Accidia

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Hieronymus Bosch, Tavola dei peccati mortali, XV secolo, particolare: l'accidia

L'Accidia o acedia[1] (dal greco ἀκηδία, akedía, "noncuranza", composto di α privativa e κῆδος, kêdos, "cura") è la trascuratezza nell'operare il bene, il "fastidio o tedio del ben fare", la "negligenza per ciò che riguarda le cose di Dio e dell'anima"; con un termine più comune è detta pigrizia, rispetto alla quale però aggiunge una sfumatura di indifferenza e di negazione di qualunque idealità[2].

È l'ultimo dei sette vizi capitali.

L'accidia è il vizio opposto allo zelo e all'alacrità spirituale. Il Catechismo della Chiesa Cattolica la enumera tra i peccati contro l'amore di Dio:

« L'accidia o pigrizia spirituale giunge a rifiutare la gioia che viene da Dio e a provare repulsione per il bene divino. »
(n. 2094)

Nella Bibbia

Mal 3,14 riporta un tipico ragionamento accidioso.

L'accidia può essere rinvenuta nel racconto del Getsemani, dove Gesù si lamenta del sonno dei suoi discepoli: "Lo spirito è pronto, ma la carne è debole" (Mt 26,41 )[3].

Nella tradizione della Chiesa

Il primo a parlare dell'acedia è Origene, che la indica come la tentazione subita da Gesù nel deserto, e la descrive come assopimento, intontimento, perdita di vigilanza[4].

Poco più tardi Evagrio la identifica e la descrive tra le otto passioni e tentazioni contro le quali il monaco deve lottare: essa è una dominante, una suggestione efficace, un "demonio" che assale l'uomo di Dio tentando di invaderne la persona, fino ad offuscarne lo sguardo del cuore, fino alla depressione. Lo stesso Evagrio, riprendendo un'esegesi rabbinica al Sal 91,6 , definisce questa tentazione "demone meridiano", perché è proprio verso mezzogiorno - ora che nel deserto è particolarmente calda, afosa, ora in cui il peso del digiuno si fa sentire - che affiora nel cuore del monaco la domanda ossessiva: "Ma vale la pena? A che serve tanta fatica? Chi me lo fa fare?".

Tommaso d'Aquino la considera un vizio opposto alla carità, in quanto in particolare si oppone alla gioia della carità, come fa anche l'invidia[5].

Nel mondo d'oggi

La tentazione dell'accidia, pur essendo sempre esistita, forse oggi si fa più frequente e intensa, soprattutto nel mondo occidentale[4]: là dove non si è più assillati dalla fame e dalla lotta quotidiana per la sopravvivenza, ecco aprirsi lo spazio per desideri e bisogni che vanno al di là di quelli primari e che, proprio per questo, hanno in sé una vena di insaziabilità.

Si ipotizza[4] che siano in relazione con essa vari fenomeni odierni:

  • l'aumento dei suicidi in tutte le fasce di età;
  • la rivendicazione sempre più insistente ed esplicita di essere aiutati a morire senza sofferenza;
  • la rimozione della morte per l'insostenibile pesantezza della sua realtà.

Approfondimento

L'accidia può essere considerata sotto due aspetti: come passione o come vizio o peccato[2]:

  • Come passione, l'accidia è manifestazione di tristezza e di sconforto di fronte allo sforzo che è necessario per sostenere qualsiasi genere di attività; in quanto tale è sperimentata da tutti, anche se con diverse gradazioni.
  • Come peccato, San Tommaso d'Aquino la definisce "un rincrescimento del bene spirituale, in quanto questo è un bene divino"[6], cioè una tristezza che nasce a motivo del dover mettere in pratica ciò che riguarda il servizio di Dio.

Parlando delle tentazioni nella preghiera, il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna che la presunzione ha come conseguenza l'accidia, e spiega:

« Con questo termine i Padri della vita spirituale intendono una forma di depressione dovuta al rilassamento dell'ascesi, ad un venire meno della vigilanza, alla mancata custodia del cuore»
(n. 2733)
Note
  1. La forma originaria è la seconda; il passaggio dalla forma con la i al posto della e avvenne "per vicinanza con l'idea di acidità, asprezza, segno della tristezza" (Jean-Marie Aubert, 1989, 269).
  2. 2,0 2,1 Cfr. Igino Tarocchi (1948) 194.
  3. Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. [http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p4s1c3a2_it.htm 2733.
  4. 4,0 4,1 4,2 Enzo Bianchi (2007).
  5. Summa Theologiae, II-II, q. 35. V. anche Quastiones disputatae de malo, q. 11.
  6. Summa Theologiae, II-II, q. 35, a. 1. Si vedano anche le Quaestiones disputatae de malo, e in particolare la questione XI, dedicata all'accidia (testo latino).
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni