non siete voi a essere papa, ma io e ovunque, chi ha qualche problema si rivolge a me» e che era stato proprio lui, Bernardo, ad «averlo generato per mezzo del Vangelo».

Eugenio III incaricò Bernardo di predicare a favore della nuova crociata che si stava preparando e che avrebbe dovuto essere composta soprattutto da francesi, ma Bernardo riuscì a coinvolgere anche i tedeschi. La crociata fu un completo fallimento che Bernardo giustificò, nel suo trattato La considerazione, con i peccati dei crociati, che Dio aveva messo alla prova.

Lo stesso trattato, finito di comporre nel 1152, si occupava anche dei compiti del papato e Bernardo lo mandò a papa Eugenio che si dibatteva con le difficoltà procurategli dall'opposizione dei repubblicani romani, guidati da Arnaldo da Brescia.

Le condizioni di salute di Bernardo cominciano a peggiore alla fine del 1152: ebbe ancora la forza di intraprendere un viaggio fino a Metz, in Lorena, per mettere fine ai disordini che travagliavano quella città. Tornato a Chiaravalle, apprese la notizia della morte di papa Eugenio, avvenuta l'8 luglio 1153 e morì il mese dopo.

Rivestito con un abito appartenuto al vescovo San Malachia, del quale aveva appena finito di scrivere una biografia, viene sepolto davanti all'altare della sua abbazia.

Taumaturgo

« Le attestazioni di miracoli compiuti dall'abate di Chiaravalle sono numerose, sia nelle Vitae sia in altre fonti; se ne contano più di ottocento... I segni posti da S. Bernardo sono guarigioni, esorcismi, conoscenze soprannaturali e poteri sulla natura.
La sua attività taumaturgica è quella più presente: guarisce disturbi della motilità, la cecità o disturbi della vista, il mutismo, la febbre, ma interviene anche in casi di malattie nervose... A volte, i segni mirano a ottenere un'adesione, ad esempio durante la predicazione della crociata, o a ricondurre all'ortodossia della fede. Spesso, il loro unico scopo è quello di lenire la miseria e la sofferenza. Si può affermare che è la fede di un popolo sofferente nell'uomo di Dio a stimolare il suo carisma»
(Joel Regnard, in AA. VV., Dizionario dei miracoli e dello straordinario cristiano, direzione di Patrick Sbalchier, vol. 1, EDB Bologna, 2008, pp. 247-248)

Questi racconti sono troppo universalmente attestati dai testimoni del XII secolo per essere ridotti a semplici generi letterari: [6]

Dottrina

La restaurazione della natura umana

Riguardo il suo pensiero teologico e filosofico, Bernardo esprime sul piano morale un orientamento ispirato, apparentemente, al pessimismo:

« [...] generati dal peccato, noi peccatori generiamo peccatori; nati corrotti, generiamo dei corrotti; nati schiavi, generiamo degli schiavi. »

San Bernardo, dunque, combatte alcune tesi del suo tempo, come la teoria secondo la quale i discendenti di Adamo non abbiano in sé un peccato originale sin dalla nascita, ma solo un malum poenae, un "«male di pena". Bernardo dice anche:

« L'uomo è impotente di fronte al peccato. »

Ciò, evidentemente non è una giustificazione al peccato stesso, ma una spiegazione della miseria umana che nei nostri peccati si rivela, ma che è originata dal peccato originale che in ciascuno è impresso come un marchio.

Dunque, la questione fondamentale è restaurare la natura umana, per riportare l'uomo al suo stato di "figlio di Dio" e dunque "essere eterno" nella beatitudine del Padre. Poiché ognuno porta in sé il peccato originale, però, nessuno può restaurare la propria natura da solo, ma può farlo solamente attraverso la "mediazione" di Cristo, che è Soter ("Salvatore"), proprio in quanto per noi è morto, espiando al nostro posto quel peccato originale che nessun altro poteva espiare, essendone sottoposto.

