Basilica di Santa Maria in Cosmedin (Roma)
Basilica di Santa Maria in Cosmedin | |
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Roma, Basilica di Santa Maria in Cosmedin | |
Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi | Roma Vicariatus Urbis |
Religione | Cattolica di Rito Orientale Bizantino Greco-Melchita |
Indirizzo | Piazza Bocca della Verità, 18 00186 Roma (RM) |
Telefono | +39 06 6787759 |
Posta elettronica | press@cosmedin.org rettore@cosmedin.org |
Sito web | |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | basilicale |
Dedicazione | Maria Vergine |
Data fondazione | VI secolo |
Architetti |
Giuseppe Sardi (restauro del XVIII secolo) |
Stile architettonico | Romanico |
Inizio della costruzione | VI secolo |
Completamento | 1123 |
Titolo | Santa Maria in Cosmedin (diaconia) |
Strutture preesistenti | Ara Maxima di Ercole e edificio di età Flavia |
Pianta | basilicale |
Materiali | laterizi |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
La Basilica di Santa Maria in Cosmedin è un chiesa di Roma, situata nel centro storico della città, nel rione Ripa, che si affaccia su piazza Bocca della Verità, la quale costituiva il fulcro dell'antico Foro Boario dove si teneva il mercato del bestiame.
Storia
Preesistenze
La chiesa fu eretta sui resti dell'Ara Maxima di Ercole (distrutta dall'incendio neroniano), identificabile probabilmente con il grande nucleo in tufo dell'Aniene, ancora esistente nella metà posteriore della chiesa ed entro il quale è ricavata la cripta. Si trattava di un monumento di grandi dimensioni, simile forse alle grandi are greche, certamente ricostruito, nel suo aspetto attuale, al momento dei grandi lavori del II secolo a.C.: è lecito pensare che l'ara non fosse altro che un santuario eretto a tutela di un fondaco greco precoloniale, dove mercanti ellenici e indigeni potevano incontrarsi e trattare liberamente sotto la tutela e la garanzia del dio.
Adiacente all'ara (tanto che a questa si appoggiava) vi era una loggia porticata, i cui resti sono inseriti nella chiesa e nella sagrestia: si trattava di un podio rettangolare, disposto trasversalmente, con tre colonne marmoree corinzie sui lati minori e sette sulla facciata, che sostenevano una serie di archetti. Si tratta di un edificio di età Flavia, rimaneggiato tra la fine del IV e gli inizi del V secolo, tradizionalmente identificato con gli uffici dell'annona (Statio Annonae), ma più probabilmente un sacello connesso funzionalmente con l'ara: forse il consaeptum sacellum in cui erano conservate le reliquie di Ercole, fra le quali il grande bicchiere (scyphus) di legno.
Dalla fondazione al Medioevo
Nell'area paludosa del Velabro, la comunità greca, che risiedeva nella zona, realizzò, nel VI secolo un ospizio per assistere i connazionali in pellegrinaggio a Roma, detto schola graecorum, al quale fu successivamente annessa una piccola chiesa, denominata S. Maria in Schola Graeca con il titolo di diaconia: l'edificio sacro ricco di preziosi arredi e splendide decorazioni (in greco, kosmidìon) era popolarmente chiamata Santa Maria in Cosmedin.[1]
Nel 782 papa Adriano I fece ristrutturare e ampliare la chiesa, decretando in tal modo la demolizione dei resti dell'Ara Maxima: il nuovo edificio si presentava suddiviso in tre navate con matronei, ciascuna delle quali terminante con un'abside semicircolare.
L'intero complesso circa un secolo dopo, probabilmente in conseguenza del terremoto dell'anno 847, venne ricostruito, nell'860, per volere di papa Niccolò I (858-867), che vi aggiunse anche la sacrestia, un oratorio dedicato a San Niccolò de Schola Graeca e un edificio adibito a dimora pontificia, poi trasformato in residenza diaconale.
Parzialmente distrutta nel 1084 durante l'invasione dei Normanni, guidati di Roberto il Guiscardo, la chiesa fu ricostruita in forme romaniche, prima, per volere di papa Gelasio II (1118-1119) e poi, del prelato Alfano, camerlengo di Callisto II (1119-1124), al quale si deve sostanzialmente l'aspetto attuale dell'edificio. Infatti, durante questi lavori di ristrutturazione, che pur non modificarono la pianta d'età carolingia, vennero coperte la loggia con un nartece a due piani, provvisto sul davanti da un protiro su quattro colonne e tamponato il matroneo (poi riaperto alla fine del XIX secolo) per avere più ampie porzioni di pareti da dipingere; inoltre, furono alternate le colonne a pilastri collegandole con arcate, secondo uno schema non specificamente classico, adottato anche a San Clemente e ai Santi Quattro Coronati.
Il cardinale Francesco Caetani (1256 ca - 1317), restaurò nuovamente la basilica, dotandola probabilmente di una nuova facciata con una forma "sgusciata" (analogamente ai prospetti di Santa Maria in Aracoeli, Santa Maria in Trastevere e San Lorenzo fuori le Mura, con coronamento piano inarcato verso l'esterno) e vi aprì al centro un rosone, al di sopra del quale pose il proprio stemma, senza però decorarla con mosaici.
Nel 1435 la basilica venne affidata dal papa Eugenio IV ai monaci benedettini, il quale soppresse il titolo cardinalizio per evitare conflitti tra il cardinale diacono e i religiosi, che ripristinato nel 1513 da Leone X che chiuse il monastero ed elevò la chiesa a collegiata, con un proprio capitolo.
Dal Cinquecento a oggi
Nel XVII secolo, a causa del malsano clima dell'area, specie in occasione delle piene del Tevere, il complesso fu abbandonato e cadde lentamente in rovina.
Nel 1718 la chiesa fu soggetta a un radicale ristrutturazione a opera dell'architetto Giuseppe Sardi (1680-1771) per volontà di papa Clemente XI (1700-1721) e del cardinale Annibale Albani (1682-1751): la facciata fu trasformata e decorata con stucchi e cornici secondo il gusto barocco dell'epoca.
Nel 1893-1894 la basilica fu nuovamente ristrutturata sotto la direzione dell'architetto Giovanni Battista Giovenale (1849-1934), il quale fece ripristinare la facciata romanica, eliminando tutte le superfetazioni successive e restaurò radicalmente l'interno, eliminando le false volte del XVII secolo e rimettendo in luce quanto rimaneva (nel sottotetto barocco) del ciclo di dipinti murali del XII secolo.
Gli ultimi lavori di restauro risalgono al 1964 e riguardarono in particolare il portico e il campanile.
La chiesa, attualmente, è luogo sussidiario di culto della parrocchia di Santa Prisca.
Titolo cardinalizio
La chiesa è sede del titolo cardinalizio di Santa Maria in Cosmedin istituito da papa Stefano II (752-757): il titolo attualmente (2020) è vacante.
Descrizione
Esterno
Facciata
La chiesa, edificata in laterizi a vista, presenta una semplice facciata a capanna, aperta da un oculo e da tre monofore chiuse da transenne, ed è preceduta da un portico (nartece) ad arcate su pilastri, con un protiro poggiato su quattro colonne di spoglio. Nel portico si conservano:
- a sinistra, Bocca della Verità, un grande chiusino a disco in marmo, risalente al IV secolo a.C., raffigurante Volto di una divinità fluviale che inghiotte l'acqua, qui collocato nel 1632: l'opera è collegata alla leggenda per cui i bugiardi che vi introducono la mano ne escono monchi.
- a destra, Monumento funebre del prelato Alfano (1120 - 1130 ca.), in marmo dei Cosmati:[2] l'opera è corredata da un'iscrizione che recita:
« | Vir probus Alfanus cernens quia cuncta perirent / hoc sibi sarcofagum statuit ne totus obiret / fabrica delectat pollet quia penitus extra / sed monet interius quia post haec tristia restant. » |
Campanile
Sulla destra si erge il campanile romanico, costruito nel XII secolo, a sette ordini di bifore e trifore, dei quali i quattro superiori si aprono verso l'esterno su ogni lato con una trifora poggiante su colonnine. Nella cella fra le campane ospitate al suo interno, la più antica risale al 1283 fusa da maestranze pisane. Alla sua sommità, il campanile raggiunge i 34,20 metri di altezza.
Interno
L'interno, semplice e austero, con soffitto a lacunari, presenta tre navate che terminano con tre absidi, suddivise da quattro pilastri e e diciotto colonne di spoglio con ricchi capitelli; cinque dei quali sono dell'epoca di papa Gelasio II. Il piano di calpestio presenta uno splendido pavimento cosmatesco composto da un motivo centrale con una rota di grandi dimensioni, affiancata da quattro rotae più piccole e da altri motivi geometrici.
La navata centrale è decorata alle pareti con interessanti resti di un ciclo dipinti murali ad affresco (purtroppo quasi completamente perduto), databile dall'VIII al XII secolo, di ambito romano, raffigurante:
- nel registro superiore, Storie dell'Antico Testamento, in particolare presentano:
- alla parete sinistra, Storie della vita di Ezechiele;[3]
- alla parete destra, Storie della vita di Nabucodonosor;
- nel registro inferiore, Storie del Nuovo Testamento.
