Parabola del banchetto di nozze

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Parabola del banchetto di nozze
Genova MuAccademiaLigusticaBelleArti B.Strozzi ParabolaInvitatoNozze 1610-35ca.jpg
Bernardo Strozzi, Parabola dell'invitato a nozze (1610 - 1635 ca.), olio su tela; Genova, Museo dell'Accademia Ligustica di Belle Arti
Conosciuta anche come:
'
Passi biblici
Matteo
Parabola precedente Parabola dei vignaioli omicidi
Parabola successiva Parabola del fico
Marco
Parabola precedente
Parabola successiva
Luca
Parabola precedente Parabola del lievito
Parabola successiva Parabola della pecorella smarrita
Giovanni
Parabola precedente
Parabola successiva
Insegnamento - Messaggio teologico
Rifiuto del Figlio di Dio da parte di Israele, chiamata dei pagani.
Il testo della parabola
Mt 22,2-14 Lc 14,15-24

« 1Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2"Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: 'Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!'. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: 'La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze'. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.

11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. 12Gli disse: 'Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?'. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: 'Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti'". 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti. »

« 15Uno dei commensali, avendo udito questo, gli disse: "Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!". 16Gli rispose: "Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. 17All'ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: 'Venite, è pronto'. 18Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: 'Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi'. 19Un altro disse: 'Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi'. 20Un altro disse: 'Mi sono appena sposato e perciò non posso venire'. 21Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: 'Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi'. 22Il servo disse: 'Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto'. 23Il padrone allora disse al servo: 'Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. 24Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena'". »

La parabola del banchetto di nozze o parabola della gran cena è una parabola che l'evangelista Matteo (22,2-14) condivide con l'evangelista Luca (14,15-24).[1]

L'evangelista Matteo completa la parabola con la scena dell'uomo senza abito nuziale; questo particolare e la diversità del contesto nei due evangelisti fanno sì che le due redazioni abbiano sfumature di significato diverse.

Contesto e significato

In Luca

Jan Luyken, Invito al grande banchetto (ultimo quarto del XVII - inizio XVIII secolo), incisione ad acquaforte tratta dalla Bibbia Bowyer; Bolton (Regno Unito)

In Luca la parabola ha una forma più semplice che in Matteo. Il contesto in cui Luca la presenta è quello dei banchetti conviviali di Gesù con i pubblicani e i peccatori, banchetti nei quali egli accoglieva anche poveri ed emarginati; la parabola è quindi un'apologia dell'operare di Gesù: il Regno di Dio, inaugurato nella sua missione, doveva essere annunziato proprio a i poveri e ai peccatori. Forse Gesù la raccontò proprio durante un convito, come lascia intendere la collocazione attuale nel terzo Vangelo: prima della parabola l'evangelista riporta la guarigione dell'idropico durante un banchetto (14,1-6), gli insegnamenti di Gesù sul non scegliere il primo posto (14,7-11) e le raccomandazioni su chi bisogna invitare 14,12-14).

In Luca il protagonista della parabola è un gran proprietario terriero, che esigeva dai contadini quanto gli spettava del frutto della vigna.

Si pensa[2] che la forma presentata da Luca sia più vicina a quella originaria, anche se è difficile ricostruire l'esatto tenore originale.

In Matteo

Jan Luyken, L'uomo senza abito nunziale (ultimo quarto del XVII - inizio XVIII secolo), incisione ad acquaforte tratta dalla Bibbia Bowyer; Bolton (Regno Unito)

In Matteo la parabola è più elaborata, e il contesto è diverso. La parabola fa seguito a quella dei due figli (21,28-32) e a quella dei vignaioli omicidi (21,33-46): con esse delinea un quadro di rottura e costituisce una predizione del castigo d'Israele per aver respinto, con il rifiuto del Vangelo portato da Gesù, l'invito alle nozze messianiche.[2] Se nella parabola precedente il castigo era minacciato (21,41), ora ne è predetta l'attuazione con la distruzione della città (22,7). La parabola ha quindi un significato simile a quello della parabola dei lavoratori della vigna e a quello della parabola della pecorella perduta: è rivolta ai critici e ai nemici di Gesù che hanno rifiutato l'invito ad entrare nel Regno di Dio.

