Giovanni Domenico Mansi
Giovanni Domenico Mansi, O.M.D. Arcivescovo | |
---|---|
Pompeo Girolamo Batoni, Ritratto di Giovanni Domenico Mansi (1764); Lucca, Museo Nazionale di Villa Guinigi | |
Nascita | Lucca 16 febbraio 1692 |
Morte | Lucca 27 settembre 1769 |
Professione religiosa | Napoli, 15 agosto 1710 |
Ordinazione presbiterale | 1715 |
Nominato arcivescovo | 9 aprile 1764 da Clemente XIII |
Consacrazione vescovile | 24 aprile 1764 dal card. Henry Benedict Mary Clement |
Incarichi ricoperti |
|
Collegamenti esterni | |
(EN) Scheda su gcatholic.org (EN) Scheda su catholic-hierarchy.org |
|
Giovanni Domenico Mansi (Lucca, 16 febbraio 1692; † Lucca, 27 settembre 1769) è stato un arcivescovo, teologo e storico italiano, compilatore tra l'altro della Sacrorum Conciliorum Nova Amplissima Collectio, spesso citata semplicemente come Mansi.
Biografia
I suoi genitori erano Giuseppe e Maria Rosa Torre, appartenenti a un ramo collaterale della famiglia patrizia dei Mansi di San Donnino. Fu il primo di tre fratelli, gli altri furono Francesco e Filippo Antonio.
Entrato nel 1708 nei Chierici Regolari della Madre di Dio, fece il noviziato nel collegio di Napoli, ed emise i voti religiosi il 15 agosto 1710 all'età di sedici anni.
Rientrato a Lucca, vi continuò gli studi di filosofia, teologia e storia della Chiesa. Nel 1715 fu ordinato sacerdote.
A partire dal 1716 insegnò teologia scolastica, quindi dal 1720 teologia morale, succedendo al padre Costantino Roncaglia.
Studioso
Il Tractatus de casibus et excommunicationibus episcopis reservatis
L'insegnamento della teologia morale non lo entusiasmava, ma le sue lezioni piacquero al suo vescovo (dal 1726 arcivescovo), Bernardino Guinigi, che lo nominò esaminatore del clero e gli chiese di comporre per i confessori della diocesi un manuale sui casi riservati[2]. Nacque così il Tractatus de casibus et excommunicationibus episcopis reservatis, confectus ad normam tabellae Lucanae[3], dedicato all'amico e futuro cardinale Gioacchino Besozzi.
L'opera aveva per argomento la disciplina del Sacramento della Penitenza e trattava dei casi riservati, cioè di quei peccati sottratti per la loro gravità alla competenza del confessore ordinario e demandati al vescovo. All'epoca fervevano le dispute fra lassisti e rigoristi e il fatto stesso di compilare un prontuario di casi morali lo inseriva, agli occhi dei rigoristi, nelle fila dei "casisti" filo-gesuiti.
Il Mansi aggiornò il Tractatus nel 1739, anno in cui, sempre a Lucca, uscì la seconda edizione: essa teneva conto sia di alcune critiche rivoltegli sia delle decisioni prese dal Sinodo di Lucca del 1736, tenutosi sotto il nuovo arcivescovo Fabio di Colloredo.
Nel 1745, cioè parecchi anni dopo la pubblicazione del Tractatus, il domenicano Daniele Concina denunciò l'opera alla Congregazione dell'Indice come "meritevole di proscrizione" per le "molte proposizioni false e scandalose"[4]. Nello scontro tra il probabiliorismo dei domenicani e il probabilismo dei gesuiti il Concina aggregava il Mansi a quest'ultima corrente e lo indicava come l'anonimo curatore del Saggio de' supplementi teologici, morali e critici, di cui abbisogna la storia del probabilismo e del rigorismo, pubblicato a Lucca nel 1744 dal gesuita Niccolò Ghezzi, amico del Mansi e avversario di Concina. Tuttavia il Tractatus non fu proibito, anche per intervento del cardinale Besozzi[2].
Il Tractatus è l'unica opera del Mansi che può essere considerata effettivamente sua. Le altre opere sono riproduzioni annotate di opere altrui[5].
Traduttore e editore
Sul versante della storia della Chiesa Mansi si era avvicinato fin dai primi studi ai bollandisti e maurini, che applicavano il metodo critico-storico alla ricerca; Mansi si manteneva sempre aggiornato su quanto si andava producendo e iniziò per conto suo a frequentare archivi e biblioteche. Tra il 1725 e il 1738 tradusse dal francese in latino e pubblicò le opere del benedettino Antoine Augustin Calmet sulla Bibbia:
- iniziò con il Dictionarium historicum, criticum, chronologicum, geographicum, et literale Sacrae Scripturae, che fu pubblicato a Lucca nel 1725; ad esso fece seguire nel 1731 un Supplementum;
- continuò poi con i Prolegomena, et dissertationes in omnes, et singulos S. Scripturae libros (Lucca 1729);
- infine tradusse il Commentarius literalis in omnes libros Veteris et Novi Testamenti[6].
Nel 1738 fu designato rettore del collegio di Santa Maria Corteorlandini di Lucca e vicario generale della sua Congregazione, ma rifiutò entrambe le cariche, preferendo mantenere quelle di prefetto della Biblioteca del Capitolo e consultore e segretario del medesimo; tali incarichi gli parevano più consoni ai suoi interessi di studioso.
In seguito l'arcivescovo Colloredo lo nominò esaminatore sinodale, visitatore e direttore spirituale della diocesi. Membro della locale Accademia degli Oscuri e della colonia d'Arcadia, il Mansi fu molto stimato in tutta Europa negli ambienti del rinnovamento degli studi storico-ecclesiastici; la sua fama crebbe ancora più quando, nel 1753, fondò nel convento lucchese del suo Ordine l'Accademia Ecclesiastica per gli Studi di Storia Ecclesiastica e Liturgica.
Mansi visitò varie città per motivi di studio: Genova, Roma, Napoli, Milano, Firenze, Torino. Particolarmente significativa fu la sua permanenza a Vienna, dove trascorse i mesi da giugno a settembre 1751, accolto amichevolmente da Carlo Giuseppe Firmian, Giovanni Battista Sardini, plenipotenziario della Repubblica lucchese e Pietro Metastasio, poi a lungo suo corrispondente. A Vienna il Mansi si immerse nei codici della Hofbibliothek[7].
Portando avanti il suo impegno di tradurre e stampare opere fondamentali dell'erudizione ecclesiastica, Mansi rieditò i monumentali Annales ecclesiastici di Cesare Baronio con le aggiunte di Odorico Raynald (Rinaldi)[8].
Vanno collocate nel settore erudito-ecclesiastico altre imprese editoriali del Mansi, alcune vastissime, che occuparono tutta la sua vita:
- il De charlataneria eruditorum declamationes duae di Johann Burkhard Mencke, con l'aggiunta dell'epistola De circumforanea literatorum vanitate di Christoph August Heumann e di anonime Notae tumultuariae dovute al Mansi stesso[9];
- la Vetus et nova Ecclesiae disciplina circa beneficia et beneficiarios di Louis Thomassin[10];
- una nuova edizione dell'Historia ecclesiastica Veteris Novique Testamenti di Natalis Alexandre[11]; il Mansi depurò l'opera dagli spunti di gallicanesimo;
- la prima edizione stampata in Italia dei sei tomi della Bibliotheca Latina Mediae et Infimae Aetatis di Johann Albert Fabricius[12], cui aggiunse negli Addenda un Elogio di Giulio Pomponio Leto di M. Ferno, gli Opuscula di Ciriaco d'Ancona e il De regentis et boni principis officiis di Diomede Carafa;
- l'Historia ecclesiastica Veteris Testamenti in rem theologiae candidatorum di Ignatio Hyacintho Amat de Graveson[13]; il Mansi l'arricchì di note.
