San Massimo di Torino
San Massimo di Torino Vescovo | |
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Santo | |
San Massimo di Torino | |
Morte | 465 ca.[1] |
Ordinazione presbiterale | IV secolo |
Consacrazione vescovile | 398 |
Incarichi ricoperti | Vescovo di Torino |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Ricorrenza | 25 giugno |
Santuario principale | Basilica di San Massimo a Collegno |
Collegamenti esterni | |
Scheda su santiebeati.it |
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Nel Martirologio Romano, 25 giugno, n. 1:
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San Massimo di Torino († 465 ca.[1]) è stato un vescovo italiano, il primo dell'Arcidiocesi di Torino di cui si conosca il nome. Viene considerato il fondatore della diocesi di Torino dal 398.
Biografia
Le notizie sulla vita di San Massimo sono poche e vaghe. Nacque probabilmente nella regione alpina della Rezia, nella seconda metà del IV secolo: in un passaggio del suo Sermone 81[2], sostiene infatti di essere stato testimone del martirio di tre sacerdoti missionari, avvenuto nel 397 nella zona retica dell'Anaunia (Val di Non). Il sacerdote Gennaio, storico cristiano marsigliese, nel suo "De viris illustribus" riferisce inoltre che san Massimo visse durante il regno di Teodosio il Giovane (379-395) ed Onorio (395-423).
Fu discepolo di sant'Eusebio di Vercelli fondatore della cattedra episcopale di Torino; da questi fu chiamato a guidare la cristianità torinese.
Papa Benedetto XVI, in una omelia tenuta il 31 ottobre 2007, lo indica come Padre della Chiesa e così ne sintetizza il ministero nella Torino del suo tempo:
« | Massimo, nel crollo delle autorità civili dell'Impero romano, si sentiva pienamente autorizzato ad esercitare in tale senso un vero e proprio potere di controllo sulla città. Questo potere sarebbe poi diventato sempre più ampio ed efficace, fino a supplire la latitanza dei magistrati e delle istituzioni civili. In questo contesto Massimo non solo si adopera per rinfocolare nei fedeli l'amore tradizionale verso la patria cittadina, ma proclama anche il preciso dovere di far fronte agli oneri fiscali, per quanto gravosi e sgraditi essi possano apparire. » | |
(Sermone 26,2; Il testo completo si trova al link in fondo alla voce.)
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Solo due date della sua vita sono stabilite storicamente:
- Nel 451 prese parte al Sinodo di Milano, ove i vescovi dell'Italia settentrionale accettarono l' epistola dogmatica di Papa Leone I, che stabiliva la dottrina ortodossa dell'Incarnazione contro le tesi dei Nestoriani o degli Eutichiani[3]. Fra i diciannove firmatari, Massimo era l'ottavo: essendo l'ordine determinato in base all'età, si deduce che il vescovo torinese avesse allora circa settant'anni.
- La seconda data conosciuta è il 465, in occasione del Sinodo di Roma, cui presenziò[4]. In tal caso, la firma di Massimo segue immediatamente quella di Papa Ilario, dimostrando così che era il più anziano dei 48 vescovi presenti.
La storia non menziona più Massimo dopo il 465: è possibile supporre che sia morto non molto tempo dopo. Molti storici, però, ritengono che la sua morte sia avvenuta già attorno al 420.
Le sue reliquie sono conservate nella Basilica di San Massimo a Collegno (Torino), una delle più antiche chiese cristiane del Piemonte e, molto probabilmente, sede vescovile dello stesso Massimo.
Opere ed insegnamenti
San Massimo è autore di numerosi discorsi, editi per la prima volta da Bruni e pubblicati per ordine di Papa Pio VI nel 1784 (ristampati nell'Ottocento nella Patrologia Latina del Migne), consistenti in 118 omelie, 116 sermoni e 6 trattati (anche se non di tutti è possibile dimostrare l'effettiva origine).
Le omelie 1-63 sono de tempore, ossia sui tempi dell'anno liturgico e sulle feste del Signore; le omelie 64-82 sono de sanctis, cioé sui santi e sulle loro commemorazioni; infine, le omelie 83-118 sono de diversis, trattando argomenti di natura esegetica, dogmatica o morale.
Medesima scansione si riconosce per i sermoni: 1-55 sono de tempore, 56-93 de sanctis, 93-116 de diversis.
Tre dei trattati sono sul battesimo, uno sui Pagani, ed un altro sugli Ebrei. Di altri due restano solo dei frammenti, peraltro di dubbia origine.
I discorsi sono solitamente molto brevi e sono caratterizzati da uno stile energico. Essi sono indirizzati in modo specifico a un nucleo selezionato della comunità cristiana di Torino, costituito da ricchi proprietari terrieri, che avevano i loro possedimenti nella campagna torinese e la casa in città. Nei loro confronti il vescovo si sentiva in dovere di redarguire la cupidigia e l'avarizia (sermoni 17 e 18). Le ricchezze venivano accumulate e occultate. Constata il vescovo:
« | Uno non pensa al bisogno dell'altro. Infatti molti cristiani non solo non distribuiscono le cose proprie, ma rapinano anche quelle degli altri. Non solo, dico, raccogliendo i loro danari non li portano ai piedi degli Apostoli, ma anche trascinano via dai piedi dei sacerdoti i loro fratelli che cercano aiuto. (..) Nella nostra città ci sono molti ospiti o pellegrini. Fate ciò che avete promesso (aderendo alla fede, n.d.r.) perché non si dica anche a voi ciò che fu detto ad Anania: 'Non avete mentito agli uomini, ma a Dio'. » | |
(Sermone 17,2-3)
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Nel sermone successivo il vescovo stigmatizza forme ricorrenti di sciacallaggio sulle altrui disgrazie:
« | Dimmi: perché hai preso la preda abbandonata dai predoni? Perché hai introdotto nella tua casa un 'guadagno', come pensi tu stesso, sbranato e contaminato? Ma forse tu dici di aver comperato, e per questo pensi di evitare l’accusa di avarizia. Ma non è in questo modo che si può far corrispondere la compera alla vendita. È una buona cosa comperare, ma in tempo di pace ciò che si vende liberamente, non durante un saccheggio ciò che è stato rapinato... Agisce dunque da cristiano e da cittadino chi compera per restituire. » | |
(Sermone 18,3)
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Nel sermone 12 invece ci parla dei primi martiri di Torino, i santi Avventore, Ottavio e Solutore.
Da questi brani come da molti altri, emerge quel legame profondo e vitale del Vescovo con la sua città, che attesta un punto di contatto evidente tra il ministero episcopale di Ambrogio e quello di Massimo.
Fra i vari argomenti di storia e liturgia toccati nei discorsi, hanno maggior risalto: l'astinenza durante la Quaresima (omelia 44), il non digiuno ed il non inginocchiamento durante il tempo pasquale (omelia 61), il digiuno della vigilia di Pentecoste (omelia 62), il Sinodo di Milano del 389 in cui fu condannato Gioviniano (omelia 9), le invasioni barbariche (omelie 86-92), la distruzione della Chiesa di Milano per mano dei barbari (omelia 94), le diverse superstizioni pagane ancora prevalenti al suo tempo (omelie 16, 100-102), la supremazia di San Pietro (omelie 54, 70, 72, sermone 114).
Predecessore: | Vescovo di Torino | Successore: | |
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390-420 | Massimo II |
Note | |
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