San Galgano Guidotti
San Galgano Guidotti Laico | |
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Santo | |
Bartolomeo Bulgarini, San Galgano (secondo quarto del XIV secolo), tempera su tavola; Siena, Pinacoteca Nazionale | |
Età alla morte | 33 anni |
Nascita | Chiusdino 1148 |
Morte | Eremo di Montesiepi 30 novembre 1181 |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Ricorrenza | 30 novembre |
Santuario principale | Chiesa di San Galgano in Monte Siepi, Abbazia di San Galgano |
Attributi | spada |
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Nel Martirologio Romano, 30 novembre, n. 4:
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San Galgano Guidotti (Chiusdino, 1148; † Eremo di Montesiepi, 30 novembre 1181) è stato un eremita e laico italiano, vissuto in Toscana ed è venerato come santo dalla Chiesa cattolica già quattro anni dopo la sua morte.
Biografia
Sull'esistenza di Galgano vi sono pochi dati storici sicuri, come incerto è il suo stesso cognome[1]. Nacque probabilmente nel 1148 a Chiusdino, ora in provincia di Siena, da Guidotto e Dionigia, in una famiglia della piccola nobiltà locale e morì il 30 novembre 1181, giorno della celebrazione liturgica[2].
Secondo la tradizione, fu un figlio a lungo desiderato e destinato, per i costumi dell'epoca, a una vita da guerriero, quale cavaliere medioevale e nacque durante quella parte del Medioevo che si esprimeva nel suo territorio, quello che è oggi appunto il senese, con le lotte dei signori locali, Gherardesca, Pannocchieschi e altri, per la supremazia politico-militare. Era un'epoca di violenze, soprusi e stupri vissuti anche in modo ludico, come manifestazione di vigore e vitalità, ma sempre tesi ad affermare la propria forza e ad ampliare la propria sfera di dominio.
In questo contesto storico, Galgano ebbe una gioventù improntata al disordine e alla lussuria, salvo in seguito convertirsi alla vita religiosa e ritirarsi in un eremitaggio vissuto con la medesima intensità con cui aveva precedentemente praticato ogni genere di dissolutezze.
(LA) | (IT) | ||||
« | Qui adolescente sue tempore lascivie argumentis aliquantulum animum relaxavit. » | « | Nella sua gioventù egli abbandonò un poco il suo corpo alle tentazioni della dissolutezza. » | ||
(R. Pisano, Legenda beati Galgani, in Mario Moiraghi, L'enigma di san Galgano, op.cit. in bibliografia, p. 205. )
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Il luogo del suo eremitaggio è conosciuto oggi come la Rotonda di Monte Siepi.
Contesto storico
Per comprendere il significato della parabola esistenziale di Galgano occorre inquadrare storicamente l'intero periodo di lotte per la successione della Gran Contessa Matilde di Canossa. Il patrimonio della Gran Contessa era immenso, estendendosi dalla Toscana settentrionale alle sponde adriatiche della Romagna e fu lasciato, alla sua morte, alla Chiesa. Iniziò una lunga diatriba politico-legale che attraversò il periodo e che culminò nello scontro fra i massimi poteri universali, Impero e Chiesa, sempre latente, i cui protagonisti principali sarebbero stati prima Innocenzo III e poi Ludovico il Bavaro.
Il testamento di Matilde fu impugnato dall'imperatore Enrico IV, che per diritto feudale rivendicò il possesso dei beni canossiani. Fu un secolo di contese che attraversò la Toscana e vide il disfacimento del cosiddetto stato canossiano. Questi problemi lambirono Chiusdino e il suo territorio, strettamente controllati dal vescovo di Volterra, senza tuttavia coinvolgerlo direttamente. Chiusdino e la valle del Merse erano un feudo del Vescovo di Volterra cui rimasero fedeli fino alla loro conquista da parte di Siena. Il vescovo Pagano Pannocchieschi, esponente del mondo feudale, ormai al tramonto, guidò la resistenza del castello di Chiusdino contro Siena, ma dovette arrendersi al nuovo e sottomettersi: il comune di Siena aveva vinto, era il 1215.
Racconto della vita del santo
Fu tra questi fermenti che si svolse la vicenda umana o, per meglio dire, la leggenda, di Galgano, leggenda che non ha una base storica documentata, ma indizi e testimonianze postume, oltre a quegli edifici reali edificati in sua memoria.
