San Tommaso d'Aquino

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San Tommaso d'Aquino, O.P.
Presbitero
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al secolo
battezzato
Santo
Dottore della Chiesa
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Guercino, San Tommaso d'Aquino in atto di scrivere l'"Inno del Santissimo Sacramento" assistito dagli angeli (part.), 1662 - 1663, olio su tela; Bologna, Basilica di San Domenico
Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 49 anni
Nascita Roccasecca
1225
Morte Abbazia di Fossanova
7 marzo 1274
Sepoltura
Appartenenza
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Professione religiosa aprile 1244
Ordinato diacono
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Ordinazione presbiterale Colonia, 1250
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° vescovo di Roma
Elezione
al pontificato
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(per causa incerta o sconosciuta)
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Successore {{{successore}}}
Extra Anni di pontificato


Cardinali creazioni
Proclamazioni
Antipapi {{{antipapi}}}
Eventi

Iter verso la canonizzazione

Venerato da Chiesa cattolica
Venerabile il [[]]
Beatificazione [[]]
Canonizzazione 18 luglio 1323, da Giovanni XXII
Ricorrenza 28 gennaio
Altre ricorrenze 8 marzo (Chiesa luterana)
Santuario principale
Attributi Libro, sole sul petto, penna, colomba, bue
Devozioni particolari Invocato contro il fulmine
Patrono di Scuole, Università, teologi, accademici, librai, studenti, Campania, Aquino, Grottaminarda, Monte San Giovanni Campano, Priverno
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Incoronazione
Investitura
Predecessore
Erede
Successore
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Trattamento {{{trattamento}}}
Onorificenze
Nome templare {{{nome templare}}}
Nomi postumi
Altri titoli
Casa reale {{{casa reale}}}
Dinastia {{{dinastia}}}
Padre {{{padre}}}
Madre {{{madre}}}
Coniuge

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Consorte

Consorte di

Figli
Religione {{{religione}}}
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Collegamenti esterni
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Invito all'ascolto
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Virgolette aperte.png
L'onnipotenza di Dio si manifesta soprattutto nel perdono e nella misericordia.
Virgolette chiuse.png
Virgolette aperte.png
Tu non possiedi la Verità, ma è la Verità che possiede te.
Virgolette chiuse.png
(Tommaso d'Aquino, De veritate )
Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano, 28 gennaio, n. 1:
« Memoria di san Tommaso d'Aquino, sacerdote dell'Ordine dei Predicatori e dottore della Chiesa, che, dotato di grandissimi doni d'intelletto, trasmise agli altri con discorsi e scritti la sua straordinaria sapienza. Invitato dal beato Papa Gregorio X a partecipare al secondo Concilio Ecumenico di Lione, morì il 7 marzo lungo il viaggio nel monastero di Fossanova nel Lazio e dopo molti anni il suo corpo fu in questo giorno traslato a Tolosa. »

7 marzo, n. 9, ricorrenza secondaria:

« Nel monastero cistercense di Fossanova nel Lazio, transito di san Tommaso d'Aquino, la cui memoria si celebra il 28 gennaio »

San Tommaso d'Aquino, detto anche Doctor Angelicus, Doctor Communis (Roccasecca, 1225; † Abbazia di Fossanova, 7 marzo 1274), è stato un presbitero, teologo e filosofo italiano. Pio V, nel 1567, lo proclamò dottore della Chiesa e Leone XIII, il 4 agosto 1880, patrono delle scuole e università cattoliche.

Rappresenta uno dei principali pilastri teologici della Chiesa cattolica, ma, per il suo metodo di lavoro e per la sua apertura mentale, è punto di riferimento anche per pensatori contemporanei (teologi e filosofi) non di fede cattolica.

Una fondamentale sua caratteristica è la capacità di leggere in modo sia sempre rispettoso sia sempre nuovo anche questioni della filosofia classica, con riferimenti a maestri come Socrate, Platone, Aristotele, ma anche ai loro commentatori successivi, sia tardo-antichi sia ebrei sia musulmani. La luce della fede, collocata nel giusto rapporto con quella della ragione, nonché la profonda conoscenza della Bibbia e dei Padri della Chiesa ne fanno un maestro anche per i tempi di oggi.

