Basilica di Santa Balbina all'Aventino (Roma)

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Basilica di Santa Balbina all'Aventino
Santa balbina.JPG
Roma, Basilica di Santa Balbina all'Aventino
Stato bandiera Italia
Regione bandiera Lazio
Regione ecclesiastica
Regione ecclesiastica Lazio
Provincia Roma
Comune Stemma Roma
Diocesi Roma
Vicariatus Urbis
Religione Cattolica
Indirizzo Piazza Santa Balbina, 8
00153 Roma (RM)
Telefono +39 06 5780207
Oggetto tipo Chiesa
Oggetto qualificazione basilicale
Dedicazione Santa Balbina
Sigla Ordine qualificante S.F.S.C.c
Sigla Ordine reggente S.F.S.C.c
Data fondazione V secolo, fine
Architetto Antonio Muñoz (restauro complessivo)
Stile architettonico paleocristiano
Inizio della costruzione V secolo, fine
Completamento 1930
Strutture preesistenti Domus del senatore Lucio Fabio Cilone
Materiali opera listata, laterizi
Larghezza Massima 14,67 m.
Lunghezza Massima 28,18 m.
Coordinate geografiche
41°52′50″N 12°29′21″E / 41.880641, 12.489288 Stemma Roma
Mappa di localizzazione New: Roma
Basilica di S. Balbina
Basilica di S. Balbina
Basilica di S. Pietro
Basilica di S. Pietro
Basilica di S. Giovanni in Laterano
Basilica di S. Giovanni in Laterano

La Basilica di Santa Balbina all'Aventino è una chiesa di Roma, che si affaccia sull'omonima piazza, sul cosiddetto Piccolo Aventino (un'appendice dell'Aventino vero e proprio), situata nel centro storico della città, nel rione San Saba.

Storia

Basilica di Santa Balbina all'Aventino (pianta)

Dalle origini al Medioevo

La chiesa sorge sui resti della grande casa del senatore Lucio Fabio Cilone - console nel 193 e 204, due volte praefectus urbi - a lui donata dall'amico e imperatore Settimio Severo[1][2] (146211)

La prima menzione di un titulus Sanctae Balbinae compare in occasione del sinodo celebrato nel 595 da papa Gregorio Magno, anche se un edificio di culto doveva già esistere verso la fine del V secolo.

Tra l'VIII e il IX secolo, i pontefici Gregorio III (731 - 741) e Leone III (795 - 816) ristrutturarono e abbellirono la chiesa, mentre Gregorio IV (827 - 844) e Benedetto III (855 - 858) la sostennero con notevoli donazioni, ma il carattere saltuario degli interventi non bastò a garantire la stabilità dell'edificio. Inoltre l'intero complesso, alla fine del XII secolo, fu completamente abbandonato per l'insalubrità della zona, fu infatti in questo periodo che il catino absidale crollò e il mosaico che lo decorava andò perduto.

L'intero complesso, alla fine del XII secolo, fu completamente abbandonato per l'insalubrità della zona, e cadde completamente in rovina: è in questo periodo che il catino absidale crollò e il mosaico che lo decorava andò perduto.

Nel XIII secolo il complesso venne assegnato ai monaci greci della vicina comunità di Basilica di Santa Maria in Cosmedin che lo restaurarono. Successivamente il monastero fu trasformato in un fortilizio turrito tale da garantirne la difesa dai barbari invasori, dalle scorrerie degli eserciti stranieri e dai briganti; della fortificazione approntata è oggi ancora visibile, nel giardino della chiesa, un mutila torre in laterizi.

Nel XV secolo, dato lo stato di semi-abbandono in cui versava il complesso, si resero necessari ulteriori restauri, come quello commissionato nel 1489 dal cardinale Marco Barbo (14201491), nipote di Paolo II, che fece ricostruire interamente il tetto, lasciandone memoria in un'iscrizione posta sulla capriata centrale:

« Marcus Barbus, Venetus, episcopus Praene[stinus], card[inalis] S[ancti] Marci, Patriarcha Aquile[iensis], an[no] D[omini] MCCCCLXXXIX. »

Dal Cinquecento ad oggi

Pio IV (1559 - 1565) assegnò la basilica al Capitolo Vaticano e successivamente, nel 1588, durante il pontificato di Sisto V (1585 - 1590), il cardinale Pompeo Arrigoni (15521616) fece eseguire altri interventi di restauro.

Nel 1598 Clemente VIII (1592 - 1605) dispose complessi lavori di ristrutturazione che comportarono la sostituzione delle colonne del portico con pilastri e la decorazione ad affresco del catino absidale, che era stato già ricostruito dai monaci greci.

La basilica nuovamente abbandonata ai primi del XVII secolo a causa della malaria che imperversava nella zona, fu oggetto di numerosi saccheggi che la privarono di tutti i suoi arredi medioevali, finché nel 1698 venne affidata alla Congregazione dei Pii Operai e di nuovo aperta al culto.

Nel 1798, durante la Repubblica Romana giacobina, la congregazione fu cacciata e il complesso requisito fu venduto all'asta. Acquistato dalla confraternita dei Fratelli Poveri, il convento e gli orti furono affidati al Pontificio Istituto Agrario per fanciulli abbandonati, mentre la chiesa, nel 1813, fu donata al Capitolo Vaticano.