La vita di san Galgano è largamente ignota, data la scarsità dei documenti contemporanei.
Sono però certi il culto e gli edifici sacri a lui dedicati: la Rotonda che custodisce la spada infissa nella roccia e l'abbazia i cui resti grandiosi testimoniano l'importanza e la diffusione del suo culto. Inoltre il reliquiario della testa del santo è conservata a Chiusdino nella prepositura di San Michele. Cenni biografici si ricavano da diverse Vitae : l'anonima Legenda beati Galgani[3], la Legenda beati Galgani confessoris di un anonimo cistercense e a lungo attribuita erroneamente a Rolando Pisano[4], la Leggenda di Sancto Galgano[5], la Vita sancti Galgani de Senis[6], la Vita beati Galgani[7], oltre che dal processo di beatificazione del 1185[8].
Galgano era un giovane violento, ma era destinato a cambiare vita e a diventare un Cavaliere di Dio come profetizzatogli da Misser santo Micchele arcangelo: ebbe, infatti, due visioni successive in cui l'arcangelo Michele gli indicò il suo percorso di vita[9].
Nella prima visione era tracciato il suo destino di cavaliere sotto la protezione dell'arcangelo stesso, mentre nella seconda l'arcangelo lo invitava a seguirlo.
Galgano dietro l'arcangelo attraversò un ponte molto lungo al di sotto del quale si trovava un fiume e un mulino in funzione, il cui movimento simboleggia la caducità delle cose mondane.
« | È facile intuire il significato mistico nascosto nel fiume, nel mulino e nel ponte. » | |
(R. Pisano, Legenda Beati Galgani, in Mario Moiraghi, op. cit., p. 205.)
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Conversione di San Galgano
Oltrepassato il ponte e attraversato un prato fiorito, che emanava un profumo intenso e soave, raggiunse Monte Siepi, dove incontrò in un edificio rotondo i dodici apostoli. Qui ebbe la visione del Creatore: fu il momento della conversione. In seguito, durante degli spostamenti, per due volte il cavallo si rifiutò di proseguire e la seconda volta, solo dopo una intensa preghiera rivolta al Signore, il cavallo da solo e con le briglie sciolte lo condusse a Monte Siepi, nello stesso posto dove la visione gli aveva fatto incontrare i dodici apostoli. Qui Galgano, non trovando del legname per fare una croce, ne fece una infiggendo la propria spada nella roccia, quindi, trasformò il proprio mantello in saio e come tale lo indossò.
Sentì anche una voce che veniva dal cielo che lo invitò a fermarsi in quel posto fino alla fine dei suoi giorni: iniziava così la sua vita da eremita cibandosi di erbe selvatiche e dormendo sulla nuda terra. Lottò e sconfisse con la sua fermezza il demonio che lo tentava.
« | Il diavolo, vedendo la tenacia dell'uomo, si allontanò da lui con un ululato » | |
(Inquisitio in partibus, in Mario Moiraghi, op. cit., p. 193.)
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Durante una sua assenza, per un pellegrinaggio alle basiliche romane, alcuni individui invidiosi cercarono di estrarre la spada dalla roccia per rubarla, ma non riuscendovi la vollero rompere per oltraggio. Il castigo di Dio fu fulmineo: uno cadde in un fiume e annegò, un altro fu incenerito da un fulmine e un terzo fu afferrato per un braccio da un lupo e trascinato via, ma si salvò invocando Galgano.
Al ritorno dal pellegrinaggio Galgano trovò la spada rotta e provò un grande dolore ritenendosi responsabile per essersene allontanato; Dio però, volendolo consolare, gli disse di ricomporre la spada posando il pezzo rotto sulla parte infissa nella roccia. Galgano obbedì e i due pezzi si saldarono perfettamente: la spada si ricostituì più forte di prima[10].
L'eremita costruì poi un romitorio e vi condusse una vita di meditazione e preghiera fino al giorno in cui la voce di Dio, in una luce immensa, gli annunciò la sua morte.
Presenziarono alla tumulazione del suo corpo Ildebrando Pannocchieschi, vescovo di Volterra, e i vescovi di Siena e Massa Marittima.