Il De epochis conciliorum Sardicensis et Sirmiensium caeterorumque in causa Arianorum
Fu opera originale del Mansi il De epochis conciliorum Sardicensis et Sirmiensium caeterorumque in causa Arianorum, qua occasione rerum potissimarum S. Athanasii chronologia restituitur[14].
In quest'opera il Mansi anticipò la datazione del concilio di Sardica all'anno 344 e ciò scatenò una lunga polemica col domenicano Tommaso Maria Mamachi, che ne trattò in due articoli nel Giornale de' letterati di Roma, più precisamente nei numeri di marzo e aprile 1747. Il Mamachi sosteneva la datazione del 347[15]. Il Mansi si difese con lo scritto Ad cl. virum Ephemeridum quae Romae vulgantur auctorem anonymum... pro dissertatione sua de epochis conciliorum... Apologia[16], al quale seguirono quattro dure epistole del Mamachi[17] e un'altra risposta del Mansi dal titolo Pro sua de anno habiti Sardicensis concilii sententia ad virum clarissimum fratrem T. M. Mamachium... Assertio altera[18]; l'ulteriore replica del Mamachi venne con due lettere ad Angelo Maria Bandini, pubblicate nel novembre e dicembre 1748 nel Giornale de' letterati, ma a esse il Mansi non replicò.
Lo stesso Mamachi, in una recensione del Diario lucchese del 1742, edita anch'essa nel numero del novembre 1748 del Giornale de' letterati, aveva attaccato il Mansi anche per una dissertazione su San Paolino, inclusa nella raccolta. L'avversione del Mamachi verso il Mansi si inseriva probabilmente nella precedente polemica con Concina, suo amico e correligionario[2].
La Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio
Per approfondire, vedi la voce Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio |
L'opera principale a cui il Mansi si dedicò è la raccolta delle fonti relative a tutti i concili: ecumenici, nazionali, provinciali, diocesani fino al Concilio di Basilea, Ferrara e Firenze del 1438.
Essa fu preparata da un Supplementum che aveva lo scopo di integrare opere simili pubblicate in precedenza. Esso fu pubblicato a Lucca dal 1748 al 1752, si articolava in sei volumi e aveva come titolo Sanctorum conciliorum et decretorum collectio nova, seu collectionis conciliorum... supplementum, in quo additamenta, variantes lectiones emendationes ad concilia Veneto-Labbeana; nova itidem concilia, ac decreta exhibentur[19].
L'edizione completa delle fonti conciliari iniziò poi a vedere la luce nel 1759 e la pubblicazione terminò nel 1798, quasi trent'anni dopo la morte del Mansi. Essa ha come titolo Sacrorum conciliorum nova, et amplissima collectio... Editio novissima[20] e comprende 31 volumi.
Le opere di storia patria
Mansi si dedicò anche alla ricostruzione della storia patria, soprattutto con la Dissertazione in difesa del primato nella Cristianità di Toscana della Chiesa di Lucca; tale lavoro fu incluso nella Guida sacra delle chiese di Lucca, pubblicata nel 1734 nella stessa città dal padre Gabriele Grammatica, suo confratello[21].
Curò poi nel 1742 una nuova edizione della traduzione italiana di Giorgio Dati della Vita Castrucii Antelminelli Castracani Lucensis Ducis di Nicolò Tegrimi[22].
Il Mansi ristampò quindi l'edizione di Francesco Maria Fiorentini delle Memorie della gran Matilda restituita alla patria lucchese, inserendo molti documenti inediti su Matilde di Canossa e la sua famiglia[23].
Altri studi del Mansi furono volti a dare lustro a figure più o meno celebri della storia lucchese, valorizzando i documenti degli archivi ecclesiastici locali, ai quali aveva facile accesso:
- il Succinto ragguaglio della vita di Caterina Biagetti contadina dello Stato di Lucca terziaria francescana (Lucca 1755);
- il De insigni codice Caroli Magni aetate scripto et in Bibliotheca... maioris ecclesiae Lucensis servato... commentarius, pubblicato nella Raccolta d'opuscoli scientifici e filologici, curata da Angelo Calogerà (1751)[24].