Inoltre, al centro è posta la splendida Schola cantorum con un prezioso pavimento cosmatesco, dove si notano:
- Ambone (seconda metà del XIII secolo), in marmo e mosaico, dei Cosmati.[4]
- Candelabro per cero pasquale (seconda metà del XIII secolo), in marmo e mosaico, dei Cosmati.[5]
Lungo la navata sinistra si aprono tre cappelle:
- nella prima cappella, che funge da battistero, realizzato nel 1727 per volontà del cardinale Annibale Albani, è collocato il fonte battesimale ricavato da un frammento architettonico romano decorato a Motivi fitomorfi, donato da papa Benedetto XIII.
- nella seconda cappella, dedicata a san Giovanni Battista de Rossi, che fu canonico della basilica e dimorò nell'annesso palazzo, progettata da Luca Carimini nel 1860, si notano:
- all'altare, pala con San Giovanni Battista de Rossi tra i poveri e Reliquiario a teca con il teschio di san Valentino;
- Balaustra bronzea del XVIII secolo.
- nella terza cappella, dedicata al Santissimo Crocifisso, disegnata dal Giovenale, si conserva:
- Tabernacolo, donato nel 1727 dal cardinale Annibale Albani.
La navata termina con un'abside, dove è posta la cappella, dedicata alla Madonna di Loreto, decorata con dipinti murali ad affresco di ambito romano, eseguiti nel XIX secolo), raffiguranti:
- nel catino, Madonna di Loreto e angeli;
- alle pareti, Nascita di Maria Vergine e Dormitio Virginis.
Presbitero e abside centrale
Al centro del presbiterio rialzato, sono collocati:
- Altare, un antica pietra lavorata di granito rosso, contenente le reliquie dei santi Cirilla, Ilario e Coronato, forse del tempo di Adriano I; esso è coperto dalla mensa marmorea dell'età di Callisto II con l'epigrafe della consacrazione:
« | +Anno MCXXIII, indictione I, est dedicatum hoc altare per manus Domini Calixti PP. II, V sui pontificatus anno, mense maio, die VI, Alfano Camerario eius dona plurima largienti. » |
- Ciborio a baldacchino (1294), in marmo e mosaico, di Deodato di Cosma.[6]
Dietro l'altare, si apre l'abside centrale, dove si notano:
- sul catino, Madonna con Gesù Bambino tra sant'Agostino, san Felice, san Dionigi e san Nicola (XIX secolo), affresco di ambito romano.
- alla parete, Storie della vita di Maria Vergine (XIX secolo), affreschi di ambito romano.
- addossato alla parete, Cattedra episcopale con braccioli a figura leonina (XII secolo), in marmo bianco e porfido rosso, di ambito romano: nell'opera si legge, attorno al disco, l'iscrizione dedicatoria:
« | Alfanus fieri tibi fecit Virgo Maria » |
Lungo la navata destra si apre la Cappella del Coro invernale, edificata nel 1686 su progetto di Tommaso Mattei, per le celebrazioni del capitolo, dove dal 1900 si conserva:
- all'altare, Madonna con Gesù Bambino benedicente (ultimo quarto del XV secolo), tempera su tavola, attribuita bottega di Antoniazzo Romano:[8] l'opera è stata ridipinta più volte nel corso dei secoli
La navata termina con un'abside, dove è posta la cappella, dedicata a san Giovanni Battista, decorata con dipinti murali ad affresco di ambito romano, eseguiti nel XIX secolo, raffiguranti:
- nel catino, Agnello di Dio;
- alle pareti, Predica di san Giovanni Battista e Decapitazione di san Giovanni Battista.
Sacrestia
Dalla navata destra, una porta conduce nella sagrestia, costruita nel 1647 e rinnovata nel 1767, dove si conserva:
- Adorazione dei Magi (705-707), in mosaico di maestranze romane, proveniente dall'oratorio di Giovanni VII nella Basilica di San Pietro, trasferito qui nel 1639.[9]
Cripta
Dalle due navate è possibile raggiungere, mediante una scala sotto la cripta, ricavata nei resti dell'Ara Maxima di Ercole e riaperta nel 1717. È un ambiente a tre navate, spartito da sei colonne romane di spoglio, costruita da Adriano I, è l'unica cripta altomedioevale di Roma non seminanulare. In fondo all'absidiola è collocato un altare del VI secolo.
Curiosità
Nel portico della basilica è ambientata una delle sequenze più famose del film Vacanze romane (1953), diretto da William Wyler, dove si vedono i tre protagonisti Joe, Anna e Irving che visitano la Bocca della Verità. La scena in cui Gregory Peck infila la mano nella Bocca facendo finta di averla persa e nascondendosela nella giacca non era preventivata, ma fu una trovata dell'attore che non aveva però avvisato Audrey Hepburn, per questo la reazione dell'attrice che grida e cerca di aiutarlo è reale.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
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