Biografia

Tommaso d'Aquino nacque a Roccasecca[1], nel feudo dei conti d'Aquino (Frosinone), nel 1225.

Figlio di Landolfo, nobile di origine longobarda e Teodora, il piccolo Tommaso, a soli cinque anni, fu inviato come oblato nella vicina Abbazia di Monte Cassino per ricevere l'educazione religiosa.

Gli studi e la filosofia

Il Castello di Monte San Giovanni Campano, dove fu rinchiuso san Tommaso d'Aquino

A quattordici anni Tommaso si trasferì a Napoli, dove si dedicò allo studio delle arti all'Università degli Studi di Napoli "Federico II", presso il convento di San Domenico Maggiore. È così che, pur fortemente ostacolato dalla famiglia, fece richiesta nel 1244 di essere ammesso all'Ordine domenicano, cosa che avvenne a fine aprile dello stesso anno.

I suoi superiori, avendone intuito il precoce talento e per consentirgli il completamento degli studi, lo inviarono a Parigi, ma il giovane, prima che potesse giungervi, fu catturato dai suoi familiari e ricondotto al castello paterno di Monte San Giovanni Campano.

Il periodo di prigionia, che durò un anno, fu caratterizzato dalle pressioni della famiglia che voleva fargli rinunciare l'abito domenicano e si concluse, per intercessione di Papa Innocenzo IV, con la liberazione (o, secondo alcuni biografi, con la fuga) di Tommaso.

Dopo brevi soggiorni, prima a Napoli e poi a Roma, nel 1248 Tommaso giunse a Colonia in Germania per seguire le lezioni di Sant'Alberto Magno[2], filosofo e teologo tedesco, la cui dottrina cercò di conciliare l'Aristotelismo con il Cristianesimo, considerando il metodo empirico di Aristotele molto utile per le scienze naturali e, dal momento che scienza e fede non sono contrastanti, indirettamente giovevole anche per la fede cristiana: conoscere meglio la natura equivale a conoscere meglio l'opera del Creatore. Tommaso fece sua questa istanza di Alberto.

È dibattuto il rapporto che Tommaso ebbe con Aristotele, ma, a questo proposito, dice Marcello Landi:

« Si può ridurre Tommaso a un aristotelico tardo? In effetti, per motivi storici e teoretici è meglio fare l'operazione contraria: cercare, cioè, di cogliere la peculiarità e l'originalità del tomismo rispetto all'aristotelismo, se si vuole capire il modo di pensare dell'Aquinate, il cui punto di vista tiene conto di quanto è intervenuto, nel frattempo, in Occidente: l'arrivo del Cristianesimo e del pensiero da esso suscitato. Tommaso, insomma, ha assimilato Aristotele al Cristianesimo, non ha fatto l'operazione contraria. »

L'insegnamento

Fra Bartolomeo, San Tommaso d'Aquino (1517 ca.), olio su tela

A Colonia, nel 1250 o nell'anno successivo, diventa sacerdote. Dal 1252 invece Tommaso insegnò all'Università di Parigi, iniziando come baccalarius biblicus e dopo quattro anni poté tenere la sua prima lezione in cattedra.

Nel frattempo, Tommaso combatté contro gli averroisti[3], che ritenevano la fede inconciliabile con la ragione. Secondo Tommaso, invece, la ragione supera le fede, ma non si oppone a essa.

Tommaso cercò anche, contro l'opinione del dominante indirizzo agostiniano, filosoficamente platonico o neoplatonico, di mostrare la conciliabilità dell'impostazione aristotelica - ovviamente interpretata in modo diverso da quanto facevano gli averroisti e, dove occorreva, opportunamente corretta - con la fede cristiana; Tommaso, in questa operazione, non scadde mai nella polemica, citando anzi sempre con grande stima lo stesso Sant'Agostino; a tal proposito, è da rilevare che fu personalmente in ottimi rapporti con uno dei massimi esponenti contemporanei dell'agostinismo, San Bonaventura.

Nel 1259 Tommaso tornò in Italia: strinse amicizia con Guglielmo di Moerbeke, il grande traduttore di Aristotele dai testi originali greci e collaborò ad alcuni scritti con papa Urbano IV, presso il convento di Orvieto, dove il pontefice si era temporaneamente stabilito.

Collaboratore dei papi

Carlo Crivelli, Scomparto di polittico con San Tommaso d'Aquino (1476), tempera su tavola; Londra, National Gallery

Su incarico di Urbano IV, compose l'ufficio e gli inni per la festa del Corpus Domini appena istituita (8 settembre 1264); tra essi spicca l'inno Pange Lingua, con le celeberrime ultime due strofe del Tantum Ergo, che la liturgia cattolica ancor oggi canta durante l'esposizione del Santissimo Sacramento.

Successivamente si recò a Roma, per organizzare i corsi dello Studio di Santa Sabina e, nel 1267, papa Clemente IV lo chiamò con sé a Viterbo, dove predicò spesso dal pulpito della chiesa di Santa Maria Nuova.

Proprio durante gli anni trascorsi in Italia compose numerose opere come la "Summa contra gentiles", il "De regimine principum", il "De unitate intellectus contra Averroistas" e buona parte del suo capolavoro, la Summa Theologiae.

Nel 1269 fu richiamato dai suoi superiori a Parigi, per intervenire nella polemica tra Maestri secolari ed Ordini mendicanti; qui dovette anche difendere il suo recupero del pensiero di Aristotele di fronte agli attacchi degli agostinisti e confutare gli errori dottrinari degli averroisti.

Nel 1272, chiamato da Carlo I d'Angiò, fu nuovamente a Napoli e si occupò della riorganizzazione degli studi teologici del convento di San Domenico, a cui era annessa la locale Università.

Il 6 dicembre 1273, nella chiesa di San Domenico a Napoli, cadde in estasi e da quel giorno smise di scrivere, confidando a fra Reginaldo da Piperno, suo aiutante e confessore:

« Tutto quello che ho scritto mi sembra un pugno di paglia a paragone di quello che ho visto e mi è stato rivelato. È venuta la fine della mia scrittura e spero che sia vicina la fine della mia vita. »
(Antonio Livi, Dal senso comune alla dialettica. Una storia della filosofia, Casa editrice Leonardo da Vinci, Roma 2004-2005)

Restò pertanto incompiuta la sua "Summa Theologiae", in particolare l'ultimo trattato "De Poenitentia".

Nel gennaio 1274 papa Gregorio X gli ordinò di presenziare al Concilio di Lione II, per verificare in cosa consistessero le divergenze tra la Chiesa latina e quella greca e se fosse possibile appianarle; Tommaso, anche se non in buone condizioni di salute, si mise in viaggio.

Durante il tragitto si fermò presso il castello di Maenza, da sua nipote Francesca maritata con il conte Annibaldo de Ceccano, signore di Maenza, ma la sua malattia si aggravò.

Dal momento che desiderava finire i suoi giorni in un monastero e non essendo in condizione di raggiungere un convento domenicano, fu portato all'Abbazia cistercense di Fossanova, a poca distanza dal borgo di Priverno[4], dove, al termine di una malattia durata qualche settimana, morì il 7 marzo 1274.

Nel 1369 le sue spoglie furono traslate a Tolosa, in Francia: la sua tomba si trova presso il convento des Jacobins.

L'ipotesi sulla morte

Dante Alighieri, nella Divina Commedia, sostiene che il teologo sia stato avvelenato per ordine di Carlo d'Angiò[5]; il Villani[6] riprende questa credenza, mentre l'Anonimo Fiorentino descrive il crimine e le sue motivazioni. Il Muratori, al contrario, riproducendo il resoconto di uno degli amici del teologo, non fa accenni a eventuali congiure. Anche il semplice sospetto, comunque, ci comunica la convinzione dei contemporanei che l'opera di Tommaso, con la sua chiara distinzione tra potere spirituale e potere temporale, fosse pericolosa per il partito guelfo, rappresentato dall'Angiò.

Pensiero

Il pensiero dell'aquinate è molto ricco[7].

Ragione, scienza e fede

Il metodo di lavoro di Tommaso è caratterizzato da una grande e critica fiducia nella ragione umana e nelle sue capacità di scoperta: nel commento al De coelo et mundo di Aristotele, ad esempio, Tommaso sostiene che non si debba mai ritenere una teoria scientifica definitivamente vera, perché può sempre succedere che ne venga elaborata una nuova, in precedenza mai concepita da nessuno.

La certezza nell'universale capacità umana di ragionare fa di Tommaso un grande sostenitore del metodo dialogico (cfr. la Summa contra gentiles), capace, come si vede in ogni sua opera, di accogliere senza pregiudizio qualunque contributo di riflessione possa avvicinare alla verità, da qualunque ambiente esso provenga: cristiano o musulmano, ebreo o pagano.

Giungere alla pienezza della verità, che Tommaso identifica con Dio, non è, però, alla portata della sola ragione umana: dobbiamo fare ricorso a una superiore fonte di conoscenza: la Rivelazione. Per Tommaso però "superiore" non vuol dire "contrastante". Tommaso è molto lontano dalla teoria della doppia verità degli averroisti latini, i quali ritenevano, secondo l'impostazione di Sigieri di Brabante, che la fede e la ragione potessero rispondere in modo non solo diverso, ma addirittura opposto alla stessa domanda e che si dovessero tenere per buone entrambe le risposte. Per lui, invece, la fede e la ragione, se rettamente intese, non possono mai essere in contrasto tra loro, provenendo entrambe da Dio; la differenza tra esse sta nel fatto che la seconda, anche quando parla di Dio, lo fa a partire dalla sua manifestazione nella natura, mentre la prima è fondata sulla conoscenza che Dio stesso ha di sé. Da qui deriva il suo primato.

La teologia, che si basa sulla Rivelazione divina e che è una scienza per gli uomini solo in quanto subalterna alla scienza di Dio, ha lo stesso statuto epistemologico di altre scienze quali la prospettiva e la musica, che ricevono, senza né dimostrarli né poterli considerare di per sé evidenti, i propri principi di lavoro rispettivamente dalla geometria e dall'aritmetica.

L'Autonomia della natura e l'Antropologia

L'idea che la ragione non venga annullata dalla fede, ma conservi, anzi, una sua forma di autonomia, è organica al complessivo impianto tomista del rapporto tra Dio e mondo: Dio non si sostituisce alle creature agendo al loro posto, ma fa sì che l'azione sia un prodotto delle creature stesse. Autonomia, in questo senso, è ben lontana dall'indipendenza: le creature anzi dipendono da Dio per tutto il loro essere.

Anche nel caso della grazia è opportuno parlare di causa principale (Dio) e di causa strumentale (la volontà umana). Il principio che Dio dà alle cose non solo di essere, ma anche di essere causa, comporta numerose conseguenze:

  • la possibilità, in teologia, di comporre una forte sottolineatura della predestinazione divina con la certezza della libertà umana;
  • il superamento, in cosmologia, della teoria agostiniana delle ragioni seminali;
  • l'affermazione, in gnoseologia, che l'illuminazione intellettiva deriva all'uomo non direttamente da Dio, ma da Dio (causa principale) attraverso l'intelletto agente (causa strumentale) che, con queste premesse, non può che essere individuale, contro le teorie di Alessandro di Afrodisia, di Avicenna e di Averroè.

L'antropologia assunta, dunque, è quella aristotelica: l'uomo non è un'anima che si serve di un corpo, ma è un composto corpo-anima, un sinolo, una creatura al confine tra mondo della materia e mondo degli esseri spirituali. Il che, tra l'altro, concorda con la dottrina cristiana della risurrezione dei corpi, dottrina più forte e caratterizzante della semplice affermazione della sopravvivenza delle anime. Proprio quell'Aristotele che pareva così lontano dal Cristianesimo aiuta quindi, secondo Tommaso, a capirne meglio gli insegnamenti.

Fatto notare che l'intima unione tra corpo e anima comporta che ogni nostra conoscenza derivi dai sensi, Tommaso coglie l'occasione per interrogarsi sull'oggetto proprio del conoscere umano (noi cogliamo le nostre stesse percezioni o cogliamo, attraverso le percezioni, delle realtà esterne a noi?) e, scartato l'idealismo gnoseologico, si orienta verso il realismo, sottolineando la capacità intuitiva del nostro intelletto.

Ugualmente realista, benché moderato, è l'orientamento assunto nella disputa sugli universali, dove il motivo del contendere è lo status ontologico degli universali (concetti, generi, specie, ecc.):

  • Sono enti reali, come vuole la dottrina platonica del mondo delle Idee?
  • Sono reali solo in quanto proprietà delle cose individuali e nelle cose individuali, come sostiene Aristotele?
  • Oppure appartengono solo al nostro modo di conoscere e denominare le cose, non essendo altro che puri nomi, o al massimo concetti?

L'Aquinate, dunque, ricordando la posizione di Boezio - che ricercava una mediazione tra Platone e Aristotele e che poneva, come era usuale in età patristica, le Idee di Platone nella mente di Dio - attribuisce agli universali una sussistenza sia nella mente di Dio, come possibilità di partecipazione dell'essere (ante rem), sia nelle cose come loro essenza (in re), sia nella mente dell'uomo come concetto (post rem).

La filosofia dell'essere

Beato Angelico, San Tommaso d'Aquino con la "Summa Theologiae" (1442 ca.), affresco; Firenze, Museo di San Marco, chiostro di S. Antonino, lunetta

Lo studio dell'essere è il cuore del pensiero di Tommaso, che ha creato una vera e propria filosofia dell'essere: rovesciando l'idea aristotelica della centralità della sostanza e accogliendo i suggerimenti di Avicenna, che afferma la necessità, nel considerare gli enti, di tenere distinte l'essenza e l'esistenza, Tommaso attribuisce all'essenza una posizione di semplice potenza in confronto a quel particolare atto che è l'atto di essere (cfr. il De ente et essentia), perfezione prima di ogni ente.

Come in Aristotele era chiara la distinzione tra essere in potenza ed essere in atto, altrettanto chiaramente Tommaso elabora il concetto di essere come atto. Essere non indica una semplice presenza, essere indica un'attività, la più alta e completa delle attività. L'essenza è addirittura ciò che, determinando e coartando l'essere, lo limita e lo impoverisce: l'essenza umana, che mi è propria, stabilisce in quali modi posso essere, ma contemporaneamente stabilisce anche in quali modi non mi è assolutamente dato di poter essere. Da questo punto di vista, Dio, che non ha limiti, non ha altra essenza se non l'esistenza: semplicemente è, senza distinzioni e senza composizioni; le creature, invece, hanno l'essere, cioè ne partecipano solamente, sono composte di essenza e di esistenza: perciò, anche quando esistono di fatto, sono sempre contingenti, cioè tali da poter anche non essere.

Partecipazione è il concetto che esprime sul piano ontologico quello che è analogia sul piano logico, indicando il possesso parziale di una realtà che altrove è presente nella sua pienezza. Già Aristotele aveva individuato quella che usualmente è definita analogia di attribuzione[8]; da parte sua, Tommaso coglie anche l'analogia di proporzionalità[9] Essere è un concetto analogico non solo secondo il primo modo, come ha visto Aristotele, ma anche secondo l'altro.

La nozione di analogia rende possibile a Tommaso affrontare la diatriba tra teologia catafatica-affermativa ed apofatica-negativa senza né schiacciarsi su una delle due posizioni (il sostenere che sia possibile parlare di Dio utilizzando sostanzialmente i concetti umani oppure il negare che a Dio si possa attribuire alcunché, se non in modo negativo o causativo) né porsi in una banale equidistanza: il modo con cui diamo dei "nomi" (sostantivi o aggettivi) a Dio deve prevedere tre passaggi:

  • affermare (es.: "Dio è buono");
  • negare (es.: "Dio non è buono come lo sono le creature");
  • affermare su un piano infinitamente superiore (es.: "Dio è buono in un modo infinitamente superiore").

Poiché in Dio tutto è Dio e perciò coincide, vi devono essere identiche anche quelle perfezioni che sulla terra sembrano opposte; poiché non sappiamo come questo sia possibile, dobbiamo confessare che, alla fine, la natura di Dio ci sfugge, ed ha ragione Agostino: Deus scitur melius nesciendo, "Dio è conosciuto meglio non conoscendolo".

L'esistenza di Dio

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Cinque vie

L'esistenza di Dio non può essere provata a priori, perché, per accettare ad esempio l'argomento ontologico di Anselmo, dovremmo conoscere l'essenza di Dio, il che, in questa vita, non si dà. Rimangono valide delle prove a posteriori.

Tommaso parla di cinque vie, a partire:

  1. dall'osservazione del movimento: se osservo un qualsiasi mutamento, devo necessariamente presupporre un motore, cioè un agente che abbia originato il mutamento; se esso è a sua volta mosso, allora necessita di un altro motore; perché ogni motore muova in atto e non solo ion potenza, occorre che il primo motore sia immobile: esso è ciò che chiamiamo Dio;
  2. dalla causalità efficiente: si procede in modo analogo al caso precedente, applicando il procedimento al fatto che osservo l'esistenza di realtà che non si spiegano da sé, ma sono effetto di qualcos'altro; anche in questo caso deve esistere una causa efficiente prima, che chiamiamo Dio: si noti che l'argomento usa un metodo aristotelico per raggiungere conclusioni molto lontane da Aristotele stesso, in quanto secondo lo Stagirita Dio non è causa efficiente del mondo, ma ne è solo causa finale;
  3. dalla riflessione sulla contingenza: l'esperienza ci attesta che esistono cose che possono essere come non essere, cioè sono contingenti (in cui, dunque, l'essenza non comprende l'esistenza); ma cose siffatte talvolta sono talvolta no; dunque, se esistono solo cose contingenti, deve necessariamente esserci stato un momento in cui esse tutte insieme non erano; perciò dobbiamo ammettere l'esistenza di qualcosa di necessario, in cui cioè l'essenza comprenda l'esistenza: tale cosa tutti chiamano Dio;
  4. dai gradi di perfezione: se possiamo osservare, nel mondo, cose con una "perfezione" posseduta in grado più o meno elevato, dobbiamo ammettere l'esistenza di quella perfezione a un livello massimo; tale livello assoluto di perfezione, richiesto dal relativo che noi vediamo, è normalmente chiamato Dio;
  5. dalla considerazione che vi sono oggetti naturali non dotati di volontà che agiscono però in modo ordinato e finalizzato: infatti, sempre, o per lo più, essi operano in un determinato modo; il che richiede che un essere intelligente abbia dato razionalità al cosmo: quest'essere è quello che chiamiamo Dio.

Una versione sintetica di questi argomenti è presente nella Summa Theologiae, mentre se ne può trovare una discussione più approfondita, anche se solo di alcuni, nella Summa contra Gentiles. I richiami teoretici sono: per le prime due vie ad Aristotele (sia pure con la precisazione sopra esposta), per la terza ad Avicenna, per le ultime due ad Agostino e al platonismo, per l'ultima anche a Socrate.

Etica e politica

Oltre che fondamento e causa efficiente del mondo, Dio ne è anche il fine: nell'uomo, in particolare, l'agire consapevole è sempre in vista di un fine. Ma c'è un fine ultimo, criterio di ogni atto di scelta? Sì: è raggiungere la beatitudine, che Tommaso intende in senso oggettivo: quella realtà capace di rendere beati. Tale può essere solo il bene infinito, perché i beni finiti non ci possono quietare in tutti i nostri desideri, e il bene infinito, l'infinito essere, è Dio.

Il mio personale stato di benessere soggettivo è allora conseguenza del raggiungimento del fine, non è fine esso stesso. Così la legge è soltanto mezzo per raggiungere il fine, non fine essa stessa. Nel momento in cui obbedire alla legge (qualsiasi legge) mi allontana dal fine, la legge non vale più. Tommaso parla nella Summa Theologiae di una speciale virtù che aiuta a capire quando è il momento di disobbedire.

La legge può essere distinta in quattro livelli:

  1. legge eterna, nella mente di Dio e pertanto non conoscibile da noi in modo diretto;
  2. legge naturale, che è una partecipazione della prima e si può cogliere con la ragione;
  3. legge positiva, che è posta dagli uomini e non deve contrastare la legge naturale, pena la perdita di validità: posso ribellarmi a una legge che calpesti un mio diritto naturale, devo farlo se la legge vuole impormi di calpestare un diritto altrui[10];
  4. legge divina, che vale per chi accetta il Cristianesimo e non può essere imposta a chi è fuori dalla Chiesa.

Questa concezione del diritto fonda la reciproca autonomia dei poteri politico e religioso: Tommaso, contrario alla teocrazia, afferma che l'autorità politica è legittimata da Dio attraverso il consenso popolare, non attraverso il Papa. La società migliore, anzi, è quella in cui tutti sono elettori e tutti eleggibili[11].

Interessante, al riguardo della legge naturale, è il fatto che esista una gerarchia nei diritti naturali: ad esempio, quello alla proprietà è subordinato e funzionale, al diritto alla vita. Ne deriva che, qualora il diritto alla vita di qualcuno si possa affermare solo con l'appropriazione di beni (magari superflui) altrui, quest'appropriazione è pienamente giustificata; la proprietà privata, insomma, per quanto in sé legittima, va sempre coniugata con un uso sociale dei beni.

Le riflessioni dell'Aquinate sul diritto naturale si sono rivelate di grande importanza nella storia del pensiero occidentale, soprattutto per la nascita del moderno diritto internazionale[12] e per la formazione della dottrina sociale della Chiesa, dalla Rerum Novarum di Leone XIII (1891) fino a oggi.

Culto

Tommaso fu canonizzato il 18 luglio 1323 da papa Giovanni XXII, proclamato Dottore della Chiesa nel 1567 e patrono delle scuole e università cattoliche il 4 agosto 1880.

La sua memoria liturgica, da secoli fissata al 7 marzo, giorno del suo decesso, è stata spostata dopo il Concilio Vaticano II al 28 gennaio, data della traslazione del 1369; ciò in ottemperanza alla raccomandazione di spostare le feste liturgiche dei santi dal periodo quaresimale e pasquale.

Le sue reliquie sono venerate in vari luoghi, a seguito dei trasferimenti parziali dei suoi resti. Inizialmente Tommaso fu sepolto presso l'altare maggiore della chiesa dell'abbazia di Fossanova; e poi per alterne vicende e richieste autorevoli, smembrati nel tempo; sono venerate a Fossanova, nel Duomo della vicina Priverno, nella chiesa di Saint-Sermain a Tolosa, in Francia, portate lì nel 1369 dai Domenicani, su autorizzazione di papa Urbano V e poi altre a San Severino, su richiesta dalla sorella Teodora e da lì trasferite poi a Salerno; altre reliquie si trovano nell'antico convento dei Domenicani di Napoli e nel Duomo della città.

Il 7 marzo, nel monastero cistercense di Fossanova nel Lazio, si celebra il transito di san Tommaso.

Opere

Una pagina della Summa theologiae
  • Ad Bernardum (A Bernardo)
  • Aurora Consurgens (Il sorgere dell'aurora)
  • Compendium theologiae (Compendio di teologia)
  • Contra errores Graecorum (Contro gli errori dei Greci)
  • Contra impugnantes Dei cultum (Contro coloro che avversano il culto di Dio)
  • Contra retrahentes (Contro coloro che distolgono)
  • Contra Saracenos (Contro i Saraceni, cioè i Musulmani)
  • De aeternitate mundi (L'eternità del mondo)
  • De alchemia (L'alchimia)
  • De anima (L'anima; dalle Quaestiones disputatae)
  • De articulis Fidei (Gli articoli della Fede)
  • De ente et essentia (L'ente e l'essenza)
  • De forme absolutionis (La forma dell'assoluzione)
  • De lapide philosophico (La pietra filosofale)
  • De malo (Il male; dalle Quaestiones disputatae)
  • De motu cordis (Il moto del cuore)
  • De operationibus occultis (Le operazioni nascoste)
  • De perfectione (La perfezione)
  • De potentia (La potenza"; dalle Quaestiones disputatae)
  • De principiis naturae (I principi della natura)
  • De rationibus Fidei (Le ragioni della Fede)
  • De regimine principum (Il governo dei principi; scritto politico incompiuto)
  • De spiritualibus creaturis (Le creature spirituali)
  • De substantiis separatis (Le sostanze separate)
  • De unione Verbi Incarnati (L'unione del Verbo Incarnato)
  • De unitate intellectus contra Averroistas (L'unità dell'intelletto contro gli Averroisti)
  • De veritate (La verità; dalle Quaestiones disputatae)
  • De virtutibus, (Le virtù; dalle Quaestiones disputatae)
  • Summa contra Gentiles (Il complesso contro i Gentili; rivolta contro i Gentili, cioè i Musulmani e i pagani, per sostenere la superiorità della religione cristiana)
  • Summa theologiae (Sommario di teologia; opera incompiuta)

Commenti biblici

Un discorso a parte meritano i commenti biblici di Tommaso, condotti sempre con una profonda attenzione al testo, ma anche nell'intento di giungere all'intenzione dell'autore. Tommaso ha la capacità di tener conto delle interpretazioni fornite dai Padri della Chiesa, ma senza appiattirsi sul già detto.

  • In psalmos Davidis expositio
  • Expositio super Iob ad litteram
  • In Jeremiam prophetam expositio
  • In Threnos Jeremiae expositio
  • Expositio super Isaiam ad litteram
  • Super Evangelium S. Matthaei lectura
  • Super Evangelium S. Ioannis lectura
  • Catena aurea in quatuor Evangelia
  • Super Epistolam B. Pauli ad Romanos lectura
  • Super I Epistolam B. Pauli ad Corinthios lectura
  • Super II Epistolam B. Pauli ad Corinthios lectura
  • Super Epistolam B. Pauli ad Galatas lectura
  • Super Epistolam B. Pauli ad Ephesios lectura
  • Super Epistolam B. Pauli ad Philipenses lectura
  • Super Epistolam B. Pauli ad Colossenses lectura
  • Super I Epistolam B. Pauli ad Thessalonicenses lectura
  • Super II Epistolam B. Pauli ad Thessalonicenses lectura
  • Super I Epistolam B. Pauli ad Timotheum lectura
  • Super II Epistolam B. Pauli ad Timotheum lectura
  • Super Epistolam B. Pauli ad Titum lectura
  • Super Epistolam B. Pauli ad Philemonem lectura
  • Super Epistolam B. Pauli ad Hebraeos lectura

Preghiere

San Tommaso d'Aquino ha scritto varie preghiere liturgiche, tra cui vari inni per il Corpus Domini: il Pange Lingua, le cui ultime due strofe (Tantum Ergo Sacramentum), sono utilizzate durante la benedizione eucaristica e la sequenza del Corpus Domini, il Sacris solemniis, le cui ultime due strofe costituiscono il Panis Angelicus, il Lauda Sion Salvatorem e l'inno Adoro te devote per l'adorazione eucaristica.

Note
  1. Secondo alcune tesi, minoritarie, datate e di stampo localistico, San Tommaso sarebbe nato a Belcastro. Fra queste, si segnalano quelle di Fra Giovanni Fiore da Cropani, storico calabrese del XVII secolo, che lo indica nella sua opera Della Calabria illustrata, di Gabriele Barrio nella sua opera De antiquitate et situ Calabriae e di Padre Girolamo Marafioti, teologo dell'ordine dei Minori Osservanti, nella sua opera Croniche e antichità di Calabria.
  2. Si racconta che Sant'Alberto Magno prese le difese di Tommaso quando i compagni lo chiamavano "il bue muto"; Sant'Alberto avrebbe preconizzato: "Ah! Voi lo chiamate il bue muto! Io vi dico, quando questo bue muggirà, i suoi muggiti si udranno da una all'altra estremità della terra!".
  3. Si tratta dei seguaci del filosofo arabo Averroè, secondo cui l'anima umana singolarmente presa è mortale.
  4. La cittadina si trova oggi in provincia di Latina.
  5. Purgatorio, canto XX, v. 69.
  6. Cronache IX, 218.
  7. Marcello Landi, Scheda su Tommaso d'Aquino: è lo schema seguito per la trattazione del pensiero di Tommaso.
  8. Esempio: anche se propriamente la salute si predica solo di un vivente, si attribuisce a un cibo l'aggettivo "sano" perché causa salute in chi ne mangia.
  9. Esempio due soggetti possiedono realmente e propriamente una data qualità, benché in grado diverso, come quando qualifichiamo intelligente un animale e un uomo.
  10. È significativo, a questo proposito, che per Tommaso anche una convinzione sinceramente e inconsciamente errata legittima alla resistenza, poiché prevale moralmente l'assenso alla propria coscienza per quanto oggettivamente in errore.
  11. Summa Theologiae.
  12. Si veda il domenicano spagnolo Francisco de Vitoria.
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni

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