Nel 1854, il convento divenne sede di un istituto di correzione per minorenni, diretto dai Fratelli della Misericordia e poi, nel 1879, fu acquistato dal venerabile Simpliciano della Natività (18271898) e destinato a rifugio per ex-prostitute convertite, con il nome di Istituto di Santa Margherita, retto dalla Monache Agostiniane.

Nel 1897 fu adibito ospizio per anziani e affidato alle Suore Francescane dei Sacri Cuori, che ancora oggi lo curano.

La chiesa, tra il 1927 e il 1930, fu radicalmente restaurata, a cura dell'architetto Antonio Muñoz (18841960), cui si deve l'aspetto odierno che ha ripristinato le strutture antiche ed eliminato le successive modifiche. Durante questi lavori di ristrutturazione furono riaperte le cappelle e le dodici finestre dei lati lunghi, le tre sulle facciata e le quattro nell'abside, decorate con transenne e graticci in stile. Il pavimento fu ricondotto al livello originario, la schola cantorum e l'iconostasi vennero ricostruite sulla base dei pochi frammenti recuperati.

La basilica attualmente, affidata al clero diocesano, è luogo sussidiario di culto della parrocchia di San Saba.

Titolo cardinalizio

La chiesa è sede del titolo cardinalizio di Santa Balbina, istituito nel VI secolo: l'attuale titolare è il cardinale Péter Erdő.

Descrizione

Basilica di Santa Balbina all'Aventino (interno)

Si accede alla basilica sia dall'antica via murata di santa Balbina, che dalla scalea, su via Baccelli, dedicata al venerabile Simpliciano della Natività (18271898), fondatore delle Suore Francescane dei Sacri Cuori, cui è affidata la chiesa e il convento adiacente.

Esterno

La facciata, a capanna, sopraelevata su una scalinata, è in laterizi a vista e presenta nella parte inferiore un portico coperto, al quale si accede tramite tre arcate a tutto sesto poggianti su pilastri, tra i quali vi è posta una cancellata in ferro, dove sono raccolti numerosi frammenti antichi tra cui una tabula lusoria, epigrafi, anfore ed alcuni elementi appartenenti alla decorazione originaria della chiesa, come parte dei plutei della schola cantorum ed un capitello con lo stemma di papa Sisto V. La parte superiore presenta tre grandi finestre ad arco ed è chiusa da un tetto a doppio spiovente.

Interno

L'interno, a navata unica absidata coperta da un tetto a capriate lignee del XV secolo, presenta: sei cappelle per lato, alternativamente rettangolari e semicircolari; 19 finestre transennate ad arco che si aprono lungo la parte superiore delle pareti (dodici sui lati lunghi, tre in facciata e quattro nell'abside); la schola cantorum,[3] in marmo bianco, al centro della navata è stata ricostruita dal Muñoz, come il pavimento, dove sono inseriti pannelli a mosaico bianco e nero (I - II secolo), provenienti dall'area archeologica scavata nel 1939 per l'apertura di via dei Fori Imperiali.

Lato sinistro

Lungo il lato sinistro si aprono sei cappelle, tra le quali si notano:

Presbiterio e abside

Nel presbiterio e nell'abside semicircolare si possono ammirare:

Lato destro

Lungo il lato destro si aprono sei cappelle, tra le quali si notano:

Controfacciata

Nella controfacciata è collocato di notevole interesse storico-artistico:

Note
  1. Filippo Coarelli, Roma, col. "Guide Archeologiche", Laterza, Bari, 1989, p. 332, ISBN 9888842016993
  2. Numerosi tratti di muro in opera mista di reticolato e mattoni, pertinenti alla casa, sono oggi visibili nel giardino dell'Ospizio di Santa Margherita, annesso alla chiesa. Sempre all'interno del medesimo edificio sono conservati alcuni resti delle Mura Serviane (VI secolo a.C.).
  3. La Schola Cantorum, in architettura, è la zona della chiesa, antistante il presbiterio, limitata da una balaustra di transenne, destinata ai cantori.
  4. Scheda dell'opera nel Catalogo della Fondazione "Federico Zeri" . URL consultato il 11.05.2019
  5. Ibidem . URL consultato il 11.05.2019
  6. Ibidem . URL consultato il 11.05.2019
Bibliografia
  • Ferruccio Lombardi, Roma. Chiese conventi chiostri. Progetto per un inventario, 313-1925, Edil Stampa, Roma, 1993, p. 368
  • Luigi Lotti, La Basilica di S. Balbina all'Aventino, Sguera, Roma, 1972
  • Claudio Rendina, Le Chiese di Roma. Storia e segreti, col. "Tradizioni italiane", Newton & Compton, Roma, 2017, p. 42, ISBN 9788854188358
  • Touring Club Italiano (a cura di), Roma, col. "Guide Rosse", Touring, Milano, 2005, pp. 508-509, ISBN 9770390107016
Voci correlate
Collegamenti esterni
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Il contenuto di questa voce è stato firmato il giorno 20 febbraio 2021 da Teresa Morettoni, esperta in museologia, archeologia e storia dell'arte.

Il firmatario ne garantisce la correttezza, la scientificità, l'equilibrio delle sue parti.