Utente:Don Paolo Benvenuto/Parabola del banchetto di nozze

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1leftarrow.png Voce principale: Parabole di Gesù.
Jan Luyken, Invito al grande banchetto (ultimo quarto del XVII - inizio XVIII secolo), incisione ad acquaforte tratta dalla Bibbia Bowyer; Bolton (Gran Bretagna)
Jan Luyken, L'uomo senza abito nunziale (ultimo quarto del XVII - inizio XVIII secolo), incisione ad acquaforte tratta dalla Bibbia Bowyer; Bolton (Gran Bretagna)
Il testo della parabola
Mt 22,2-14 Lc 14,15-24

« 1Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2"Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: 'Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!'. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: 'La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze'. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.

11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. 12Gli disse: 'Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?'. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: 'Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti'". 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti. »

« 15Uno dei commensali, avendo udito questo, gli disse: "Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!". 16Gli rispose: "Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. 17All'ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: 'Venite, è pronto'. 18Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: 'Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi'. 19Un altro disse: 'Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi'. 20Un altro disse: 'Mi sono appena sposato e perciò non posso venire'. 21Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: 'Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi'. 22Il servo disse: 'Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto'. 23Il padrone allora disse al servo: 'Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. 24Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena'". »

La parabola del banchetto di nozze o parabola della gran cena è una parabola che l'evangelista Matteo (22,2-14) condivide con l'evangelista Luca (14,15-24).[1]

L'evangelista Matteo completa la parabola con la scena dell'uomo senza abito nuziale; questo particolare e la diversità del contesto nei due evangelisti fanno sì che le due redazioni abbiano sfumature di significato diverse.

Contesto e significato

In Luca

In Luca la parabola ha una forma più semplice che in Matteo. Il contesto in cui Luca la presenta è quello dei banchetti conviviali di Gesù con i pubblicani e i peccatori, banchetti nei quali egli accoglieva anche poveri ed emarginati; la parabola è quindi un'apologia dell'operare di Gesù: il Regno di Dio, inaugurato nella sua missione, doveva essere annunziato proprio a i poveri e ai peccatori. Forse Gesù la raccontò proprio durante un convito, come lascia intendere la collocazione attuale nel terzo Vangelo: prima della parabola l'evangelista riporta la guarigione dell'idropico durante un banchetto 14,1-6), gli insegnamenti di Gesù sul non scegliere il primo posto (14,7-11) e le raccomandazioni su chi bisogna invitare 14,12-14).

In Luca il protagonista della parabola è un gran proprietario terriero, che esigeva dai contadini quanto gli spettava del frutto della vigna.

Si pensa[2] che la forma presentata da Luca sia più vicina a quella originaria, anche se è difficile ricostruire l'esatto tenore originale.

In Matteo

In Matteo la parabola è più elaborata, e il contesto è diverso. La parabola fa seguito a quella dei due figli (21,28-32) e a quella dei vignaioli omicidi (21,33-46): con esse delinea un quadro di rottura e costituisce una predizione del castigo d'Israele per aver respinto, con il rifiuto del Vangelo portato da Gesù, l'invito alle nozze messianiche.[2] Se nella parabola precedente il castigo era minacciato (21,41), ora ne è predetta l'attuazione con la distruzione della città (22,7). La parabola ha quindi un significato simile a quello della parabola dei lavoratori della vigna e a quello della parabola della pecorella perduta: è rivolta ai critici e ai nemici di Gesù che hanno rifiutato l'invito ad entrare nel Regno di Dio.

