Basilica di Santa Balbina all'Aventino (Roma)
Basilica di Santa Balbina all'Aventino | |
Roma, Basilica di Santa Balbina all'Aventino | |
Stato | Italia |
---|---|
Regione | Lazio |
Regione ecclesiastica |
Regione ecclesiastica Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi |
Roma Vicariatus Urbis |
Religione | Cattolica |
Indirizzo |
Piazza Santa Balbina, 8 00153 Roma (RM) |
Telefono | +39 06 5780207 |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | basilicale |
Dedicazione | Santa Balbina |
Sigla Ordine qualificante | S.F.S.C.c |
Sigla Ordine reggente | S.F.S.C.c |
Data fondazione | V secolo, fine |
Architetto | Antonio Muñoz (restauro complessivo) |
Stile architettonico | paleocristiano |
Inizio della costruzione | V secolo, fine |
Completamento | 1930 |
Strutture preesistenti | Domus del senatore Lucio Fabio Cilone |
Materiali | opera listata, laterizi |
Larghezza Massima | 14,67 m. |
Lunghezza Massima | 28,18 m. |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
La Basilica di Santa Balbina all'Aventino è una chiesa di Roma, che si affaccia sull'omonima piazza, sul cosiddetto Piccolo Aventino (un'appendice dell'Aventino vero e proprio), situata nel centro storico della città, nel rione San Saba.
Storia
Dalle origini al Medioevo
La chiesa sorge sui resti della grande casa del senatore Lucio Fabio Cilone - console nel 193 e 204, due volte praefectus urbi - a lui donata dall'amico e imperatore Settimio Severo[1][2] (146 – 211)
La prima menzione di un titulus Sanctae Balbinae compare in occasione del sinodo celebrato nel 595 da papa Gregorio Magno, anche se un edificio di culto doveva già esistere verso la fine del V secolo.
Tra l'VIII e il IX secolo, i pontefici Gregorio III (731 - 741) e Leone III (795 - 816) ristrutturarono e abbellirono la chiesa, mentre Gregorio IV (827 - 844) e Benedetto III (855 - 858) la sostennero con notevoli donazioni, ma il carattere saltuario degli interventi non bastò a garantire la stabilità dell'edificio. Inoltre l'intero complesso, alla fine del XII secolo, fu completamente abbandonato per l'insalubrità della zona, fu infatti in questo periodo che il catino absidale crollò e il mosaico che lo decorava andò perduto.
L'intero complesso, alla fine del XII secolo, fu completamente abbandonato per l'insalubrità della zona, e cadde completamente in rovina: è in questo periodo che il catino absidale crollò e il mosaico che lo decorava andò perduto.
Nel XIII secolo il complesso venne assegnato ai monaci greci della vicina comunità di Basilica di Santa Maria in Cosmedin che lo restaurarono. Successivamente il monastero fu trasformato in un fortilizio turrito tale da garantirne la difesa dai barbari invasori, dalle scorrerie degli eserciti stranieri e dai briganti; della fortificazione approntata è oggi ancora visibile, nel giardino della chiesa, un mutila torre in laterizi.
Nel XV secolo, dato lo stato di semi-abbandono in cui versava il complesso, si resero necessari ulteriori restauri, come quello commissionato nel 1489 dal cardinale Marco Barbo (1420 – 1491), nipote di Paolo II, che fece ricostruire interamente il tetto, lasciandone memoria in un'iscrizione posta sulla capriata centrale:
« | Marcus Barbus, Venetus, episcopus Praene[stinus], card[inalis] S[ancti] Marci, Patriarcha Aquile[iensis], an[no] D[omini] MCCCCLXXXIX. » |
Dal Cinquecento ad oggi
Pio IV (1559 - 1565) assegnò la basilica al Capitolo Vaticano e successivamente, nel 1588, durante il pontificato di Sisto V (1585 - 1590), il cardinale Pompeo Arrigoni (1552 – 1616) fece eseguire altri interventi di restauro.
Nel 1598 Clemente VIII (1592 - 1605) dispose complessi lavori di ristrutturazione che comportarono la sostituzione delle colonne del portico con pilastri e la decorazione ad affresco del catino absidale, che era stato già ricostruito dai monaci greci.
La basilica nuovamente abbandonata ai primi del XVII secolo a causa della malaria che imperversava nella zona, fu oggetto di numerosi saccheggi che la privarono di tutti i suoi arredi medioevali, finché nel 1698 venne affidata alla Congregazione dei Pii Operai e di nuovo aperta al culto.
Nel 1798, durante la Repubblica Romana giacobina, la congregazione fu cacciata e il complesso requisito fu venduto all'asta. Acquistato dalla confraternita dei Fratelli Poveri, il convento e gli orti furono affidati al Pontificio Istituto Agrario per fanciulli abbandonati, mentre la chiesa, nel 1813, fu donata al Capitolo Vaticano.
Nel 1854, il convento divenne sede di un istituto di correzione per minorenni, diretto dai Fratelli della Misericordia e poi, nel 1879, fu acquistato dal venerabile Simpliciano della Natività (1827 – 1898) e destinato a rifugio per ex-prostitute convertite, con il nome di Istituto di Santa Margherita, retto dalla Monache Agostiniane.
Nel 1897 fu adibito ospizio per anziani e affidato alle Suore Francescane dei Sacri Cuori, che ancora oggi lo curano.
La chiesa, tra il 1927 e il 1930, fu radicalmente restaurata, a cura dell'architetto Antonio Muñoz (1884 – 1960), cui si deve l'aspetto odierno che ha ripristinato le strutture antiche ed eliminato le successive modifiche. Durante questi lavori di ristrutturazione furono riaperte le cappelle e le dodici finestre dei lati lunghi, le tre sulle facciata e le quattro nell'abside, decorate con transenne e graticci in stile. Il pavimento fu ricondotto al livello originario, la schola cantorum e l'iconostasi vennero ricostruite sulla base dei pochi frammenti recuperati.
La basilica attualmente, affidata al clero diocesano, è luogo sussidiario di culto della parrocchia di San Saba.
Titolo cardinalizio
La chiesa è sede del titolo cardinalizio di Santa Balbina, istituito nel VI secolo: l'attuale titolare è il cardinale Péter Erdő.
Descrizione
Si accede alla basilica sia dall'antica via murata di santa Balbina, che dalla scalea, su via Baccelli, dedicata al venerabile Simpliciano della Natività (1827 – 1898), fondatore delle Suore Francescane dei Sacri Cuori, cui è affidata la chiesa e il convento adiacente.
Esterno
La facciata, a capanna, sopraelevata su una scalinata, è in laterizi a vista e presenta nella parte inferiore un portico coperto, al quale si accede tramite tre arcate a tutto sesto poggianti su pilastri, tra i quali vi è posta una cancellata in ferro, dove sono raccolti numerosi frammenti antichi tra cui una tabula lusoria, epigrafi, anfore ed alcuni elementi appartenenti alla decorazione originaria della chiesa, come parte dei plutei della schola cantorum ed un capitello con lo stemma di papa Sisto V. La parte superiore presenta tre grandi finestre ad arco ed è chiusa da un tetto a doppio spiovente.
Interno
L'interno, a navata unica absidata coperta da un tetto a capriate lignee del XV secolo, presenta: sei cappelle per lato, alternativamente rettangolari e semicircolari; 19 finestre transennate ad arco che si aprono lungo la parte superiore delle pareti (dodici sui lati lunghi, tre in facciata e quattro nell'abside); la schola cantorum,[3] in marmo bianco, al centro della navata è stata ricostruita dal Muñoz, come il pavimento, dove sono inseriti pannelli a mosaico bianco e nero (I - II secolo), provenienti dall'area archeologica scavata nel 1939 per l'apertura di via dei Fori Imperiali.
Lato sinistro
Lungo il lato sinistro si aprono sei cappelle, tra le quali si notano:
- nella terza cappella, dedicata alla Madonna di Fatima, si conserva:
- Madonna con Gesù Bambino in trono tra san Pietro e san Paolo, Gesù Cristo pantocratore (fine del XIII secolo), affresco di ambito romano.[4]
- nella sesta cappella, dedicata a san Pietro apostolo, è custodita:
Presbiterio e abside
Nel presbiterio e nell'abside semicircolare si possono ammirare:
- nel catino absidale, Gesù Cristo redentore in gloria, tra santa Balbina, san Felicissimo, san Quirino e un pontefice (1599), affresco di Anastasio Fontebuoni,[5] realizzato su commissione del cardinale Pompeo Arrigoni.
- all'altare (1742), Urna, in diaspro contenente le spoglie di santa Balbina, san Felicissimo e san Quirino.
- dietro l'altare, entro nicchia, Cattedra episcopale (XIII secolo), in marmo e mosaico, di ambito cosmatesco.
Lato destro
Lungo il lato destro si aprono sei cappelle, tra le quali si notano:
- nella quarta cappella, dedicata al Santissimo Crocifisso, è collocato:
- all'altare, rilievo con Crocifissione di Gesù Cristo (1465 ca.), in marmo di Mino da Fiesole e Giovanni Dalmata, proveniente dall'antica Basilica di San Pietro in Vaticano.
Controfacciata
Nella controfacciata è collocato di notevole interesse storico-artistico:
- a destra, Monumento funebre del cardinale Stefano de Surdis (1303 ca.), in marmo e mosaico di Giovanni di Cosma, proveniente dall'antica Basilica di San Pietro in Vaticano:[6] l'opera è costituita dalla figura giacente del defunto e dalla cassa, con l'iscrizione centrale e mosaici cosmateschi. Il prospetto del giaciglio funebre è di restauro moderno.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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