Appena quattro anni dopo la sua morte, dopo che una apposita commissione diretta dal cardinale Conrad di Wittelsbach ebbe condotto la relativa inchiesta, papa Lucio III lo proclamò santo.[11]
Culto del santo e di San Michele Arcangelo
Il culto di san Galgano si diffuse rapidamente, specialmente nell'ambiente cavalleresco. Era un culto che parlava di cavalleria in cui accanto a Galgano vi era un coprotagonista, san Michele Arcangelo, un angelo, guerriero e vindice, quasi sempre rappresentato con la spada sguainata. Il culto di san Michele era diffusissimo in tutto il Medioevo ed era particolarmente sentito presso i guerrieri, come i Longobardi e i Franchi, la cui devozione si esprimeva con riti e pellegrinaggi, con la costruzione di chiese come Mont Saint Michel in Francia e con la rappresentazione dell'angelo nella monetazione o negli stendardi. Era un culto intenso che spesso assunse anche aspetti scaramantici: san Michele accompagnava sempre il guerriero, era sempre presente nell'animo del combattente, da qualunque parte stesse.
L'arcangelo apparve nel VII secolo nella battaglia di Coronate tra le truppe del re longobardo Cuniperto contro cui si pose Alachis col proprio esercito e questa presenza, sentita come reale, dissuase per due volte Alachis dall'accettare la sfida a singolar tenzone lanciatagli dallo stesso Cuniperto. Alachis venne sconfitto ed ebbe tagliate le gambe e la testa, che finì infilzata su una picca di Cuniperto. Quest'ultimo onorerà grandemente san Michele.
È ancora san Michele che, offeso dal comportamento poco rispettoso degli ultimi re longobardi, abbandonò il regno longobardo causandone le caduta[12].
Nel 1007 Tedaldo di Canossa addobbò riccamente in onore, fra altri, di san Michele il monastero di famiglia nel mantovano e così continuò a fare il figlio Bonifacio.
San Michele è un angelo che lotta, sempre incombente sia nelle battaglie che nelle scaramucce o nei duelli. Si vince o si perde grazie alla sua benevolenza o al suo abbandono, ma in questo è sempre il giusto vendicatore delle offese e delle ingiustizie: è il deus ex machina dello scenario bellico. È l'angelo che svetta su Castel Sant'Angelo a Roma, anche se mostra la spada mentre sta per essere rinfoderata per segnare la fine di una pestilenza.
Simbologia e influenze
La narrazione della storia di Galgano è ricca di simbolismi e l'atmosfera sembra prodigiosa. La spada, strumento di guerra e di morte, è trasformata in strumento di pace e di speranza; il mantello, dotazione di ogni cavaliere, diventa umile e povera veste eremitica. È quasi una anticipazione dell'avventura di San Francesco. Galgano era il cavaliere che abbandonava il suo mondo, disgustato dalle nefandezze commesse e da quelle che vedeva continuamente commettere, per dedicarsi a una vita di eremitaggio e penitenza nella ricerca di quella pace che il suo tempo non consentiva e di quel desiderio e contemplazione di Dio che solo la vita ascetica poteva permettere.
La sua storia ha punti in comune con un mito, quello di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda a cui lo avvicina il suo stato di cavaliere, la purezza d'animo, il disprezzo della mondanità, la spada nella roccia e anche il suo nome, Galgano, molto simile a quello del cavaliere Galvano. La vita di Galgano anticipa temporalmente il ciclo bretone, che, forse, ne trae ispirazione.
Anche l'architettura della Rotonda, la chiesa che custodisce la spada, è carica di simbolismi. Vi sono richiami etruschi, ma anche celtici e templari: la cupola emisferica a cerchi concentrici, il disegno a linee alterne delle pareti esterne, il luogo su cui è costruita, Monte Siepi, che richiama un sito boscoso idoneo a un'ara pagana.
Galgano è un santo dalla valenza iniziatica: le sue traversie per giungere alla redenzione lo rendono una figura archetipica, un riferimento per tutti quei santi, a partire proprio da san Francesco d'Assisi, che nell'ascetismo ritrovano la via della salvezza, ma è anche prototipo per tanti ordini cavallereschi.
Reliquie
Poche sono le testimonianze, vere o presunte, che sono rimaste, mentre molto è andato perduto o distrutto. La chiesa di San Michele di Chiusdino conserva la presunta testa di san Galgano (conservata fino al 1977 a Siena nella chiesa del Santuccio), mentre il Museo dell'Opera del Duomo di Siena espone un reliquiario del XIV secolo precedentemente usato per custodirla. Lo stesso museo possiede il pastorale degli abati di San Galgano. Molti pittori, quali Domenico Beccafumi Ugolino Lorenzetti, Ventura Salimbeni e altri rappresentarono in alcune loro opere san Galgano.
La Rotonda
Per approfondire, vedi la voce Chiesa di San Galgano in Montesiepi (Chiusdino) |
Negli anni immediatamente successivi alla sua morte venne costruita sul suo eremo una Chiesa, popolarmente nota come la Rotonda di Montesiepi.
La Rotonda è una costruzione a pianta circolare che racchiude e custodisce la spada che san Galgano infisse nella roccia. Lo stile architettonico è romanico, caratterizzato da un susseguirsi di fasce cromatiche alternate bianche e rosse; la stessa successione di colori si ripete nella cupola, creandovi come un movimento di onde che si dipartono dal suo culmine per continuare sulle pareti. Questo particolare cromatismo, sia delle pareti che della cupola, esprime una simbologia che richiama ricordi etruschi, celtici e anche templari.
Alla cappella è addossato un oratorio decorato con affreschi di Ambrogio Lorenzetti.
Sulla spada è stata condotta un'indagine metallografica, iniziata il 17 gennaio 2001 e coordinata dal prof. Luigi Garlaschelli dell'Università di Pavia, che ha certificato la sua autenticità quale arma del XII secolo.
« | La spada fino al 1924 circa era conficcata in una fessura della roccia e poteva essere estratta. » | |
(Relazione integrale del prof. Garlaschelli, 12 settembre 2001)
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Dopo una serie di atti vandalici venne fissata dal parroco che "bloccò la lama versando del piombo fuso nella fessura"[13]. La spada continuò a subire atti vandalici finché fu deciso di cementarla e poi coprirla con una cupola di plexiglas tuttora presente.
L'indagine, come spesso avviene, non ha dato certezza storica agli avvenimenti descritti dalle varie fonti che hanno narrato la vita di Galgano, il confine con la leggenda rimane piuttosto labile.
« | la sensazione che si riceve, nel cercare su Galgano, è quella di una grande collettiva alterazione della sua figura da parte di tutti e fin da subito. » | |
(Mario Moiraghi, op. cit., p. 12.)
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Abbazia
Per approfondire, vedi la voce Abbazia di San Galgano (Chiusdino) |
A partire dal 1218 fu costruita, poco lontano dalla Rotonda, l'Abbazia di San Galgano, dalle caratteristiche architettoniche gotico-cistercensi.
L'edificio è imponente e testimonia, così, la diffusione e il grande seguito del culto di san Galgano. L'abbazia raggiunse, nel XIV secolo, una grande potenza, anche grazie alle immunità e ai privilegi concessi da vari imperatori, tra i quali Federico II, e alle munifiche donazioni ricevute; a ciò si aggiunse l'esenzione dalla decima da parte di papa Innocenzo III.
La ricchezza raggiunta nel Cinquecento fu tale da scatenare una contesa tra la Repubblica di Siena e il Papato. Papa Giulio II emise nel 1506 un interdetto contro Siena, che resistette ordinando ai sacerdoti la celebrazione regolare di tutte le funzioni liturgiche.
Dopo questo periodo di splendore, iniziò quella lenta decadenza che l'avrebbe ridotta a un grandioso e mistico rudere. Sarebbe diventata cava di materiali edili, depredata e abbandonata all'incuria degli uomini; si sarebbe arrivati a vendere le lastre di piombo che coprivano il tetto, esponendola così alle offese del tempo.
È proprio la mancanza del tetto, crollato nel 1768, che esalta l'articolazione e l'eleganza architettonica delle linee che si slanciano verso il cielo aperto, un inno alla spiritualità, accomunandola in questo alle abbazie di Melrose e di Kelso, in Scozia, e a quella di Cashel, in Irlanda.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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