Matteo avrebbe rielaborato fortemente la parabola per riadattarla al contesto di conflittualità tra la Chiesa e la sinagoga; ciò appare dal fatto che la gran cena di Luca, allestita da un ricco signore, diventa in Matteo un banchetto nuziale preparato da un re splendido e munifico per le nozze del figlio; ciò esprime la gratuità del regno di Dio, cui sono invitati con insistenza anzitutto gli israeliti:

La parabola ha così qui un significato escatologico ed allegorico trasparente:

In Matteo, poi, la parabola ha una seconda parte (vv. 11-14); si tratterebbe di un'altra composizione, aggiunta dall'evangelista a scopo parenetico.[3]

Riferimenti giudaici

La parabola si riallaccia a un soggetto di narrazione ben noto ai tempi di Gesù, la storia del ricco gabelliere Bar Maʿjan e del povero scriba, raccontata in aramaico nel Talmud palestinese.[4], a cui Gesù si sarebbe riferito anche nella Parabola di Lazzaro e del ricco epulone; di essa Gesù ha usato qui solo la conclusione.

Il racconto narra che Bar Maʿjan ebbe uno splendido funerale quando morì: nella città tutti si fermarono di lavorare per accompagnarlo nel rito funebre; contemporaneamente morì un pio scriba, e nessuno si accorse della sua inumazione. Come può Dio essere così ingiusto da permettere una cosa simile? La risposta del racconto è che Bar Maʿjan, nonostante non abbia condotto una vita buona moralmente, aveva compiuto una buona azione ed in quell'istante era stato sorpreso dalla morte. Poiché l'ora della morte è decisiva, e la buona azione non poteva più venir annullata da azioni cattive, essa doveva essere ricompensata da Dio, e ciò avvenne con il grandioso corteo funebre.

Ma qual era la buona azione compiuta da Bar Maʿjan?

« Egli aveva approntato un banchetto per i consiglieri, ma questi non vennero. Allora egli ordinò: i poveri devono venire a mangiarlo, affinché le vivande non si sciupino. »
(Riportato in Joachim Jeremias, 1973, 219[5])

Il motivo del banchetto ai poveri non è altruistico e nobile, in maniera simile a quanto si ha nella parabola del giudice e della vedova; ciò non impedisce a Gesù di utilizzare il racconto aramaico nella sua parabola.

Nel Vangelo di Tommaso

Il Vangelo di Tommaso, un vangelo apocrifo, riporta una terza versione della parabola:

« Gesù disse: Un uomo aveva ospiti, ed allorché la cena fu pronta, mandò il suo servo ad invitare gli ospiti. Egli (il servo) andò dal primo e gli disse: Il mio padrone ti invita! Quegli disse: Ho (da riscuotere) denaro da certi mercanti; essi vengono da me alla sera, e io devo andare e dar loro ordini. Mi scuso per la cena. Andò da un altro e gli disse: Il mio padrone ti ha invitato! Quello gli disse: Ho comperato una casa, e mi reclamano colà per un giorno. Non avrò tempo. Egli andò da un altro e gli disse: il mio padrone ti invita! Quello gli disse: il mio amico festeggia le nozze e io dovrò preparare il banchetto nuziale. Non potrò venire; mi scuso per la cena. Andò da un altro e gli disse: Il mio padrone ti invita! Quello gli disse: Ho comperato un villaggio e vado a riscuotere l'affitto. Non potrò venire: mi scuso. Il servo venne e disse al suo padrone: Quelli che tu hai invitato a cena si sono scusati di non poter venire. Il padrone disse al suo servo: Va' fuori sulle strade e porta quelli che trovi, affinché prendano parte alla cena. Compratori e mercanti non entreranno nel luogo del Padre mio. »
(Loghion 64; traduzione riportata in Joachim Jeremias, 1973, 216)

Jeremias ritiene che tale testo conservi le linee essenziali della redazione originale.

Note
  1. La parabola è presente anche nel Vangelo di Tommaso come loghion 64 (Joachim Jeremias (1973) 75).
  2. 2,0 2,1 Angelico Poppi (1990) 144.
  3. Angelico Poppi (1990) 145.
  4. Joachim Jeremias, 1973, 219-220.
  5. Jeremias rimanda all'edizione critica del testo pubblicata in Gustaf Dalman, Aramäische Dialektproben unter dem Gesichtpunkt neutestamentlicher Studien, Leipzig 1927, pp. 33s.
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni