Discorso escatologico
Si chiama discorso escatologico un discorso di Gesù riguardante la fine (eschaton). Appare nei sinottici: Mt 24-25 ; Mc 13 ; in Luca il discorso è spezzato in due parti, chiamate comunemente piccola apocalisse (17,20-37), di ampiezza minore, e grande apocalisse (21,5-38), di maggior sviluppo.
In esso Gesù si riferisce alla distruzione del Tempio di Gerusalemme, avvenuta storicamente nell'anno 70, e alla fine del mondo, con i segni che la precederanno.
Contesto vitale
Tutto l'ambiente sociale e politico del giudaismo del I secolo era caratterizzato da una forte tensione: l'inizio della guerra giudaica, forse già la distruzione del Tempio, la spasmodica attesa del Messia, tutto ciò aveva provocato uno stato di agitazione tra i giudei e anche tra i cristiani per la comparsa di falsi profeti o pseudo-Messia.
Lo scopo del discorso escatologico non è quello di predire gli ultimi eventi della storia o la sorte di Gerusalemme, ma di inculcare la vigilanza, in maniera da essere pronti nel momento decisivo della venuta del Figlio dell'Uomo, in vista del giudizio universale.
Quelle che negli scritti apocalittici sono elucubrazioni fantastiche sulla "consumazione del secolo presente" diventano qui esortazioni a mantenersi desti, attenti.
Centro del discorso non è la rivelazione del tempo o del modo in cui si concluderà la storia umana, ma l'annuncio del ritorno (parusia) del Cristo glorioso. Le fosche previsioni della fine del mondo, probabilmente provocate dalla distruzione del Tempio, non dovevano gettare lo scompiglio nella comunità cristiana, perché Gesù aveva predetto la sua venuta finale per la vittoria sul male e per la salvezza finale dei suoi discepoli.
Contenuto
Il contenuto essenziale del discorso non riguarda la distruzione del Tempio di Gerusalemme o la fine del mondo: all'evangelista-redattore, così come, prima, a Gesù, sta a cuore la condotta dei suoi interlocutori, verso cui si rivolge l'insistente esortazione alla vigilanza.
Sullo sfondo degli sconvolgimenti cosmici campeggia la figura del Figlio dell'Uomo che viene sulle nubi.
Riguardo agli avvenimenti spaventosi annunziati da Gesù, è difficile determinarne il senso preciso.
- Punto di partenza del discorso è la predizione della distruzione del Tempio (Mt 24,2 ; Mc 13,2 ; Lc 21,6 ).
- Fa seguito la domanda dei discepoli che sembra allargare l'orizzonte giudaico della catastrofe: chiedono infatti "quando sarà questo", cioè il tempo della distruzione del Tempio, ma vi aggiungono "quale sarà il segno quando tutto questo starà per compiersi", in riferimento alla fine del mondo (Mt 24,3 : è il più esplicito, con l'accenno alla "consumazione del secolo"; Mc 13,4 ; Lc 21,7 ; il substrato veterotestamentario è Dn 12,7 ).
- Mc 13,14-20 [1] situa la prospettiva della distruzione del tempio annunciata precedentemente (Mc 13,2 e parall.) nel contesto più largo delle catastrofi che devono segnare la fine di questo mondo[2].
In ogni caso, il discorso non mira "ad alcuna rivelazione apocalittica d'eventi futuri, ma offre invece parole d'esortazione e di conforto per il tempo presente"[3].
Interpretazione generale
Il senso generale del discorso è stato interpretato in molti modi diversi.
Le varie interpretazioni non sono riconducibili l'una all'altra, e sono così riassunte da Jacques Dupont[4]:
- Il discorso consisterebbe nelle distinte risposte alle due domande dei discepoli sulla distruzione del tempio e la fine del mondo.
- Il discorso nella sua interezza si riferirebbe alla distruzione del tempio, ma facendone un simbolo della fine del giudaismo, cioè di un mondo specifico (giudaico) e non del mondo in senso generale.
- Il discorso nella sua interezza si riferirebbe alla parusia e agli avvenimenti che la precederanno.
- Il discorso metterebbe in rapporto la distruzione del tempio con la fine del mondo
- Per alcuni esegeti (Pesch) la distruzione del tempio[5] diventa il segno degli eventi previsti per la fine del mondo.
- Per altri il segno non consiste nella distruzione, bensì in una orribile profanazione del tempio, per la presenza di un personaggio che offende la divinità, e la cui presenza è indicata da un participio maschile[6]. Tale profanazione sarà il segno non solo della distruzione del tempio, ma anche di una tribolazione spaventosa che si abbatterà sulla Giudea (Mc 13,14-20 ) e che costituirà l'ultima tappa della storia prima della fine del mondo.
Critica letteraria
Gli esegeti "sono concordi nel ritenere il discorso escatologico una composizione redazionale, che combina insieme alcuni detti di Gesù, riletti alla luce degli avvenimenti catastrofici che culminarono nella distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C."[7].
Il dibattito sull'origine, la formazione progressiva, la struttura, l'interpretazione delle singole pericopi non è giunto a nulla di definitivo, e sono molteplici le ipotesi degli studiosi. I dati che vengono riportati sono quelli accettati dalla maggioranza degli esegeti.
Formazione
Il discorso escatologico è una composizione che lascia supporre vari stadi successivi di composizione:
- Gesù ha certamente previsto la distruzione di Gerusalemme e l'ha annunciata ai discepoli; ha pianto sulla sorte della città santa (cfr. Mt 23,37-39 ; Mc 13,1-4 ; Lc 13,34-35;19,41-44 ). Gesù inoltre ha proclamato l'avvento del Regno di Dio e ha predetto la fine del mondo, segnato dal peccato. Qui c'è da notare una presa di distanza di Gesù dall'apocalittica del suo tempo: non risulta che Gesù abbia attribuito importanza alle speculazioni fantasiose dell'apocalittica giudaica dei secoli dal II a.C. al I d.C.: il messaggio di Gesù è incentrato sull'instaurazione del Regno e sulla signoria di Dio nel mondo; la menzione degli sconvolgimenti cosmici e dei castighi paurosi, che l'apocalittica contemporanea attendeva per i tempi precedenti l'avvento del Regno, non riceve molta enfasi da parte di Gesù.
- Dopo la risurrezione di Gesù, un contesto culturale influenzato dalla mentalità apocalittica recepisce il suo insegnamento di carattere escatologico, lo trasmette e lo approfondisce in riferimento alle Scritture e alle esigenze e situazioni particolari delle varie comunità cristiane. Sembra che la formazione letteraria del discorso escatologico sia da far risalire al periodo drammatico della guerra giudaica (66-70 d.C.).
- Dovette esserci una redazione pre-marciana del discorso, che ogni evangelista ritoccò sotto la sconvolgente impressione determinata dalla distruzione del Tempio di Gerusalemme nell'anno 70. In questo stadio si formarono le tre redazioni sinottiche, con una notevole rielaborazione del materiale trasmetto dalla Tradizione della Chiesa.
Tra i tre sinottici, Marco sembra riportare la forma più originaria del discorso escatologico[8].
Tra le fonti del discorso c'è chi ha avanzato l'ipotesi di una piccola apocalisse giudaica, formatasi attorno al 40 d.C., quando l'imperatore Caligola voleva erigere la sua stata nel tempio di Gerusalemme. I cristiani avrebbero accolto questo scritto negli anni 60, quando cominciava a profilarsi la ribellione che portò alla guerra giudaica del 66-70.
Eduard Schweizer sostiene che Mc 13 sia "uno sviluppo generato dalla lettura della Bibbia da parte della comunità, proseguendo la linea delle parole di Gesù sulla fine del tempio e nel quadro della sua posizione globale nei confronti del mondo (..). Marco ha accentuato fortemente le esortazioni alla comunità; più precisamente, ha corretto un'attesa ravvicinata fortemente apocalittica e ha insistito sulla vicinanza nel tempo intermedio"[9]. In altre parole, alcune parole di Gesù sulla distruzione di Gerusalemme e sul suo ritorno glorioso alla fine dei tempi sarebbero state interpretate dalla comunità secondo i canoni dei midrash: la Chiesa, sotto la pressione degli eventi burrascosi intorno agli anni 70, avrebbe rielaborato e attualizzato l'insegnamento di Gesù servendosi del linguaggio apocalittico giudaico del tempo, ma soprattutto rifacendosi alla tradizione biblica, come dimostra il mosaico di citazioni, che non sono mai tanto abbondanti nei logia originali di Gesù.
Note | |
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Voci correlate | |