Le annotazioni alla Encyclopédie
Nel 1756 il letterato Ottaviano Diodati progettò un'edizione lucchese dell'Encyclopédie di Diderot e D'Alembert. Anche per permetterne più facilmente la stampa il Mansi, che era revisore ordinario dei libri per conto della curia arcivescovile, fu chiamato a compilare ampie annotazioni al testo allo scopo, tra gli altri, di correggerne gli errori di carattere storico, filosofico o teologico.
Il Mansi accettò, essendo favorevole alla diffusione delle nuove idee a patto che si preservasse il pubblico da "eccessi" deisti, atei o anticlericali. E di fatto i primi due volumi uscirono nel 1758 con l'imprimatur di Benedetto XIV.
Il nuovo papa Clemente XIII e il prefetto dell'Indice, il card. Antonio Andrea Galli, non ritennero invece congrua e opportuna l'opera di glossatura del Mansi e, attraverso il superiore generale della sua Congregazione, Federigo Sarteschi, ammonirono il Mansi a desistere da quel lavoro[25]; l'ammonizione è avvalorata anche dalla successiva recisa condanna dell'Encyclopédie da parte del Sant'Uffizio. Il Mansi sospese quindi la collaborazione, ma le sue note, anonime, apparvero almeno fino al quinto volume. È del Mansi anche la traccia essenziale dell'Elogio a Montesquieu, presente nell'introduzione allo stesso quinto volume. La tesi secondo cui la collaborazione all'edizione lucchese dell'Encyclopédie avrebbe fatto tramontare l'intenzione di Clemente XIII di elevare il Mansi alla porpora cardinalizia[26] non trova riscontri documentari.
Teologia morale
Nel campo della teologia morale il Mansio produsse una fortunata silloge delle opere di papa Benedetto XIV, la Epitome doctrinae moralis, et canonicae ex Constitutionibus, aliisque operibus felicis recordationis Benedicti XIV pontificis maximi excerptae[27], riapparsa poi in calce a un'opera di Massaeus Kresslinger[28] e alla Theologia moralis di Alfonso Maria de' Liguori[29], quindi in ristampe autonome[30] e in una nuova edizione poco prima della morte del Mansi[31]; infine l'opera apparve postuma in traduzione italiana[32].
Altra nota pubblicazione del Mansi furono i due volumi delle Orationes politicae et ecclesiasticae di Enea Silvio Piccolomini, papa Pio II[33].
Arcivescovo di Lucca
Il 10 dicembre 1761, in seguito alla morte dell'arcivescovo Giuseppe Palma, la Repubblica Lucchese si valse per la prima volta del privilegio, concessole da Benedetto XIV il 26 maggio 1754 con la bolla Romanum Pontificem, di proporre tre soggetti idonei alla successione episcopale; la Repubblica propose il Mansi, il servita Martino Trenta e Vincenzo Torre, priore di San Pietro Maggiore. Clemente XIII scelse l'ultimo dei tre e lo designò arcivescovo il 5 febbraio 1762. Avvenne però che una controversia sulle pensioni ecclesiastiche sorta tra la Repubblica e la Roma impedì l'elezione] del Torre, morto nel corso di essa l'11 maggio 1763. Risolta la controversia, la nuova terna includeva il Mansi insieme con Giovanni Ignazio Lippi, vicario capitolare e il canonico Marzio Micheli; presentata la terna nel febbraio 1764, il papa nominò arcivescovo il Mansi il 9 aprile dello stesso anno, ed egli ricevette la consacrazione episcopale il giorno 24 seguente per l'imposizione delle mani del cardinale Enrico Benedetto Stuart di York, all'epoca vescovo di Frascati.
Durante il suo breve episcopato mediò con la Santa Sede in occasione della legge sulla manomorta emanata dal Consiglio della Repubblica di Lucca il 7 settembre 1764. Dopo la promulgazione di quella legge Roma aveva chiesto che fosse ritirata. Ma il profondo legame del Mansi con l'élite della sua città, insieme con la convinzione della necessità di una decisa politica di soppressione dei benefici ecclesiastici[34] fecero propendere l'arcivescovo per la posizione della Repubblica e grazie al suo intervento la legge non venne ritirata.
Negli anni 1764-1765 compì la visita pastorale dell'arcidiocesi, recandosi anche in tutte le comunità della Garfagnana.
Nel 1766 concesse un ampio condono a quanti non potevano pagare i canoni dovuti alla Chiesa lucchese.
Tre anni dopo la sua elevazione all'episcopato, nel 1767, colto da apoplessia, rimase privato delle facoltà motorie e tralasciò quasi del tutto l'attività pastorale. Morì a Lucca il 27 settembre 1769 e fu sepolto nella cattedrale.
Paolo VI così esprime il profilo del Mansi sacerdote e vescovo[35]:
« | Lucca non potrà mai dimenticare le iniziative del Mansi nel campo della formazione e della cultura del Clero e specialmente il periodo del suo ministero pastorale, breve ma denso di opere, durante il quale egli dimostrò amore particolare per i poveri e premurosa sollecitudine per tutte le necessità anche materiali che in quel tempo affliggevano il suo popolo. » | |
Valore del suo lavoro di erudito
Fu un "lavoratore instancabile, ma punto originale"[36]. La Catholic Encyclopedia dà un giudizio globale della sua opera poco lusinghiero:
(EN) | (IT) | ||||
« | His long career was filled chiefly with the re-editing of erudite ecclesiastical works with notes and complementary matter. His name appears on the title-pages of ninety folio volumes and numerous quartos. An indefatigable worker, widely read and thoroughly trained, his output was chiefly of a mechanical order, and unoriginal because hurried. His task was most often limited to inserting notes and documents in the work to be reproduced and sending the whole result to the printer. This left room for numberless shortcomings, Mansi's publications cannot satisfy the critical judgment. He himself, indeed, was a savant rather than a critic; he went too fast, and did too many things, to keep his aim fixed on perfection. » | « | La sua lunga carriera fu dedicata principalmente a riproporre lavori ecclesiastici eruditi con note e materiale complementare. Il suo nome appare sul frontespizio di novanta volumi in folio e di numerosi altri in quarto. Lavoratore instancabile, con un ottimo bagaglio di letture e ben preparato, la sua produzione è principalmente una ripetizione meccanica, non originale perché nata in fretta. Il suo lavoro si limitò spesso a inserire note e documenti nel lavoro da riprodurre e nell'inviare il risultato alle stampe. Ciò lasciò spazio a carenze senza numero e le pubblicazioni del Mansi non possono soddisfare un giudizio critico. D'altronde egli era un erudito più che un critico; lavorò troppo velocemente e fece troppe cose e ciò gli impedì di avere come obiettivo la perfezione. » | ||
(Auguste Boudinho, 1910 )
|
Genealogia episcopale
Per approfondire, vedi la voce Genealogia episcopale |
- Cardinale Scipione Rebiba
- Cardinale Giulio Antonio Santori
- Cardinale Girolamo Bernerio, O.P.
- Arcivescovo Galeazzo Sanvitale
- Cardinale Ludovico Ludovisi
- Cardinale Luigi Caetani
- Cardinale Ulderico Carpegna
- Cardinale Paluzzo Paluzzi Altieri degli Albertoni
- Papa Benedetto XIII
- Papa Benedetto XIV
- Papa Clemente XIII
- Cardinale Enrico Benedetto Stuart
- Arcivescovo Giovanni Domenico Mansi, O.M.D.
Successione degli incarichi
Predecessore: | Arcivescovo di Lucca | Successore: | |
---|---|---|---|
Giuseppe Palma | 9 aprile 1764-27 settembre 1769 | Martino Bianchi |
Note | |||||||||||||
| |||||||||||||
Bibliografia | |||||||||||||
| |||||||||||||
Voci correlate | |||||||||||||
Collegamenti esterni | |||||||||||||
|