Nella sua opera De gradibus humilitatis et superbiae, tuttavia, dice che, per avere la "mediazione" di Cristo, l'uomo deve superare l'"io di carne", deve limitare e poi annullare la superbia e l'amore di sé, attraverso l'umiltà. Contro di sé, dunque, deve porre l'amore di Dio, poiché solo col Suo amore si ottiene anche la Sua vera intelligenza e solo con esso

« [...] l'anima passa dal mondo delle ombre e delle apparenze all'intensa luce meridiana della Grazia e della verità»

I quattro gradi dell'amore

Nel De diligendo Deo, San Bernardo continua la spiegazione di come si possa raggiungere l'amore di Dio, attraverso la via dell'umiltà. La sua dottrina cristiana dell'amore è originale, indipendente dunque da ogni influenza platonica e neoplatonica.

Secondo Bernardo esistono quattro gradi sostanziali dell'amore, che presenta come un itinerario, che dal sé esce, cerca Dio, e infine torna al sé, ma solo per Dio. I gradi sono:

1) L'amore di se stessi per sé:

« [...] bisogna che il nostro amore cominci dalla carne. Se poi è diretto secondo un giusto ordine, [...] sotto l'ispirazione della Grazia, sarà infine perfezionato dallo spirito. Infatti non viene prima lo spirituale, ma ciò che è animale precede ciò che è spirituale. [...] Perciò prima l'uomo ama se stesso per sé [...]. Vedendo poi che da solo non può sussistere, comincia a cercare Dio per mezzo della fede, come un essere necessario e Lo ama. »

2) L'amore di Dio per sé:

« Nel secondo grado, quindi, ama Dio, ma per sé, non per Lui. Cominciando però a frequentare Dio e ad onorarlo in rapporto alle proprie necessità, viene a conoscerlo a poco a poco con la lettura, con la riflessione, con la preghiera, con l'obbedienza; così gli si avvicina quasi insensibilmente attraverso una certa familiarità e incomincia a gustare, quanto sia soave. »

3) L'amore di Dio per Dio:

« Dopo aver assaporato questa soavità l'anima passa al terzo grado, amando Dio non per sé, ma per Lui. In questo grado ci si ferma a lungo, anzi, non so se in questa vita sia possibile raggiungere il quarto grado. »

4) L'amore di sé per Dio:

« Quello cioè in cui l'uomo ama se stesso solo per Dio. [...] Allora, sarà mirabilmente quasi dimentico di sé, quasi abbandonerà se stesso per tendere tutto a Dio, tanto da essere uno spirito solo con Lui. Io credo che provasse questo il profeta, quando diceva: "Entrerò nella potenza del Signore e mi ricorderò solo della Tua giustizia". [...] »
(San Bernardo di Chiaravalle, De diligendo Deo, cap. XV)

Nel De diligendo Deo, dunque, San Bernardo presenta l'amore come una forza finalizzata alla più alta e totale fusione in Dio col Suo Spirito, che, oltre ad essere sorgente d'ogni amore, ne è anche "foce", in quanto il peccato non sta nell'"odiare", ma nel disperdere l'amore di Dio verso il sé (la carne), non offrendolo così a Dio stesso, Amore d'amore.

Mariologia

« Il dottore mellifluo ultimo dei padri, ma non certo inferiore ai primi, si segnalò per tali doti di mente e di animo, cui Dio aggiunse abbondanza di doni celesti, da apparire dominatore sovrano nelle molteplici e troppo spesso turbolente vicende della sua epoca, per santità, saggezza e somma prudenza, consiglio nell'agire. »
(Pio XII, incipit dell'enciclica Doctor Mellifluus, dedicata a San Bernardo di Chiaravalle, 24 maggio 1953.)

Nei suoi tempi confusi, San Bernardo pregava per l'intercessione di Maria. Alla stessa maniera, sostiene il Papa, è necessario nei tempi moderni tornare a pregare Maria per la pace e la libertà della Chiesa e delle nazioni.

Nell'enciclica sono riportati tre temi centrali della mariologia di San Bernardo: come egli spiega la verginità di Maria, da lui chiamata la "Stella del Mare", come pregare la Vergine e come confidare in Maria come mediatrice:

  • È detta Stella del mare e la denominazione ben si addice alla Vergine Madre. Ella con la massima convenienza è paragonata ad una stella; perché come la stella sprigiona il suo raggio senza corrompersi, così la Vergine partorisce il Figlio senza lesione della propria integrità.
  • Se insorgono i venti delle tentazioni, se incappi negli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, invoca Maria. Se sei sballottato dalle onde della superbia, della detrazione, dell'invidia: guarda la stella, invoca Maria.
  • Se tu la segui, non puoi deviare; se tu la preghi, non puoi disperare; se tu pensi a lei, non puoi sbagliare. Se ella ti sorregge, non cadi; se ella ti protegge, non hai da temere; se ella ti guida, non ti stanchi; se ella ti è propizia, giungerai alla meta.

Nella Divina Commedia

Nella Divina Commedia Dante sceglie San Bernardo come guida per l'ultima parte del suo viaggio, avendo presente il suo spirito contemplativo e la sua devozione mariana.

Bernardo compare nel Canto XXXI del Paradiso. Dante è stato accompagnato da Beatrice fin nell'Empireo, e ammira la rosa dei beati e degli angeli. Si volta per porre una domanda a Beatrice ma si accorge che questa è scomparsa e che al suo posto c'è un vecchio, Bernardo. Per il prosieguo del viaggio, che porterà a gettare uno sguardo su Dio, non è sufficiente la Teologia, rappresentata da Beatrice, ma è necessaria la Contemplazione, rappresentata da Bernardo, inviato a Dante da Beatrice che è ritornata al trono assegnatole.

« E volgeami con voglia rïaccesa
per domandar la mia donna di cose
di che la mente mia era sospesa.

Uno intendëa e altro mi rispuose:
credea veder Beatrice e vidi un sene
vestito con le genti glorïose.
 »

Il Canto XXXIII del Paradiso si apre con la preghiera che il santo rivolge alla Vergine Maria (vv. 1-45), di cui si riporta il famoso incipit:

« Vergine Madre, figlia del tuo Figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d'etterno consiglio,

tu se' colei che l'umana natura
nobilitasti sì, che 'l suo Fattore
non disdegnò di farsi sua fattura. »
(vv.1-6)

Opere

  • De consideratione libri quinque ad Eugenium III (La considerazione in cinque libri a Eugenio III)
  • De diligendo Deo (Dio dev'essere amato)
  • De gradibus humilitatis et superbiae (I gradi dell'umiltà e della superbia)
  • De Gratia et libero arbitrio (La Grazia e il libero arbitrio)
  • De laude novae militiae ad Milites Templi (In lode della nuova milizia: ai Templari)
  • De laudibus Virginis Matris (Le lodi della Vergine Madre)
  • Contemplazione della Passione secondo le ore canoniche
  • Expositio in Canticum Canticorum (Esposizione nel Cantico dei Cantici)
  • Meditazione sopra il pianto di Nostra Signora
  • Sermones (Sermoni)
  • Sermones de tempore (Sermoni sul tempo)
  • Sermones super Cantica Canticorum (Sermoni sul Cantico dei Cantici)
  • Epistola ad Raymundum dominum Castri Ambuosii (Lettera a Raimondo, signore di Amboise)
  • Sermo de miseria humana (Sermone sulla miseria umana)
  • Tractatus de interiori domo seu de conscientia aedificanda (Trattato sulla casa interiore o la coscienza che dev'essere edificata)
  • Varia et brevia documenta pie seu religiose vivendi (Vari e brevi documenti del vivere piamente o religiosamente)
  • Visione contemplativa
  • Grazia e libero arbitrio, Padova, 1968, ISBN 88-7675-097-5
  • Le lettere contro Pietro Abelardo, Padova, 1969, ISBN 88-7675-098-3
  • Sancti Bernardi Opera, Roma, 1957-1977
  • Opere di san Bernardo, Roma, 1987
  • Il dovere di amare Dio, Milano, 1990
  • Sermoni sul Cantico dei Cantici, Roma, 1996
  • I Templari e la seconda crociata, Casale Monferrato, 2002, ISBN 8838465150
  • Elogio della nuova cavalleria. De laude novae militiae (a cura di Mario Polia), Ed. Il Cerchio di Rimini
  • Il libro della nuova cavalleria. De laude novae militiae, Milano, 2004, ISBN 88-87945-67-5
  • Opera omnia di san Bernardo, Editrice Città Nuova, Roma
Note
  1. Pietro Zerbi, «Philosphi» e «Logici», Vita e Pensiero, Perugia, 2002, pp. 9-37
  2. Ambrogio Piazzoni, introduzione a «Bernardo di Chiaravalle, Il dovere di amare Dio», Milano 1990, p. 46. Il Liber Sententiarum è in effetti di un discepolo di Abelardo.
  3. Antonio Crocco, Pietro Abelardo. L'altro versante del Medioevo, Liguori Editore, Napoli 1979, p. 66; cfr. Anche: Victor Murray, Abelard and St. Bernard, Manchester University Press-Barnes&Noble, Manchester-New York, 1967, pp. 58 ss. E 72 ss.; Pietro Zerbi, Bernardo di Chiaravalle, in Biblioteca Sanctorum, vol. III, Roma, 1963, col. 28.
  4. De Laude Novae Militiae, 546, III,4: At vero Christi milites securi praeliantur praelia Domini sui, nequaquam metuentes aut de hostium caede peccatum, aut de sua nece periculum: quandoquidem mors pro Christo vel ferenda, vel inferenda, et nihil habeat criminis, et plurimum gloriae mereatur. Hinc quippe Christo, inde Christus acquiritur: qui nimirum et libenter accipit hostis mortem pro ultione, et libentius praebet se ipsum militi pro consolatione. Miles, inquam, Christi securus interimit, interit securior. Sibi praestat cum interit, Christo cum interimit. Non enim sine causa gladium portat. Dei etenim minister est ad vindictam malefactorum, laudem vero bonorum. Sane cum occidit malefactorem, non homicida, sed, ut ita dixerim, malicida, et plane Christi vindex in his qui male agunt, et defensor Christianorum reputatur'.
  5. Luciano Cova, Alle radici della guerra santa. Dal dialogo alla violenza: un itinerario agostiniano, in La guerra. Una riflessione interdisciplinare, a c. Di G. Manganaro Favaretto, Edizioni Università di Trieste, Trieste, 2003, pp. 135-179
  6. Il problema fondamentale non è sapere se i miracoli sono "veri" o "falsi" secondo i criteri scientifici moderni, ma comprendere, con l'ausilio di categorie appropriate, la loro innegabile presenza nella coscienza dei testimoni del tempo.|A. Picard - P. Boglioni, Miracles et taumaturgie, in Vie et légendes de saint Bernard. Commentarii cistercienses, pp. 36-59.
Bibliografia
  • Guglielmo di Saint-Thierry, Vita di san Bernardo - Opere (vol.2), Città Nuova, 1997
  • Cattana Valerio, Storia della Congregazione di san Bernardo in Italia, Città Nuova, 1997
  • Leclercq Jean, San Bernardo e lo spirito cistercense, Qiqajon Edizioni, 1998
  • Chabannes Jacques, Bernardo di Chiaravalle mistico e politico, Città Nuova, 2001
  • Meschini Marco, San Bernardo. Renovator seculi, Ancora, 2004
  • Crippa Luigi, Grande cosa è l'amore. Per un primo accostamento a san Bernardo di Clairvaux, teologo e poeta dell'amore di Dio, Portalupi, 2006
  • Biffi Inos, Dal Prà Laura, Marabelli Costante, Uhl Hans-Michel, Bernardo di Clairvaux. Epifania di Dio e parabola dell'uomo, Jaca Book, 2007
  • Rosa Giorgi, Santi, col. "Dizionari dell'Arte", Mondadori Electa Editore, Milano 2002, pp. 61 - 64 ISBN 9788843596744
Voci correlate
Collegamenti esterni