Matteo avrebbe rielaborato fortemente la parabola per riadattarla al contesto di conflittualità tra la Chiesa e la sinagoga; ciò appare dal fatto che la gran cena di Luca, allestita da un ricco signore, diventa in Matteo un banchetto nuziale preparato da un re splendido e munifico per le nozze del figlio; ciò esprime la gratuità del regno di Dio, cui sono invitati con insistenza anzitutto gli israeliti:

La parabola ha così qui un significato escatologico ed allegorico trasparente:

In Matteo, poi, la parabola ha una seconda parte (vv. 11-14); si tratterebbe di un'altra composizione, aggiunta dall'evangelista a scopo parenetico.[3]

Riferimenti giudaici

La parabola si riallaccia a un soggetto di narrazione ben noto ai tempi di Gesù, la storia del ricco gabelliere Bar Maʿjan e del povero scriba, raccontata in aramaico nel Talmud palestinese[4], a cui Gesù si sarebbe riferito anche nella Parabola di Lazzaro e del ricco epulone; di essa Gesù ha usato qui solo la conclusione.

Il racconto narra che Bar Maʿjan ebbe uno splendido funerale quando morì: nella città tutti si fermarono di lavorare per accompagnarlo nel rito funebre; contemporaneamente morì un pio scriba, e nessuno si accorse della sua inumazione. Come può Dio essere così ingiusto da permettere una cosa simile? La risposta del racconto è che Bar Maʿjan, nonostante non abbia condotto una vita buona moralmente, aveva compiuto una buona azione ed in quell'istante era stato sorpreso dalla morte. Poiché l'ora della morte è decisiva, e la buona azione non poteva più venir annullata da azioni cattive, essa doveva essere ricompensata da Dio, e ciò avvenne con il grandioso corteo funebre.

Ma qual era la buona azione compiuta da Bar Maʿjan?

« Egli aveva approntato un banchetto per i consiglieri, ma questi non vennero. Allora egli ordinò: i poveri devono venire a mangiarlo, affinché le vivande non si sciupino. »
(Riportato in Joachim Jeremias, 1973, 219[5])

Il motivo del banchetto ai poveri non è altruistico e nobile, e ciò è simile a quanto si ha nella parabola del giudice e della vedova[6]; ciò non impedisce a Gesù di utilizzare il racconto aramaico nella sua parabola.

Nel Vangelo di Tommaso

Il Vangelo di Tommaso, un vangelo apocrifo, riporta una terza versione della parabola:

« Gesù disse: Un uomo aveva ospiti, ed allorché la cena fu pronta, mandò il suo servo ad invitare gli ospiti. Egli (il servo) andò dal primo e gli disse: Il mio padrone ti invita! Quegli disse: Ho (da riscuotere) denaro da certi mercanti; essi vengono da me alla sera, e io devo andare e dar loro ordini. Mi scuso per la cena. Andò da un altro e gli disse: Il mio padrone ti ha invitato! Quello gli disse: Ho comperato una casa, e mi reclamano colà per un giorno. Non avrò tempo. Egli andò da un altro e gli disse: il mio padrone ti invita! Quello gli disse: il mio amico festeggia le nozze e io dovrò preparare il banchetto nuziale. Non potrò venire; mi scuso per la cena. Andò da un altro e gli disse: Il mio padrone ti invita! Quello gli disse: Ho comperato un villaggio e vado a riscuotere l'affitto. Non potrò venire: mi scuso. Il servo venne e disse al suo padrone: Quelli che tu hai invitato a cena si sono scusati di non poter venire. Il padrone disse al suo servo: Va' fuori sulle strade e porta quelli che trovi, affinché prendano parte alla cena. Compratori e mercanti non entreranno nel luogo del Padre mio. »
(Loghion 64; traduzione riportata in Joachim Jeremias, 1973, 216)

Jeremias ritiene che tale testo conservi le linee essenziali della redazione originale.

Note
  1. La parabola è presente anche nel Vangelo di Tommaso come loghion 64 (Joachim Jeremias (1973) 75).
  2. 2,0 2,1 Angelico Poppi (1990) 144.
  3. Angelico Poppi (1990) 145.
  4. Joachim Jeremias, 1973, 219-220.
  5. Jeremias rimanda all'edizione critica del testo pubblicata in Gustaf Dalman, Aramäische Dialektproben unter dem Gesichtpunkt neutestamentlicher Studien, Leipzig 1927, pp. 33s.
  6. Nella parabola del giudice e della vedova il primo fa giustizia alla vedova non per senso della giustizia ma per non averla più tra i piedi.
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni